gravitazione
Una forza davvero universale
Oggetti che cadono al suolo, stelle che splendono in cielo, maree e orbite planetarie sono fenomeni con un denominatore comune. Si tratta della gravitazione, la forza fondamentale che non solo ci tiene con i piedi per terra, ma agisce anche in tutto l’Universo in modo che i corpi dotati di massa si attirino reciprocamente. Quando nel 17° secolo Isaac Newton ha formulato la legge matematica della gravitazione è stato possibile, per la prima volta, descrivere con un’unica teoria ciò che accadeva sulla Terra e in cielo. Ma la natura della gravitazione è stata affrontata solo nel Novecento dalla teoria della relatività generale
La gravitazione è una delle forze fondamentali: costituisce il ‘collante’ universale che agisce a distanza e attrae reciprocamente i corpi presenti nel cosmo. L’intensità di questa forza dipende dalle masse coinvolte, cioè dalla quantità di materia che costituisce i corpi, e dalla reciproca distanza. È la forza responsabile delle maree – provocate dall’attrazione della Luna sugli oceani – delle orbite seguite dai pianeti, del peso del nostro corpo, ed è quella che, almeno sulla Terra, ci impedisce di sollevarci spontaneamente a mezz’aria o spiccare salti vertiginosi.
Peso e massa di un corpo non sono affatto sinonimi: l’uno varia da un luogo all’altro del nostro pianeta, mentre l’altra è una proprietà intrinseca dei corpi. La forza peso si ottiene moltiplicando la massa (inerziale) del corpo per l’accelerazione di gravità, che si indica con g e vale sulla Terra circa 9,8 m/s2. Il valore di g cambia con la latitudine perché il nostro pianeta non è una sfera perfetta, ma risulta appiattito ai Poli; quindi per diventare un po’ più leggeri (ma non per dimagrire!) si può andare all’Equatore, dove l’attrazione gravitazionale è minore. La differenza tuttavia è piuttosto piccola: molto più evidente, è la variazione di g spostandosi dalla Terra alla Luna. Qui gli astronauti riescono a muoversi con agilità, nonostante abbiano sempre la stessa massa e per giunta indossino anche pesanti tute spaziali, perché l’accelerazione di gravità (e quindi anche la forza) è solo 1/6 di quella terrestre, avendo la Luna una massa circa cento volte inferiore rispetto a quella della Terra.
«La stessa forza che, nel cielo stellato, tiene la nostra dolce amica Luna,/ e che decresce con ‘r’ al quadrato/ pur sulla mela agisce. È una fortuna». Nei versi di questa filastrocca inglese è riassunta, in forma poetica, la legge di gravitazione universale formulata da Newton nel 17° secolo. Abbiamo già visto che l’attrazione gravitazionale dipende in modo diretto dalle masse dei corpi che interagiscono: quindi più sono massicci, come nel caso dei pianeti, più i suoi effetti sono palesi. Inoltre l’attrazione è sempre reciproca: perciò il corpo di massa maggiore attira quello di massa minore e, nello stesso tempo, il più piccolo attira il più grande, ma con effetti tanto più trascurabili quanto più è piccolo. Per questa ragione vediamo la mela cadere verso la Terra e non la Terra cadere verso la mela! La forza gravitazionale si indebolisce quando i corpi si allontanano perché, come recita la filastrocca, diminuisce con il quadrato della distanza (r). Secondo la tradizione Newton formulò la sua teoria mentre si trovava nella tenuta di famiglia a Woolsthorpe, nella campagna inglese. All’improvviso una mela si staccò da un ramo e per poco non colpì lo scienziato immerso nella contemplazione del cielo. Newton capì allora che la Luna e la mela si comportano allo stesso modo e anche il nostro satellite ‘cade’ in continuazione verso la Terra.
Ma è proprio questa caduta continua, dovuta alla gravitazione, che permette alla Luna di rimanere in orbita. Istante per istante, infatti, la velocità della Luna cambia direzione e permette a questo corpo celeste di seguire una traiettoria curva attorno alla Terra.
