CARTAGINE
(gr. Καϱχηδών; lat. Carthago; arabo Qarṭājanna)
Città di origine punica dell'Africa settentrionale nell'od. Tunisia, posta su una penisola tra il lago di Tunisi e il mare Mediterraneo. La vicenda storica di C. in epoca tardoantica e bizantina si snoda nell'arco di poco più di un secolo e mezzo, tra l'occupazione da parte dei Vandali di Genserico (439), la riconquista bizantina di Belisario (533) e infine la conquista da parte degli Arabi, avvenuta tra il 695 e il 698. La presa di C. e il saccheggio dell'armata araba non segnarono la fine immediata dell'agglomerato urbano, poiché negli scavi recenti è stato riconosciuto in qualche caso un livello di epoca ommayade in passato trascurato. In seguito le rovine di C. vennero sfruttate per lo sviluppo della vicina Tunisi.Dopo i lavori delle missioni archeologiche coordinate dall'U.N.E.S.C.O. è emerso, sia pure in maniera ancora molto incompleta, l'impianto urbano di C. in epoca vandala e bizantina. La città, a pianta regolare, si stendeva al di là del rettangolo individuato come schema della romana Colonia Iulia Concordia Carthago (Duval, Lézine, 1959). Priva fino a quel momento di cinta, C., prima dell'arrivo dei Vandali in Africa, era stata circondata da una cerchia di mura, costruita molto rapidamente sotto Teodosio II, non sufficiente però a proteggerla da un attacco improvviso. Nel sec. 19° si determinò a grandi linee il tracciato di questa cinta sulla base dell'analisi dell'altimetria del terreno e lo si verificò attraverso scavi di sondaggio condotti in alcuni settori, per es. nella zona dell'Odeon e nel quartiere detto di Sayda, dove essa raggiungeva il mare, includendo nel perimetro protetto la collina di Bordj el-Djedid. Scavi più recenti hanno però messo in luce l'esistenza, nell'area nordoccidentale, di un restringimento della cerchia, realizzato con un tratto di muro che attraversava un quartiere di abitazioni.Scarse sono le fonti che forniscono informazioni circa l'organizzazione amministrativa di C., anche per quel che riguarda l'età altoimperiale. Il principale centro amministrativo (costituito da foro, basilica civile e, probabilmente, capitolium) è stato localizzato con precisione sulla collina di Byrsa, la cui sommità venne spianata e allargata per mezzo di giganteschi lavori. Un'analoga opera di sistemazione sembra riconoscibile sulla sommità della collina di Bordj el-Djedid dove, nel sec. 19°, era ancora possibile vedere alcune strutture appartenenti forse al podio di un grande tempio, preceduto verso il mare da una scalinata monumentale. I due porti, di cui fa menzione Procopio, sono riconoscibili rispettivamente in una laguna circolare (porto militare in età punica, con un isolotto centrale su cui in epoca romana si trovava un tempio) e in una laguna rettangolare, luoghi ancora identificabili. Nella zona circostante, subito dopo il secondo conflitto mondiale è stato scavato un certo numero di monumenti pubblici, mettendo forse in evidenza la posizione del foro della città bassa o dell'area del porto. A N di questo quartiere è relativamente ben conosciuto quello detto delle terme di Antonino, la cui zona, a ridosso della costa, era appunto occupata dalle grandi terme pubbliche. Alla periferia meridionale della città si trovano l'anfiteatro e il circo, la cui pianta e le cui fasi di vita appaiono più chiare dopo le recenti indagini archeologiche. Ai secc. 4° e 5° possono essere datate alcune case di cui è nota la pianta completa (ubicate nei pressi di Byrsa, a Bordj el-Djedid e sulla spianata dell'Odeon), nonché la maggior parte dei mosaici pavimentali conservati.La topografia dell'inizio del sec. 5° ha subìto due trasformazioni rilevanti: una risultante dalla creazione della cinta muraria e quindi dall'abbandono di alcuni quartieri periferici, certamente quelli a N, dove un cimitero si trova proprio a ridosso delle mura; la seconda dovuta all'occupazione vandala e alle distruzioni o ai cambiamenti di destinazione d'uso che ne derivarono, sui quali si è molto discusso: nel sec. 19° si sosteneva l'ipotesi di una distruzione massiccia, seguita da una rioccupazione molto parziale da parte dei Bizantini; in seguito si è affermata invece la tendenza a ridimensionare l'azione dei Vandali. Oggi, grazie alle ricerche condotte sotto l'egida dell'U.N.E.S.C.O., si è potuta stabilire in molti settori la presenza di uno spesso livello di distruzione con strati di cenere, che precede un riempimento massiccio, sul quale si impiantano i nuovi edifici di epoca bizantina. Nonostante l'importanza di questo dato archeologico, alcuni passi dell'Anthologia Latina testimoniano che esistevano anche costruzioni e lussuosi