Goldoni, Carlo
Una gloria del teatro italiano
Il veneziano Carlo Goldoni ha il merito di aver riformato nel 18° secolo il teatro italiano: ha, infatti, rinnovato profondamente la commedia dell'arte, fondando così la commedia moderna, nella quale le parti degli attori sono scritte, i personaggi hanno una loro personalità e le vicende narrate rispecchiano in modo verosimile il mondo contemporaneo
La passione per il teatro nasce precocemente nel giovane Carlo, nato a Venezia nel 1707. Come ci racconta lo stesso Goldoni nelle sue Memorie, a tredici anni, spinto dal desiderio di rivedere la madre, fugge da Rimini, dove studia filosofia, imbarcandosi con una compagnia di comici per Chioggia. Il giorno stabilito per la partenza, con due camicie e un berretto da notte in tasca corre al porto, si nasconde nella prua dell'imbarcazione e, quando la barca è ormai in mare, esce fuori dal nascondiglio tra la sorpresa e le risate di tutti.
Un'allegra brigata formata da dodici tra attori, attrici, un suggeritore, un macchinista, un trovarobe, inoltre otto domestici, quattro camerieri, due nutrici, bambini d'ogni età, cani, gatti, scimmie, pappagalli, uccelli, piccioni e un agnello albergano su quella che Carlo descrive come una sorta di arca di Noè. Di quei pochi giorni trascorsi in mare ricorda con piacere la colazione arrangiata in una specie di sala, sopra le casse, i bauli e i fagotti, con caffè, latte, pane abbrustolito, acqua e vino, e subito dopo la partita a tresette. E poi il pranzo durato quattro ore, accompagnato dalla musica di vari strumenti e dai canti dei commedianti.
Si giocava, si rideva, si scherzava, si facevano burle: così appare agli occhi del futuro commediografo veneziano il magico e piacevole mondo di chi ha scelto per professione il teatro.
A tenerlo lontano da quel mondo saranno le esigenze della vita pratica: prima, gli studi; poi, la professione di avvocato, necessaria a garantirgli la sopravvivenza economica. Parallelamente, nei momenti di libertà dalle varie incombenze, Goldoni inizia un lento apprendistato letterario, impegnandosi nell'elaborazione di tragicommedie, drammi per musica e intermezzi fino a quando nel 1738 scrive, almeno in parte, la sua prima commedia: Il Momolo cortesan.
Inizia così una lunga sperimentazione teatrale che porterà lo scrittore a riformare "il teatro all'improvviso" della commedia dell'arte, il genere comico che dominava da almeno due secoli le scene del teatro italiano. Con un lavoro lento e graduale Goldoni non rinnega, ma rinnova dall'interno la commedia italiana di cui critica i facili effetti e la comicità grossolana e triviale alla quale essa si era ridotta.
In primo luogo Goldoni intende liberare le scene dalle maschere che incarnano ruoli fissi ormai privi di realismo e di originalità per rappresentare invece i caratteri reali degli uomini; lo scrittore assegna ai suoi personaggi precise caratteristiche avvalendosi delle doti e della personalità degli attori avvezzi a recitare con le maschere. Così per far interpretare la parte di Momolo ‒ il giovane che si gode la vita prima di metter su famiglia e di impegnarsi nella professione ‒ sfrutta la bravura di un attore di professione dedito a rappresentare sulle scene Pantalone: la maschera è così trasformata in un nuovo personaggio a volto scoperto.
Inoltre Goldoni si propone di trasformare progressivamente il canovaccio della commedia dell'arte ‒ sulla base del quale, rispettandone il soggetto, gli attori improvvisavano le battute ‒ in un copione dove le parti assegnate a ogni personaggio vengono scritte per intero dall'autore, liberando la commedia dagli eccessi dell'improvvisazione. Così già nel Momolo Goldoni introduce l'uso del testo scritto per il protagonista, interprete di un personaggio nuovo, mentre lascia alle vecchie maschere che gli ruotano intorno la libertà di esprimersi con battute improvvisate; e in seguito con La donna di garbo (1743) compone la prima vera commedia di carattere scritta per intero. Da questo momento in poi il commediografo affina l'arte della scrittura teatrale fino agli anni decisivi, dal 1748 al 1753, quando, in qualità di autore stabile del Teatro Sant'Angelo di Venezia, porta a compimento la sua riforma mettendo in scena un numero cospicuo di commedie interamente incentrate sulla rappresentazione dei caratteri. Tra queste si distingue una delle commedie goldoniane più note e fortunate: La locandiera. Protagonista delle vicende è Mirandolina, onesta e astuta padrona di locanda che, corteggiata da un conte, da un marchese e da un cavaliere, sceglie infine di sposare il servo Fabrizio. Mirandolina è un personaggio descritto con estremo realismo, che riassume in sé tutto il fascino e la grazia femminile, perdendo completamente le caratteristiche della maschera di Colombina da cui pure deriva.
