CESI (Cesio), Carlo
Nacque ad Antrodoco (Rieti) il 17 apr. 1626 (Pascoli, p. 165) da un certo Pietro, originario di Todi, il quale, commesso un omicidio in questa città, si sarebbe trasferito prima a Cascia dove gli nacque il figlio Panfilio (lo storico di Todi e di Cascia), poi ad Antrodoco dove ebbe, oltre a Carlo, altri due figli, Antonio e Onofrio.
Il cognome Cesi sarebbe stato assunto dal primogenito Panfilio dal titolo della parrocchia del castello di Quadro vicino a Cascia, S. Pietro de Cesis (A. Morini, Todi illustrata dallo storico casciano Pamfilio Cesi, in Boll. della R. Deputaz. di storia patria per l'Umbria, XXII [1916], pp. 93-124). Non risulta infatti alcun legame di parentela con la grande famiglia Cesi di Acquasparta, che pure commissionerà al C. alcuni dipinti. Il Pascoli (p. 176) afferma che anche il fratello Antonio fu pittore, ma di lui non si hanno ulteriori notizie. Non molto attendibile, perché non documentata, è inoltre la notizia secondo cui il padre del C. avrebbe collaborato nel 1633 con Lattanzio Niccoli alla decorazione del soffitto della chiesa reatina di S. Giovenale (L. Mortari, Museo civico di Rieti, Roma 1960, p. 25), decorazione andata perduta.
Nel 1642 il C. si recò a Rieti per dedicarsi allo studio del disegno e della pittura con "esperto pittore capitatovi di fuori" (Pascoli, p. 165); ma è a Roma, dove si trasferì ancora giovane, che ebbe luogo la sua formazione artistica. Il Pascoli lo ricorda infatti tra i più fedeli allievi di Pietro da Cortona, grazie alla protezione e alla stima del quale ottenne le prime commissioni. Il favore e il rapido successo che il C. ottenne risulta chiaro dalle numerose opere citate dalle fonti e dall'importanza dei committenti.
Di tale produzione giovanile tutto però è andato perduto o comunque è difficilmente identificabile per le notizie in molti casi generiche riportate dal Pascoli stesso.
Nella biografia del C. egli ricorda una Crocefissione e una Deposizione commissionate da un prelato spagnolo e inviate in Spagna insieme ai bozzetti; una Favola di Medusa eseguita per il marchese Del Monte e un'altra versione uguale; una Natività e una Purificazione della Madonna per il cardinal Cibo. Altre commissioni il C. avrebbe ottenuto dal marchese Sacchetti, dal cardinal Azzolini, dal cardinal Ginnetti a Velletri; e le sue opere sarebbero state molto ammirate anche dalla regina Cristina di Svezia.
L'affresco raffigurante il Giudizio di Salomone nella galleria di Alessandro VII nel palazzo del Quirinale è la prima opera rimastaci del Cesi. Per tale lavoro ricevette il 7 ag. 1657 il pagamento "di 5 scudi... per saldo dei 35 dovutigli per lavori nella Galleria di Montecavallo" (M. Del Piazzo, in Il Quirinale, Roma 1973, p. 261). Il disegno cui si riferisce l'affresco, ovale a penna ombreggiato a seppia, è stato identificato dal Faldi (Cianfarani, 1956) ed è conservato presso l'Istituto di archeologia e storia dell'arte di Roma. Nella stessa galleria il C. collaborò con G. Chiari e G. A. Canini alle "figure ed altri ornamenti di chiaro scuro, che tramezzano l'istorie suddette" (Titi, 1763, p. 309), decorazione, questa, distrutta in seguito ai cambiamenti apportati al palazzo in epoca napoleonica e poi al tempo di Pio IX.
La decorazione della galleria del Quirinale fu una delle imprese pittoriche più importanti del momento a Roma, che vide riuniti sotto la direzione di Pietro da Cortona pittori di notevole statura quali Ciro Ferri, Lazzaro Baldi, Carlo Maratti, il Mola e Dughet. In quest'opera il C. mostra di essere tra gli allievi del Berrettini l'interprete più ossequioso e meno originale dell'arte del maestro, nella desunzione puntuale di alcuni motivi dagli affreschi del palazzo Pamphili.