insiemi decorativi voluti dai re e dai membri dell'aristocrazia vandala, che tuttavia, nella maggior parte dei casi, è impossibile localizzare e identificare. Per quel che riguarda gli edifici di culto, appare possibile una loro occupazione da parte del clero ariano, prima della loro parziale restituzione ai cattolici; in effetti ciascuno di essi ha conosciuto molte trasformazioni, spesso radicali, difficili però da datare con precisione.Contrariamente alla topografia d'insieme, l'archeologia e l'epigrafia di C. hanno fatto progressi notevoli dopo l'ultima guerra mondiale. In generale, gli edifici cristiani sono noti nella loro fase bizantina, ma è certo che la loro origine risale, nella maggior parte dei casi, al sec. 4°; numerose testimonianze epigrafiche o letterarie, come le opere di Tertulliano e Cipriano, dimostrano inoltre l'esistenza di un'importante comunità cristiana nel sec. 3°, i cui luoghi di culto rimangono però sconosciuti.La storia ecclesiastica della C. vandala e bizantina è molto poco conosciuta, tranne che per l'epoca della controversia dei Tre Capitoli (553). Alcuni nomi di vescovi compaiono in occasione dei concili tenuti in Africa, della persecuzione vandala, della riorganizzazione bizantina, della disputa dei Tre Capitoli, oltre che nella corrispondenza di Gregorio Magno. Il vescovo di C., primate di tutta l'Africa, conservò il ruolo eminente che gli conferivano la tradizione e le disposizioni ufficiali dell'impero e del papato fino all'occupazione araba, e anche oltre, dal momento che il seggio episcopale è attestato ancora nell'11° secolo. Per quel che riguarda l'organizzazione e la topografia ecclesiastica, ogni regione avrebbe potuto far capo a un arcidiacono, assistente del vescovo, ed è noto che ognuna era dotata di una chiesa regionaria, provvista di ampi annessi (viene spesso citato un secretarium dove si riunì un concilio) e probabilmente di un battistero, potendo quindi svolgere alcune delle funzioni di cattedrale. Le fonti (sermoni, verbali di concili, testi storici) forniscono una ventina di nomi o di riferimenti topografici di basiliche, ma generalmente non permettono una loro identificazione: sono menzionate, per es., almeno due basiliche consacrate a s. Cipriano, ubicate rispettivamente sul luogo del suo martirio e in quello della sua sepoltura. Un sermone di s. Agostino, scoperto recentemente, fornisce indicazioni interessanti sulla struttura di una chiesa cartaginese alla fine del sec. 4°, con abside sopraelevata da cui predica il vescovo, altare posto nella navata, separazione tra le zone riservate agli uomini e alle donne, decorazione istoriata.All'interno della città, disposta per assi ortogonali, non è stata identificata con certezza l'ubicazione della cattedrale, ma almeno due chiese urbane (Dermech I e la basilica 'del Supermercato') sono provviste di battistero e possono quindi essere interpretate sia come cattedrale - cattolica o meno, dato che le chiese dei vescovi scismatici o eretici non presentavano senza dubbio nessuna particolarità che possa permettere la loro identificazione - sia come chiesa regionaria.Nel parco archeologico delle terme di Antonino sono state identificate tre chiese, ancora in parte visibili. Della prima, posta dietro le grandi latrine delle terme, sono riconoscibili solo le due absidi contrapposte, mentre un bel mosaico di carattere funerario è stato trasportato al Mus. de Carthage. La più importante, la citata Dermech I, è orientata e presenta cinque navate, una complessa rete di transenne e un recinto per l'altare ben conservato. Dei numerosi annessi rimangono un battistero monumentale con deambulatorio e una cappella provvista di cattedra episcopale e di un altare, che sembra anch'esso collegato a cerimonie battesimali. In passato la chiesa veniva datata al sec. 6° sulla base dello stile uniforme dei mosaici delle cinque navate, ma recenti sondaggi hanno dimostrato che al di sotto di questi non si ritrova alcuno strato chiaramente posteriore all'inizio del 5° secolo. La vicina chiesa di Dermech II è a tre navate ed è orientata sull'asse N-S; l'abside non si è conservata mentre il basamento di un altare, forse un contraltare, è chiaramente riconoscibile nella zona settentrionale.A O del parco, all'inizio del secolo, in occasione della costruzione della strada e della ferrovia, vennero distrutti due edifici: uno di essi, certamente cristiano, era forse una quarta basilica; l'altro era un curioso insieme architettonico in forma di casa a peristilio, con una sala absidata che presenta due livelli sovrapposti di mosaico. L'indicazione del nome di molti martiri dimostra che si trattava di una cappella