CASTELLO
Struttura fortificata con funzioni difensive e talvolta anche abitative, il c. viene normalmente indicato nelle fonti latine medievali con i termini castrum e castellum, indirettamente connessi a castrare ('tagliare'), con probabile allusione alle conseguenze che gli interventi fortificatori avevano sul terreno. Castellum è, a rigore, un diminutivo di castrum, ma già negli scrittori della buona romanità appare connotato da aggettivi come parvulus ed exiguus, segno evidente che, al di là di ogni formalismo grammaticale, esso era ormai sentito come vocabolo a sé. I due termini poterono, occasionalmente, indicare anche realtà differenti tanto sul mero piano giuridico quanto in concreto, ma di norma, in tutta la letteratura e la documentazione redatta in medio latino, vengono utilizzati indifferentemente e con perfetta intercambiabilità. Soltanto castra - costantemente al plurale - conserva il significato classico di 'accampamento militare', che qui non interessa in modo diretto. Appunto su tale accezione di castra appare coniato l'aggettivo castrensis ('che riguarda l'esercito e l'ambito militare'); è quindi improprio l'uso di castrense con riferimento al c., non meno di altri aggettivi come castrale, castellare e simili, tutti vantaggiosamente sostituibili con castellano, l'unico che trovi un'esatta rispondenza nelle fonti.In castrum e castellum è nondimeno implicita un'ambiguità originaria che pesa su tutta la loro storia successiva: essi infatti possono indicare tanto una fortificazione di valore esclusivamente militare quanto un centro - in generale da intendersi fortificato - sede di una popolazione civile, inferiore a una città (urbs, civitas) sia per le proporzioni sia per le connotazioni giuridiche, ma superiore ad altri centri abitati originariamente non fortificati (vicus, villa, burgus); a mezza strada fra c. e città si può collocare il meno frequente oppidum, talvolta peraltro ricorrente nei documenti come semplice sinonimo di castrum.Dal sec. 10° in poi per i c. sorti su sommità rocciose entra nell'uso rocca, che si può alternare sia con i classici arx e rupes sia con i più correnti petra e saxum; soltanto dopo il sec. 13° rocca indica anche fortificazioni situate in pianura e, nel Quattrocento, finisce appunto per designare - soprattutto in Emilia e in Lombardia - c. di pianura con prevalenti funzioni militari. Un c. può tuttavia essere definito anche con termini quali munitio, firmitas, haia, forticia e simili, e non è sempre facile, in certi contesti, comprendere se si intenda effettivamente parlare di un c. o di una generica fortificazione identificabile di volta in volta con mura urbane, apprestamenti campali temporanei o stabili sbarramenti di un confine. Inserendosi nell'originaria e tradizionale oscillazione di significato, castrum e castellum passano progressivamente, nell'Italia del Nord, dal valore di villaggio fortificato (se non esclusivo certo prevalente nei secc. 10° e 11°) a quello di dimora signorile fortificata, destinato ad affermarsi in modo definitivo dal sec. 14° in poi, mentre perdura in altre regioni la duplicità di significato primitiva.Nel Medioevo può dunque accadere che sia indicato con un medesimo termine tanto il fortino semipermanente del limes imperiale romano quanto la fortezza bastionata allestita per resistere contro le artiglierie a polvere pirica, un centro abitato grande o piccolo munito di qualche sorta di fortificazione o, infine, anche un abitato di una certa consistenza non fortificato affatto. Se risulta difficile stabilire in modo non equivoco il valore semantico del vocabolo, difficoltà ancora maggiori sono poste a chi voglia delineare come unitario un fenomeno in realtà molto differenziato nelle forme e nei tempi di svolgimento; è impossibile infatti proporre un tipo di c. valido per l'intera Europa e per tutto il periodo medievale; quanto segue deve pertanto essere inteso solo come una serie di informazioni su alcuni aspetti meglio noti di un fenomeno ancora in gran parte da studiare.Incastellamento: premesse e sviluppo
Il mondo tardoantico trasmise all'epoca successiva numerose opere difensive allestite in diversi ambienti, occasioni e forme: dai fortini che avevano munito il limes, alle cerchie urbane disseminate in tutto il territorio dell'impero, alle ville padronali fortificate nelle campagne, sino alle chiuse destinate a sbarrare i passi alpini. Del resto anche nell'Europa rimasta estranea alla romanizzazione erano diffuse, sin dall'età preistorica, fortificazioni costituite in pianura da recinti di terra battuta e in altura da muri a secco. Tali diversi tipi di edifici, durevoli nel tempo, furono riutilizzati ogni volta che le condizioni di pericolo lo rendevano opportuno, suggerendo via via nei secoli successivi modelli per nuove costruzioni là dove esse si rendevano necessarie nel mutevole quadro delle congiunture politiche locali e della distribuzione del popolamento.In Italia, per es., le fortificazioni tardoantiche furono ereditate dai Goti, i quali, tra i secc. 5° e 6° - come attestano le ben note disposizioni teodoriciane - provvidero a costruirne di nuove; in quest'opera l'autorità civile venne spesso affiancata da quella dei vescovi, anch'essi interessati a proteggere le popolazioni loro affidate. Iniziative simili, volte sia a scopi militari sia alla difesa locale, individuale e collettiva, sono attestate anche nell'Europa centrale e in Gallia; si sa, per es., che le popolazioni aquitane, turbate nel sec. 7° dalle irruzioni longobarde, si rinchiusero in 'luoghi fermissimi'. Nelle regioni rimaste, o ritornate nel sec. 6°, sotto la dominazione bizantina si mise in atto un piano di costruzioni che doveva fornire sicurezza alle popolazioni, restaurando o ricostruendo ex novo cerchie di città e di centri abitati importanti, nonché allestendo recinti fortificati destinati a essere occupati, solo in caso di necessità, dagli abitanti dei centri minori indifesi.I Longobardi, a loro volta, ereditarono e curarono la manutenzione delle fortificazioni costruite dai predecessori nelle zone militarmente importanti, a diretto contatto con le terre rimaste nelle mani dei Bizantini o soggette alle minacce di Franchi, Avari e Slavi, contro le quali si difesero rifugiandosi in 'luoghi munitissimi'. Nel costruire il loro impero i Franchi si curarono invece assai poco di allestire fortificazioni stabili, preferendo imporre il proprio potere con altri mezzi, così che, nel momento della crisi, l'impero si trovò privo di difesa contro il moltiplicarsi delle incursioni provenienti dall'esterno e dei disordini interni. Nei torbidi seguiti alla morte di Ludovico il Pio, intorno alla metà del sec. 9°, le popolazioni rustiche dell'Aquitania, per es., si videro costrette a cercare rifugio nelle chiese; anteriormente all'864, contro il pericolo delle prime incursioni vichinghe dovette provvedere l'iniziativa di privati; la difesa delle coste provenzali dai pirati saraceni fu assunta dai vescovi e lo stesso facevano i papi lungo le coste dei propri territori.Nell'866 l'imperatore Ludovico II ordinò invero di far risiedere il popolo nei c. anche in tempo di pace, espressione che potrebbe far pensare all'esistenza di un completo sistema di rifugi fortificati per la popolazione civile nei momenti di emergenza, ma l'ordine si riferisce solo a c. esistenti nell'Italia già bizantina. Se ne ha conferma nell'875 allorché, durante i disordini conseguenti alla morte dello stesso Ludovico II, le popolazioni della Bergamasca poterono trovare protezione solo nelle città e sui monti. È tuttavia proprio dagli ultimi decenni del sec. 9° che, in tutto il territorio dell'impero carolingio, prende avvio il fenomeno dell'incastellamento, innanzitutto rivolto contro la sempre più diffusa insicurezza endogena e poi anche contro le ricorrenti aggressioni esterne di Vichinghi, Saraceni e Ungari.Lungo le coste atlantiche dell'Europa si presero cura della difesa i re carolingi, sostituiti dopo l'887 dalle autorità locali costrette a supplire l'incapacità del potere centrale; mentre a O del Reno Enrico I di Germania si sforzò di creare una rete di fortezze per proteggere il suo regno dagli scorridori ungari. Alla necessità di difendersi contro nemici esterni si aggiunsero gli accesi antagonismi interni, che si manifestarono con particolare intensità e durata nel regno italico. Qui si fortificarono dapprima chiese e monasteri suburbani, poi ben presto comparvero le prime attestazioni di fortezze costruite nelle zone rurali.La moltiplicazione dei c. in Italia sembra svilupparsi con andamento da N a S: nelle zone centrosettentrionali essi sorsero sin dagli ultimi decenni del sec. 9°, nel Lazio la costruzione di castra prese invece avvio non prima del 920, in Campania negli anni centrali dello stesso secolo, mentre nelle terre bizantine della Puglia e della Calabria il fenomeno appare via via ancora più tardivo. Il procedere dell'incastellamento non dovette in verità seguire ritmi così regolari, poiché notevoli ritardi si registrano anche nelle regioni settentrionali, soprattutto nelle zone - come la Liguria e parte del Piemonte - soggette alle scorrerie saracene. È probabile quindi che i tempi di realizzazione siano stati influenzati oltre che da situazioni locali di carattere politico ed economico, dalle capacità di iniziativa della classe dirigente e, infine, anche dalle diverse tecniche di aggressione da fronteggiare. Lo scarto cronologico conferma inoltre che l'incastellamento non fu un'automatica risposta a una situazione di pericolo, poiché le incursioni esterne si verificarono prima nel Meridione e più in generale lungo le coste marittime, ma per lungo tempo in tali zone non si ebbe alcuna duratura costruzione di fortezze, che iniziò invece quando il pericolo era già cessato.Nell'Italia padana le concessioni di fortificazione rilasciate da Berengario I (concentrate fra il 904 e il 916) facevano esplicito riferimento al timore provocato dagli Ungari; dal momento però che costoro non infierirono dal 900 al 920, è probabile che in realtà le giustificazioni sfruttassero per scopi propagandistici, finalizzati alla politica regia, il disagio provocato dalla pesantissima incursione ungarica dell'899-900. È dunque errato pensare che la paura fosse la motivazione esclusiva dell'incastellamento, al quale presiedevano invece pressanti motivi di ordine politico ed economico. I grandi proprietari avevano innanzitutto un duplice interesse nel costruire c. per offrire protezione ai coltivatori delle proprie aziende: si impediva così che essi rifugiandosi altrove abbandonassero il lavoro e si conservavano i redditi derivanti dall'esercizio dei diritti di signoria fondiaria sugli uomini residenti. Ma non si trattava solo di preservare quanto già esisteva: l'istituzione, accanto ai c., di mercati, specialmente nelle località ubicate lungo le vie fluviali, mostra che era in atto anche uno sviluppo economico di tipo commerciale.La congiuntura era favorevole, seppure turbata da un diffuso senso di insicurezza che costringeva a fortificare sia i centri di popolamento e di attività economica già esistenti sia quelli che, con lo sviluppo demografico e l'estensione del popolamento, andavano sorgendo ex novo. L'incastellamento è dunque un fenomeno che rispecchia la ricerca di stabilità fra gli impulsi di affermazione e di sopraffazione - interni ed esterni - da un lato e le necessità della produzione dall'altro. Allorché il regno italico cadde sotto la supremazia degli Ottoni, per quanto le cause scatenanti si attenuassero, un processo irreversibile era avviato: sulle necessità politiche e sulle condizioni di insicurezza avevano ormai la prevalenza i tornaconti personali, la mentalità delle popolazioni, lo stabilizzarsi di consuetudini locali, così che la costruzione di c. continuò e anzi si intensificò. Diffusi capillarmente quasi in ogni abitato rurale, i c. divennero altrettanti centri di potere signorile locale, costituendo una struttura che avrebbe conservato la sua importanza in tutta Europa sino alla fine dell'età medievale.I diplomi regi indicano in modo sufficientemente chiaro la maniera in cui, sin dai primi anni del sec. 10°, i c. si venivano inserendo entro il tessuto insediativo preesistente. L'uso di espressioni diverse individua almeno due casi fondamentali: la fortificazione costruita intorno (circa) a un abitato, a un centro curtense o a un edificio ecclesiastico, oppure nelle loro immediate vicinanze (iuxta). La scelta della forma mediante la quale provvedere alla difesa dovette evidentemente essere influenzata dalla posizione topografica, dalla consistenza e dalla disposizione sul terreno del centro di popolamento o di attività economica da proteggere. Nelle pianure, dove di solito gli insediamenti rurali si erano fissati sopra dossi emergenti, al riparo da possibili inondazioni, essi potevano già trovarsi nella posizione più adatta anche da un punto di vista difensivo; è dunque probabile che in tali casi sia prevalsa la semplice recinzione dell'abitato preesistente. Nelle aree collinari e pedemontane, per erigere la fortificazione si cercarono invece siti che offrissero un sufficiente dominio tattico rispetto alla zona circostante; i c. si fissarono perciò, di preferenza, sulla sommità di alture vicine ai precedenti villaggi. Qualunque fosse l'ambiente, vi dovettero essere agglomerati che, a causa delle dimensioni, risultava antieconomico recingere interamente, e questa fu certo ragione sufficiente per scegliere la fortificazione iuxta anziché circa, mentre in presenza di piccoli nuclei abitati dispersi su di un'area alquanto estesa era conveniente erigere un unico c. in posizione centrale. Appare quindi verosimile che la maggior parte delle fortificazioni sorgesse 'accanto' piuttosto che 'intorno' ai centri di interesse economico e abitativo che si intendevano difendere.Il c. agì certamente da richiamo sulle popolazioni circonvicine che tesero a stabilirsi dentro o intorno alla cerchia fortificata; occorre tuttavia essere cauti nel valutare gli effetti del fenomeno: innanzitutto esso non si verificò ovunque e là dove avvenne ebbe un decorso molto lento, poiché, lungo tutto il sec. 10°, solo poche persone abbienti furono in grado di acquistare una casa entro le mura. Per almeno due secoli la presenza dei c. non modificò quindi in maniera sensibile il carattere del paesaggio né le condizioni dell'insediamento rurale esistenti nell'Europa occidentale nell'ultima età carolingia. In alcuni luoghi, peraltro, l'incremento delle abitazioni esterne dovette assumere nel giro di qualche decennio un'importanza rilevante, tendendo di fatto ad annullare ogni iniziale differenza tra i villaggi che erano stati fortificati direttamente e quelli difesi invece da un c. giustapposto a qualche distanza. In entrambi i casi si finì infatti per avere degli agglomerati costituiti da un nucleo fortificato (il castrum) e da un abitato immediatamente a esso esterno (chiamato burgus o villa a seconda della sua struttura), il quale in seguito poté essere a sua volta inglobato in un nuovo giro di fortificazioni.Nella zona centrale della penisola italiana le caratteristiche del primo incastellamento si differenziano da quanto sinora detto per la varietà delle situazioni locali, ora simili a quelle continentali, ora apparentate, invece, con quanto si verifica più a S, dove la costruzione di c. parrebbe rappresentare una profonda modificazione nelle forme del popolamento e nella struttura agraria, segnando il passaggio da un insediamento aperto e disperso ad abitati concentrati e fortificati. La differenza è percepibile innanzitutto nella scelta dei siti sui quali i nuovi c. vengono a insistere: nella maggior parte dei casi si tratta di alture, sino allora disabitate, scelte in funzione della loro attitudine a coordinare una diversa ripartizione del territorio; solo eccezionalmente il c. si appoggiava a un centro curtense preesistente oppure veniva a coincidere con la rioccupazione di siti già abitati in età preromana e rimasti per lungo tempo abbandonati. In ogni caso sia che la fortificazione sorga dal nulla su un monte deserto sia che raccolga attorno a sé in nucleo compatto le case sparse già esistenti nei pressi, essa dà luogo a una rigida forma di abitato concentrato. Intorno al nuovo abitato i terreni vennero ristrutturati e suddivisi secondo i tipi di coltura prevalenti: si ebbe così di solito, immediatamente vicino alle abitazioni, una fascia a policoltura intensiva, mentre più lontano si collocarono i terreni idonei alla cerealicoltura estensiva e quindi quelli riservati all'incolto.L'incastellamento si attuò dunque attraverso due operazioni contemporanee e fra loro complementari: la concentrazione degli uomini in un unico abitato e la costituzione di un territorio compatto con la ridistribuzione in esso delle colture. Accanto a tali creazioni di interesse prevalentemente economico vi erano però altri c. in cui la preoccupazione militare risultava predominante: la loro funzione consisteva nella sorveglianza di un importante punto di transito o nell'imposizione della propria presenza a un vicino potente. Tali fondazioni, caratterizzate da un originario squilibrio tra popolamento e spazio coltivato, risultavano particolarmente fragili e quindi furono spesso destinate a degradarsi e a scomparire entro un tempo non lungo. Caratteristiche simili si ritrovano in Campania, dove la distinzione fra c. 'militari' e 'di popolamento' è anche più marcata, pur esistendo c. che svolgevano insieme l'una e l'altra funzione; dal sec. 11° in poi struttura e distribuzione sul terreno subirono interferenze a causa della conquista normanna e della tendenza centralizzatrice cui i nuovi dominatori ispirarono la loro politica territoriale.
