CASTAGNO (dal lat. castanea, e questo dal gr. κάστανον; lat. scient. Castanea sativa Mill.; fr. châtaignier; sp. castaño; ted. Kastanienbaum; ingl. chestnut)
Albero della famiglia delle Fagacee (tribù Castanee) alto sino a 30 m. col tronco di m. 2 e più di diametro, dal portamento maestoso, dalla chioma ampia, dal fogliame di un colore verde lucido, un po' coriaceo. Le foglie sono grandi, oblungo-lanceolate, acuminate, regolarmente e acutamente seghettate, da adulte glabre o quasi, lunghe 15-25 cm., caduche. I fiori sono monoici: i maschili in amenti eretti formati da piccoli glomeruli di fiori involucrati da brattee e bratteole, col perigonio diviso in 6 lobi e con 6-15 stami: i femminili 1-3 alla base dei precedenti entro un involucro di brattee saldate tra loro, accrescenti nel frutto, con perigonio aderente all'ovario e a breve lembo 5-8 fido. L'ovario ha 3-6 logge con 6 stili e 2 ovuli per loggia. Il frutto è dato da 1-3 achenî (castagne) con pericarpio coriaceo, racchiusi da un involucro che a maturità si rompe in quattro valve, coperto da densi e lunghi aculei (riccio); l'endosperma è carnoso, farinoso, bianco e dolce. Fiorisce in giugno e matura i frutti dal settembre al novembre dello stesso anno.
È pianta longeva che può anche oltrepassare i 1000 anni, come il castagno detto dei Centocavalli sull'Etna, che la leggenda vuole riparasse dall'uragano la regina Giovanna d'Aragona e il suo seguito: esso misura 53 metri di circonferenza e gli si attribuisce un'età di circa 4000 anni. Esemplari del genere si trovano in Francia a Sancerre (Cher), in Inghilterra a Tortworth (Gloucestershire) ecc.
L'area distributiva del castagno comprende la Spagna, la Francia, parte della Svizzera (Vallese, margine meridionale del Giura, zona del Föhn, Svizzera insubrica), l'Italia comprese le vallate alpine nella zona delle querce, la Carniola, la Stiria meridionale, la Croazia, la Penisola balcanica, l'Asia minore, il Caucaso, la Persia meridionale e l'Africa nord-occidentale; ma, riconducendo alla specie in questione altre entità affini, forse a torto considerate come specie, l'area del castagno, come specie complessiva, si allarga di molto e comprende il Giappone (C. cremata Sieb. e Zucc. = C. japonica Blume) e la zona atlantica dell'America del Nord (C. pumila Mill.; C. dentata Borck; C. vesca americana Mich). Il castagno non vive in generale isolato, ma forma estese associazioni (castagneti), ora pure o quasi, ora in consorzio con le querce del gruppo rovere, sempre in settori e suoli silicei o anche calcarei, ma profondamente decalcificati sin dove arrivano le radici della pianta, che si comporta come silicicola o calcifuga, e in ogni caso mostra preferire i terreni freschi, pur rifuggendo dalla soverchia umidità.
Il castagno si moltiplica per seme e si migliora per innesto: le pianticelle ottenute per seme si trapiantano a dimora quando hanno raggiunto m. 2-2,50 di altezza, ma nei rimboschimenti bisogna tenere presenti le esigenze della specie che reclama suoli silicei e freschi, mai umidi.
In Italia e nelle isole il castagno riveste le pendici montuose della cosiddetta regione o zona submontana dai 300 ai 1000 metri, ma in qualche punto scende sino al mare, e può salire anche nella parte inferiore della zona montana: così in settori favorevoli delle Alpi e più ancora nelle isole (Sardegna sino a 1300 m., Sicilia sino a 1500 m.). Sull'indigenato della pianta nei paesi alpini, un tempo ammesso senza riserva, sono stati sollevati dubbî che sembrano fondati; nella stessa regione appenninica i consorzî di castagno si addensano non lungi da paesi e città, così da lasciar supporre che l'uomo abbia avuto una parte notevole nella diffusione di questa utile pianta. Ciò rende più complesso il problema delle sue origini, poiché il castagno che forma bosco e non fu tocco da epoca remota dall'uomo è ben diverso da quello che procede dall'innesto, che fu addomesticato e ingentilito e del quale si mangia il frutto (marrone). L'introduzione e l'acclimazione del castagno debbono dunque risalire a un'epoca remotissima.
Il castagno selvatico è adoperato per il suo legname compatto e resistente a fare doghe per botti, traversine ferroviarie, porte e imposte, ma è anche adatto come legna da ardere e per carbone. Dal legno di castagno, ricco di sostanze tanniche (5-10%), si sogliono ricavare anche speciali estratti concianti (estratto di castagno), usati per la concia delle pelli, per la tinta in nero, per la carica dei tessuti di seta. I frutti del castagno, del peso da 8 a 20 gr. l'uno, si sogliono distinguere in marroni, qualità grossa a facce convesse; castagne domestiche, più piccole, dolci, a pellicola facilmente staccabile; castagne selvatiche, ancor più piccole e meno dolci, a pellicola difficilmente staccabile. Si mangiano allo stato fresco o secco, crudi, bolliti, arrostiti o disseccati e si riducono in farina con la quale si preparano pietanze e dolciumi (castagnacci, focacce, ecc.). Il disboscamento cui andò soggetta la zona appenninica negli ultimi 70 anni non ha risparmiato i castagneti che un tempo occupavano estensioni più considerevoli di oggidì, come dimostrano nomi di località o di paesi che traggono origine dal nome della pianta ora scomparsa o diradata.
Nel 1928 i castagneti occupavano in Italia una superficie di ha. 612.930 e davano una produzione complessiva di frutto valutata in q. 5.569.700. Le principali regioni produttrici furono in quell'anno: