Cartilagine
Con questo termine viene indicato un tessuto connettivo specializzato (v. vol. 1°, II, cap. 3: Cellule e tessuti, Tessuto connettivo), costituito da cellule rotondeggianti, i condrociti, immerse in una sostanza fondamentale extracellulare (matrice) da loro stesse prodotta, nella quale sono presenti fibre collagene e fibre elastiche, incluse in un materiale amorfo di natura proteica e polisaccaridica. Queste caratteristiche strutturali sono alla base delle prestazioni meccaniche della cartilagine, che consistono in un'alta resistenza alle sollecitazioni e in una notevole flessibilità. Diversamente da altri tessuti, la cartilagine non è vascolarizzata e la natura colloidale della matrice assume un'importanza primaria per la nutrizione delle sue cellule. È presente in abbondanza nel feto; dopo la nascita, sebbene la sua quantità si riduca, essa continua a svolgere una funzione indispensabile per tutto il periodo di accrescimento. Nell'adulto è presente solo in particolari distretti soggetti a notevoli sollecitazioni meccaniche, come le superfici articolari, di cui forma le strutture di rivestimento. Altrove, come nella laringe e nella trachea, il tessuto cartilagineo forma strutture a morfologia definita. I dischi cartilaginei tra le vertebre conferiscono flessibilità alla colonna vertebrale. La cartilagine, quindi, è essenzialmente una struttura scheletrica interna che, con poche eccezioni come quella del padiglione auricolare, non si trova mai in prossimità della superficie del corpo.
La funzione di sostegno svolta dalla cartilagine è fondamentale per tutti gli organismi, che, se fossero costituiti unicamente da cellule, sarebbero incapaci di mantenere la propria forma. è necessario, invece, che ogni organismo sia in grado di sostenersi contro la pressione dell'aria e dell'acqua circostanti, evitando di collassarsi sotto la spinta della forza di gravità. Lo sviluppo di scheletri di sostegno appare particolarmente necessario per gli animali terrestri, mentre gli animali acquatici, per la maggiore capacità di sospensione del mezzo ambiente, possono anche esserne privi (v. scheletro).
La presenza di una vera e propria cartilagine si riscontra già in polpi e calamari (Cefalopodi), nei quali i grossi encefali sono ricoperti da una scatola di tessuto cartilagineo che presenta cellule ramificate: che in questi animali compaia un tessuto così specializzato non deve sorprendere perché, se consideriamo i Primati, e quindi l'uomo, come il culmine dell'evoluzione dei Vertebrati, i Cefalopodi occupano indubbiamente la stessa posizione tra gli Invertebrati. Salendo lungo la scala evolutiva, il tessuto cartilagineo è sempre presente, anche se con molte varianti. Alcuni Pesci, per es., sono provvisti di cartilagini nelle quali la matrice è piuttosto scarsa. All'estremo opposto, in altri Pesci come gli squali, nei quali lo scheletro è quasi completamente cartilagineo, vi è una forte tendenza allo sviluppo di una cartilagine calcificata, con deposizione di calcio nella matrice; questa calcificazione, se conferisce una maggiore solidità, impedisce tuttavia alle sostanze nutritive, che normalmente raggiungono le cellule per diffusione attraverso la matrice, di arrivare fino ai condrociti. Ciò può portare a morte cellulare e, quindi, a pericolo di fratture. Inoltre, gli squali utilizzano la compressione idrostatica dei liquidi viscerali per rendere il corpo più rigido.