La rete di fortificazioni messa a punto durante il sec. 6° nei territori bizantini è nota sia attraverso le fonti scritte sia attraverso i resti monumentali ancora visibili soprattutto nell'area mediorientale e nell'Africa del Nord. I c. allestiti in corrispondenza dei confini avevano funzioni esclusivamente militari, altri si identificavano con insediamenti civili fortificati di dimensioni inferiori alla città, benché talvolta venissero con essa confusi. Anche le città principali erano protette da c. suburbani o interni alle mura, spesso in sito di acropoli, mentre lungo la cerchia non era difficile trovare torri-c., cioè grandi torri ciascuna delle quali dotata di ingresso indipendente; vi erano poi recinti isolati nelle campagne destinati alla protezione collettiva di più comunità rurali circonvicine; la definizione di c. si trova, infine, applicata anche a certi monasteri e chiese fortificati.I dispositivi erano costruiti tenendo conto sia del sito sia delle capacità dei potenziali avversari da fronteggiare, con notevole corrispondenza fra le disposizioni teoriche e la realtà dell'esecuzione. Le opere più perfezionate dispongono di un triplice ordine di difese: muro di cinta, antemurale e fossato. Il muro, alto da m. 3 a 10 ca. e rafforzato sino a metà, raggiunge lo spessore di m. 2-3 e ha la sommità munita di cammino di ronda, con merli incavati di non meno di m. 0,5. Il complesso fortificato assume spesso la forma di un quadrilatero regolare con torri aggettanti sugli angoli; altre torri, numerose e molto ravvicinate fra loro, rafforzano le cortine; si tratta normalmente di torri esangolari all'esterno e cilindriche all'interno, ma talvolta anche quadrate, poligonali, quadrate alla base e circolari in elevazione; nella torre principale del complesso si insediava di norma il comandante della guarnigione. Le porte, il cui numero variava a seconda dell'importanza del c., erano larghe m. 3 ca., inserite fra due torri circolari o disposte lateralmente in una torre del recinto, nel quale si aprivano inoltre postierle non più ampie di m. 1.All'esterno del muro, a un quarto ca. dell'altezza della cortina, correva l'antemurale, rinserrando uno spazio riservato al rifugio delle popolazioni e degli animali. Di fronte all'antemurale si sviluppava il fossato, largo m. 20 ca. e più profondo delle fondamenta per impedire al nemico lo scavo di cunicoli sotto le mura; esso era munito di terrapieno e il suo fondo, non necessariamente allagato, era reso impercorribile dalla presenza di pali acuminati. Le costruzioni, benché talvolta frettolose e risultanti dal riadattamento di materiali e di edifici precedenti, appaiono sempre assai solide, anche per il costante uso della pietra e l'abbondanza della malta. All'interno, per contro, a esclusione della cappella, non si osservano resti di costruzioni, le quali quindi si riducevano a baraccamenti per l'alloggiamento delle truppe, costituiti da materiali deperibili.Non sempre e dovunque le fortificazioni allestite dai Bizantini raggiungevano un tale livello tecnico: recenti scavi in zone periferiche del territorio italiano (Il ''castrum'' tardo-antico, 1988) hanno mostrato che anche i c. di età bizantina si possono avvicinare, per sommarietà di strutture, agli apprestamenti di regola, nello stesso periodo, nell'Europa continentale, dalla Russia all'Olanda sino alla Gran Bretagna e all'Irlanda, aree nelle quali predominano le fortificazioni in terra battuta note solo attraverso lo scavo archeologico e spesso difficilmente databili per la mancanza degli strati di occupazione. Si tratta di recinti di forma anulare oppure ovoidale, ora destinati a uso collettivo, e quindi di competente ampiezza, ora più piccoli e più numerosi rinserranti solo lo spazio necessario a un nucleo familiare, non di rado dotati di bassecour, cioè di un'area adiacente poco più vasta; numerosi sono infine i siti di sprone, impervi su tre lati e chiusi da uno sbarramento sul quarto.Tali apprestamenti dispongono tutti di fossato con terrapieno, il cui profilo varia da regione a regione; talvolta si hanno più terrapieni concentrici rafforzati da muri a secco e con resti di palizzata; l'ingresso può essere protetto da ponte e torre di legno, segnalata dalla traccia dei pali. L'interno, talvolta elevato artificialmente con l'apporto di terra, ospitava le abitazioni addossate al terrapieno lasciando vuota la parte centrale. Non si conosce con esattezza chi fossero gli occupanti, ma si trattava probabilmente di agricoltori; solo in alcuni casi la maggiore imponenza delle strutture lascia intendere una funzione militare. I recinti muniti di basse-cour erano certamente insediamenti signorili, ma epoca e destinazione rimangono discusse, dando luogo a ipotesi anche assai diverse fra loro: rifugi temporanei altomedievali, fortificazioni di frontiera oppure residenze padronali del 10° e 11° secolo.La struttura elementare di tali fortificazioni si avvicina di fatto ai c. attestati nelle fonti scritte dell'Italia settentrionale appunto in questi secoli, di cui generalmente non rimane oggi alcun vestigio visibile. Quando i documenti parlano di c. precocemente abbandonati ricordano come loro unica traccia quella dei fossati: si trattava, quindi, di opere piuttosto primitive, probabilmente costruite soltanto con l'impiego di legname e di terra battuta, così che il venir meno di una regolare manutenzione - anche senza l'intervento di una distruzione violenta - poteva essere sufficiente a deteriorarne l'efficienza difensiva nel giro di qualche decennio. Non mancavano però c. in muratura: i dati documentari disponibili lasciano anzi intendere che almeno alcuni dovevano essere muniti di muro sin dalla fondazione, mentre in molti altri questo fu costruito solo in un secondo tempo utilizzando per lo più ciottoloni fluviali o conci di pietra. È talora possibile rilevare il progressivo perfezionamento dell'apparato fortificatorio dal semplice fossato, rafforzato con difese accessorie, alle mura con fossa, cui si aggiunse in seguito una palizzata: tre elementi che dovevano rappresentare negli ultimi decenni del sec. 11° il massimo dell'efficienza difensiva.La sicura presenza di torri, constatata solo dopo la metà del sec. 10°, andò poi gradualmente intensificandosi, ma eccezionali sono i casi in cui essa fu il primo elemento del castello. Numerosi sono i dati sull'ampiezza delle aree fortificate, che si possono in generale distribuire in quattro classi: la maggioranza appartiene alle misure medie (da ha 0,5 a 1,5) e basse (fra ha 0,1 e 0,5), mentre eccezionali risultano tanto le misure alte (oltre ha 2) quanto le minime (inferiori a m2 1000). Nei c. sorti su sommità rocciose contava evidentemente la materiale disponibilità di spazio utile e analoga importanza assumevano in pianura le condizioni di allagabilità fra meandri di fiume o su penisole di confluenza. Qui i fossati difensivi potevano da soli raggiungere e superare la superficie dell'intera area interna, sopperendo così all'assenza o all'elementarità di altre difese. Non si notano differenze di superficie rilevanti fra c. di pianura e c. di altura; le misure più ampie appartengono nondimeno a quelli sorti nel piano, mentre più ridotte sono le fortezze di sommità, solitamente contraddistinte dall'appellativo rocca. L'ampiezza è presumibilmente determinata dalla dimensione demografica del centro abitato attorno o presso il quale il c. venne costruito, ma era certo influenzata anche dalle possibilità economiche e dalla potenza politica di chi intraprendeva l'allestimento.In ogni c. viveva, durante i secc. 10° e 11°, una popolazione di cui non è facile calcolare la consistenza, ma in continua crescita, come indirettamente si osserva attraverso la progressiva diminuzione delle misure dei lotti di terreno fabbricabile. In generale si trattava di insediamenti agglomerati non dissimili, per numero di residenti e per elementi abitativi, da qualunque altro villaggio non fortificato. Vi si ritrovavano infatti case murate e di legno, anche a più piani, con tetto di paglia o di scandole; le abitazioni erano ordinate su più strade parallele e separate fra loro da terreni a orto, piazze, chiese e cimiteri. Solo nei c. sedi dei signori più ricchi o di corti regie è attestata la presenza di edifici architettonicamente complessi, confortevoli e forse anche lussuosi, destinati al soggiorno del signore, benché nulla lasci pensare che essi fossero a quell'epoca dotati di un autonomo apparato fortificatorio.Nell'Italia centromeridionale la nascita di un c. - come si è visto - dava generalmente luogo a una rigida forma di abitato accentrato destinato ad avere lunga vita: una stretta area veniva recintata e munita di dispositivi di accesso e di difesa (i documenti accennano a mura, torri e fossati); all'interno del recinto, per lo più costruito con pietra tufacea, le abitazioni si disponevano attorno a una piazza secondo un piano di lottizzazione prestabilito: nessun eterogeneo e spontaneo accumularsi di case dunque, ma una loro ordinata sistemazione intorno a un nucleo 'monumentale' centrale costituito dalla chiesa (non di rado preesistente sul luogo) e dalla rocca, domus maior o palatium, consistente in una dimora signorile fortificata che fungeva anche da secondo elemento difensivo interno rispetto alla cerchia periferica. Gli edifici erano di norma costruiti con pietra, facilmente reperibile sul luogo, né mancava la riutilizzazione di antichi materiali di spoglio. L'impiego del legno era limitato alla copertura in scandole e agli edifici rustici disseminati sul territorio. In Campania è attestato anche il ricorso a magistri fabricatores cui può essere specificamente demandata la costruzione delle mura difensive, ma non di rado i documenti ignorano del tutto l'aspetto militare del castello.Nell'Italia centrosettentrionale risulta mancante - almeno all'odierno stato degli studi - il 'c. a motta' (v.), noto invece in tutta l'Europa transalpina e considerato il tipo più originale di fortificazione comparso in età medievale. Le motte, benché talvolta confuse con tumuli di età preistorica, furono identificate come medievali già dagli archeologi francesi del sec. 19°; l'oggetto, in ogni caso, precede il vocabolo, non attestato in Francia prima del sec. 12°, mentre la motta comparve in Normandia almeno all'inizio del sec. 11° e di là, sull'onda delle conquiste normanne, venne presto esportata in Inghilterra e nell'Italia meridionale; dalla metà del sec. 12° si diffuse in Olanda e più tardi dalle regioni danubiane alla Danimarca, dalle rive dell'Atlantico sino alla Russia occidentale.Le motte più antiche consistevano in un semplice accumulo troncoconico di terra, contornato da fossato sul quale veniva eretta una torre quadrangolare di legno destinata al signore che l'aveva costruita e alla sua famiglia, mentre un recinto adiacente (basse-cour) ospitava gli uomini del seguito. L'ampia diffusione della motta è spiegabile innanzitutto con il progressivo diffondersi dei legami di tipo feudale in diverse regioni ed epoche e poi con la sommarietà della struttura, che ne permetteva l'allestimento in modo rapido anche a persone meno potenti, consentendo loro di approfittare dei momenti di crisi dei poteri superiori.Alla terra e al legno successe la muratura, che si generalizzò negli ultimi decenni del sec. 11° e divenne corrente nel successivo. Tali c., pur non differendo nel loro impianto generale da quelli a motta, disponevano di un massiccio torrione di pietra a pianta quadrangolare (donjon) che sostituiva la torre di legno; i tipi più noti, perché superstiti, sono i grandi torrioni parallelepipedi della Francia occidentale e dell'Inghilterra, opera di signori che con tali realizzazioni intendevano conciliare necessità residenziali e difensive: gli oscuri locali del pianterreno venivano utilizzati come magazzini, mentre ai piani superiori erano confortevoli camere dotate di ampie finestre e di impianti di riscaldamento.Altri torrioni a pianta quadrata o rettangolare simili ai precedenti, ma di dimensioni più ridotte, si elevarono in seguito in tutto l'Occidente, comprese le regioni dell'Europa meridionale; in essi la funzione residenziale era ridotta rispetto a quella puramente difensiva e, specialmente in Italia, si trattò soprattutto di torri destinate a ospitare una guarnigione. Nel corso del sec. 12° subentrò la forma poligonale e poi circolare, che migliorò le capacità difensive contribuendo a ridurre gli angoli morti; anche attorno ai vecchi torrioni quadrangolari venivano talora costruite 'camicie' in muratura curvilinea, ma la comparsa delle nuove forme non escludeva la continuazione dei modelli precedenti. Il mastio (v.) o torrione non era del resto l'unico edificio del c., il quale, in quanto sede di una signoria, doveva comprendere una sala di rappresentanza, uno o più edifici religiosi, gli alloggiamenti per i cavalieri al seguito del signore, i chierici e i domestici, nonché edifici di servizi come scuderie, cantine e cucine. Tali costruzioni erano dapprima disperse in un ampio recinto, nel quale si poteva trovare posto anche per l'occasionale ricovero della popolazione rurale dei dintorni; in seguito invece prevalse la tendenza a raggruppare fra loro gli edifici in complessi omogenei e a restringere i recinti.Nel corso del sec. 12° la struttura dei c. comincia a mutare con gradualità anche in Italia. Alcuni di essi è possibile che fossero sin dall'inizio semplici luoghi di rifugio provvisorio, anche se ciò, in verità, non appare mai attestato nei documenti coevi; si conoscono invece c. abitati da una popolazione stabile in seguito trasformati in depositi comunitari, cioè in recinti fortificati dotati di magazzini nei quali le popolazioni circonvicine depositavano al sicuro i prodotti agricoli e si rifugiavano in caso di pericolo; nel corso del sec. 13° sorsero ex novo altri c.-deposito, per iniziativa di comunità rurali o di signori locali, i quali tendevano a rendere obbligatorio l'immagazzinamento dei prodotti, che era originariamente un diritto. Tale funzione perdurò a volte sino all'età moderna, ma nella maggior parte dei casi, seguendo uno sviluppo generale, anche i c.-deposito si evolsero in dimora signorile esclusiva, così che, quando - nel corso del Trecento - tornò a proporsi con maggiore impellenza la necessità di provvedere alla sicurezza delle popolazioni rurali e dei loro beni, fece la sua comparsa il ricetto, cioè un nuovo tipo di fortificazione collettiva. Esso venne talora a costituire un'appendice esterna del c. signorile, ma più spesso fu, rispetto al c., del tutto autonomo e gestito in proprio dalla comunità locale. Nell'Italia nordorientale si svilupparono invece, in parallelo tra loro, i c. 'di abitanza', nelle mani dei grandi signori ecclesiastici, i quali sollecitarono persone o gruppi della classe nobiliare dipendente a costruire e abitare una casa all'interno della fortezza, assumendosi obblighi militari difensivi; i rustici organizzati comunitariamente crearono, da parte loro, una rete di 'cortine' (spesso allestite attorno alle chiese parrocchiali), che avevano le stesse funzioni svolte in altre regioni dalle fortificazioni collettive di temporaneo rifugio.La difesa, nonostante la semplicità dei suoi mezzi, era sempre rimasta superiore all'attacco finché, dalla metà del sec. 12° in poi, la poliorcetica (v.) subì cambiamenti tali da rovesciare la situazione, spingendo pertanto la difesa a perfezionarsi in modo da recuperare il terreno perduto. In tale processo è nondimeno da rivedere il luogo comune che vorrebbe lo sviluppo dell'arte fortificatoria europea interamente dipendente dalle esperienze delle prime crociate. L'autonoma diffusione di nuove tecniche ossidionali dovette dare luogo assai per tempo a innovazioni, applicate in occasione dei continui rifacimenti che le distruzioni provocate dalle lotte locali rendevano indispensabili. La documentazione rivela, per es., il perfezionamento delle difese periferiche attraverso il raddoppiamento dei fossati e delle cerchie, la comparsa di ponti mobili manovrati con catene, nonché di parapetti e cammini di ronda alla sommità delle cortine, mentre alla muratura a secco successe sempre più spesso quella saldata con calce. Rimasero tuttavia a lungo nell'uso, soprattutto nelle basse pianure, i recinti di terra e di legno circondati da ampi fossati perennemente allagati, che ci si limitava di tanto in tanto a cavare, cioè a ripulire e ad approfondire.Lo stesso grande numero di denominazioni attribuite nelle fonti scritte a strutture tra loro molto simili è un indice della varietà delle applicazioni fortificatorie che si andavano proponendo: spalti, terragli, barbacani, cerchie sono vocaboli che possono indicare tanto elementi nuovi quanto apprestamenti di tipo tradizionale rinnovati soltanto nel nome. Costituì, per contro, sicuramente una novità la comparsa del termine dongione che si riscontra nei documenti dell'Italia settentrionale a decorrere dalla metà del 12° secolo. Va subito chiarito che non si tratta dello stesso elemento indicato con il nome francese di donjon: il dongione - che ha come sinonimi nell'Italia centrale girone e cassero - si configura come un ridotto più elevato, cinto da mura e da fossati propri, posto all'interno dell'area castellana. Frequente è il caso di vecchi c. ristrutturati nel corso dei secc. 12° e 13° mediante l'inserimento di un dongione, mentre la popolazione, che inizialmente li abitava, veniva a poco a poco estromessa e il nuovo signore ne diventava anche l'unico diretto proprietario.Il dongione racchiudeva in sé gli edifici più importanti, il palazzo e il torrione: il primo (detto talora caminata) costituiva lo sviluppo di quegli edifici residenziali signorili, già presenti in alcuni dei maggiori castra dei secoli precedenti, ora divenuti prerogativa anche dei più modesti; se il palazzo non era dunque di per sé una novità, nuova era la sua diffusione capillare. Esso per possedere quel tanto di eleganza e di comfort che rendesse gradevole e dignitoso risiedervi, era dotato di camere riscaldate, di loggia e di scalone, elementi che lo apparentavano agli analoghi edifici elevati in città prima da conti e da vescovi e poi dai comuni; il palazzo disponeva però anche di un apparato fortificatorio, contribuendo così a costituire il nucleo più munito dell'intero complesso castellano insieme con il torrione, che si trovava non di rado a contatto diretto con il palazzo.Molti torrioni venivano costruiti in c. che prima ne erano privi, coordinandone altezza e posizione con la cortina difensiva circostante; spesso erano disposti all'ingresso del dongione o nel suo interno in un sito opportunamente scelto. Si trattava in genere di costruzioni quadrangolari (eccezionale è il ricordo di torri rotonde prima del sec. 13°), la cui altezza variava fra m. 20 e 30. Le ampie cerchie esterne scomparvero e le aree vennero a restringersi in modo da poter essere interamente sorvegliate e battute dall'alto.Il nucleo fortificato interno, costituito dal dongione che racchiudeva palazzo e torrione, assunse un'importanza fondamentale nel creare una nuova immagine mentale del c. sempre più diffusa e infine dominante: essa tendeva a identificare senz'altro il c. con il dongione e, qualora mancasse, con il palazzo fortificato. Di questo genere sono, di solito, i c. elevati negli ultimi due secoli del Medioevo e pervenuti intatti sino a oggi proprio perché il progressivo perfezionamento delle artiglierie a polvere pirica segnò la definitiva perdita della loro importanza militare. Come la durevole superiorità delle tecniche difensive su quelle d'attacco aveva favorito la disgregazione politica medievale, il capovolgimento di tale rapporto giocava ora in favore dell'unione politica in stati regionali e nazionali, sanzionando il tramonto di una civiltà che aveva avuto nel c. il più caratteristico dei suoi simboli.