L'osservazione degli uomini. Goldoni stesso offre un'importante indicazione sul suo modo di fare teatro nella prefazione alla prima edizione delle sue commedie (1750), dove dichiara che i due 'libri' sui quali egli ha a lungo meditato e di cui principalmente si serve per scrivere sono il mondo e il teatro; dalla lettura del primo egli ha appreso i caratteri naturali degli uomini, le loro virtù e i loro vizi, le passioni e i costumi; da quella del secondo la tecnica scenica e i modi per comunicare al pubblico la sua analisi della vita.
Il mondo reale che Goldoni osserva e che traduce in termini teatrali non è allora solo quello dei caratteri, ma è anche quello della collettività degli uomini socialmente e politicamente definita; protagoniste delle commedie sono così, insieme ai singoli uomini, le classi sociali: quelle tradizionali, come l'aristocrazia e la borghesia, e quella emergente del popolo. Sono però i borghesi ad assumere un ruolo centrale: nelle prime commedie essi hanno un carattere tutto positivo in quanto rappresentanti dell'intraprendenza economica e del buon senso (mentre i nobili, chiusi in una condizione parassitaria e improduttiva, appaiono privi di solidi valori, e i servi, pure provvisti di una pratica intelligenza e di una giocosa abilità provocatoria, operano in funzione dei loro padroni); nella produzione successiva, invece, Goldoni metterà in scena la grettezza e le sregolatezze economiche di quella borghesia veneziana a cui anche egli appartiene e riconoscerà un nuovo ruolo al popolo, fattosi detentore dei valori di onestà e di saggezza. Così nelle tre commedie dedicate al rito borghese della villeggiatura (Le smanie per la villeggiatura, Le avventure della villeggiatura e Il ritorno dalla villeggiatura, 1761) Goldoni critica gli eccessi dell'ostentazione sociale e la vanità del lusso fine a sé stesso. Con Le baruffe chiozzotte (1762) realizza invece il più compiuto affresco del mondo popolare descrivendo una piccola comunità di pescatori.
Il linguaggio. Funzionale alla realistica rappresentazione delle condizioni sociali dei personaggi è la lingua di Goldoni: un italiano animato dall'uso dialettale, lontano dalla purezza della tradizione classica toscana e ricco invece di elementi settentrionali per raffigurare il mondo borghese. Nelle sue commedie in veneziano, il dialetto è un linguaggio concreto e autonomo, distinto in livelli diversi: si va dal tono più basso delle classi popolari a quello medio dei bottegai e della piccola borghesia, a quello più elevato delle famiglie ricche.
Nel 1762, provato dall'insuccesso di alcune rappresentazioni e dal mutato clima sociale della sua Venezia, Goldoni si trasferisce a Parigi, dov'era stato chiamato per sollevare le sorti del Teatro della Comédie italienne, ma è costretto a ricominciare la battaglia per la riforma, in quanto il pubblico francese era ancora abituato a identificare il teatro italiano con quello della commedia dell'arte. Nonostante le difficoltà e gli esiti non sempre persuasivi dei suoi lavori, raggiunge anche eccellenti risultati come per Il ventaglio (1763), commedia d'intreccio che ruota intorno all'arioso motivo di un ventaglio femminile dapprima rotto, poi smarrito, alla ricerca del quale partecipa un intero villaggio.
A Parigi, dove morirà in miseria nel 1793, Goldoni scrive in francese le sue Memorie: una sorta di diario personale dove l'ormai anziano scrittore ricostruisce le esperienze della sua vita e offre una personale interpretazione della sua produzione teatrale, lasciandoci una guida insostituibile per lo studio delle sue opere.