Il Giudizio di Salomone e la pubblicazione nello stesso anno 1657 della serie di incisioni dal titolo Galleria nel Palazzo Farnese in Roma ... dipinta da Annibale Carracci,intagliata da Carlo Cesio (44tavole numerate da 1 a 30: Roma, Gab. naz. delle stampe) segnano per il C. l'inizio di una intensa attività pittorica e incisoria che lo rese assai stimato tra i contemporanei; lo studio che egli aprì a Roma, a detta del Pascoli, era frequentato da "professori di vaglia, perché vi si facevano soventi accademie..." (p. 67) "dove interveniva anche non poca nobiltà per divertirsi, ed alle volte lo stesso Pietro da Cortona" (p. 166) e Francesco Cozza.
È possibile identificare con sicurezza solo quattro dei dipinti citati dalle fonti eseguiti a partire da questa data. La Trinità,l'Immacolata e s. Dionigi, collocato originariamente sull'altar maggiore della chiesa bretone di S. Dionigi alle Quattro Fontane, è da ascrivere ad un periodo di poco posteriore alla consacrazione della chiesa, avvenuta nel 1659. La decorazione dell'altare, dovuta alla munificenza della marchesa Giulia Malvezzi, comprendeva anche due affreschi sulle pareti laterali raffiguranti a destra Innocenzo III presiede alla vestizione di s. Giovanni de Matha e s. Felice di Valois e a sinistra I due santi riscattano gli schiavi cristiani (Vidal, 1934); essi sono andati perduti con la distruzione della chiesa avvenuta nel 1939, mentre la tela, di scadente qualità pittorica e in cattivo stato di conservazione, era stata precedentemente trasferita in S. Luigi dei Francesi ed è attualmente conservata presso l'Accademia di Francia in Roma.
Al 1660 il Waterhouse pone lo Sposaliziodi s. Caterina nella cappella Cesi in S. Maria Maggiore, data alla quale riconduce l'impianto compositivo ancora fortemente legato a moduli cortoneschi. Degli stessi anni, comunque non posteriore al 1663 perché citata nella guida di G. B. Mola (Roma 1663, a cura di K. Noehles, Berlin 1966, p. 171), è la Sacra famiglia con s. Anna nella cappella Cesi in S. Maria della Pace, menzionata dal Bellori in una postilla alle Vite del Baglione (a cura di V. Mariani, Roma 1935, p. 16 dell'appendice).
Se queste prime opere mostrano il C. ancora incapace di rielaborare in modo autonomo la lezione del Cortona, la Madonna con il Bambino tra s. Carlo e s. Filippo Neri nella seconda cappella destra della chiesa dei Re Magi nel palazzo di Propaganda Fide segna un notevole progresso stilistico. Il C. mostra qui di essere in possesso di un linguaggio formale legato a soluzioni di tipo marattesco, nella composizione piramidale concepita su piani regolari e nello scurimento della gamma cromatica. Questo schema compositivo, che porterebbe a datare il dipinto agli anni Settanta, poté essere mediato attraverso Lazzaro Baldi, che nel 1671 era attivo nella medesima chiesa e che già aveva lavorato insieme con il C. nella galleria del Quirinale.
Dell'ulteriore produzione pittorica del C., la Visitazione sull'altar maggiore della chiesa del monastero di S. Francesco di Sales (o di S. Maria della Visitazione) alla Lungara è andata probabilmente perduta alla fine del secolo scorso, quando le suore della Visitazione si trasferirono nel monastero dell'Umiltà ai piedi del Quirinale; e la tarda attribuzione al C. del S. Francesco di Sales sull'altare destro, della chiesa del SS. Sudario dei Piemontesi, dipinto non menzionato dal Pascoli, appare dubbia al Waterhouse. Il Pascoli ricorda infine, senza precisarne l'ubicazione, alcuni affreschi e una Sacra Famiglia commissionati dal cardinal Cibo. Recentemente il Sacchetti Sassetti ha restituito convincentemente al C. un gonfalone dipinto a sugo d'erbe con l'Assuntatra gli apostoli el'Ascensione tra santi.Il gonfalone, conservato nel Museo civico di Rieti e proveniente dalla chiesa reatina di S. Maria della Misericordia, sarebbe stato eseguito dopo il 1679, anno del decreto per la commissione dell'opera.