Nel corso dei secc. 10° e 11° il c. figurava nei documenti come un semplice annesso della curtis: si trattava cioè di una struttura con rilevanza esclusivamente fisica, in modo non diverso dalla cappella, dalle case dei massari, dalle vigne e dalle terre dipendenti; non sorprende quindi che le aree dei c. già abbandonati in tale periodo venissero presto riutilizzate come appezzamenti di terreni coltivi, sedimi per abitazioni o per l'impianto di mulini, così che dell'esistenza in quel sito di un'antica fortificazione si perdeva in seguito completamente la memoria. Soltanto a decorrere dalla seconda metà del sec. 11° al c. appariva talvolta connesso un districtus: iniziava così - ancora nel quadro della generale crisi del potere regio caratteristica dell'età postcarolingia - il processo che avrebbe condotto gradualmente dalla signoria locale, basata sul possesso della terra, alla signoria 'di c.', la quale era dunque una conseguenza della diffusione dall'alto al basso dei poteri 'di banno', diritti pubblici cioè, di cui i signori locali piccoli e grandi si arrogavano l'esercizio; si andavano così costituendo circoscrizioni territoriali che avevano appunto come centro un c., proprio nel periodo in cui questo stava subendo una serie di importanti innovazioni sul piano fisico-strutturale. La coincidenza cronologica fra sviluppi di ordine materiale e istituzionale spiega senza difficoltà come i poteri di comando e di costrizione esercitati dal signore del c. risultino connessi agli edifici più rappresentativi della fortezza, i quali erano nello stesso tempo anche gli strumenti indispensabili per l'affermazione dell'autorità: ciascuno di essi, in misura diversa a seconda della sua importanza, finiva quindi per assumere precisi significati simbolici.Un valore preminente veniva attribuito al torrione, la torre maestra del c., sia perché elemento militare per eccellenza sia in quanto edificio più alto, da cui si dominava l'intero complesso fortificato. Era del resto ben noto ai giuristi il valore del torrione come simbolo e centro di signoria e non più soltanto elemento difensivo; esso poteva essere oggetto di concessioni a sé, separatamente dal c. in cui si trovava, poiché il suo possesso permetteva sia di far valere diritti propri sia di utilizzare la fortificazione per fare guerra e pace. Non diversamente da quanto avveniva per certe torri esistenti nelle città medievali italiane, anche il mastio castellano era suddiviso in molte quote distribuite fra tutti coloro che detenevano diritti sulla fortezza; in altri casi, al contrario, si assisteva alla moltiplicazione delle torri poiché ciascuno dei condomini, evidentemente per ragioni di prestigio, tendeva a possederne una per intero. Non era raro che l'elevazione di nuove torri, o anche la semplice sopraelevazione di quelle già esistenti, desse luogo a lunghi e accesi contrasti fra consignori.Mentre il torrione originario, riservato a funzioni strettamente militari, non era di solito abitato (il signore risiedeva nel palacium castri), le torri secondarie potevano presentarsi come edifici abitabili, simili appunto alle case-torri, che, comparse dapprima nelle città, si diffusero in seguito nelle campagne. Non stupisce poi che, per analogia, si intendesse attribuire anche a tali edifici - moltiplicatisi tanto dentro quanto fuori delle fortezze - i diritti che apparivano ormai abitualmente legati alla torre principale del c., realizzando tentativi, riusciti o no, di usurpazione, contro i quali dovettero difendersi molte signorie già da tempo stabilizzate.Alla maggiore o minore altezza e difendibilità di certi edifici castellani era connesso un preciso valore gerarchico da cui risulta evidente anche la maggiore dignità attribuita al palacium rispetto alla semplice domus. Non le torri soltanto, dunque, ma anche i palazzi e le case, cioè tutte le costruzioni sedi specifiche della funzione militare e residenziale del signore, apparivano connesse con i diritti emananti dal castello. L'identificazione era anzi talmente forte che l'alienazione degli edifici coincideva normalmente con la cessione dei diritti, sottolineando così l'indissolubilità del legame stabilitosi fra strutture materiali e istituzionali. Il valore simbolico poteva anzi limitarsi al solo edificio residenziale, mentre non risulta mai attribuito al dongione nel suo complesso, nonostante che il suo nome alluda in modo evidente al concetto di dominio ed esso sia di fatto la sede specifica del potere e la parte più munita del castello. Nell'Italia settentrionale dei secc. 12° e 13° il termine dominionum, trascritto del resto in molte varianti, appare, sin dalle sue prime attestazioni, alquanto lontano dalla forma originaria, ed è probabile quindi che fosse ben presto inteso solo come termine tecnico fortificatorio e non più nel suo significato etimologico.Connettendosi in modo assai stretto con i rituali del passaggio di proprietà, ereditati dalla tradizione giuridica germanica, una ricca serie di gesti simbolici si concentrava attorno all'atto con il quale un c. cambiava il suo padrone. La presa di possesso poteva avvenire penetrando nel suo interno, espellendo coloro che vi si trovavano, ponendo le mani sugli angoli degli edifici castellani e poi chiudendo a chiave le porte; la consegna delle chiavi assumeva un'importanza fondamentale ed era talvolta accompagnata ad maiorem evidentiam da frammenti di terra e di pietre, che rappresentavano il terreno e gli edifici elevati su di esso. Anziché della chiave, il proprietario subentrante poteva essere messo in possesso diretto della porta, che egli talora apriva e chiudeva pacificamente facendo l'atto di andare e venire attraverso di essa; talaltra invece la rottura delle serrature rappresentava la violenza cui si era costretti a cedere. Si trattava però sempre di cerimonie che volgevano in astrazione simbolica un gesto richiesto dalla necessità pratica, adatte a trasmettere la proprietà degli edifici come se si trattasse di beni immobili qualsiasi e non di opere fortificate cui erano annessi importanti diritti signorili. Al contrario, sembra tenere implicitamente conto di una tale peculiarità l'usanza, anch'essa assai diffusa, di esporre sulla torre più alta del c. l'insegna del nuovo possessore: un procedimento, questo, puramente e pienamente simbolico, che, entro certi ambiti, è ancor oggi praticato.
Bibl.: Viollet-le-Duc, 10 voll., 1854-1868; C. Enlart, Manuel d'archéologie française depuis les temps mérovingiens jusqu'à la Renaissance, I, 2, Architecture civile et militaire, Paris 1904 (19322); R.A. Brown, English Medieval Castles, London 1954 (19622); A. Cassi Ramelli, Dalle caverne ai rifugi blindati, Milano 1964; E. Conti, La formazione della struttura agraria moderna nel contado fiorentino, Roma 1965; H. Jankuhn, Heinrichsburgen und Königspfalzen, in Deutsche Königspfalzen. Beiträge zu ihrer historischen und archäologischen Erforschung, II, Göttingen 1965, pp. 61-69; M. de Boüard, La motte, in Archéologie du village médiéval, Louvain-Gand 1967, pp. 35-55; J.F. Finò, Forteresses de la France médiévale. Construction-attaque-défense, Paris 1967 (19702); P. Rocolle, 2000 ans de fortification française, 2 voll., Limoges-Paris 1972; Archeologia e geografia del popolamento, Quaderni storici 8, 1973, 24; R. Francovich, Geografia storica delle sedi umane. I castelli del contado fiorentino nei secoli XII e XIII, Firenze 1973; P. Toubert, Les structures du Latium médiéval. Le Latium méridional et la Sabine du IXe à la fin du XIIe siècle (BEFAR, 221), Roma 1973; R. Ritter, L'architecture militaire du moyen âge, Paris 1974; M. de Boüard, Manuel d'archéologie médiévale, Paris 1975; K.U. Jäschke, Burgenbau und Landesverteidigung um 900, Sigmaringen 1975; C.G. Mor, I ''feudi di abitanza'' in Friuli, in Studi in onore di Manlio Udina, Milano 1975, II, pp. 1650-1711; Die Burgen im deutschen Sprachraum. Ihre rechts- und verfassungsgeschichtliche Bedeutung, a cura di H. Patze, Sigmaringen 1976; G. Schmiedt, Città e fortificazioni nei rilievi aerofotografici, in Storia d'Italia, a cura di R. Romano, C. Vivanti, V, 1, I documenti, Torino 1976, pp. 121-260; A.A. Settia, Fortificazioni collettive nei villaggi medievali dell'alta Italia: ricetti, ville forti, recinti, Bollettino storico bibliografico subalpino 74, 1976, pp. 527-617; G. Fournier, Le château dans la France médiévale. Essai de sociologie monumentale, Paris 1978; F. Vercauteren, Comment s'est-on défendu au IXe siècle dans l'empire franc contre les invasions normandes?, in id., Etudes d'histoire médiévale, Bruxelles 1978; M. Viglino Davico, I ricetti. Difese collettive per gli uomini del contado nel Piemonte medievale, Torino 1978; J.M. Martin, L'''incastellamento'': mutation de l'habitat dans l'Italie du Xe siècle, in Occident et Orient au Xe siècle, "Actes du IXe Congrès international de la Société des historiens médiévistes de l'enseignement supérieur public, Dijon 1978", Paris 1979, pp. 235-249; Châteaux et peuplement en Europe occidentale du Xe au XIIIe siècle, "Premières Journées internationales d'histoire, Flaran 1979", Auch 1980; S. Collodo, Recinti rurali fortificati nell'Italia nordorientale (secc. XII-XIV), Archivio veneto, s. V, 114, 1980, pp. 5-36; A.A. Settia, L'incidenza del popolamento sulla signoria locale nell'Italia del nord: dal villaggio fortificato al castello deposito, in Structures féodales et féodalisme dans l'Occident méditerranéen (Xe-XIIIe siècles). Bilan et perspectives de recherches, "Colloque international, Roma 1978" (CEFR, 44), Roma 1980, pp. 263-284; id., L'esportazione di un modello urbano: torri e case forti nelle campagne del nord Italia, Società e storia 4, 1981, 12, pp. 273-297; Les fortifications de terre en Europe occidentale du Xe au XIIe siècle, "Colloque, Caen 1980", Archéologie médiévale 11, 1981; Mélanges d'archéologie et d'histoire médiévales en l'honneur du doyen Michel de Boüard, Genève-Paris 1982; G. Ravegnani, Castelli e città fortificate nel VI secolo, Ravenna 1983; Habitats fortifiés et organisation de l'espace en Méditerranée médiévale, "Actes de la Table ronde, Lyon 1982", a cura di A. Bazzana, P. Guichard, J.M. Poisson, Lyon 1983; Castelli: storia e archeologia, "Relazioni e Comunicazioni al Convegno, Cuneo 1981", a cura di R. Comba, A.A. Settia, Torino 1984; A.A. Settia, Castelli e villaggi nell'Italia padana. Popolamento, potere e sicurezza fra IX e XIII secolo, Napoli 1984; id., Chiese e fortezze nel popolamento delle diocesi friulane, in Il Friuli dagli Ottoni agli Hohenstaufen, Udine 1985, pp. 217-244; S. Ciglenecki, Höhenbefestigungen aus der Zeit vom 3. bis zum 6. Jh. im Ostalpenraum, Ljubljana 1987; V. Bierbrauer, Invillino-Ibligo in Friaul (Münchner Beiträge zur Vor- und Frühgeschichte, 33-34), 2 voll., München 1987-1988; Il ''castrum'' tardo-antico di S. Antonino di Perti, Finale Ligure (Savona): fasi stratigrafiche e reperti dell'area D. Seconde notizie preliminari sulle campagne di scavo 1982-1987, ArchMed 15, 1988, pp. 335-396; Castrum 2. Structures de l'habitat et occupation du sol dans les pays méditerranéens. Les méthodes et l'apport de l'archéologie extensive, "Actes de la Rencontre, Paris 1984", a cura di G. Noyé (CEFR, 105), Roma-Madrid 1988; Castrum 3. Guerre. Fortification et habitat dans le monde méditerranéen au Moyen Age, "Colloque, Madrid 1985", a cura di A. Bazzana, Roma-Madrid 1988; Lo scavo archeologico di Montarrenti e i problemi dell'incastellamento medievale. Esperienze a confronto, "Atti del Colloquio internazionale, Siena 1988", a cura di R. Francovich, M. Milanese, ArchMed 16, 1989; Castrum Radi. Studi e ricerche sulla struttura materiale di un castello di pianura dell'alto Vercellese, Vercelli 1990; A.A. Settia, Chiese, strade e fortezze nell'Italia medievale, Roma 1991.A.A. Settia
La questione dell'architettura castellana in Italia durante l'Alto Medioevo manca ancora di ricerche sistematiche.Allo stato attuale si presenta particolarmente ricco di strutture il territorio della Langobardia Minor, dove è stato possibile individuare almeno in parte la rete difensiva del limes longobardo organizzata dai duchi di Benevento (i castra di Castel San Pietro e di Avella e le fortificazioni di Civita d'Ogliara).Dalla metà del sec. 9° ca. si ebbe un rinnovato impulso all'edificazione di castelli. Dopo un periodo di relativa stabilità politica dovuto alla dominazione carolingia in Italia, il saccheggio della città di Roma nell'846 da parte degli Arabi provocò una reazione immediata delle istituzioni politiche. Per iniziativa dello stesso imperatore Lotario I fu intrapresa l'erezione a protezione del colle vaticano di un murus fermissimus, che fu poi denominato civitas Leonina (i lavori furono terminati nell'853, al tempo di papa Leone IV).Nel sec. 10° l'aspetto assunto dalle strutture difensive, per quanto almeno si può ricavare dalle fonti, sembra presentarsi in forme decisamente elementari; come materiali da costruzione venivano infatti utilizzati soprattutto il legno e la terra battuta; i c. erano difesi da un fossato con terrapieno, a volte dotati di una cinta muraria con all'interno una o più torri.A partire dal sec. 12°, con la meccanizzazione della guerra d'assedio, i principali elementi fortificatori vennero moltiplicati e perfezionati in connessione con il potenziamento dei mezzi d'attacco. Decisive furono in questo senso le esperienze raccolte dai partecipanti alle spedizioni in Terra Santa, che ebbero l'opportunità di conoscere le tecniche di tradizione bizantina e araba. L'adozione di strutture in muratura in sostituzione di altre in terra e in legno divenne ormai un'esigenza inderogabile e fu adottata sistematicamente a partire dagli inizi del secolo.In Italia meridionale e, immediatamente dopo, in Sicilia la progressiva conquista normanna, intorno alla metà del sec. 11°, degli antichi possedimenti longobardi e bizantini comportò una serie di radicali cambiamenti nell'organizzazione dell'abitato fortificato, dovuta alla diffusione capillare del sistema feudo-vassallatico. Furono introdotti anche nuovi elementi, come la motta, presente in centri fortificati abbandonati di Puglia e Calabria, oggetto di recenti indagini archeologiche.Fra i più importanti c. di proprietà della corona si può citare a Palermo, nuova capitale del regno, il castrum superioris o palatium novum, costruito nella parte più alta della città sotto il regno di Ruggero II (v. Altavilla). La Cappella Palatina costituiva il baricentro del complesso, che aveva uno sviluppo planimetrico triangolare con al vertice nord la torre Pisana, un solidissimo blocco parallelepipedo a pianta quadrata scandito all'esterno da incorniciature a doppio rincasso in corrispondenza delle aperture del piano nobile. All'interno il piano terra è costituito da un vano centrale con volta a crociera circondato su tutti i lati da un ambulacro.Ancora all'iniziativa di Ruggero d'Altavilla si deve la costruzione del c. di Caronia, probabile residenza di caccia del re normanno, datato fra il 1130 e 1150 e venuto recentemente alla luce all'interno di un complesso architettonico più tardo, al di sotto di superfetazioni successive.Un discorso a parte necessita un gruppo di c. siciliani, situati nelle località di Adrano, Paternò e Motta Sant'Anastasia, il cui aspetto di saldi torrioni costruiti sopra impervi rialzi rocciosi completamente isolati (assimilabili come tipologia architettonica ai donjons romans, diffusi in quello stesso periodo dai Normanni nei territori francesi e inglesi) ha da sempre contribuito a una loro comune trattazione negli studi specialistici.Si colloca infine nella fase più tarda del regno normanno l'edificazione del Castellaccio di Monreale. La sua costruzione è molto probabilmente da collegare con la creazione dell'arcivescovado e della cattedrale di Monreale, che il c. dominava dall'alto del monte Caputo. La fortezza, di pianta rettangolare, si presenta fortemente omogenea nell'ideazione come nella realizzazione e in Sicilia costituisce un caso unico e privo di raffronti.Allo stato attuale delle conoscenze, il periodo di più intensa attività relativa alla costruzione di c. nell'Italia medievale coincide con i tre decenni di effettivo governo di Federico II sul regno di Sicilia (1220-1250).Il programma di fortificazione globale del regno vide il sorgere ex novo di importanti c. lungo le principali vie di comunicazione e a controllo di città e porti. Fra i primi interventi costruttivi è da ricordare, in Puglia, l'erezione, avvenuta in alcuni casi su precedenti fortificazioni di epoca bizantina e normanna, dei c. cittadini di Bari, Brindisi, Trani, Gioia del Colle e del palatium di Lucera; in Sicilia della fortezza di Augusta, che fu edificata contemporaneamente alla fondazione della nuova città nel 1232.Nel periodo intorno al 1239-1240 si registra un ulteriore e intenso impulso costruttivo, nel quale si collocano i c. di Catania, Siracusa, forse il c. di Lombardia di Enna, il c.