forze fondamentali
Il cemento che tiene insieme i mattoni dell'Universo
Come un grande edificio è fatto di tanti piccoli mattoni, così tutte le cose che ci circondano sono costituite da un grandissimo numero di particelle microscopiche. In una goccia d'acqua ci sono miliardi di miliardi di molecole, ognuna delle quali è formata da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno. Ogni atomo, a sua volta, contiene elettroni e un nucleo, fatto di protoni e neutroni, delle dimensioni di qualche milionesimo di milionesimo di millimetro. Le particelle che non si possono dividere in parti più piccole sono chiamate particelle elementari e le forze che agiscono tra di esse, facendole aggregare fino a formare una goccia d'acqua, sono chiamate forze fondamentali
Le forze di cui possiamo osservare direttamente gli effetti nella vita di tutti i giorni sono il risultato dell'azione combinata delle forze fondamentali agenti tra le particelle elementari che costituiscono la materia. Nella maggior parte dei casi, ciò che vediamo è un corpo che esercita la sua azione su di un altro: il primo ci appare come la sorgente della forza, mentre il secondo ci sembra inerte. Ne sono esempi la Terra che riesce ad attirare gli oggetti facendoli cadere al suolo, una calamita che attrae il ferro o i muscoli delle nostre mani che tendono un elastico.
In realtà le forze fondamentali si comportano in modo molto più 'democratico'. L'attrazione che un neutrone esercita su un altro neutrone a causa della forza di gravità ha esattamente la stessa intensità di quella che il secondo esercita sul primo. Che sia la Terra ad attrarre gli oggetti e non viceversa, è solo una questione di numeri: le particelle soggette alla forza di gravità che costituiscono la Terra sono in numero enormemente maggiore rispetto a quelle di un comune oggetto. L'azione delle forze fondamentali su una coppia di particelle elementari è sempre reciproca, e viene perciò chiamata interazione.
Le particelle elementari non sono di molti tipi. Fino alla metà del Novecento, gli scienziati pensavano che ne esistessero solo tre: elettrone, protone e neutrone. Oggi sappiamo che sono più di venti (e che protone e neutrone hanno una struttura interna), ma la maggior parte delle nuove arrivate non è presente nella materia che ci circonda. L'esistenza di queste particelle è stata scoperta negli esperimenti effettuati con grandi macchine, chiamate acceleratori, capaci di produrre condizioni molto diverse da quelle che si verificano normalmente sulla Terra. La varietà degli oggetti che osserviamo è dovuta invece agli innumerevoli modi in cui le particelle elementari possono aggregarsi.
Anche le forze fondamentali sono poche, quattro in tutto: la forza gravitazionale, la forza elettromagnetica, la forza (nucleare) debole e la forza (nucleare) forte. Ognuna di esse è caratterizzata da una intensità e da un raggio d'azione, vale a dire la distanza massima alla quale fa sentire i suoi effetti. A seconda di come si combinano queste due proprietà, una forza è facilmente osservabile, come nel caso della forza di gravità e di quella elettromagnetica, oppure sfugge alla nostra esperienza quotidiana, come per l'azione della forza debole e di quella forte.
La forza fondamentale a noi più familiare è la gravità (gravitazione), che spinge due particelle ad attrarsi l'un l'altra con un'intensità direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della distanza che le separa. È di gran lunga la più debole di tutte le forze fondamentali ma, grazie al vastissimo raggio d'azione e al fatto di essere sempre attrattiva, è l'interazione più importante che si esercita tra corpi separati da grandi distanze, come per esempio il Sole e la Terra.
La struttura dell'Universo è dovuta principalmente alla forza di gravità, che fa aggregare la materia fino a formare stelle e pianeti, fa orbitare i pianeti intorno alle stelle, come avviene nel nostro sistema solare, e fa aggregare le stelle in enormi galassie.
La forza elettromagnetica, come dice il nome, è la combinazione tra la forza elettrica, che agisce tra due particelle ferme dotate di carica elettrica, e la forza magnetica, che agisce tra due particelle cariche che si muovono l'una rispetto all'altra. Si differenzia dalla forza di gravità per l'intensità, enormemente più grande, e perché può essere sia attrattiva sia repulsiva. Due particelle che sotto la sua azione si respingono hanno carica elettrica dello stesso segno. Per esempio, l'interazione tra due elettroni, che hanno entrambi carica negativa, è repulsiva. Se invece le cariche sono di segno opposto, come nel caso di un elettrone che interagisce con un protone, con carica positiva, la forza è attrattiva.