La legge di Newton serve per spiegare sia i fenomeni che avvengono sulla Terra sia le vicende planetarie che coinvolgono distanze astronomiche. Newton ne intuì immediatamente la straordinaria portata, ma attese vent’anni prima di esporla nei Principi matematici di filosofia naturale e fu l’amico Edmond Halley, astronomo (lo scopritore dell’omonima cometa) e membro della Royal society (la più importante istituzione scientifica inglese), a insistere perché Newton si decidesse a pubblicare le sue teorie.
La legge di gravitazione ha rivoluzionato la visione dei fenomeni che accadono sulla Terra – come la caduta dei corpi – e ha permesso di dimostrare anche le leggi sul moto dei pianeti, che Keplero aveva dedotto da osservazioni astronomiche. Per la prima volta è stato possibile descrivere con la stessa teoria sia i fenomeni terrestri sia quelli celesti, superando la netta distinzione introdotta nell’antichità da Aristotele.
È stato Galileo Galilei a mettere in discussione per primo le tesi di Aristotele, anche se il grande scienziato italiano non ha mai formulato una teoria della gravitazione. Durante gli esperimenti di caduta libera condotti dalla Torre di Pisa, Galileo ha capito che tutti i corpi cadevano con la stessa accelerazione, ma arrivavano al suolo in tempi diversi a causa dell’attrito dell’aria. Senza questo fattore di disturbo, una pesante biglia di metallo e una leggerissima piuma lasciate cadere dalla stessa altezza e nello stesso istante avrebbero raggiunto il suolo contemporaneamente. L’intuizione di Galilei è stata verificata sulla Terra, grazie ai tubi a vuoto (tubi di vetro da cui è stata eliminata tutta l’aria) e dagli astronauti che hanno messo piede sulla Luna dove non c’è atmosfera e quindi neppure attrito.
La teoria della gravitazione ha raccolto in oltre tre secoli di vita importanti successi permettendo di spiegare il moto dei corpi celesti. Ha consentito di scoprire, per esempio, nel 1846 l’esistenza del pianeta Nettuno, svelato dai suoi effetti gravitazionali, e di stabilire con esattezza la data di ritorno della cometa di Halley.
Molti contemporanei tuttavia avanzavano forti critiche sul lavoro di Newton poiché lo scienziato inglese non spiegava la natura di questa forza, ma si limitava a descriverne l’azione. La legge di gravitazione universale, inoltre, non rendeva conto di una particolarità nel moto di Mercurio. L’orbita di questo pianeta, infatti, non si chiude esattamente al punto di partenza, ma a ogni rivoluzione completa attorno al Sole si sposta leggermente verso la direzione da cui proviene il pianeta, un fenomeno noto come precessione del perielio. Per spiegarlo è stata necessaria una nuova teoria, di validità più generale rispetto alla gravitazione di Newton. È la relatività generale di Einstein. In questa teoria la gravitazione non è più una forza che si propaga a distanza e istantaneamente, ma una forza che provoca una vera e propria deformazione della geometria dello spazio e del tempo pensati come se fossero un tutt’uno.
La legge di Newton mette in relazione la forza di gravità (F) con le masse dei corpi (m1 e m2) e la loro distanza (r) tramite una costante universale indicata con G. La sua formula è:
G è stata misurata per la prima volta in laboratorio dal fisico inglese Henry Cavendish nel 1798 con un dispositivo chiamato bilancia di torsione. Questo apparato è costituito da due piccole sfere di piombo fissate alle estremità di un’asta leggera, lunga un paio di metri e sospesa a un sottile filo di quarzo. Vicino alle due sferette sono collocate due grosse sfere di piombo. La forza gravitazionale esercitata dalle sfere più grandi su quelle più piccole fa ruotare il dispositivo di un angolo proporzionale alla forza. Misurato l’angolo si può risalire al valore della forza e, note le masse dei corpi e la distanza, si ricava G.
Cavendish ha trovato in questo modo un valore della costante che si scosta solo per l’1% da quello oggi accettato, pari a 6,67∙10-11 N m2/kg2. Una volta determinato il valore di G, dopo aver misurato l’accelerazione gravitazionale g, dalla formula si ottiene in maniera indiretta anche la massa della Terra. Per questa ragione lo stesso Cavendish chiamava il suo esperimento «pesata della Terra».