-residenza di Castel del Monte, mentre leggermente più tardi risultano i complessi fortificati di Lagopesole (1242-1250) in Basilicata e di Prato in Toscana.Per quanto concerne le strutture architettoniche, un primo elemento da valutare con attenzione riguarda l'adozione, nella maggior parte dei c. federiciani, di un particolare tracciato planimetrico caratterizzato da un'estrema regolarità geometrica, nel quale gli spazi si organizzano intorno a un cortile centrale, di perimetro quadrangolare o rettangolare, su cui si affacciano su tutti i lati ambienti voltati a crociera, rinserrati da possenti cortine murarie perimetrali rinforzate all'esterno da torri (circolari, quadrangolari o poligonali) poste agli angoli e lungo i lati. Gli esempi più coerenti di questa serie sono il c. di Augusta, il c. Ursino di Catania, il c. di Prato e, nella variante ottagona, Castel del Monte.L'avvento sulla scena politica dell'Italia meridionale della dinastia angioina, subentrata agli Svevi nel 1266 con la vittoria nella battaglia di Benevento di Carlo I d'Angiò su Manfredi, non comportò un totale rivolgimento, almeno nella fase iniziale, della struttura politico-amministrativa esistente nel regno normanno-svevo (v. Angioini). I registri della cancelleria angioina danno notizia nel 1269 di tre mandati relativi ai c. di Melfi, Canosa e Lucera. Quest'ultimo è la più imponente e monumentale testimonianza dell'attività costruttiva fortificatoria angioina in Italia meridionale. La città pugliese era la sede di uno dei più importanti c.-residenza di Federico II e in effetti la nuova struttura, che rientra tipologicamente nella categoria dei recinti fortificati, si qualifica come naturale completamento del palatium federiciano, che di fatto viene a essere inglobato nel circuito perimetrale murario sviluppantesi per m. 900 circa. L'esecuzione dell'opera venne affidata inizialmente a Pierre d'Angicourt, al quale si deve l'edificazione su una base scarpata delle due torri circolari poste alle estremità del lato orientale della cinta. Sono da segnalare come elemento tecnico del tutto nuovo le disposizioni approntate per il tipo di difesa verticale, che risulta assente nell'architettura castellare federiciana e la cui introduzione si deve attribuire verosimilmente all'architetto transalpino.Nel c. di Manfredonia si possono ancora riconoscere i notevoli interventi di riadattamento di età angioina. Il nucleo originario, costruito al tempo di Manfredi, subì un radicale rifacimento con la ricostruzione delle torri angolari del primitivo impianto quadrilatero, dotate di una particolare conformazione, che si manifesta qui per la prima volta: una base troncoconica sormontata da un corpo cilindrico, da questo divisa da una cornice marcapiano.Si conservano ancora in gran numero strutture di questo tipo in Campania, nella zona del Cilento. Si possono citare come casi esemplificativi collocabili cronologicamente a cavallo fra i secc. 13° e 14° la torre di Velia, quella dello Ziro ad Amalfi e inoltre il notevole esempio di Castelcivita.La nascita delle signorie nell'Italia del Nord, intorno ai decenni centrali del sec. 13°, ebbe come conseguenza la formazione di una nuova struttura politica, a estensione regionale, nella quale divenne determinante la possibilità di poter disporre di solide basi militari, vale a dire di un sistema di c., preferibilmente posizionati su nodi strategici, organizzati in modo da costituire uno scacchiere fortificato, per la difesa e il controllo di zone sempre più estese di territorio.In Veneto fu Ezzelino III da Romano a gettare per primo le basi di un ordinamento politico di ambito regionale che si pone come diretto antecedente storico della successiva signoria scaligera. Le opere fortificate che Ezzelino allestì a consolidamento del potere acquisito mostrano una costanza di modelli, di tecniche murarie e di apparati difensivi (schema planimetrico a più recinti, mancanza di apparati per la difesa piombante, adozione sistematica della torre scudata per il tiro di fiancheggiamento e del rivellino a protezione delle porte), tali da far pensare alla presenza di maestranze specializzate nella costruzione di c. e cinte fortificate; esse furono all'origine della formazione di una vera e propria scuola regionale che sarebbe rimasta attiva nel Veneto per tutto il corso del 14° secolo.L'esempio maggiore e certamente più noto, legato alla committenza ezzeliniana, è sicuramente rappresentato dal complesso fortificato di Montagnana. Nella parte orientale del recinto è il c. di S. Zeno, dove si segnala, oltre all'inusuale disposizione delle torri angolari, ruotate di 45°, la presenza di un mastio con all'interno l'inedita disposizione a thólos delle arciere, soluzione che sarebbe diventata normativa in tutte le successive fortificazioni scaligere. Agli Scaligeri (v.), succeduti a Ezzelino, si deve la riorganizzazione amministrativa del territorio veronese e allo stesso tempo la razionalizzazione delle sue difese.Nell'ambito del progetto di fortificazione del territorio furono sviluppati e adottati sistemi costruttivi e modelli architettonici normativi. Fra questi fu sicuramente prevalente la tipologia del c.-recinto, a tracciato rettangolare, dotato di quattro torri angolari e quattro intermedie lungo le cortine murarie esterne. Sono numerosi i casi esemplificativi del tipo, ma i più integri risultano i c. di Sirmione (prima metà sec. 14°) e di Lazise (1375-1381), entrambi sulle rive del lago di Garda, che affiancano al circuito murario del c. vero e proprio (la piazza d'armi) la darsena militare, che ne ripete senza sostanziali varianti il tracciato planimetrico.L'ascesa al potere della famiglia dei Visconti (v.) in Lombardia si colloca più o meno nello stesso periodo di quella scaligera nel Veneto, ma la signoria viscontea non fu mai una realtà politica del tutto omogenea; al suo interno rimasero infatti operanti non poche giurisdizioni locali, governi cittadini e signorie rurali, che riuscirono a conservare un certo grado di autonomia. I Visconti, quindi, si resero conto ben presto dell'importanza strategica di una rete territoriale di c. e in questo senso svolsero un'attenta opera di controllo imponendo la distruzione di molte fortezze feudali. L'organizzazione di un apparato difensivo efficiente - basato su uno scacchiere costituito da associazioni di c. - fu sentita da subito come un'esigenza indispensabile per la sicurezza dello stato e venne allestita utilizzando l'antico sistema di siti fortificati, risalenti al periodo dell'incastellamento.Per quanto concerne le strutture architettoniche, già a partire dalla fine del sec. 13° si ebbe una prima regolarizzazione dello sviluppo planimetrico e della fisionomia dell'alzato del c. visconteo, composto da più corpi di fabbrica disposti simmetricamente intorno a una corte centrale con portici e logge; all'esterno l'edificio era fortificato da torri angolari a pianta rigorosamente quadrangolare (Romanini, 1964).Sono i c. di Abbiategrasso, eretto al tempo di Ottone, e di Vercelli, voluto da Matteo I, a presentare per primi un tracciato planimetrico quadrangolare con torri angolari. Altra caratteristica delle opere fortificate lombarde di questo periodo è il basamento scarpato, specialmente nei c. in cui sono presenti fossato e sotterranei. I merli si trovano sia sulle torri sia sulle pareti esterne, mentre l'apparato a sporgere, munito di beccatelli e caditoie per la difesa piombante, compare solo a partire dalla metà del sec. 14°, al tempo in cui si ebbe un ulteriore perfezionamento dello sviluppo planimetrico e della fisionomia degli alzati del c. visconteo (c. di Pavia, Sant'Angelo Lodigiano e Pandino).In Italia centrale, intorno alla metà del sec. 14°, i territori formalmente in possesso della curia pontificia erano in realtà saldamente controllati dalle singole, piccole signorie locali, a loro volta governate dai capi delle grandi famiglie cittadine. Solo con la decisione, presa da papa Innocenzo VI, di nominare nel 1353 come legato apostolico in Italia il cardinale di origine castigliana Egidio Albornoz si riuscì, anche se solo per breve tempo, a ristabilire l'autorità papale sugli antichi domini della Chiesa. Il legato pontificio era in grado di far funzionare una macchina bellica di notevole efficienza attraverso l'uso di armi e tecniche ossidionali aggiornate (armi da fuoco, mine, artiglierie neurobalistiche).Alla conquista delle città faceva sempre seguito la costruzione di possenti opere militari. Del formidabile sistema fortificato a scala interregionale approntato da Albornoz durante il breve periodo della sua azione militare in Italia rimangono quasi esclusivamente i complessi fortificati della dorsale difensiva umbra dello stato: le rocche di Narni, Spoleto e Assisi che, insieme alle rocche di Viterbo, Orvieto, Todi e a quelle di Iesi, Osimo e Ancona, formavano una cintura che si estendeva dal Tirreno all'Adriatico. Operarono al seguito di Albornoz numerosi architetti specializzati in opere fortificate, come per es. Ugolino di Monte Marte e Matteo Gattaponi, che si succedettero, il primo dal 1358 e il secondo dal 1362, nella direzione dei lavori alla rocca di Spoleto. È questo sicuramente il più significativo complesso fortificato albornoziano conservatosi, che associava a una funzione difensiva anche un aspetto prettamente residenziale. Ai due architetti è stata inoltre attribuita la rocca di Narni, mentre è documentata la presenza di Ugolino di Monte Marte anche nella città di Assisi al tempo della costruzione della rocca (1362-1365), articolata in due complessi fortificati che si affiancavano, rinforzandole, alle mura cittadine di età comunale.
Bibl.: B. Ebhardt, Die Burgen Italiens, 6 voll., Berlin 1909-1927; E. Sthamer, Dokumente zur Geschichte der Kastellbauten Kaiser Friederichs II. unter Karls I. von Anjou, Leipzig 1912; id., Die Bauten der Hohenstaufen in Unteritalien, 2 voll., Leipzig 1914; id., Die Verwaltung der Kastelle im Königreich Sizilien unter Kaiser Friederich II. und Karl I. von Anjou, Leipzig 1914; A. Haseloff, Die Bauten der Hohenstaufen in Unteritalien, 2 voll., Leipzig 1920 (trad. it. Architettura sveva nell'Italia meridionale, Bari 1992); F. Schneider, Die Entstehung von Burg und Landgemeinde in Italien, Berlin 1924; G. Agnello, L'architettura sveva in Sicilia, Roma 1935; G. Di Stefano, L'architettura gotico-sveva in Sicilia, Palermo 1935; L. Bruhns, Hohenstaufenschlösser. Königstein im Taunus, Leipzig 1937; W. Krönig, Zur Baukunst der Hohenstaufen in Unteritalien, ZKg 6, 1937, pp. 63-69; U. Tarchi, L'arte nell'Umbria e nella Sabina, III, L'arte medioevale nell'Umbria e nella Sabina. Architettura civile (Dalla metà del XIII al principio del sec. XV), Milano 1938; F. Cusin, Per la storia del castello medievale, Rivista storica italiana 56, 1939, pp. 491-542; C. Cansacchi, L'Albornoz, i suoi uomini e le sue rocche, Bollettino dell'Istituto storico e di cultura dell'Arma del Genio, 1941, 13, pp. 31-67; S. Bottari, Monumenti svevi di Sicilia, Palermo 1950; W. Krönig, Staufische Baukunst in Unteritalien, in Beiträge zur Kunstgeschichte des Mittelalters, "Vorträge des I. deutschen Kunsthistorikertag Schoss, Brühl 1948", Berlin 1950, pp. 28-38; E. WagnerRieger, Die italienische Baukunst zu Beginn der Gotik, 2 voll., Graz-Köln 1956-1957; A. Gorfer, I castelli del Trentino, Trento 1958; G. Agnello, L'architettura militare civile e religiosa nell'età sveva, Archivio storico pugliese 13, 1960, pp. 146-176; id., Problemi e aspetti dell'architettura sveva, Palladio, n.s., 10, 1960, pp. 37-47; C. Perogalli, Castelli della pianura lombarda, Milano 1960; G. Agnello, L'architettura civile e religiosa in Sicilia nell' età sveva, Roma 1961; H. Hahn, A. Renger Patzsch, Hohenstaufenburgen in Süditalien, Ingelheim a.R. 1961; P. Blanco, Il castello di Paternò, Quaderni dell'Istituto di disegno dell'Università di Catania 1, 1963-1964, pp. 107-122; id., Il castello di Adrano, ivi, pp. 125-141; id., Il castello di Motta S. Anastasia, ivi, pp. 143-152; A. Cassi Ramelli, Dalle caverne ai rifugi blindati, Milano 1964; A.M. Romanini, L'architettura gotica in Lombardia, 2 voll., Milano 1964; Storia illustrata dei castelli italiani, I, Emilia-Romagna e Repubblica di S. Marino; II, Piemonte e Val d'Aosta, Genova 1967-1970; G. Schmiedt, Le fortificazioni altomedievali in Italia viste dall'aereo, in Ordinamenti militari in Occidente nell'Alto Medioevo, "XV Settimana di studio del CISAM, Spoleto 1967", Spoleto 1968, II, pp. 859-927; G.C. Bascapè, C. Perogalli, Castelli del Lazio, Milano 1969; C. Perogalli, Castelli della Lombardia, Milano 1969; G. Pistarino, Castelli del Monferrato meridionale nella provincia di Alessandria, Alessandria 1970; C. Perogalli, Castelli e rocche di Emilia e Romagna, Milano 1972; I castelli della Liguria, a cura di C. Perogalli, 2 voll., Genova 1972-1973; Castelli, torri ed opere fortificate di Puglia, a cura di R. De Vita, Bari 1974 (Milano 19822); G.M. Tabarelli, F. Conti, Castelli del Trentino, Milano 1974; Architettura sveva nell'Italia meridionale. Repertorio dei castelli federiciani, a cura di A. Bruschi, G. Miarelli Mariani, cat. (Prato 1975), Firenze 1975; Metodologia nella ricerca delle strutture fortificate nell'Alto Medioevo, "V Tavola rotonda nazionale, Udine, Cividale, Trieste 1967", Castelli del Friuli-Venezia Giulia 2, 1975; C. Perogalli, Castelli dell'Abruzzo e del Molise, Milano 1975; A. Zanotto, Castelli valdostani, Aosta 1975; F. Conti, G.M. Tabarelli, Castelli del Piemonte, 3 voll., Milano 1975-1980; I castelli del senese. Strutture fortificate dell'area senese-grossetana, a cura di A. Della Valle, 2 voll., Siena 1976 (rist. Milano 1985); G. Schmiedt, Città e fortificazioni nei rilievi aerofotografici, in Storia d'Italia, a cura di R. Romano, C. Vivanti, V, 1, I documenti, Torino 1976, pp. 121-260; G. Fasoli, Feudo e castello, ivi, pp. 263-310; W. Krönig, Il Castello di Caronia in Sicilia. Un complesso normanno del XII secolo, Roma 1977; G. Noyé, A.M. Flambard, Scavi nel castello di Scribala in Calabria, ArchMed 4, 1977, pp. 227-246; C.A. Willemsen, Die Bauten Kaiser Friedrichs II. in Süditalien, in Die Zeit der Staufer. Geschichte-Kunst-Kultur, cat., III, Aufsätze, Stuttgart 1977, pp. 143-163; Castelli del Friuli. Castellieri, fortificazioni romane e tardo antiche, castelli, torri, rocche, fortezze, abbazie fortificate, città e borghi recinti, case-forti, a cura di T. Miotti, 7 voll., Udine 1977-1988; I castelli. Architettura e difesa del territorio tra Medioevo e Rinascimento, a cura di P. Marconi, Novara 1978; M. Fuiano, Castelli in Puglia nei secoli X-XIII, Archivio storico pugliese 31, 1978, pp. 25-46; G. Caciagli, Il castello in Italia. Saggio d'interpretazione storica dell'architettura e dell'urbanistica castellana, Firenze 1979; E. Di Bona, P. Costa Calcagno, Castelli della Valle d'Aosta, Novara 1979; C. Perogalli, M.P. Ichino, S. Bazzi, Castelli italiani. Con un repertorio di oltre 4000 architetture fortificate, Milano 1979; Federico II e l'arte del Duecento Italiano, "Atti della III Settimana di studi di storia dell'arte medievale dell'Università di Roma, Roma 1978", a cura di A.M. Romanini, 2 voll., Galatina 1980; F. Bocchi, Castelli urbani e città nel Regno di Sicilia all'epoca di Federico II, ivi, I, pp. 53-74; M.E. Avagnina, Lagopesole: un problema di architettura federiciana, ivi, pp. 153-174; A. Cadei, Fossanova e Castel del Monte, ivi, pp. 191-215; M. Giuffrè, Castelli e luoghi forti di Sicilia XII-XVII secolo, Palermo 1980; G. Noyé, Féodalité et habitat fortifié en Calabre dans la deuxième moitié du XIe siècle et le premier tiers du XIIe siècle, in Structures féodales et féodalisme dans l'Occident méditerranéen (Xe-XIIIe siècles). Bilan et perspectives de recherches, "Colloque international, Roma 1978" (CEFR, 44), Roma 1980, pp. 607-630; A. Vincenti, Castelli viscontei e sforzeschi, Milano 1981; A. Unali, Considerazioni sull'attività edificatoria castellare promossa da Federico II nel Regno di Sicilia, Atti della Accademia di scienze, lettere e arti di Palermo, s. V, 2, 1981-1982, pp. 361-378; G. Perbellini, Castelli scaligeri, Milano 1982; L. Santoro, Castelli angioini e aragonesi nel Regno di Napoli, Milano 1982; G.M. Tabarelli, Castelli rocche e mura d'Italia, Busto Arsizio 1983; Castelli, storia e archeologia, "Relazioni e Comunicazioni al Convegno, Cuneo 1981", a cura di R. Comba, A.A. Settia, Torino 1984; A.A. A.A. Settia, Castelli e villaggi nell'Italia padana. Popolamento, potere e sicurezza fra IX e XIII secolo, Napoli 1984; P. Paolini, Nuovi aspetti sul Castel Maniace di Siracusa, "Atti del III Congresso di architettura fortificata, Milano 1981", Milano 1985, pp. 215-222; R. Santoro, La Sicilia dei castelli. La difesa dell'isola dal VI al XVIII secolo. Storia e architettura, Palermo 1986; Abruzzo dei castelli. Gli insediamenti fortificati abruzzesi dagli italici all'unità d'Italia, Pescara 1988; J.M. Martin, G. Noyé, Habitats et systèmes fortifiés en Capitanate. Première confrontation des données textuelles et archéologiques, in Castrum 2. Structures de l'habitat et occupation du sol dans les pays méditerranéens. Les méthodes et l'apport de l'archéologie extensive, "Actes de la Rencontre, Paris 1984", a cura di G. Noyé (CEFR, 105), Roma-Madrid 1988, pp. 501-526; Rocche, fortilizi, castelli in Emilia Romagna, Marche, a cura di G. Adami, Cinisello Balsamo 1988; P. Peduto, Insediamenti longobardi del ducato di Benevento (secc. VI-VIII) in Langobardia, a cura di S. Gasparri, P. Cammarosano, Udine 1990, pp. 307-374: 362-369; A. Satolli, Le rocche dell'Albornoz nella fascia mediana dello Stato Pontificio, in Dall'Albornoz all'età dei Borgia. Questioni di cultura figurativa nell'Umbria meridionale, "Atti del Convegno di studi, Amelia 1987", Todi 1990, pp. 55-81; A. Cadei, I castelli federiciani: concezione architettonica e realizzazione tecnica, AM, s. II, 6, 1992, 2, pp. 39-67; F. Maurici, Castelli medievali in Sicilia. Dai bizantini ai normanni, Palermo 1992.F. Betti