Il fatto che l'interazione elettromagnetica sia attrattiva solo quando le particelle hanno cariche elettriche di segno opposto ha conseguenze molto importanti per la struttura della materia, perché porta alla formazione di oggetti con carica totale nulla. Ne sono un esempio gli atomi che hanno un nucleo centrale, con protoni e neutroni, circondato da tanti elettroni quanti sono i protoni presenti. Le cariche elettriche degli elettroni e dei protoni sono uguali e di segno opposto, mentre i neutroni non hanno carica, quindi l'atomo è elettricamente neutro. A dispetto del suo grandissimo raggio d'azione, pari a quello della forza di gravità, l'interazione elettromagnetica agisce quindi direttamente tra elettroni e protoni solo all'interno dell'atomo, dove le distanze sono di qualche centesimo di milionesimo di centimetro.
Naturalmente ci sono forze che agiscono tra gli atomi, facendoli aggregare in oggetti più grandi e complessi. Pur essendo di origine elettromagnetica, queste forze sono il risultato di meccanismi molto più complicati dell'interazione diretta tra particelle elementari. Non possono quindi essere considerate forze fondamentali, ma è la loro azione che determina la struttura della materia che ci circonda.
La forza forte tiene unite le particelle elementari che costituiscono il nucleo dell'atomo. Fino a circa trent'anni fa si credeva che queste particelle fossero il protone e il neutrone. Oggi sappiamo invece che protone e neutrone sono a loro volta costituiti da particelle più piccole, alle quali è stato dato il particolare nome di quark. Esistono sei diverse specie di quark, ma solo due di queste, chiamate up e down, sono presenti nella materia che possiamo osservare normalmente sulla Terra.
La forza forte, come quella elettromagnetica, può essere attrattiva o repulsiva. La sua azione sui quark dipende da una proprietà di queste particelle che, per la sua analogia con la carica elettrica, è chiamata carica di colore. A differenza di quella elettrica, che può essere solo positiva o negativa, la carica di colore può essere di tre tipi diversi. Come l'interazione elettromagnetica tra elettroni e protoni porta alla formazione di atomi elettricamente neutri, così l'interazione forte tra i quark porta alla formazione di aggregati la cui carica di colore totale è zero.
La caratteristica veramente speciale della forza forte agente sui quark che costituiscono protoni e neutroni consiste nel fatto che all'aumentare della distanza tra le particelle interagenti la sua intensità, anziché diminuire, aumenta.
L'attrazione tra i quark diventa così forte che essi non possono allontanarsi l'uno dall'altro più di un milionesimo di milionesimo di millimetro: sono dunque prigionieri all'interno di protoni e neutroni. A causa di questa proprietà, chiamata confinamento, nella materia che ci circonda non è possibile osservare direttamente un quark isolato.
La forza che agisce tra protoni e neutroni è anch'essa dovuta all'interazione forte ma, come quelle che agiscono tra due atomi o due molecole, è prodotta da meccanismi complicati. Le sue caratteristiche più importanti sono l'intensità molto più grande di quella delle altre forze fondamentali, che è storicamente all'origine del nome forza forte, e il raggio d'azione piccolissimo, di appena qualche milionesimo di milionesimo di millimetro. Grazie a queste due proprietà protoni e neutroni si legano in modo strettissimo l'uno all'altro per formare il nucleo atomico: il volume che occupano è così piccolo che la densità raggiunge il fantastico valore di cento milioni di tonnellate per centimetro cubo.
Fondendo due nuclei atomici leggeri, come quelli dell'idrogeno (il più leggero di tutti, formato da un solo protone) o dell'elio (formato da due protoni e due neutroni), si può produrre moltissima energia. Le reazioni nucleari di fusione sono però molto difficili da realizzare sulla Terra perché i nuclei atomici, avendo tutti carica elettrica positiva, si respingono per effetto dell'interazione elettromagnetica.
All'interno delle stelle, invece, per l'altissima temperatura, i nuclei si muovono tanto veloci da riuscire a vincere la repulsione elettrostatica e avvicinarsi abbastanza per realizzare la fusione. Così, grazie all'azione della forza forte, nasce l'energia delle stelle.
La forza debole, come dice il nome, è molto meno intensa sia della forza forte sia di quella elettromagnetica e ha un raggio d'azione piccolissimo, simile a quello della forza forte. La sua esistenza è stata dedotta osservando il decadimento β (beta), una particolare forma di radioattività naturale.
In questo decadimento, osservato per la prima volta all'inizio del Novecento, uno dei neutroni presenti nel nucleo si trasforma in un protone e contemporaneamente viene emessa una particella di carica elettrica pari a quella del protone, ma di segno opposto, cioè negativa. Oggi sappiamo che questa particella non è altro che un elettrone e, durante il decadimento β, viene prodotta anche una terza particella, che per le sue caratteristiche è però difficilissima da osservare sperimentalmente: il neutrino. L'ipotesi che il decadimento β fosse dovuto all'esistenza di una nuova forza, fino ad allora sconosciuta, fu proposta nel 1933 da Enrico Fermi.
All'inizio del Novecento i sorprendenti risultati di una serie di esperimenti hanno dimostrato che l'azione delle forze fondamentali, a eccezione della forza di gravità, non si può descrivere usando le leggi della dinamica di Newton.
