PASSAGLIA, Carlo
Nato a Pieve S. Carlo (Lucca) il 2 maggio 1812, morto a Torino il 12 marzo 1887. Entrato il 18 novembre 1827 nella Compagnia di Gesù, fu assunto nel 1845 alla cattedra di teologia dogmatica nel Collegio romano. Costretto dalle agitazioni del 1848 a emigrare, soggiornò parte in Inghilterra, parte in Francia, un po' più a lungo a Lovanio, donde tornato a Roma verso la fine del 1849 risalendo la cattedra di teologia riprese la sua attività di scrittore con opere teologiche, la più importante delle quali rimane il De immaculato Deiparae semper Virginis conceptu (Napoli 1854-1855, voll. 3). In seguito a dissidî con i suoi superiori, nel 1858 uscì clamorosamente dalla Compagnia di Gesù; ma Pio IX, che lo proteggeva, lo nominò professore di filosofia superiore alla Sapienza e nel 1860 lo chiamò a fare parte della congregazione che era incaricata di studiare la questione del dominio temporale dei papi.
Il P. fu di quelli che opinarono che il papato potesse rinunciare al temporale per superiori interessi della Chiesa. Tale atteggiamento rifletteva la tesi dell'opuscolo Il pontefice e il principe (s. l. 1860), dove il P. dimostra "la necessità relativa del potere temporale del papa al libero esercizio del suo potere spirituale".
Si comprende perciò che, quando C. Cavour il 28 novembre 1860 domandò al suo corrispondente romano, D. Pantaleoni, di chi potersi valere per tentare l'accordo tra le aspirazioni dell'Italia e il papato, fosse additato il P. come la persona più adatta. Questi accettò di essere, insieme con il Pantaleoni, negoziatore ufficioso in Roma del governo subalpino, e a tale scopo si mise in diretto contatto con i cardinali G. Antonelli e Santucci, negoziatori della S. Sede, per trattare sulla base del capitolato definitivo del Cavour, alla cui elaborazione aveva preso parte il P. stesso.
Falliti bruscamente quei tentativi, il P. si diede a predicare con ogni genere di scritti al clero italiano perché cessasse di mostrarsi nemico della patria ricostituita. La prima pubblicazione, Pro causa italica ad episcopos catholicos auctore presbytero catholico, uscita anonima il 23 settembre 1861 (subito tradotta in italiano da A. Ferranti, Firenze 1861), e dichiarata sua dal P. il 9 ottobre, espose l'autore a tali pericoli, ch'egli il 16 ottobre dovette fuggire da Roma travestito da buttero e si diresse a Torino, dove fermò la sua dimora.
Nominato professore di filosofia morale a quella università il 20 novembre 1861, continuò il suo apostolato conciliatorista. E fece uscire nello stesso anno 1861, anonimi o sotto lo pseudonimo di Ernesto Filalete, altri quattro opuscoli: Della scomunica; La questione dell'indipendenza ed unità d'Italia dinanzi al clero; Lo scisma non è una minaccia dei rivoluzionarii ma una giusta apprensione dei cattolici; Obbligo del vescovo di Roma e pontefice massimo di risiedere in Roma quantunque metropoli del regno italico.
Questa febbrile attività culminò nel suscitare consensi del clero all'indirizzo al papa, redatto dal P., nel quale, dopo avere riconosciuto in tutto il rigore cattolico l'autorità dogmatica e disciplinare del pontificato romano e dell'episcopato, si chiede al pontefice di pronunziare la parola che, accordando Roma come capitale del nuovo regno, restauri la pace tra la Chiesa e l'Italia: quell'indirizzo e i suffragi ottenuti e il dotto proemio che li precede costituiscono la Petizione di novemila sacerdoti italiani a S. S. Pio IX e ai vescovi cattolici con esso uniti (Torino 1862). Al movimento così destato nel clero il P. volle dare un organo periodico nel bisettimanale Il Mediatore, ch'egli diresse e pubblicò a Torino dal 1862 al 1866, e al quale affiancò, dal 1° gennaio 1863 al 31 agosto 1864, il quotidiano politico La Pace; per tutelare i diritti dei preti liberali e patrioti di fronte alle misure repressive della gerarchia, il P. cercò pure di fondare nel 1863 una Società ecclesiastica italiana, il cui progetto non andò oltre la pubblicazione del suo statuto.
Tempra d'apostolo, tentò anche la via politica rappresentando dal 1863 al 1864 il collegio di Montecchio al parlamento italiano, dove pronunziò un discorso sulla inseparabilità della Chiesa e dello Stato. Alla sua opera non arrise peraltro la fortuna, nonostante il clamore di certi immediati successi di stampa. Ben presto, con il disciogliersi del suo partito di chierici e con il prevalere d'indirizzi spirituali opposti alla tradizione ecclesiastica in nome della quale il P. pretendeva di parlare, egli s'accorse di non rappresentare più nulla e nessuno. Trascorse gli ultimi anni in mezzo al silenzio e all'oblio e prima di morire si ritrattò.
Opere: Per la produzione antirosminiana e teologica, v. C. Sommervogel, Bibliotkèque de la Compagnie de Jésus, VI, coll. 332-335; a cui bisogna aggiungere, oltre gli scritti già citati, i seguenti: La Vita di Gesù scritta da E. Renan discussa e confutata (Torino 1863); Conferenze di diritto pubblico (Torino 1864); La causa di S. E. il Card. G. D'Andrea (Torino 1867); Sul divorzio (ivi 1875); Della dottrina di S. Tommaso secondo l'enciclica di Leone XIII (ivi 1880); La congregazione dell'Indice ed il Card. Zigliara (ivi 1882).
Per la sua corrispondenza politica, v.: N. Bianchi, Storia documentata della diplomazia europea in Italia, VIII (Napoli e Roma 1872), p. 696 segg.; Lettere e Documenti del bar. B. Ricasoli (Firenze 1887-1895), V, passim; La questione romana negli anni 1860-61, Carteggio del conte Cavour con D. Pantaleoni, C. Passaglia, O. Vimercati (Bologna 1929, voll. 2), passim.
Bibl.: Cardinal Mathieu, La cause italienne et le Père P., Parigi 1861; Du Père P. et de l'Italie, Torino 1862; A. Pellicani, Don C. P. ed i suoi giornali, Bologna 1863; L. Biginelli, Biografia del sacerdote C. Passaglia, con documenti; P. D'Ercole, C. P., Torino 1888; F. Quintavalle, La conciliazione nelle lettere del P. L. Tosti e del sen. G. Casati, Milano 1907, introd., pp. 28, 50-51, 69-70 e passim; A. Della Torre, Il cristianesimo in Italia dai filosofisti ai modernisti, Palermo 1913, pp. 177-183; S. Jacini, Il tramonto del potere temporale nelle relazioni degli ambasciatori austriaci a Roma, Bari 1931, pp. 42-56; G. Mollat, La question romaine de Pie VII à Pie XI, Parigi 1932, pp. 328-340.