Le origini dei c. situati in area francese risalgono a periodi precedenti il Medioevo; già nell'epoca celtica esistevano infatti fortificazioni urbane con cinte murarie rinforzate da torri quadrate o circolari. Ciò nonostante fu l'occupazione del territorio da parte dei Romani a condurre a una regolarizzazione delle piante; oltre alle cinte urbane, che si riproducevano perfettamente stereotipe in tutte le regioni dell'Impero alla fine del sec. 3°, si registra la presenza di castella come quello di Jublains, perfetto prototipo del modello rettangolare con torri a intervalli regolari diffuso su tutto il territorio imperiale, fin nelle regioni più lontane; un modello talmente universale da riprodursi anche nelle fortificazioni bizantine e quindi, per semplice fenomeno di contatto, in quelle arabe mediorientali, imponendosi come vero e proprio vocabolario universale dell'opera di fortificazione.Tuttavia il modello romano, che corrispondeva bene a strutture sociali stabili e gerarchizzate, finì per scomparire pressoché totalmente durante il lungo periodo dei regni merovingi e carolingi. Durante questo mezzo millennio, al di fuori delle grandi fortificazioni urbane, le popolazioni e i rappresentanti del potere ritornarono all'antico concetto delle fortificazioni di sommità, segnato dall'uso della terra battuta e del legname (fossati e palizzate). Al di là di alcuni palazzi rurali costruiti per volere di dignitari di corte a immagine dei palazzi imperiali o reali, la fortificazione in questa fase ebbe un carattere 'rurale', spesso di ripiego e di rifugio.L'affermarsi della feudalità, a partire dal sec. 10°, diede un possente impulso alla costruzione di nuove fortificazioni, questa volta legate a un potere personale, simboleggiato assai spesso dalla motta, terrapieno troncoconico fiancheggiato da una o più basse corti (basses-cours). In queste fortificazioni il legno era il materiale costruttivo per eccellenza; per ragioni essenzialmente legate alla struttura socioeconomica, il signore trovava infatti assai difficile disporre del denaro necessario alle costruzioni in muratura. Ciò nonostante fecero la loro comparsa anche queste ultime, in qualche caso riprendendo edifici di epoca carolingia, come a Doué-la-Fontaine o ad Andone, in altri casi impiantandosi ex novo su siti mai prima abitati. Fu in questa fase, nel sec. 11°, che comparve il donjon - o meglio la torre maestra, secondo la terminologia medievale - spesso in legno, ma talvolta anche in pietra. La torre maestra d'Ivry-la-Bataille, degli inizi del sec. 11°, costituisce un notevole esempio di torre-residenza fortificata di quest'epoca: provvista a ciascuno dei suoi due livelli di una sala di ricevimento, di camere e di una cappella, essa prefigura le grandi realizzazioni che sarebbero state esportate in Inghilterra dopo la conquista da parte di Guglielmo I il Conquistatore, a partire dalla Torre di Londra. Queste torri-residenza ebbero un successo enorme; rettangolari, fiancheggiate da contrafforti, esse formano la c.d. famiglia dei donjons romanici quadrangolari (fra le più importanti Montbazon, Loches, Montrichard, Falaise); non fu questa però la sola tipologia adottata e dalla fine del sec. 11° fece la sua comparsa la pianta circolare, favorita dall'uso della muratura (per es. Fréteval), che peraltro non modificava il programma architettonico di base. Esistevano anche schemi planimetrici più complessi: quadrilobato (per es. Etampes, prima metà sec. 12°); cilindrico fiancheggiato da torrette (per es. Houdan, prima metà sec. 12°); poligonale fiancheggiato da torrette (per es. Ambleny, Provins); poligonale con o senza contrafforti (per es. Gisors, Châtillon-Coligny).Nel sec. 12° la pianta-tipo del c. prevedeva una cinta dai contorni irregolari, con una o più basses-cours, pianta derivata dalle fortificazioni arcaiche in terra battuta e legno, il cui più importante elemento difensivo era spesso costituito da fossati e palizzate. All'interno, quasi sempre in posizione dominante, la torre maestra costituiva sovente l'unico elemento in muratura ed era completata da edifici di servizio e abitazioni. A partire dalla metà del sec. 12° si nota tuttavia una tendenza a costruire secondo schemi planimetrici più accurati, riprendendo alcune concezioni largamente usate nelle fortificazioni gallo-romane ancora visibili. Si moltiplicarono le mura in pietra, che furono sempre più spesso provviste di torri di fiancheggiamento, disposte in maniera più o meno regolare e destinate ad assicurare una maggiore protezione delle cortine. Anche le porte furono perfezionate, rimanendo però assai spesso fiancheggiate da torri-porta a pianta rettangolare (per es. Le Plessis-Grimoult). I c. edificati dai regnanti inglesi sui loro possedimenti continentali costituiscono i migliori esempi di questa evoluzione: un caso emblematico è quello di Gisors, edificato da Enrico II d'Inghilterra tra il 1160 e il 1190, ma se ne può vedere un altro a Chinon. Tali c. mostrano un'evoluzione parallela a quella del c. di Douvres, anch'esso costruito in quegli stessi anni. Le nuove soluzioni progettuali si imposero progressivamente nel corso del sec. 12°, senza peraltro mettere in discussione gli arcaismi delle piante generali. Così la ben nota fortezza di Château-Gaillard, eretta negli ultimi anni del sec. 12° da Riccardo I Cuor di Leone, altro non è, in ultima analisi, che la trasposizione in muratura di una fortificazione in terra, con una tale ricercatezza costruttiva da farle raggiungere lo status di gioiello architettonico.Il regno di Filippo Augusto, al passaggio tra i secc. 12° e 13°, segna un punto di svolta notevole, che finì per condizionare per molti secoli l'architettura castellana in Francia e anche in altre regioni. Il principio di fondo non era in realtà innovatore, ma largamente ispirato ai criteri sviluppati nella fortificazione romana e poi in quella bizantina: esso sosteneva infatti la necessità di predisporre un regolare fiancheggiamento di torri, nonché quella di ricorrere a piante regolari scelte in un repertorio di forme semplici, tra le quali fu privilegiata quella rettangolare. Ma la vera novità fu legata essenzialmente al numero e al ritmo delle nuove costruzioni basate su questi concetti, assunti quali norme operative. La politica assai dinamica del re nei confronti di tutte le regioni della Francia fu contrassegnata dall'affermazione della sua potenza attraverso l'erezione di numerosi c.: il Louvre a Parigi, in primo luogo, ma anche molti altri, quali Dourdan, Montargis, Bourges, Riom. A questo proposito non si può non istituire una relazione con l'evoluzione strettamente parallela che ebbe luogo nelle costruzioni crociate in Medio Oriente: un parallelo e una coincidenza che non sono fortuiti. Il rapporto di emulazione tra i Francesi insediatisi in Terra Santa e quelli rimasti nel paese d'origine fu in effetti assai forte e naturalmente l'evoluzione portò benefici a entrambi (per es. il famoso Crac des Chevaliers).In meno di un quarto di secolo gli ingegneri di Filippo Augusto riuscirono a imporre un nuovo modo di costruire: cinte geometriche, regolarmente fiancheggiate da torri circolari; donjon circolare, divenuto un vero marchio di fabbrica e introdotto persino in c. più antichi (per es. Gisors, Chinon); porte fiancheggiate da due torri, anch'esse dotate di sistemi difensivi che divennero norma comune. Fu in quest'epoca che si generalizzò l'uso della saracinesca e della piombatoia, mentre la saettiera divenne un elemento costitutivo dell'alzato delle cortine o delle torri. Il c. di Carcassonne, costruito all'inizio del regno di s. Luigi, ne costituisce un bell'esempio, ma va citato anche quello di Angers, con le sue torri monumentali, ciascuna delle quali equivale a un donjon di Filippo Augusto.Oltre alle costruzioni reali, vanno ricordati anche i c. dei signori feudali, che non poterono non seguire l'evoluzione dettata dalla corte; dapprima i duchi e i conti, poi via via anche i feudatari minori, furono in grado, prima o poi, di disporre delle finanze necessarie a pagare una squadra di mastri muratori, giacché la pratica della corvée non si prestava più alla realizzazione di questo genere di edifici. È significativo che il c. di Nesles, eretto dal conte di Dreux nel 1226, sia una copia conforme del c. reale di Dourdan, costruito qualche anno prima; i conti di Champagne seguirono l'esempio, con Montaimé, e lo stesso fecero i conti di Bretagna con Saint-Aubin-du-Cormier, i conti di Borbone con Billy e tanti altri esponenti meno in vista della gerarchia feudale (Diant, Vallery, ecc.). Sfortunatamente in parte distrutto nel corso della prima guerra mondiale, il c. di Coucy, eretto intorno al 1225-1235, offriva il miglior catalogo delle novità introdotte da Filippo Augusto, con un donjon monumentale, il più imponente d'Europa.Le costruzioni dei territori dei Plantageneti in Francia non furono certo da meno, non fosse che per le fortificazioni come quella di Coudray-Salbart, eretta agli inizi del sec. 13°, che raggiunse il massimo della raffinatezza; in seguito gli stessi schemi furono ripresi da c. quali Villandraut, Roquetaillade e Budos.Nel corso di un secolo e mezzo (ca. 1200-1350) il modello elaborato da Filippo Augusto venne adattato, perfezionato, modernizzato e infine anche assunto come riferimento di maniera. In particolare, alla fine del sec. 13° si determinò negli schemi planimetrici delle torri una sorta di esplosione architettonica e si assistette alla nascita di nuove mode e tendenze. Quella facente capo ai conti di Savoia, ripresa in Inghilterra grazie ai viaggi del Maestro di Saint-George, prevede l'assunzione sistematica di piante poligonali per le torri, come a Yverdon, poi a Montfort e Montbard, a Ravel, a Budos; la tendenza facente capo ai re di Francia presenta invece l'adozione generalizzata del bugnato nelle opere di fortificazione, come a Carcassonne, Aigues Mortes, Puylaurens, l'esasperata elaborazione delle saettiere, il rinforzo delle difese delle porte, come a Provins, Aigues Mortes, Château-Thierry.Le porte stesse, quasi sempre fiancheggiate da due torri, videro in quest'epoca un rafforzamento delle difese interne, attraverso il moltiplicarsi di saracinesche, piombatoie e saettiere, fino al punto di essere concepite come vere e proprie chiuse (Château-Thierry). Tale evoluzione si riscontra anche oltremanica, con un'esuberanza se possibile ancora maggiore, dovuta all'immaginazione degli architetti inglesi. Tale estrema raffinatezza costruttiva si ritrova peraltro soprattutto nei grandi c. edificati su commissione del re, dei maggiori dignitari e dei signori più potenti. Evidentemente i principi costruttivi venivano applicati in misura corrispondente alla potenza e alla ricchezza del committente; a fianco di questi imponenti c. esistevano molte strutture difensive di minori dimensioni, costituiti solo da un'unità abitativa fortificata da una o due torri. Si pensi al fiorire delle case-torri, che si moltiplicarono nella Guyenne inglese intorno al 1300, come per es. a Sainte-Mère o a Tauzia, per citare solo due casi significativi.All'interno del c., gli ambienti residenziali consistevano generalmente in una sala di rappresentanza accompagnata da unità abitative, oggi spesso scomparse. Nei periodi anteriori al 1350 la residenza costituiva un elemento di comodità interno. La sola ostentazione esterna era di natura difensiva, basata sulla potenza della torre maestra, delle torri, delle saettiere e dei coronamenti. Il c. di Coucy ne fornisce un esempio notevole, con un'immensa sala e una grande unità abitativa appoggiate alle cortine e sprovviste, nel sec. 13°, di qualsiasi apertura verso l'esterno; da questo lato, un enorme donjon e una serie di torri imponenti costituivano un potente apparato militare.A partire dalla metà del sec. 14° ebbe luogo un'evoluzione considerevole, legata alle nuove condizioni sociali venutesi a creare con la guerra dei Cento anni. Il signore non si accontentò più di mostrare il suo status sociale attraverso la potenza militare, ma volle ostentare ricchezza di architetture e di decorazioni integrandole con un apparato difensivo il quale, benché persistente, assunse una funzione sempre più simbolica. Uno dei primi palazzi a tradurre in pratica questi mutamenti è il palazzo dei Papi di Avignone, capolavoro monumentale eretto tra il 1340 e il 1360, punto di incontro fra tradizioni mediterranee e settentrionali. È questa l'epoca dei grandi palazzi dei principi della famiglia reale: il Louvre di Parigi, i c. di Bourges, Digione, Coucy, Bourbon, Moulins, Saumur, Mehun-sur-Yèvre, Pierrefonds, La Ferté-Milon e altri ancora ostentavano lusso e decorazioni, come espressione di indifferenza nei confronti della guerra latente e della miseria sociale, come affermazione di invulnerabilità alle pestilenze, alle rivolte e alle stragi. La transizione non fu certamente improvvisa e la seconda metà del sec. 14° costituì uno straordinario periodo di mutazione. Infatti, contemporaneamente alla costruzione dei grandi palazzi principeschi, i signori meno potenti cercarono di proteggersi dall'ambiente ostile ritornando alle vecchie concezioni delle residenze fortificate, aggiornate con nuove soluzioni decorative, per es. le grandi torri-residenza di Largoët-en-Elven, di Oudon, di Dinan, di Vez e di Septmonts, che va annoverata tra quelle più raffinate dal punto di vista architettonico. Si possono inoltre ricordare le torri rettangolari con torrette che nella Francia centrale costituiscono un vero e proprio gruppo (per es. quella di Sarzay). Coesistevano dunque forme estremamente differenziate a seconda degli statuti, della funzione dell'edificio e della posizione sociale del costruttore.Senza insistere troppo sulle forme parossistiche raggiunte nei grandi palazzi, si può riconoscere in quest'epoca una stagnazione dei programmi specificamente militari, che continuano ad apparire regolati dalle norme definite sotto Filippo Augusto. Per contro si nota un'importante crescita dell'attenzione rivolta agli spazi abitativi e da questo punto di vista occorre insistere su due aspetti fondamentali: la maggior cura volta alle comunicazioni interne e l'inserimento nella cortina esterna di finestre.In primo luogo dunque la scala assunse una dignità che non aveva avuto fino ad allora e divenne visibile all'esterno. La circolazione all'interno del c. fu inoltre agevolata dalla presenza di gallerie multiple che servivano le diverse parti degli edifici. Ad Avignone, alla metà del sec. 14°, si assistette alla monumentalizzazione della scala che, con due rampe diritte coperte da volte a ogiva, conduceva alla cappella; al Louvre, qualche decennio più tardi, si impose definitivamente la scala destinata alle unità abitative aperta verso l'esterno, secondo uno schema ripreso in maniera elegante a Saumur e diffusosi poi universalmente, preludio ai grandi scaloni rinascimentali. Il c. di Tarascona, databile alla prima metà del sec. 15°, mostra all'interno di una possente massa compatta di torri una piccola corte, ove si contrappongono una monumentale scala a vista, una galleria voltata e il portico della cappella.In secondo luogo, nelle cortine fece la sua comparsa la finestra: la luce era necessaria in questi edifici lussuosi che si aprivano verso l'esterno non per comunicare con il mondo circostante ma per trarne vita. La trasformazione del Louvre di Parigi, antica fortezza dell'epoca di Filippo Augusto, in un superbo palazzo traforato da finestre ripartite annunciò la vera e propria rivoluzione che sarebbe stata seguita incondizionatamente in tutti i c. dell'epoca: la facciata di La Ferté-Milon, eretto intorno al 1400 per il duca d'Orléans, ne costituisce un esempio notevole.Solo in maniera assai graduale, in questa stessa epoca, l'architettura castellana prese a modificarsi per adattarsi alla poliorcetica: l'uso del cannone e delle armi da fuoco di minor calibro tendeva infatti a una generalizzazione, che peraltro cominciò a riflettersi nelle concezioni architettoniche solo nel secondo quarto del sec. 15°; certamente le feritoie furono progressivamente adattate per essere utilizzate anche con i cannoni, ma solo intorno al 1450 iniziarono a moltiplicarsi gli esempi di adattamento delle strutture alle necessità delle artiglierie, a cominciare dall'adozione degli antemurali a scarpata (fausses-braies) che permettevano di battere i fossati. In seguito, nella seconda metà del sec. 15°, fecero la loro comparsa le torri cannoniere, concepite con mura assai spesse (m. 6-8) per resistere ai tiri delle nuove armi e dotate di casematte di tiro (Fougères, Chinon). Alcuni c. vennero allora trasformati raddoppiando lo spessore delle murature delle vecchie torri (Sedan) o ricavando nei muri gallerie di contromina (Saint-Fargeau). Infine torri e cortine vennero progressivamente ribassate per offrire un bersaglio più ridotto al tiro nemico.Ma tali trasformazioni erano costose e non più accessibili economicamente a un signore di medio potere; erano quindi riservate ai re e ai grandi principi, che trasformarono a poco a poco i loro c. in cittadelle. Così, negli ultimi anni del sec. 15°, il c. reale di Digione era tale solo di nome: si trattava piuttosto di una vera e propria cittadella costruita per sorvegliare la città. Il c. propriamente detto finì per trasformarsi in un edificio residenziale, dove l'aspetto militare conservava solo un valore simbolico.