Ma la fama del C. è legata soprattutto alla sua attività di incisore, che consistette essenzialmente nella riproduzione di alcuni affreschi dei grandi maestri del primo Seicento romano. Oltre alla Galleria nel Palazzo Farnese, il C. incise per G. G. De Rossi (manca l'anno di pubblicazione) la Galeria dipinta nel palazzodel Principe Panfilio da Pietro Berrettinida Cortona..., in sedici tavole, e i Fatti della vita di s. Agostino e s. Nicola daTolentino dipinti dal Lanfranco nella cappella Bongiovanni in S. Agostino, in nove tavole. Nel 1680, inoltre, incise in otto tavole La cupola del Cavalier Gio. Lanfranco,dipinta in Roma,nella chiesa di S. Andrea della Valle... . Le tre serie sono conservate a Roma presso la Calcografia nazionale.
Nel 1679 fu pubblicata da L. Fabri in diciotto tavole la Cognizione dei muscoli del corpo umano per uso del disegno (Roma, Calcografia nazionale) che, assieme ad un frontespizio, per i Discorsidella Musica (Roma, Gab. naz. delle stampe), è l'unica serie di incisioni derivata da disegni del C. stesso e non da opere altrui. Merita inoltre ricordare i Putti dipinti da Guido Reni nel palazzo Rospigliosi (undici tavole conservate alla Calcografia nazionale) e gli Angioli dipinti a fresco da Guido Reni nella Loggia contigua al Giardino del Palazzo dell'Ecc.mo Sig.r Duca Mazarino nel Monte Quirinale, pubblicati in dieci tavole da D. De Rossi (manca l'anno di pubblicazione: Roma, Gab. naz. delle stampe).
Il Pascoli (p. 175), che ricorda l'attività incisoria del C. senza però entrare in dettagli, riferisce che egli era solito dire ai "molti scolari ... che la soverchia ricerca, e l'eccedente desio di perfettamente finir l'opere le rendeva viziose, e che gli ornamenti, che vi si facevano per abbellirle le imbruttivano, se non eran fatti con moderazione, e giudizio". Le sue incisioni, caratterizzate da scioltezza e facilità di segno, mostrano infatti una stretta aderenza al dato reale.
Il C. fu camerlengo dell'arte dei pittori fino al 1670; nel 1675 venne eletto principe dell'Accademia di S. Luca. Nel 1679 fu tra coloro che sottoscrissero l'attribuzione al Correggio di una Annunciazione, oggi a Buenos Aires, in realtà di Lelio Orsi (F. Zeri, Diari di lavoro 2, Torino 1976, p. 125). Ritiratosi a Rieti nel 1685, vi morì il 6 gennaio 1686 lasciando suoi eredi i fratelli Antonio e Onofrio (Pascoli, p. 176).
Bibl.: Oltre a quella cit. da O. Pollak, in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, Leipzig 1912, pp. 315 s., si veda: L. Pascoli, Vite de' pittori..., II, Roma 1736, pp. 67, 163-176; F. Titi, Descrizione delle pitture... esposte al pubblico, Roma 1763, pp. 32, 265, 285, 307, 309, 344, 415; G. Croset Mouchet, La chiesa ed Arciconfraternita del SS. Sudario dei Piemontesi in Roma, Pinerolo 1870, p. 31; E. Martinori, Geneal. e cronistoria di una grande famiglia umbro-romana: i Cesi, Roma 1931, pp. 4 s.; J.-M. Vidal, Saint-Denis aux Quatre Fontaines, Rome-Paris 1934, pp. 87 s.; G. Matthiae, Due chiesette romane del Seicento. S. Dionigi alle Quattro Fontane e i SS. Angeli Custodi, in Palladio, V (1941), pp. 39 s.; U. Valeri, Artisti sabini: C. C., in Latina Gens, XIX (1941), 10-11, pp. 191 s.; V. Cianfarani, Mostra dei disegni della Biblioteca dell'Ist. naz. di archeologia e storia dell'arte (catal.), Roma 1956, p. 43 n. 182; N. Wibiral, Contributi alle ricerche sul cortonismo in Roma. I pittori della Galleria di Alessandro VII nel Palazzo del Quirinale, in Boll. d'arte, XLV (1960), p. 131; G. Briganti, Il Palazzo del Quirinale, Roma 1962, p. 48; A. Sacchetti Sassetti, Un gonfalone di C. C. nel Museo civico di Rieti, Rieti 1965, pp. 3-13; E. Waterhouse, Roman Baroque Painting, Oxford 1976, pp. 63 s.