destinata ad accogliere delle reliquie, anche se appare difficile giungere a una precisa identificazione del monumento. Lo stesso vale per un altro edificio situato a O della ferrovia, che era stato in origine una casa d'abitazione, ma la cui sala principale è stata utilizzata come 'monumento con vasche', dove un piccolo ambiente rimaneggiato conteneva le reliquie dei sette martiri di Gafsa (martiri del periodo vandalo assimilati qui ai fratelli Maccabei). La c.d. rotonda dell'Odeon, posta sulla spianata omonima, recentemente oggetto di numerose campagne di scavi, è un monumento di epoca cristiana ricostruito nel sec. 6°; l'edificio era collegato a una chiesa con terminazione a triconco più volte ricostruita e l'importanza di questo insieme situato in un quartiere centrale ha fatto pensare che si possa trattare del mausoleo di S. Cipriano.Nel quartiere nord, che prolungava la città sulle colline di Bordj el-Djedid e di Sayda, esisteva almeno una chiesa, distrutta negli anni Cinquanta, di cui non rimane che il battistero sotterraneo, con una vasca di tipo bizantino, pavimenti della stessa epoca e resti di pitture raffiguranti, tra l'altro, i martiri di Cartagine. Una cappella funeraria sotterranea, dotata di altare e legata a questo complesso, conteneva la sepoltura di un Redemtus, membro del clero di una regione (forse arcidiacono). Un'altra cappella dello stesso tipo, detta di Asterius (che non è però il nome del defunto), scoperta nello stesso settore, ma più vicino alla riva del mare, è stata ricostruita nel parco delle terme di Antonino e può essere datata al sec. 7° sulla base delle monete trovate sotto il pavimento.A E della stazione ferroviaria Dermech, ma spostata verso S rispetto alle chiese dello stesso nome, è stata scavata negli anni Settanta la citata basilica 'del Supermercato', eretta al posto di un edificio basilicale decorato di mosaici, di pianta abbastanza particolare, il cui uso cultuale non è chiaro. La chiesa del sec. 6°, costruita sopra un strato di riempimento sovrapposto a un livello di distruzione di epoca vandala e della quale non rimane praticamente più nulla, aveva due absidi, ma non è stato possibile ricostruirne alcuna pianta attendibile. Se ne conoscono soprattutto i mosaici, che presentano motivi vegetali e geometrici caratteristici dell'epoca bizantina. Gli stessi motivi si trovano nel battistero, a pianta centrale e di carattere monumentale, ma anch'esso in pessimo stato di conservazione e ancora inedito. La casa vicina, detta degli Aurighi greci dal soggetto di un mosaico, in un momento della sua storia appartenne certamente alla comunità cristiana; si tratta di un complesso importante, probabilmente una cattedrale, ma che è imprudente cercare di identificare in assenza di indizi precisi. Più a N, verso i declivi orientali della collina di Byrsa, un battistero ancora isolato, che conobbe due distinte fasi di vita, fa supporre l'esistenza di un altro complesso ecclesiastico. È possibile che la grande basilica civile di Byrsa sia stata utilizzata, in epoca bizantina, come luogo di culto, al pari di quelle di Tipasa, Sabratha e Leptis Magna, ma gli indizi in questo senso sono assai scarsi. Sulla stessa collina è documentata, in epoca bizantina, la chiesa della Theotokos, posta in prossimità o all'interno del palazzo dei re vandali, identificabile forse nella basilica civile o forse nelle fondazioni di epoca tarda situate sul pendio meridionale della collina (sono riconoscibili una grande sala absidata e un ambiente triconco).Il monastero fortificato del Mendracium, che in epoca bizantina proteggeva l'accesso ai porti, non è stato localizzato.Fuori delle mura sono state scavate cinque aree cimiteriali cristiane, con tre grandi chiese, di dimensioni eccezionali per l'Africa: soltanto la cattedrale di Tipasa è confrontabile con esse. A N, vicino al mare, una basilica orientata verso O, a cinque navate, preceduta da un atrio che ricopre una cisterna, è forse da identificare con il luogo di sepoltura di Cipriano, mensa Cypriani, da dove Monica assistette alla partenza del figlio Agostino; è peraltro probabile che si tratti dell'ampliamento di un edificio più modesto. A N-O, sul sito detto Midfa, più lontano dal centro della città, si trova un vasto cimitero cristiano con una chiesa a sette navate - ampliata forse a nove nella sua fase finale - orientata a N-O. Nell'area che la precede è stata scavata una grande abside, che è forse ciò che resta di un atrio analogo a quello di Dāmūs al-Kharīṭa. La chiesa presenta al centro una cripta per le reliquie, che si trovavano probabilmente sotto l'altare, a sua volta posto sotto una cupola centrale. La