Bibl.: s.v. Château, in Viollet-le-Duc, III, 1858, pp. 59-193; C. Enlart, Manuel d'archéologie française depuis les temps mérovingiens jusqu'à la Renaissance, II, 2, Architecture civile et militaire, Paris 1904 (19322); F. Gebelin, Les châteaux de France, Paris 1962; J.F. Fino, Forteresses de la France médiévale. Construction-attaque-défense, Paris 1967 (19702); H.P. Eydoux, Châteaux fantastiques, 5 voll., Paris 1969-1973; P. Rocolle, 2000 ans de fortification française, 2 voll., Limoges-Paris 1972; G. Fournier, Le château dans la France médiévale. Essai de sociologie monumentale, Paris 1978; A. Chatelain, Châteaux-forts, images de pierre des guerres médiévales, Paris 1983; Le château en France, a cura di J.P. Babelon, Paris 1986; L'enceinte et le Louvre de Philippe Auguste, a cura di M. Berry, M. Fleury, Alençon [1988]; J. Mesqui, Châteaux et enceintes de la France médiévale. De la défense à la résidence, I, Paris 1991.J. Mesqui
Dal punto di vista tipologico, in Germania il c. derivò sia dalle piazzeforti (cinte fortificate) di rifugio, preistoriche e protostoriche, che si adattavano alla situazione orografica e offrivano riparo solo nei periodi di necessità, sia dalle corti franche, che potevano essere più o meno difese. Premessa per la formazione dei c. fu il feudalesimo, con la sua autonomia dei poteri territoriali. Accanto alla sua funzione militare, intesa come espressione di dominio, il c. feudale in qualità di dimora del signore locale svolse anche un ruolo di rappresentanza, fattore che ne influenzò la struttura.Alla fine del sec. 9° si costruirono i primi c. anche in ragione della minaccia rappresentata dai Normanni e dagli Ungari (il c. di Broich a Mülheim a.d. Ruhr, 883-884), ma la loro massima diffusione si ebbe nel corso dei secc. 12° e 13°, durante il dominio svevo. A partire dal sec. 15° può considerarsi ultimata l'evoluzione del c. in palazzo o fortezza. Le cause di questo fenomeno sono da un lato il sempre più avanzato sviluppo della tecnica bellica, che rese impossibile l'ulteriore impiego a scopo difensivo dei c. medievali, dall'altro l'esigenza di creare residenze abitative confortevoli. Si possono distinguere a seconda della posizione il c. arroccato, posto sulla cima di un'altura dal difficile accesso e con visuale sulla zona circostante (per es. in cima a un monte, su un crinale, su uno sperone di roccia o su di un pendio), oppure il c. in un'area pianeggiante, nella maggior parte dei casi circondato da acqua (per es. il c. con fossato o la torre sulla sommità di una motta). A seconda dei signori cui appartenevano è possibile distinguere i ricetti (piazzeforti di rifugio per la gente comune), i palazzi imperiali o reali, quelli appartenuti a principi, conti, o all'alta nobiltà (cavalieri), a ministeriali o anche a funzionari dell'amministrazione, come pure i c. all'interno delle città o le chiese-fortezza. In epoca sveva gli esempi nordici di c. arroccati o con fossato, adattati al tipo di terreno, testimoniano, sotto l'influsso degli esempi italiani e arabi, una tendenza di gusto rivolta verso gli impianti geometrici (Egisheim, Lahr, Wildenburg nell'Odenwald, Rheden nella Prussia occidentale).L'evoluzione dal c. ottoniano-salico a quello tardosvevo trova espressione in una maggiore concentrazione degli spazi, una semplificazione della pianta, un accostamento di pochi elementi, quindi un rafforzamento dell'apparato difensivo e soprattutto un innalzamento della cinta esterna. Quest'ultima aveva il compito di racchiudere il circuito del castello. Antistante la cinta si trovava il fossato, che poteva essere asciutto - con fondo a forma di vasca a U o a punta, con il taglio del terreno a V - oppure riempito d'acqua. Negli esempi arroccati il fossato principale, particolarmente profondo e largo, aveva il compito di separare il c. dalla dorsale del monte cui si trovava addossato. Tra la cinta e il fossato poteva trovarsi talvolta una sorta di sponda di riparo (berma), con la funzione di ampliare l'area difesa. Come ulteriori ostacoli si utilizzavano recinzioni, costituite da intricati cespugli e siepi, oppure palizzate molto fitte. A partire dall'epoca delle crociate si moltiplicarono le cerchie difensive e aumentò il loro apparato fortificato. La cinta di mura che si trovava di fronte al recinto interno creava una sorta di fascia intermedia di terreno in piano, la c.d. lizza, utilizzata per il pascolo degli animali all'interno del castello. La presenza di torri aggettanti circolari o quadrate in allineamento con il muro di cinta o con quello dell'antemurale permetteva una tenuta sotto tiro laterale. Il loro aggetto dal muro era minimo e spesso erano aperte alla gola sul lato posteriore al fine di non offrire all'aggressore, al momento dell'espugnazione, alcun riparo dai colpi di coloro che la difendevano. Nel Medioevo più tardo la muratura delle torri venne irrobustita e costruita per accogliere le bocche da fuoco. A coronamento del muro si trovava il cammino di ronda (Butterfassturm), corredato di un parapetto a protezione di coloro che difendevano il castello. Tale cammino si trovava sul lato interno del muro come struttura addossata realizzata in legno, la c.d. incastellatura, oppure dietro un parapetto in muratura poggiante su mensole e gattoni alternati a caditoie, sotto l'influsso dell'architettura palestinese e siriaca di epoca crociata, ma impiegato anche in Francia già nel 12° e 13° secolo. Il cammino di ronda tuttavia poteva insistere anche sul muro stesso, quando si trattava di una costruzione in legno addossata su entrambi i lati. Il parapetto presentava feritoie o aperture rettangolari nel muro, libere sul lato superiore, che si alternavano a parti di muratura piena (merli), con forme diverse a seconda delle regioni e dell'epoca cui appartenevano: rettangolari (c.d. guelfi), a coda di rondine (c.d. ghibellini) o dentati (doppi merli). Nella seconda metà del sec. 12° merli e feritoie erano utilizzati più per l'effetto a distanza che per scopi difensivi; più tardi i merli spesso vennero murati e trasformati in feritoie per il tiro. In corrispondenza degli angoli della cinta furono addossate torrette (torri di vedetta, torri per il corpo di guardia, fertische).Lungo la cinta e nelle torri le feritoie erano collocate in modo tale che il campo dove aveva luogo l'attacco si trovasse sotto il tiro delle balestre e delle frecce. Al fine di permettere il maggior brandeggio possibile per la balestra e, più tardi, per le armi da fuoco portatili, le feritoie furono strombate all'interno o verso l'esterno (bocca della feritoia) da entrambi i lati e spesso anche verso il basso. Si trovano di frequente anche ampie nicchie ricavate nello spessore del muro, corredate talvolta da panche per sedersi, chiuse verso l'esterno da una lastra di pietra squadrata provvista di una feritoia. Nella maggioranza dei casi le feritoie più antiche sono di forma rettangolare, mentre le più recenti, utilizzate per le armi da fuoco portatili, hanno fogge diverse tra loro: quella più frequente è a forma di toppa di serratura (il foro circolare inferiore era utilizzato per infilare la canna del fucile, la fessura superiore serviva invece per prendere la mira); esistono inoltre feritoie a forma di doppia toppa di serratura. Il tipo a bocca ampia e piatta, detto archibugiera, è forse il risultato di un ampliamento di quello a serratura. La feritoia a croce (ballistrarium, balestriera) può trovarsi anche commista a quelle a serratura e alle archibugiere. Quando la feritoia è orientata verso il basso viene detta per il tiro ficcante.Al di sopra delle porte, dei punti di accesso e presso le torri si trovano le bertesche (caditoie, piombatoi), sporti di piccole dimensioni poggianti su mensole, aperti verso il basso, spesso provviste anche di un foro di osservazione posto frontalmente. La loro funzione era quella di permettere di rovesciare sul nemico acqua, olio o pece bollenti. Di frequente confuse con le bertesche, le latrine si trovano sulle mura, sopra il fossato o la torre maestra, alte quanto un uomo, sistemate su mensole aggettanti e aperte verso il basso con una tavoletta per sedersi. Sono rari i pozzi e le tubazioni che corrono obliquamente lungo i muri esterni, tuttavia compaiono canali di scarico che si snodano attraverso i diversi piani.Il portone del c. costituiva un elemento importante e nevralgico dell'intero anello difensivo. In una prima fase venne realizzato come semplice apertura ad arco con battenti in legno e guarnizioni in ferro, ponte levatoio e saracinesche, quindi venne costruito come portone segreto che dava accesso al recinto o come un vero e proprio corpo fortificato con torri ai lati. Infine venne creato un sistema difensivo di porte, poste una dietro l'altra, che prevedeva un antemurale semicircolare (barbacane) con feritoie, il quale, a partire dal sec. 15°, fu soggetto ad ampliamenti e all'aggiunta di torri (bastiglia). In caso di assedio, per le sortite poteva essere utilizzata un'uscita segreta nella cinta (postierla), oppure un breve camminamento nello spessore della muratura e nel bastione.Se la posizione del c. richiedeva una difesa particolare su un lato - spesso in corrispondenza della dorsale del monte - in tale settore il muro veniva rinforzato, aumentandone lo spessore e l'altezza, per creare una braga, che nel contempo poteva avere la funzione di torre maestra o essere legata a quest'ultima, posta alle spalle o al suo interno o ancora lateralmente (Berneck, distretto di Calw, 1200 ca.; Ehrenfels am Rhein, 1211 e 1356). La braga è, come la torre maestra, un corpo difensivo a sé stante, terminante nella parte superiore con un cammino di ronda, spesso addossato e utilizzato allo scopo di proteggerne tutti i lati. Analogamente alla torre maestra, anch'essa presenta l'accesso a una certa altezza, praticabile solo per mezzo di una scala o di una passerella di legno. I corpi turriti che vi si addossano in aggiunta (guardiole) possono costituire alle due estremità gli elementi di chiusura del muro. La costruzione di braghe cominciò nel sec. 13°, in particolare nella Germania sudoccidentale e nel Palatinato; nella seconda metà del secolo raggiunse il momento di maggiore espansione per poi diminuire nella seconda metà del 14° secolo. Con l'avvento dell'artiglieria, nel corso dei secc. 15° e 16°, si cominciarono nuovamente a costruire robuste braghe. Davanti a esse si trovano costruzioni difensive più deboli e di minore altezza oppure il fossato, al fine di rendere vano l'attacco con gli arieti.Il maschio, ovvero il torrione principale che compare nei c. tedeschi soprattutto dalla metà del sec. 12° fino alla fine del 14°, ha funzione di punto d'osservazione, zona difesa, ultimo baluardo per la fuga e ospita al suo interno anche gli alloggiamenti per il corpo di guardia e, in casi sporadici, la cappella. In Sassonia e in Turingia tale tipologia si sviluppò già dall'11°, nella Germania occidentale e in quella meridionale solo nel corso del 12° secolo. È collocato solitamente in posizione isolata all'interno della corte sul punto più elevato o nelle vicinanze della zona maggiormente vulnerabile. Nel caso di impianti particolarmente estesi in lunghezza, è possibile trovarne due (Münzenberg nel Wetterau, seconda metà sec. 12°; Thurandt sulla Mosella); anche le torri vennero disposte a coppia, particolarmente vicine o collegate tra loro da un muro. La pianta, di solito circolare, quadrangolare o quadrata, poteva avere, sul versante del campo, un rinforzo a sperone allo scopo di consentire una maggiore difesa dai colpi e dagli attacchi delle macchine da assedio; in tal modo si hanno torri a pianta pentagonale o circolare speronate. Torri quadrate, collocate obliquamente, potevano raggiungere il medesimo scopo; sporadicamente si trovano anche torri poligonali (nella maggioranza dei casi ottagonali), semicircolari o triangolari. Di solito la muratura del lato esterno della torre è perpendicolare al terreno. All'interno, una o più riseghe portano a una riduzione dello spessore della muratura verso l'alto e servono come sostegni per le travi del soffitto. Le torri tuttavia possono essere rastremate anche verso l'esterno o possono lasciare spazio per il cammino di ronda. Sono rare le torri che hanno la parte superiore a sezione circolare appoggiata su uno zoccolo quadrato. A partire dalla metà del sec. 12° la superficie verticale del muro esterno, alta da m. 18 a 30 ca., venne ricoperta con pietre da taglio, poi con bugne fortemente sporgenti e scabre che dopo il 1200 furono ridotte nelle dimensioni e lavorate sempre più. Nel corso del sec. 14° le torri si assottigliarono e vennero realizzate con murature in conci.Al piano inferiore della torre, solitamente a livello del terreno, all'interno di murature spesse fino a m. 4 ca., si trovavano le dispense o le segrete. Un'apertura (botola delle segrete) veniva ricavata nel soffitto piano o nella volta per permettere l'accesso. Al di sopra si trovava il piano di entrata, posto di regola a m. 6-12 dal livello del suolo. La porta era praticabile attraverso una scala asportabile in caso di assedio o per mezzo di un ponte volante in legno che la collegava con l'edificio attiguo o con il cammino di ronda. Altri piani, da due a quattro, si trovavano al di sopra ed erano raggiungibili attraverso scale di legno o ricavate nella muratura. Al piano che ospitava il corpo di guardia si trovavano spesso il camino e le latrine, talvolta anche alcune nicchie utilizzate per giaciglio e, al posto delle solite aperture a fessura, si potevano aprire finestre più grandi, decorate anche con colonnette (torre Rossa del castello imperiale di Wimpfen sul Neckar, 1200 ca.). Il solaio superiore (piattaforma di tiro) era aperto e merlato o coperto da un tetto a spioventi o a padiglione. Nel sec. 14° il piano venne costruito in aggetto e chiuso con una decorazione ad archetti; il cammino di ronda al di sopra delle caditoie servì a scopo difensivo. In epoca tardogotica, particolarmente nella Germania meridionale, si costruirono strutture architettoniche in legno sporgenti lungo tutto il perimetro, che contenevano i quartieri di abitazione della torre (Obergaden).La torre sulla motta è di impronta normanna ed è certamente frutto di una rielaborazione di modelli tardoromanici. Semplici torri di abitazione, dapprima in legno quindi in muratura, vennero costruite su una collina naturale od ottenuta artificialmente e furono circondate da uno e, in seguito, da più fossati e da una palizzata o da un muro nella zona in pendenza. Edifici di questo tipo vennero costruiti fino al sec. 15° e furono il precedente da cui si svilupparono in Francia e in Inghilterra gli imponenti donjons o keeps, maschi fortificati con funzioni amministrative, abitative, di rappresentanza e di difesa. Esempi di donjon si trovano anche nel regno normanno in Italia meridionale, come pure in numerosi c. tedeschi, spesso sotto l'influsso degli esempi francesi a partire dal tardo 12° secolo. Nelle funzioni difensive costruzioni di questo genere corrispondono alla torre maestra, mentre la parte degli alloggiamenti nel maschio aveva sicuramente una superficie maggiore e talvolta presentava un più alto numero di ambienti. Nel corso dei secc. 10° e 11° le torri su motta erano nella maggioranza dei casi imponenti costruzioni a pianta rettangolare dalle murature spesse, in cui venivano inseriti cammini di ronda e sistemi di scale, magazzini, pozzi e nicchie per uso militare. Le dimensioni erano m. 1525 ca., con un'altezza di m. 30; solitamente gli esempi a pianta circolare avevano il diametro di m. 15 circa.Il palazzo conteneva ambienti di rappresentanza su diversi piani. Spesso presentava un arredo artistico che prevedeva una muratura in conci finemente lavorati e finestre riccamente decorate (Münzenberg, 1165 ca.; Wartburg, 1170 ca.; Wildenburg nell'Odenwald, 1180 ca. e 1235). Al di sopra del pianterreno, leggermente infossato, in cui si trovavano ambienti a uso amministrativo e di servizio, erano ubicati la sala a una o più navate e gli ambienti di rappresentanza, spesso riscaldati e, in epoca romanica, accessibili attraverso una scalinata collocata all'esterno. Il secondo piano, raggiungibile con anguste rampe di scale interne o a chiocciola, oppure con scale esterne in legno o in pietra, ospitava la sala principale aperta da grandi arcate, utilizzata solo in estate perché non riscaldata. Nei c. di grandi dimensioni si trovava un edificio isolato con funzioni abitative, posto di solito nei pressi del palazzo o a questo connesso, definito, per la possibilità di essere riscaldato, sala del camino (Kemenate, Dürnitz). Tali ambienti nei c. più piccoli creavano, congiunti al palazzo, la zona abitativa di rappresentanza. Entrambi questi edifici non solo si affacciavano sulla corte con arcate finemente decorate, ma, come elemento orientato verso la campagna e tenendo conto dell'effetto a distanza, interrompevano anche la fascia superiore della cinta muraria. Le aperture gemine venivano ampliate fino a raggiungere la sequenza di otto sostegni. Sulla fronte che si affacciava sul cortile si trovavano il portale trilobato, archeggiature poste anche su più piani e scale esterne in legno o pietra, all'interno invece camini, cornici e nicchie riccamente decorati.La cappella nacque dall'esigenza di avere un ambiente per la celebrazione della messa all'interno del quartiere chiuso riservato agli alloggi del castello. A causa della relativa mancanza di spazio di alcuni c., la cappella era spesso molto piccola. Poteva trovarsi all'interno della sala, come sporto chiudibile con altare (coretto), oppure in un ambiente apposito all'interno del palazzo, come nei c. appartenuti all'Ordine teutonico, dove appare in forme grandiose. La cappella si poteva inoltre trovare nel maschio o in una torre della cinta, sebbene assai di frequente fosse collocata nella torre d'accesso con forme piuttosto complesse e addirittura a due navate. Negli esempi che si trovavano nelle torri l'altare era posto in uno sporto addossato. Nei c. di grandi dimensioni la cappella era collocata in edifici a sé stanti presso il palazzo oppure era isolata nel cortile come semplice chiesa ad aula con coro, anche con tribuna occidentale, oppure come cappella doppia, talvolta anch'essa con tribuna al piano superiore. In casi sporadici l'edificio si trovava nella bassa corte.Le costruzioni per i servizi agricoli, per l'amministrazione e per il bestiame, come anche la cucina con il grande camino, si addossavano nella maggioranza dei casi alla cinta delle mura e spesso erano costruzioni in Fachwerk; si potevano trovare tuttavia anche nella bassa corte. Per tutti i c. arroccati era di grande importanza il pozzo, che poteva essere scavato nella roccia fino a m. 110 di profondità o rivestito in muratura. Poteva trovarsi isolato, sotto torri poste anche all'esterno del perimetro (Reichsburg Trifels, 1200 ca.). Ad altitudini troppo elevate e in condizioni sfavorevoli di terreno era sufficiente una cisterna, ovvero un ambiente interrato in cui si raccoglieva l'acqua piovana.
