casta
Termine che deriva dal portoghese casta («stirpe», «razza»); indica un gruppo sociale chiuso, per lo più endogamo, i cui membri sono uniti da comunanza di razza, di nascita, di religione o di mestiere. La comunità castale rappresenta l’istituzione prevalente nella storia sociale dell’India; sin dall’antichità essa ha riguardato in modo specifico l’induismo (➔ Veda), ma si è riprodotta anche in ambito musulmano e cristiano. La c. conferisce infatti un’identità ascrittiva per nascita (jati), relativa al profilo rituale della materia fisiologica delle unità familiari e della loro funzione all’interno di un sistema gerarchico di relazioni complementari dai risvolti sociali, economici e politici. Fin dai primi dell’Ottocento osservatori, riformatori e missionari europei – e sulla loro scorta, riformatori indiani e ideologi di vario orientamento, soprattutto marxista – ravvisarono nella c. uno strumento di oppressione mediante il quale i brahmani avevano affermato il proprio dominio su una società costretta all’immobilismo. Questa concezione ispirò anche l’etnografia coloniale, che nel tentativo di legittimare la missione civilizzatrice britannica disegnò la popolazione indiana come un mosaico di tessere fossili, incapaci di sviluppo, e quindi di autogoverno. In realtà, la società castale si è caratterizzata per un costante processo di mobilità tanto di interi gruppi quanto di singole unità familiari. In questo senso, trattati come il Manavadharmashastra appaiono come tentativi di riportare a sistema unioni «irregolari» fra membri di c. o sottocaste diverse. Parimenti, nuove opportunità di affermazione economica e politica furono sfruttate da determinati nuclei sociali, che nel mutare la propria funzione assunsero una nuova denominazione, atta a separarli dal resto della comunità castale, e rivendicarono un più alto status rituale modificando i propri stili di vita (posizione delle donne, abitudini alimentari, relazioni di servizio e protezione con altre c.). Si parla di brahmanizzazione, o sanscritizzazione, per le c. aspiranti a un profilo di tipo brahmanico (per il quale è indispensabile la dieta vegetariana), e di kshatriyizzazione per quelle interessate alla sfera militare e politica (in quest’ultimo caso, si è spesso fatto ricorso a genealogie ad hoc allo scopo di comprovare l’origine regale di particolari famiglie). La mobilità sociale si è sovente imperniata sul ruolo della cd. c. dominante, ossia di una comunità (solitamente di status medio-alto, numerosa e integrata nelle relazioni politiche ed economiche a livello sopralocale) capace di gestire la gran parte delle risorse umane e materiali di una determinata area. Nell’India indipendente l’appartenenza castale, mentre ha via via perso rilevanza nelle scelte occupazionali dei singoli, ha assunto una nuova dimensione politica in virtù della capacità, propria delle reti comunitarie, di mobilitare il sostegno a leader e partiti. Analoghe dinamiche sono state osservate in campo economico, nell’organizzazione della manodopera sia industriale sia agricola. Degno di nota è anche il fenomeno della formazione di aggregazioni di c. affini, che nelle regioni meridionali e occidentali ha assunto un carattere territoriale legandosi al movimento dravidico antibrahmanico.