CARLO II d'Angiò, detto lo Zoppo, re di Sicilia
Primogenito di Carlo I re di Sicilia, nacque nel 1248. Divenuto, con l'assunzione del padre al trono di Sicilia, principe ereditario, col titolo di principe di Salerno (1271), non ebbe una sua particolare fisionomia fino allo scoppio della rivoluzione siciliana del 1282. Sposò nel 1270 Maria d'Ungheria, figlia ed erede di Stefano V re d'Ungheria e, già padre di alcuni figli avuti tra il 1272 e il 1282, attese alle modeste funzioni che il re gli consentiva. Scoppiata la rivoluzione del Vespro, fu spesso a capo dell'armata angioina, senza dar prova di eccelse attitudini militari; e, creato vicario del regno nel gennaio 1283, fu fatto prigioniero dagli Aragonesi di Sicilia nella battaglia nel golfo di Napoli, il 5 giugno 1284. Due mesi prima, nel generale Parlamento tenutosi a S. Martino il 30 marzo 1284, aveva promulgato quei 47 capitoli che sono da considerarre come il nucleo fondamentale di tutta la legislazione angioina. Mantenuto in vita, nonostante il parere di molti cortigiani aragonesi, solo perché - come si narra - la regina Costanza, moglie di Pietro d'Aragona e figlia di re Manfredi, generosa e dimentica della morte del padre e della rovina del trono svevo, sarebbe riuscita ad evitarne la morte, anche per alte ragioni d'opportunità, rimase prigioniero, fino alla fine del 1288. Infatti nel convegno di Oleron, il 25 luglio 1287, tra Edoardo d'Inghilterra, Alfonso d'Aragona, due legati della S. Sede e i procuratori del prigioniero, fu stabilito che gli sarebbe stata restituita la libertà a condizione che tre dei suoi figli: Carlo Martello, Ludovico e Roberto, fossero stati consegnati nelle mani dell'Aragonese e che egli avesse fatto accettare codesto accordo dalla Chiesa, dal re di Francia e da Carlo di Valois, che con grande precipitazione il Papa Martino IV aveva, in odio ai nemici degli Angiò, creato re d'Aragona; ma, avendo la Chiesa fatto viva opposizione ai patti di Oleron, fu necessario un nuovo trattato, a Campofranco, il 27 ottobre 1288, prima che il prigioniero riavesse la libertà. Il secondo re angioino, quindi, liberato nel novembre 1288, fu incoronato con grande solennità soltanto il 29 maggio 1289, nella cattedrale di Rieti, per mano di Niccolò IV. Il papa gli concesse la facoltà di riscuotere per tre anni le decime sui beni del clero, perché si preparasse alla riconquista della Sicilia; e, munito di così importante viatico, egli entrò in Napoli, dopo cinque anni di assenza, nel giugno '89. La sua attività di re doveva svolgersi necessariamente secondo la traccia già profondamente segnata da Carlo I: ampliare il raggio della potenza angioina in Italia e in Oriente e riacquistare la Sicilia. Morto quindi Ladislao IV re d'Ungheria, nel 1290, senza figli, C. cercò, appoggiandosi ai diritti della moglie e a quelli della sorella Elisabetta, moglie ripudiata del defunto sovrano ungherese, d'innalzare al trono vacante il primogenito suo, Carlo Martello (v.), e, almeno nominalmente, vi riuscì; ma, mortt) in giovine età Carlo Martello nel 1296, il disegno ambizioso svanì e non riprese consistenza se non quando fu possibile elevare al tront ungherese il figlio di Carlo Martello, Carlo Roberto (1308). In Piemonte, la dominazione angioina, quasi completamente smantellata durante gli ultimi anni del regno di Carlo I e la prigionia di Carlo II, fu restaurata soltanto al principio del sec. XIV, quando cioè per il matrimonio di Filippo di Savoia con Isabella di Villehardouin (erede del principato di Acaia e vassalla, per questo, della corona di Sicilia), nel 1301, C. poté ricominciare l'azione troncata più d'un ventennio prima; ricominciamento che proseguì spedito e gagliardo dopo il 1302, quando il re si sentì, almeno per un momento, liberato dall'incubo della guerra di Sicilia. Fu, infatti, nel 1304 che C., volendo dare consistenza ai dominî di Piemonte, nominò Conte di Piemonte il figlio Raimondo Berengario (13 dicembre), immaturamente morto poco dopo, nell'ottobre 1305; il re stesso assunse allora il titolo di Conte di Piemonte, conservandolo per l'erede Roberto a cui pervenne poi. Meno fortunata fu la ripresa angioina in Oriente, anche quando, dichiarata decaduta Isabella di Villehardouin col pretesto che sarebbe passata a nuove nozze con Filippo di Savoia senza il consenso esplicito del re, il dominio dell'Acaia fu conferito al figlio del re, Filippo principe di Taranto (1305-o6). In realtà C. fu sempre impegnato a fondo nella guerra per la Sicilia, fino alla pace di Caltabellotta (31 agosto 1302; v.), e tutte le energie dello stato consunse in tale programma, interrotto per poco dalla pace e proseguito dal successore. Probabilmente fu proprio per trovar danaro a qualunque costo che nel 1300, egli volle e compì la distruzione della fiorente colonia saracena di Lucera, fondata da Federico II. Dopo il 1302, C. poté partecipare più attivamente alla politica guelfa dei Comuni italiani, specialmente di Toscana, servendosi, come nel 1305, del figlio Roberto, Vicario del Regno fin dal 1296, durante l'assedio di Pistoia, ed ebbe non piccola parte nella elezione del francese Clemente V, il 5 giugno 1305, a Perugia. Morì il 5 maggio 1309. (V. tav. XV).
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