Bibl.: O. Piper, Burgenkunde. Bauwesen und Geschichte der Burgen zunächst innerhalb des deutschen Sprachgebietes, München 19123 (1895; rist. anast. Frankfurt 1967); Die Kunstdenkmäler von Unterfranken & Aschaffenburg. XVIII. Bezirksamt Miltenberg, a cura di F. Malder, H. Karlinger (Die Kunstdenkmäler des Königreichs Bayern, 3), München 1917; B. Ebhardt, Der Wehrbau Europas im Mittelalter, I, Berlin 1939; II, Stollhamm 1958; F.V. Arens, Die Königspfalz Wimpfen (Denkmäler deutscher Kunst), Berlin 1967; R. Huber, R. Rieth, Burgen und feste Plätze. Der Wehrbau vor Einführung der Feuerwaffen/Châteaux-Forts et Places Fortes. L'architecture militaire avant l'introduction des armes à feu (Glossarium artis, 1), Tübingen-Strasbourg-München 1971 (19772); W. Hotz, Kleine Kunstgeschichte der deutschen Burg, Darmstadt 1972 (1979⁴); W. Bleyl, Der Donjon, Aachen 1973; H.K. Pehla, Wehrturm und Bergfried im Mittelalter (tesi), Aachen 1974; A. Antonow, Burgen des süddeutschen Raums im 13. und 14. Jahrhundert unter besonderer Berücksichtigung der Schildmauer, Bühl-Baden 1977; H.M. Maurer, Burgen, in Die Zeit der Staufer. Geschichte-Kunst-Kultur, cat., III, Aufsätze, Stuttgart 1977, pp. 119-128; U. Stevens, Burgkapellen im deutschen Sprachraum, Köln 1978; H. Hinz, Motte und Donjon. Zur Frühgeschichte der mittelalterlichen Adelsburg (ZArchM, Beiheft, 1), Köln-Bonn 1981; W. Hotz, Pfalzen und Burgen der Stauferzeit, Darmstadt 1981; W. Meyer, Burgen, München 1982; G. Binding, Architektonische Formenlehre, Darmstadt 19872 (1980), pp. 179-196.G. Binding
La parola inglese castle (dal lat. castellum) è entrata comunemente nell'uso nel sec. 11° e nei successivi, cioè dall'epoca della conquista normanna dell'Inghilterra in avanti; tuttavia, i c., come le residenze fortificate delle classi elevate laiche e del clero, si diffusero nelle Isole Britanniche sin dall'età altomedievale.Nel primo millennio dell'era cristiana le testimonianze relative all'architettura militare sono difformi e di difficile interpretazione. In Galles e in Scozia per es. le conoscenze relative al sec. 5° o al 6° sono maggiori di quelle del periodo dall'8° al 10° secolo. Nelle società celtiche i centri di potere militare, sociale ed economico erano spesso fortezze poste in cima a colline, secondo una consuetudine antica. Le conoscenze relative a queste regioni si basano su siti come quelli gallesi di Dinas Powis, Dinas Emrys, Deganwy, Dinorben e come quelli scozzesi di Dunadd, Dunollie, Mote of Mark. In Scozia, di tanto in tanto gli scavi rivelano altre residenze aristocratiche, come l'edificio del sec. 8°, cinto da palizzata, venuto alla luce sotto il più tardo c. medievale di Cruggleton, mentre dal sec. 10° si hanno prove documentarie dell'uso di alcuni siti, come quello di Edimburgo. Nel Galles, anche antiche roccaforti mantennero nel Medioevo la propria funzione: si trovano riferimenti a Tenby e Deganwy nelle fonti documentarie del 9° secolo. Si è supposto inoltre che alcune fortificazioni a terrapieno, come quelle di Mathrafal e Cwrt Llechryd, racchiudessero residenze principesche del sec. 10° (llys); è possibile che altri siti si trovino al di sotto dei più tardi c. normanni.Diversa era la situazione nell'antica Irlanda. Il paesaggio era dominato da migliaia di abitazioni fortificate a forma di anello, costruite in pietra (cashels) o in terra e legno (raths), che variavano enormemente per dimensioni e funzioni: le più grandi proteggevano le proprietà del re, mentre le più piccole erano semplicemente fattorie fortificate. I raths spesso hanno una lunga e complessa storia strutturale, essendo stati accresciuti più volte nel corso dei secoli. In alcuni casi essi vennero rialzati intorno al sec. 10°, così da non essere più distinguibili dalle motte dei secoli posteriori. Scavi nel Nord dell'isola a Gransha, Big Glebe e Deer Park Farms hanno rivelato la presenza di alti terrapieni. In alcuni luoghi, come a Rathmullan e Lismahon, raths locali irlandesi furono in seguito sopraelevati dai colonizzatori normanni e trasformati in motte. L'esistenza di raths rialzati indica che anche in Irlanda si stava diffondendo una tecnica simile a quella inglese e gallese, anteriormente alla conquista normanna.Non molti sono i documenti riguardanti le residenze reali (più numerosi sono quelli sulle città fortificate), sebbene talvolta vi siano descrizioni di avvenimenti bellici che rivelano come esse fossero comunque difendibili. Nel palazzo reale di Yeavering (Northumberland), del sec. 7°, la residenza del sovrano si trova all'esterno di una cinta in legno, mentre a Cheddar (Somerset) il palazzo reale, del sec. 9°-10°, era in parte racchiuso entro una palizzata in legno, ma non potentemente fortificato. Una fonte dei primi anni del sec. 11° indica come fosse usuale per i proprietari terrieri possedere una residenza fortificata (burh), tuttavia sono stati identificati ben pochi luoghi che confermino questo dato. Intorno all'anno Mille, a Goltho (Lincolnshire) e Sulgrave (Northamptonshire), abitazioni di grande prestigio erano fornite di fortificazioni in terra e legno. Queste furono ricoperte da opere successive e forse altri siti antichi di questo tipo attendono di essere scoperti sotto i c. normanni.Nel 1051-1052 i cortigiani normanni di re Edoardo costruirono alcune fortificazioni, principalmente nello Herefordshire, alle quali scrittori inglesi coevi si riferiscono come a castelas. La conquista dell'Inghilterra da parte del duca Guglielmo di Normandia, nel 1066, ebbe grande importanza nella storia della costruzione dei c. nelle Isole Britanniche. Le circostanze della conquista del loro territorio, in cui piccoli gruppi di armati combattevano in un ambiente ostile, favorirono sia una più ampia diversificazione sia una maggiore dimensione nella costruzione di castelli. I dati esistenti sembrano suggerire che l'edificazione di fortificazioni private, nella prima metà del sec. 11°, fosse più diffusa in Normandia (come in altre parti del Nord della Francia) che in Inghilterra. Dopo la guerra civile in Normandia, intorno al 1100, che fu un ulteriore stimolo alla loro diffusione, all'inizio del sec. 12° i c. erano numerosi sia in Inghilterra sia nella stessa Normandia.L'incremento nella costruzione dei c. normanni è ben documentato nelle fonti; inoltre centinaia di c. in legno sono ora attestati solo da terrapieni fortificati e non hanno una storia conosciuta. I primi c. furono costruiti nel Sud-Est, dove fu combattuta la campagna del 1066: Pevensey, Hastings, Dover e Londra. Altri furono eretti, man mano che il potere dei Normanni si estendeva, spesso nelle città un tempo appartenute ai Sassoni: Winchester, Exeter, York e molte altre. Il loro numero aumentò nel momento in cui i proprietari terrieri inglesi furono rimpiazzati da quelli normanni, bretoni e fiamminghi. Nel Domesday Book, il censimento dei beni del regno fatto redigere da Guglielmo il Conquistatore, ne sono menzionati ca. cinquanta, inclusi quelli di Okehampton e Launceston nel Sud-Ovest, Chester e Shrewsbury sul confine del Galles, Richmond nel Nord, Corfe e Carisbrooke nel Sud, Lincoln e Norwich nell'Est, Canterbury e Arundel nel SudEst, Stafford e Warwick nel Centro. In Inghilterra, quando i re normanni consolidarono il proprio potere e cominciarono a ricompensare i seguaci, furono costruiti o, più spesso, ricostruiti altri castelli. Lavori di grande importanza furono intrapresi da Guglielmo II a Carlisle e da Enrico I a Norwich. Ludlow (Shropshire; fine sec. 11°), Plympton (Devon; primi anni sec. 12°) e Castle Rising (Norfolk; metà sec. 12°) furono nuovi e importanti c. baronali. Old Sarum (Wiltshire), Rochester (Kent) e Farnham (Surrey) furono invece notevoli c. vescovili della prima metà del 12° secolo. Il fenomeno continuò a diffondersi sotto i re angioini (dopo il 1154) e i loro seguaci. Importanti opere della seconda metà del sec. 12° e del 13° furono portate a compimento da Enrico II a Orford e Scarborough, da Giovanni ed Enrico III a Dover (dove Enrico II aveva iniziato la ricostruzione di un più antico edificio), da Enrico III a York e Winchester e da Edoardo I a Londra. Nel sec. 14° Queenborough (Kent) era l'unico sito reale di nuova fondazione, ma la spesa di Edoardo III per la ricostruzione di Windsor fu di gran lunga più ingente. Sebbene i re tendessero a insistere su siti già esistenti, la nobiltà eresse numerosi c. nuovi o li ricostruì totalmente. Degni di nota furono Middleham, Conisborough e Framlingham (sec. 12°), Beeston e Launceston (sec. 13°), Restormel, Okehampton, Alnwick, Dunstanburgh, Warkworth, Goodrich, Maxstoke, Bodiam, Nunney e Bolton (sec. 14°).Negli anni immediatamente successivi al 1066 i Normanni avevano anche iniziato la conquista del Galles. Nel Sud c. apparvero a Cardiff e Chepstow, sul confine centrale a Montgomery, nel Nord a Rhuddlan e nell'Ovest a Pembroke. L'instabilità politica dell'area durò talmente a lungo che tra il sec. 12° e la fine del 13° furono costruite diverse centinaia di c., molti dei quali in legno. La regione era un insieme politicamente complesso: alla fine del sec. 11° lungo il confine inglese i conti di Chester, Shrewsbury e Hereford godevano di un'ampia autonomia; nei secc. 12° e 13° i conquistatori occuparono una posizione particolare e, ereditando i diritti di fortificazione dai loro predecessori gallesi, godettero di una grande indipendenza dai re inglesi e furono responsabili della costruzione della maggior parte dei castelli. Considerevoli esempi della loro committenza furono Kidwelly, Builth e Caerphilly. Anche i principi del Galles eressero numerosi edifici di questo tipo. Il c. di Welshpool era il centro del regno di Powys e i principi di Gwynedd avevano grandi c. a Dolbadarn e Dolwyddelan. I più famosi sono quelli fatti costruire da Edoardo I d'Inghilterra in seguito alla conquista alla fine del sec. 13° delle restanti parti del Galles indipendente: Flint, Rhuddlan, Conwy, Caernarvon, Harlech e Beaumaris sono testimonianza del più grande programma di incastellamento che un re britannico del Medioevo abbia mai portato a compimento.In Scozia i Normanni arrivarono nel sec. 12° non come conquistatori, ma in seguito all'invito dei sovrani scozzesi, che favorirono l'insediarsi di una nuova aristocrazia nelle loro terre per rafforzare il proprio potere. C. in legno si diffusero sempre di più, particolarmente nell'Ovest, dove maggiore era stata l'opposizione alla colonizzazione normanna. I c. erano diffusi ovunque, costruiti in pari misura dai re scozzesi, dai nuovi nobili normanni e dai proprietari terrieri locali. Fino al 1300 ca. i c. scozzesi si svilupparono come quelli inglesi e gallesi, non soltanto con motte ma anche con grandi torri, mura di cinta e porte fortificate (gatehouses). Le motte, di cui sopravvivono famosi esempi a Duffus, Inverurie e Invernochty, continuarono a essere in uso qui più a lungo che in Inghilterra e molte vennero utilizzate fino a quando, in epoca successiva, furono sostituite dalle case-torri. Tra gli esemplari più interessanti del sec. 13°-14° sono da ricordare Dirleton, Bothwell, Caerlaverock, Kildrummy, Tantallon e Rothesay. Dal sec. 14° le case-torri conobbero un'ampia diffusione; poste all'interno di piccole recinzioni, fornivano protezione ad ampi strati della popolazione, soprattutto tra i proprietari terrieri; tra questi, infatti, solo alcuni potevano permettersi un grande c. (per es., nel sec. 14°, Drum, Threave e Doune).In Irlanda l'insediamento frammentato dei coloni anglonormanni ebbe inizio nel 1169, diventando sempre più intenso nel corso del secolo. La costruzione di c. e l'instaurarsi di nuove signorie ne furono una conseguenza immediata. Come in Scozia e nel Galles, i c. di tipo anglonormanno vennero ben presto imitati dai proprietari terrieri locali, che ne mantennero le forme per tutto il Medioevo. C. in legno su motte furono numerosi, sebbene non diffusi uniformemente su tutto il territorio; famosi esempi sono Knockgraffon (contea di Kilkenny) e Dromore (contea di Down). Altri c. furono costruiti in pietra, come a Carrickfergus, Nenagh e Trim. Motte continuarono a essere usate fino al sec. 14°, al tempo in cui i c. in pietra con grandi torri, porte fortificate e cinte murarie erano numerosi. Ne sono esempi famosi Maynooth (contea di Kildare), Greencastle e Dundrum (contea di Down). Poi si diffusero le case-torri, talvolta costruite sopra un'antica motta, come a Clough (contea di Down), ma spesso in un nuovo sito. Il loro sviluppo probabilmente ebbe inizio nel sec. 14°, ma se ne conservano solo esempi del 15°, come Clara (contea di Kilkenny) e Bunratty (contea di Clare). Nel Nord esse presentano alcune caratteristiche tipiche delle torri scozzesi, probabilmente a causa di influssi derivanti dalla colonizzazione. Le case-torri irlandesi, come quelle scozzesi, venivano ancora costruite nel 17° secolo.La distribuzione dei c. è stata condizionata da motivi militari, politici, economici e di ordine abitativo. Alcuni c. occupavano una posizione strategica, per es. alla confluenza dei fiumi o sugli estuari. Nel Sud dell'Inghilterra la paura di un attacco da parte della Francia ne condizionò spesso l'ubicazione. La maggior parte dei c. si trovava nelle proprietà di campagna preferite dai loro proprietari; avevano scarsa importanza militare - sebbene sempre una potenziale capacità - e raramente furono utilizzati a scopo difensivo. Altri c. si trovavano nei centri urbani, costruiti per controllare una città già esistente o come parte integrante di una appena fondata.I c. costruiti nel corso dei secoli sul territorio delle Isole Britanniche presentavano ciascuno caratteristiche specifiche, sebbene si possano riconoscere anche stili regionali. Nel Sud-Ovest dell'Inghilterra erano molto comuni grandi motte e torri circolari in pietra, queste ultime diffuse anche nel Sud del Galles. Inoltre, nella maggior parte dei casi il c. non era frutto di un unico intervento costruttivo. A Portchester (Hampshire), per es., l'intero c. si trovava all'interno di un antico forte romano; un edificio del sec. 12° in pietra, poi rialzato come torre, prese il posto di una casa in legno del sec. 11°, mentre le abitazioni circostanti continuarono a crescere per secoli. A Castle Acre (Norfolk) gli scavi hanno portato alla luce una casa della fine del sec. 11° che fu trasformata poco alla volta, fino alla metà del 12°, in un c. fortificato. A Okehampton (Devon) il c. del 1100 ca., semplice e per uso militare, divenne nel 1350 ca. un c. complesso a uso residenziale.Si possono avanzare alcune ipotesi generali sull'evoluzione dei c. britannici, le cui strutture prevedevano una difesa per mezzo di una recinzione e/o una difesa per mezzo dell'altezza. La prima era ottenuta con la costruzione di terrapieni e palizzate in legno o di mura di cinta in pietra e fossati. La seconda veniva raggiunta attraverso l'utilizzazione di alti terrapieni (mottes), torrioni (keeps), porte fortificate e torri, anch'esse parti di cinte murarie. Si attuò un'ampia sperimentazione riguardante i mezzi di difesa, che raggiunsero il massimo dell'efficacia intorno al 1300, data dopo la quale la guerra fu dominata in misura minore dalle tattiche ossidionali. Purtuttavia i c. di epoca più tarda potevano essere inespugnabili. Alla fine del sec. 14° alcuni di essi rispondevano alle nuove esigenze presentate dall'uso dell'artiglieria ed erano aperti da feritoie per le armi da fuoco.Il generale miglioramento dei modelli residenziali ebbe grande importanza per i c., specialmente in Inghilterra. La progettazione degli spazi abitativi nei c. dei secc. 14°-15° rivela l'attenzione posta all'integrazione fra sicurezza e comodità dell'alloggio, mentre fino al Trecento appartamenti, cappelle e altri locali erano inseriti in strutture - come torrioni e porte fortificate - con importanti funzioni difensive.È possibile raggruppare entro categorie definite sia i c. normanni sia gli insediamenti posteriori. Tra i c. in legno alcuni erano costruzioni circolari, come a Lydford e Penmaen, con gli edifici difesi da terrapieni, palizzate e porte fortificate, altri comprendevano un alto terrapieno e un sottostante cortile recintato (bailey), il primo per una torre, il secondo per le abitazioni. Scavi a Hen Domen, nel Galles, hanno rivelato in tutti i particolari la struttura di un complesso di questo tipo e a Sandal hanno dimostrato come esso sia stato ricostruito in pietra. A Okehampton (Devon) e Farnham (Surrey) motte sostenevano torri in pietra, non in legno. Alcuni di questi siti erano molto estesi, come nel caso di Windsor, una motta regia con due cortili recintati. La pietra era usata per ampie recinzioni, come a Exeter, Richmond e Ludlow (Shropshire), la cui caratteristica dominante era una grandiosa porta fortificata con un'unica torre. Erano diffusi anche i ridotti, che si presentavano in varie forme: recinzioni in pietra (shell keeps) sulla cima di una motta, così come avviene a Carisbrooke e Cardiff; 'ridotti-residenza' (hall keeps), con uno sviluppo planimetrico orizzontale, come le torri di Londra e Colchester; 'ridotti-torre' (tower keeps), sviluppati in verticale, come Rochester (Kent) e Hedingham. Alla fine del sec. 12° i ridotti rettangolari mostrarono la propria debolezza davanti ai miglioramenti delle tecniche d'assedio; a essi fecero quindi seguito esperimenti con ridotti poligonali e circolari, come a Orford, Pembroke e Conisborough. Alcuni c. furono costruiti senza ridotto, specialmente nel sec. 13°, affidando la loro forza a più possenti ingressi guardati da due torri, a una cinta muraria più alta e a torri murali. Beeston e New Montgomery avevano una pianta di questo tipo; a Dover le recinzioni furono costruite intorno a un ridotto, creando una fortezza imprendibile. I c. del Nord del Galles, della fine del sec. 13°, erano i più fortificati in assoluto, talvolta con due cinte murarie concentriche (Beaumaris, Harlech), talaltra con due cortili pesantemente fortificati l'uno accanto all'altro (Conwy, Caernarvon). Nel sec. 14° la tradizione del ridotto continuò nelle torri, come per es. quelle di Nunney e Stafford. Altri c. erano dominati da grandi porte fortificate, come a Donnington e Llanstephan. I progetti più moderni di questo secolo, sebbene oramai la loro modernità si esprima nelle qualità abitative più che in quelle difensive, sono caratterizzati da piante con cortile quadrangolare, come avviene a Goodrich, all'inizio del Trecento, e a Bodiam e Bolton più tardi.
