Rubbia, Carlo
Cacciatore di particelle
Il fisico italiano Carlo Rubbia deve la propria fama alla scoperta – realizzata al CERN di Ginevra nel 1983 – delle particelle W+, W- e Z0 responsabili dell’interazione debole. Per tale scoperta ha ricevuto il premio Nobel per la Fisica nel 1984. Da sempre interessato alla fisica subatomica, oggi Rubbia si occupa anche di tecnologie alternative per la produzione di energia
Una passione di vecchia data per le particelle elementari e un più recente interesse per nuove tecnologie energetiche contraddistinguono la vita del fisico italiano Carlo Rubbia, nato a Gorizia nel 1934.
Le sue ricerche condotte tra Europa e Stati Uniti – dove ha insegnato per quasi vent’anni alla Harvard University – hanno riguardato vari aspetti della fisica nucleare e subnucleare, in particolare le interazioni deboli responsabili del decadimento β studiato da Enrico Fermi.
Laureatosi in fisica all’Università di Pisa con una tesi sui raggi cosmici, Rubbia ha iniziato da subito la sua attività di ricerca nel campo delle particelle elementari, prima alla Columbia University di New York e poi, a partire dal 1960, presso il CERN (Conseil européen pour la recherche nucléaire, «Organizzazione europea per le ricerche nucleari») di Ginevra, di cui è stato anche direttore generale dal 1990 al 1993.
In questo centro di ricerca, che è il più importante laboratorio europeo per lo studio della fisica subatomica, Carlo Rubbia ha avuto a propria disposizione imponenti acceleratori di particelle e ha ottenuto la collaborazione di centinaia di altri ricercatori insieme ai quali, per la prima volta, ha individuato le particelle responsabili delle interazioni deboli, un risultato che gli è valso il premio Nobel. Negli ultimi anni ha affiancato all’interesse per le particelle, anche un impegno nel settore delle tecnologie energetiche, e ha ricoperto dal 1999 al 2005 la carica di presidente dell’ENEA (Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente).
La teoria che unifica la forza elettromagnetica e la forza nucleare debole, due delle interazioni fondamentali (forze fondamentali), ha trovato un’importante conferma nel 1983 con un esperimento condotto al CERN e coordinato da Rubbia. Secondo la moderna teoria dei campi, le interazioni avvengono grazie a una particella che fa da mediatrice e ha una massa inversamente proporzionale alla distanza d’azione. Nel caso della forza nucleare, si tratta di distanze piccolissime, dell’ordine di milionesimi di miliardesimo di metro, e le particelle coinvolte sono quindi decisamente massicce: si tratta dei bosoni indicati con i simboli W+, W- e Z0.
A Carlo Rubbia si deve la proposta di trasformare il superprotosincrotrone, uno dei principali acceleratori del CERN, in un anello di collisione per protoni e antiprotoni. Qui, particelle e antiparticelle, mantenute unite in fasci grazie a un sistema ideato dall’ingegnere olandese Simon van der Meer, sono state in grado di sviluppare energie sufficienti per ottenere i bosoni W+, W- e Z0. Per questo esperimento Rubbia e van der Meer hanno ricevuto, nel 1984, il premio Nobel per la Fisica.
Da sempre interessato agli aspetti costruttivi e realizzativi, Rubbia, in qualità di presidente dell’enea, ha sostenuto e avanzato proposte innovative nel campo della produzione di energia. Dal 2004 è in funzione presso la centrale elettrica di Priolo, in Sicilia, il Progetto Archimede, che sperimenta l’integrazione di un ciclo combinato a gas e di un ciclo solare. Grazie a 360 specchi parabolici, l’impianto cattura la luce del Sole e la fa poi convergere su tubature dove scorre un fluido in grado di accumulare l’energia termica ceduta dalla radiazione. Il calore così immagazzinato produce vapore ad alta pressione che, convogliato nelle turbine della centrale, incrementa la produzione tradizionale di energia elettrica di una quantità stimata in 20 MW.