Le forze elettromagnetiche, quella forte e quella debole, si possono comprendere solo ricorrendo alla meccanica quantistica. Secondo questa teoria l'interazione tra due particelle elementari è dovuta allo scambio di una terza particella, il quanto della forza.
L'interazione elettromagnetica avviene tramite lo scambio di fotoni, particelle prive di massa che viaggiano alla velocità della luce. I quanti delle forza debole sono le particelle chiamate W e Z, mentre i quanti della forza forte sono stati chiamati gluoni, dall'inglese glue, cioè "colla".
La forza di gravità agisce in un modo completamente diverso, descritto dalla teoria della relatività generale di Albert Einstein. Secondo Einstein l'azione della gravità è dovuta al fatto che la presenza di una massa provoca una deformazione dello spazio circostante, proprio come un oggetto pesante appoggiato su un tappeto elastico ne deforma la superficie.
La prima conferma della relatività generale si ebbe con la corretta spiegazione delle anomalie dell'orbita di Mercurio, dovute al fatto che questo pianeta, essendo molto vicino al Sole, risente fortemente della curvatura dello spazio generata dal Sole stesso. Pochi anni dopo, nel 1919, le immagini del bordo del disco solare ottenute durante un'eclisse totale confermarono che, proprio come predetto dalla teoria di Einstein, nelle vicinanze del Sole la luce delle stelle non viaggia in linea retta, ma segue anch'essa la curvatura dello spazio.
Gli scienziati hanno sempre cercato di spiegare i fenomeni naturali nel modo più semplice, facendo ricorso al minor numero possibile di particelle elementari e di forze fondamentali. Per questo si sono sempre sforzati di unificare le forze esistenti in natura dimostrando che forze all'apparenza diverse sono in realtà solo aspetti differenti della stessa forza.
Il primo importante passo verso l'unificazione è stato compiuto molti secoli fa, quando Isaac Newton riuscì a dimostrare che la forza di attrazione terrestre e quella che agisce tra i corpi celesti sono entrambe dovute all'azione della gravità.
Nell'Ottocento gli esperimenti effettuati dai fisici Michael Faraday e André-Marie Ampère misero in luce l'esistenza di un legame tra elettricità e magnetismo, ponendo così le basi per la teoria unificata della forza elettromagnetica, formulata qualche anno dopo da James Clerk Maxwell. Molto più recentemente, tra il 1960 e il 1970, Steven Weinberg, Abdus Salam e Sheldon Glashow hanno fatto l'ipotesi che la forza elettromagnetica e quella debole potessero a loro volta essere unificate. Questa ipotesi è stata confermata nel 1984 dagli esperimenti effettuati al Centro Europeo per le Ricerche Nucleari (CERN) di Ginevra sotto la guida di Carlo Rubbia e Simon van der Meer. Molti scienziati sono convinti che, proseguendo su questa strada, anche la forza forte potrà essere riunificata con quella elettro debole.
L'ostacolo principale sulla strada dell'unificazione di tutte le forze fondamentali rimangono le differenze tra la gravità e le altre tre forze. A partire dal 1915, anno di nascita della relatività generale, Einstein si dedicò tenacemente al tentativo di unificare gravità ed elettromagnetismo, senza tuttavia raggiungere il risultato sperato. Oggi molti scienziati pensano che l'unificazione di tutte le forze fondamentali sarà possibile solo quando riusciremo a spiegare anche la gravità usando le leggi della teoria quantistica.
Non si può certo dire che l'osservazione degli effetti della forza debole faccia parte della vita di tutti i giorni. Alcune sue applicazioni sono però più diffuse di quanto sembri e di grande utilità, come il metodo di datazione dei reperti organici, cioè contenenti carbonio, messo a punto dal chimico Willard F. Libby nel 1949. Questa tecnica, per la cui ideazione Libby ricevette il premio Nobel per la chimica nel 1960, si basa sul fatto che il carbonio è presente in natura in forme diverse: il suo atomo può avere il nucleo composto da sei protoni e sei neutroni (carbonio 12) oppure da sei protoni e otto neutroni (carbonio 14). Il carbonio 14 è però instabile: per decadimento β un neutrone si trasforma in protone diventando un atomo di azoto 14, il cui nucleo è formato da sette protoni e sette neutroni (v. fig.). Il tempo necessario perché la metà di un campione di carbonio 14 decada (vita media) è di 5.730 anni. Quindi, se in origine nell'osso di un dinosauro ci fosse stata una certa quantità di carbonio 14, 5.730 anni dopo ne sarebbe rimasta la metà, dopo altri 5.730 anni un quarto, dopo altri 5.730 un ottavo e così via. Misurando la percentuale di carbonio 14 presente oggi nell'osso e confrontandola con la percentuale presente nell'atmosfera si riesce a determinare quante volte si è dimezzato il carbonio, risalendo così all'età dell'osso.