scoperta di molte iscrizioni relative ai martiri di C. (Perpetua e i suoi compagni) ha fatto plausibilmente pensare che si trattasse della basilica Maiorum, luogo di sepoltura dei martiri. Più a O il sito detto Bir Ftouha ospita un altro complesso scavato in tre riprese e attualmente in fase di riesame. Non se ne possiede una pianta d'insieme, ma sono documentati un grande bacino - interpretato, senza prove, come battistero -, un ambiente a triconco, che ospita numerose tombe, e una basilica, forse a deambulatorio, da dove frammenti di mosaici bizantini, con il motivo dei Quattro fiumi del paradiso, e alcuni di carattere funerario sono stati trasferiti a Tunisi (Mus. Nat. du Bardo) e a Parigi (Louvre).Più a S, nelle immediate vicinanze della cinta teodosiana, il grande complesso di Dāmūs al-Kharīṭa, non completamente scavato e in condizioni di conservazione disastrose, presenta, oltre a una vasta basilica, due altre grandi sale a colonne situate dietro l'abside principale, nonché una rotonda semisotterranea, annessa forse a un altro edificio basilicale. L'edificio principale, preceduto da un atrio semicircolare, era articolato in nove navate e forse, in un'ulteriore fase, in undici; la sua storia costruttiva dovette essere molto complessa, poiché sembra che una navata trasversale conclusa da un'abside a S-O sia ciò che resta di una chiesa più piccola, riutilizzata in seguito nel ridefinire gli spazi dell'immenso edificio con un'abside interna. Si può supporre l'esistenza di una cupola centrale, testimone di un influsso architettonico orientale; il grande atrio semicircolare, prolungato nell'asse da un triconco, senza dubbio un martyrium, ricorda quello del Lechaion di Corinto. Un piccolo battistero quadrato a vasca esagonale, posto dietro l'abside principale e oggi perduto tra le fondazioni dei colonnati, è probabilmente di epoca precedente. A O la rotonda presenta una vasta sala sotterranea, circondata da grandi colonne con capitelli bizonali, accessibile attraverso due scale. Si tratta evidentemente di una soluzione intesa a favorire il flusso dei pellegrini verso un martyrium importante che sarebbe interessante poter identificare, mentre l'assenza sia della piscina sia di condutture per l'acqua rende insostenibile l'ipotesi che fosse un battistero. Questo complesso, che non va identificato con la cattedrale di C., come si credeva, era certamente il santuario più venerato posto al centro del principale cimitero cristiano della città.Nella zona meridionale di C., a Bir el-Knissia, è stato recentemente localizzato il sito di una grande chiesa a tre navate, senza dubbio orientata verso O e forse preceduta da un atrio; tra le rovine sono stati rinvenuti frammenti di mosaici bizantini. Al limite sudoccidentale dell'agglomerato urbano, l'anfiteatro è tradizionalmente ritenuto essere stato il luogo del martirio di Perpetua, probabilmente a torto anche perché non sono state trovate tracce di culto.Le basiliche non costituiscono che una parte delle testimonianze archeologiche della C. vandala e bizantina. Non si sa dove localizzare le grandi abitazioni e le terme riportate dalla Anthologia Latina, ma a più riprese sono stati rinvenuti resti di case e di mosaici di epoca assai tarda, principalmente al centro della città e sulla collina di Bordj el-Djedid, dove una casa reca sul pavimento motivi cristiani. La c.d. casa del Pavone, presso Byrsa, testimonia l'uso delle mense a sigma nella sala da pranzo, mentre la presunta schola delle terme di Antonino attesta l'introduzione della tipologia del triconco per i triclini delle abitazioni. È provato che le case del quartiere dell'Odeon vennero rimaneggiate fino ai secc. 6° e 7° e una fase tarda di utilizzo è stata riconosciuta nelle stesse terme; al contrario, il circo venne abbandonato prima della caduta definitiva di C., ma dopo il periodo vandalo.A parte alcuni capitelli provenienti principalmente da Dāmūs al-Kharīṭa, i sarcofagi in calcare del Cap Bon, scarsamente decorati (ma che sarebbero stati esportati a Tarragona) e i numerosi mosaici - conservati a C. (Mus. de Carthage, sala cristiana; Antiquarium), ma soprattutto a Tunisi (Mus. Nat. du Bardo) e in qualche esemplare a Parigi (Louvre) e a Londra (British Mus.) -, rare sono le testimonianze artistiche degli ultimi secoli della capitale africana. Molte sono invece le epigrafi cristiane, riclassificate e ripubblicate da L. Ennabli (1975; 1982; 1991), i sigilli bizantini in piombo, le lastre di terracotta con motivi a rilievo che servivano soprattutto a rivestire i soffitti, la ceramica e i vetri, conservati nel Mus. de Carthage.
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