La filogenesi del tessuto cartilagineo è uno dei capitoli più interessanti della storia dei Vertebrati. Secondo l'ipotesi che il processo evolutivo sia riassunto dall'andamento dello sviluppo embrionale, poiché i Vertebrati, forniti di scheletro osseo, possiedono durante lo sviluppo una matrice cartilaginea che viene, in seguito, sostituita con tessuto osseo, si è a lungo ritenuto che i Vertebrati più antichi avessero uno scheletro cartilagineo e che la comparsa di forme a scheletro osseo, dapprima imperfetto, poi sempre più completo, fosse successiva. Come prova di ciò si indicava lo scheletro cartilagineo di alcuni Pesci attuali, quali le lamprede e, come si è detto, gli squali, considerato un residuo primitivo. In realtà le prove paleontologiche non suffragano questa teoria, ma al contrario mostrano che i resti di antichi Vertebrati (Pesci), risalenti a circa 470 milioni di anni fa, appartenevano a organismi privi di mascella e rivestiti da una corazza o da scaglie formate di vero tessuto osseo. La presenza di tessuto osseo nei Pesci primitivi suggerisce dunque che esso sia comparso molto presto nella storia dei Vertebrati, probabilmente prima del tessuto cartilagineo. Anche l'evidenza di una riduzione, piuttosto che di un aumento, dell'ossificazione nella storia di molti gruppi di Pesci fa ritenere che lo scheletro cartilagineo presente in alcuni di essi sia in realtà un carattere secondario e non ancestrale. Si può dunque ipotizzare, per es., che i dentelli cutanei e le piccole scaglie, che negli squali sono associate alle pinne, rappresentino gli ultimi residui della corazza che una volta rivestiva il corpo dei loro antenati. Per spiegare la funzione di questa antica corazza sono state formulate molte ipotesi: che servisse a prevenire eccessive perdite di acqua o che rappresentasse un deposito di sali di calcio, o, secondo l'opinione della maggior parte degli studiosi, che avesse una funzione di difesa. Infatti, molto spesso, i fossili di questi primitivi Pesci ossei si trovano associati, sia nei laghi sia nei fiumi, a resti di antichi scorpioni e crostacei di notevoli dimensioni, considerati sicuramente i più temibili predatori dell'epoca. È probabile, quindi, che agli albori della loro storia i Vertebrati fossero prede e la presenza della corazza li proteggesse dall'assalto degli Artropodi. Con la comparsa di un nuovo adattamento, rappresentato da un paio di mascelle, essi cambiarono le loro abitudini alimentari e divennero predatori. Le mascelle fornirono anche un mezzo di difesa, riducendo l'esigenza di una spessa corazza. Una prova della validità di questa ipotesi consiste nella scomparsa, o comunque nella riduzione, dei resti degli antichi Artropodi dai depositi fossili.
Per comprendere il significato evolutivo dello sviluppo del tessuto cartilagineo, è necessario considerare che l'endoscheletro dei Vertebrati a stadi precoci di sviluppo è un modello quasi perfetto di quello dell'adulto. Se questo fosse costituito direttamente da osso, l'accrescimento dell'individuo sarebbe impossibile, perché l'osso cresce solo sulla propria superficie. La cartilagine rappresenta invece un tessuto plasmabile che può espandersi e accrescersi, conservando al tempo stesso una notevole solidità, e per questo è particolarmente adatta a svolgere funzioni di sostegno nel corpo dell'embrione. Nel feto, la maggior parte dello scheletro assile e appendicolare è formata da abbozzi cartilaginei, che vengono successivamente sostituiti dall'osso. La formazione dello scheletro cartilagineo inizia precocemente, già alla sesta settimana di vita intrauterina.La cartilagine nell'embrione deriva dalla condensazione di cellule appartenenti al mesenchima, in ben precise località del corpo dove poi si formeranno elementi cartilaginei. In questi centri di condrificazione, le cellule mesenchimali dapprima si infittiscono e, successivamente, si trasformano in condroblasti, ritraendo i loro prolungamenti citoplasmatici e assumendo una forma rotondeggiante. Ai condroblasti spetta il compito di sintetizzare la sostanza intercellulare. Il processo di condrificazione si estende dal centro alla periferia, consentendo il progressivo accrescimento della cartilagine. La sostanza fondamentale e le fibre aumentano, per cui i condroblasti vengono a mano a mano distanziati. Raggiunta la struttura definitiva, essi modificano il loro aspetto e diventano condrociti.
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