Bibl.: R.A. Brown, English Medieval Castles, London 1954 (19622); S. Cruden, The Scottish Castle, Edinburgh 1960; P. Faulkner, Castle Planning in the Fourteenth Century, AJ 120, 1963, pp. 215-235; The History of the King's Works, I-II, The Middle Ages, a cura di R.A. Brown, H.M. Colvin, A.J. Taylor, London 1963; D. Renn, Norman Castles in Britain, London 1973; B. De Breffny, Castles of Ireland, London 1977; A. Saunders, Five Castle Excavations. Reports on the Institute's Research Project into the Origins of the Castle in England, AJ 134, 1977, pp. 1-156; P. Barker, R. Higham, Hen Domen, Montgomery: A Timber Castle on the English-Welsh Border, London 1982; C. Platt, The Castle in Medieval England and Wales, London 1982; L. Alcock, The Archaeology of Celtic Britain, Fifth to Twelfth Centuries, in D. Hinton, Twenty Five Years of Medieval Archaeology, Sheffield 1983, pp. 48-66; J.G. Coad, Recent Work at Castle. Acre Castle, in Château Gaillard XI, "Actes du Colloque international, Karrebaeksminde 1982", Caen 1983, pp. 55-68; D.J.C. King, Castellarium Anglicanum. An Index and Bibliography of the Castles in England, Wales and the Islands, 2 voll., Millwood (N.Y.) 1983; R.A. Brown, Lo studio dei castelli medievali in Inghilterra, in Castelli, storia e archeologia, "Relazioni e Comunicazioni al Convegno, Cuneo 1981", a cura di R. Comba, A.A. Settia, Torino 1984, pp. 29-37; D. Johnson, The Irish Castle, Dublin 1985; C. Tabraham, Scottish Castles and Fortifications, Edinburgh 1986; G. Beresford, Goltho: The Development of an Early Medieval Manor, London 1987; M. Thompson, The Decline of the Castle, Cambridge 1987; A. Hamlin, C. Lynn, Pieces of the Past, Belfast 1988; R.A. Brown, Castles from the Air, Cambridge 1989; R. Higham, Timber Castles - A Reassessment, Fortress 1, 1989, pp. 50-60; J. Kenyon, Medieval Fortifications, Leicester 1990; N. Pounds, The Medieval Castle in England and Wales, Cambridge 1990; R. Higham, P. Barker, Timber Castles, London (in corso di stampa).R. Higham
Durante il Medioevo, lo sviluppo dell'architettura militare nei paesi nordici seguì a grandi linee quello del resto dell'Europa. Già nel sec. 11° venivano costruite fortificazioni in terra e legno, ma solo a partire dal 12° si iniziò a edificarne in pietra.In territorio danese le costruzioni militari sono, per lo più, i c.d. vannborger, circondati d'acqua o da fossati artificiali, mentre sull'isola di Bornholm (Danimarca) e negli altri paesi nordici si trovano in genere roccheforti, che utilizzano a scopo difensivo ripide formazioni montuose. Il tipo più antico è quello con torri di legno; costruzioni siffatte furono erette in Danimarca, Norvegia e Svezia verso la fine dell'11° secolo. Fra le prime fortificazioni in pietra con torri, edificate in Danimarca a partire dalla metà del sec. 12°, sono da ricordare Bastrup e Söborg in Sjaelland, entrambe con pianta circolare, mentre Taarnborg, a Korsör, che risale all'epoca di re Valdemar I (1157-1182), è a pianta rettangolare ed era circondata da un muro di cinta con andamento quadrato; le altre fortificazioni, invece, erano difese da palizzate di legno.A partire dalla fine del sec. 12° in Svezia vennero costruite opere di fortificazione turrite dello stesso tipo di quelle danesi: ne rimangono, per es., a Stoccolma (Tre Kronor), Kalmar, Borgholm e Stensö, presso Braaviken nell'Östergötland. Tra le opere di fortificazione sono da ricordare anche le c.d. chiese fortificate, che si presentavano come edifici a più piani o di pianta circolare, come per es. a Bornholm, o rettangolare come a Öland e nella zona intorno a Kalmar. A scopo difensivo si utilizzavano anche campanili fortificati, mentre sull'isola di Gotland numerose torri difensive furono costruite in collegamento con le chiese (Gammelgarn, Gothem, Fröjel, Lärbro).Sempre nel sec. 12° vennero erette mura di cinta fortificate che, in alcuni casi, racchiudevano edifici residenziali di tipo continentale. In Danimarca, Söborg II - costruito verso il 1150 con un muro di cinta poligonale intorno alla torre più antica - racchiudeva un palazzo e una cappella, edificati probabilmente sul modello dei palazzi tedeschi, come per es. quello di Goslar. Un'altra costruzione danese simile è la fortificazione circolare con torre centrale edificata dal vescovo Absalon nel 1167 a Copenaghen; altri esempi danesi di mura fortificate della fine del sec. 12° sono Vordingborg, Lilleborg a Bornholm e Kalundborg. In Norvegia i più antichi esempi di fortificazioni in pietra furono le mura di cinta fatte innalzare da re Sverre a Trondheim e a Bergen negli ultimi decenni del sec. 12°; gli unici resti conservati appartengono alla fortificazione di Trondheim, costruita sulla roccia, con un muro che segue il limite imposto dalla piattaforma della cima. Il lato di ingresso era fortificato da un mastio collegato a un'ala abitata lungo il muro. Un'analoga costruzione è quella di Haga (Hakoisten linna) in Finlandia.A partire dalla prima metà del Duecento furono edificate nei paesi nordici mura di cinta ad andamento più regolare. Uno dei primi esempi, Nyborg sull'isola danese di Fyn, presenta piccoli bastioni circolari aperti verso l'interno, senza possibilità di fiancheggiamento; verso E si trova una solida torre rettangolare sporgente, più antica delle mura; la costruzione contiene anche un palazzo. Ragnhildsholm in Norvegia - una piccola costruzione fortificata dello stesso tipo, posta sul confine e risalente al 1250 ca. - presenta un muro di cinta rettangolare, una solida torre sporgente e un avamposto che probabilmente fu aggiunto in un secondo momento. Una costruzione simile, ma più grande, è Hammershus sull'isola di Bornholm eretta nel 1250, che consiste in un regolare muro di cinta con una solida torre sporgente sulla porta di accesso. La costruzione fu ampliata a più riprese e divenne infine una delle più grandi fortificazioni dei paesi nordici.Intorno al 1250 fu costruita a Bergen la roccaforte di re Haakon Haakonsson, che non era un vero c., ma aveva comunque un muro di cinta e due masti. Il complesso comprendeva due grandi aule in pietra - una delle quali, l'od. Haakonshallen, ancora esistente - e un'imponente torre sporgente, costruita intorno al 1270 e organizzata sia per difesa sia per abitazione; in essa rimane anche una cappella. La torre medievale fu incorporata, nel Cinquecento, nella torre Rosenkrantz - ancora oggi conservata - utilizzata a scopi difensivi e abitativi.La costruzione di Akershus, presso Oslo, fu iniziata verso la fine del Duecento; aveva una struttura analoga a quella delle roccaforti già citate, anche se con molta probabilità il complesso fu edificato sin dall'inizio secondo un progetto più articolato. Il nucleo della costruzione era un muro di cinta fortificato con una torre di ingresso e un'imponente torre sporgente. Verso N e verso E, dove il c. era più vulnerabile, furono costruite una cinta più esterna e una o due torri di fiancheggiamento. Vi erano poi un'ala meridionale più esterna e, insieme al muro di cinta, un cortile esterno. A S di quest'ultimo si trovava l'entrata principale del c., con una torre di ingresso dotata di ponte levatoio e saracinesca. Caratteristica di Akershus è la presenza, all'interno delle mura, di corridoi di collegamento che si estendono dall'entrata principale fino all'ala settentrionale. Secondo gli studiosi, la complessa costruzione fortificata fu progettata ed edificata in un unico periodo.Baahus, costruito all'epoca del re di Norvegia Haakon V Magnusson (1299-1319) sulla frontiera con la Svezia e ora notevolmente modificato, sembra consistesse originariamente in un quadrilatero irregolare con torri d'angolo rettangolari interne al giro delle mura. L'ingresso sul fianco occidentale era fortificato con un'imponente torre, costruita simmetricamente a quella del lato opposto della cinta.Una costruzione danese simile ad Akershus era Kalö, edificata nel 1313 da re Erik Menved; anche in questo caso è presente un'imponente torre quadrangolare nel muro fra la fortificazione esterna e il c. principale; nell'angolo nordorientale di quest'ultimo vi era una torre di fiancheggiamento a pianta circolare.A Stoccolma intorno al 1250 fu eretto un nuovo sistema di mura difensive con al centro l'antica fortificazione di Tre Kronor; opere simili furono costruite a Nyköping e a Örebro.In Finlandia le più antiche costruzioni di difesa sono, oltre al già citato Haga, i c. turriti del Duecento, fra gli altri Raseborg e Viborg, entrambi della seconda metà del secolo. Quasi contemporaneamente furono erette le prime mura di cinta ad andamento regolare, per es. quelle di Turku (con due torri di ingresso) e Tavastehus.I primi c. nordici con torri di fiancheggiamento risalgono al 1300 ca.; gli esempi più antichi furono costruiti in Svezia, dove già alla fine del Duecento fu eretto il c. di Kalmar, con una cinta quadrangolare regolare e quattro torri d'angolo circolari, oltre a una grossa torre quadrata di ingresso orientale e una più piccola settentrionale. Anche le mura della città di Visby, sull'isola di Gotland, erano fornite di torri di fiancheggiamento.In Danimarca i c. con torri di fiancheggiamento vennero introdotti all'epoca di re Valdemar Atterdag (1340-1375). Il più noto è Vordingborg, poi ampliato con un muro di cinta, munito di torri semicircolari aperte verso l'interno, intorno a una torre centrale, la c.d. Gaasetaarn. Costruzioni simili si trovavano a Kalundborg e Helsingborg.Tönsberghus, in Norvegia, risale al sec. 12°; a quest'epoca si iniziò a costruire la fortificazione sulla cima di una rupe, presso la città di Tönsberg. Originariamente la costruzione era munita di un muro di cinta irregolare che seguiva il profilo della piattaforma rocciosa, con due masti di ingresso nei punti in cui l'accesso era più agevole. Sotto re Magnus Lagaböte (1263-1280) fu eretta intorno al punto più alto della rupe un'ulteriore cerchia interna di mura con un c. in mattoni. Nella costruzione si trovano inoltre una sala e una chiesa, le cui parti più antiche risalgono al 12° secolo. Nel corso della prima metà del Trecento il muro di cinta esterno fu rinforzato e provvisto fra l'altro di bastioni circolari di fiancheggiamento.Raseborg, in Finlandia, edificato seguendo il profilo della rupe su cui sorge, presenta struttura più regolare nel cortile con gli edifici; fu ampliato verso la fine del Trecento con una solida torre d'angolo circolare, per fiancheggiare due dei lati dritti del muro di cinta.Sempre nel Trecento vennero introdotte nei paesi nordici complessi rigidamente regolari di impianto quadrangolare - generalmente con quattro torri d'angolo - in cui i fabbricati formano i lati del quadrilatero. Uno dei primi esempi è Tavastehus, in Finlandia, che risale alla seconda metà del Trecento. In Svezia esempi di questa tipologia erano il c. di Stegeholm, presso Västervik, oggi distrutto, a cui mancavano un'ala di edifici e una delle torri d'angolo, e il c. di re Erik di Pomerania (1389-1442) presso Visby, sull'isola di Gotland; uno dei lati del c. era costituito dalle mura della città con due torri. Erik di Pomerania edificò anche Krogen, sull'Öresund, in Danimarca, nello stesso luogo in cui più tardi fu eretto il c. di Kronborg. La costruzione, che è stata parzialmente assorbita dall'od. Kronborg, era un quadrilatero regolare con un'unica torre settentrionale di ingresso sporgente. Un altro esempio danese di questo tipo di complesso è il c. del vescovo di Viborg, Spöttrup, completato intorno al Cinquecento.Oltre alle nuove tipologie di c., alla fine del Medioevo venivano ancora eretti torrioni fortificati di tipo tradizionale. Un noto esempio danese è il c.d. Kärnan, ancora esistente a Helsingborg sull'Öresund, costituito da una solida torre quadrata circondata da un muro, con una fortificazione esterna. Al contrario delle fortificazioni con torri del primo Medioevo, che erano c. esclusivamente difensivi, Kärnan era organizzato anche a scopi abitativi. Un altro esempio di fortificazione turrita tardomedievale danese è il c. vescovile di Gjorslev, in Sjaelland, con la torre centrale circondata da quattro ali di edifici disposti a croce.
Bibl.: E.J. Lundberg, Byggnadskonsten i Sverige under medeltiden 1000-1400 [L'edilizia svedese nel Medioevo 1000-1400], Stockholm 1940; A. Roussell, Danmarks Middelalderborge [C. medievali danesi], København 1942; G. Fischer, D. Fischer, Norske kongeborger [C. reali norvegesi], 2 voll., Oslo 1951-1980; A. Tuulse, Borgar i Västerlandet [C. in Occidente], Stockholm 1952; s.v. Borg, in Kulturhistorisk leksikon for nordisk Middelalder [Dizionario di storia culturale del Medioevo nordico], II, København 1957, coll. 119-138; W. La Cour, Danske borganlaeg [C. danesi], 2 voll., København 1972; H. Stiesdal, Die ältesten Dänischen Donjons, in Château Gaillard VIII, "Actes du Colloque international, Bad Münstereifel 1976", Caen 1977, pp. 279-286; R.A. Olsen, Danish Medieval Castles at War, in Château Gaillard IX-X, "Actes des Colloques internationaux, Basel 1978, Durham 1980", Caen 1982, pp. 223-236; N.K. Liebgott, An Outline of Danish Castle Studies, in Château Gaillard XII, "Actes du Colloque international, Karrebaeksminde 1982", Caen 1983, pp. 193-206.H.E. Lidén
Quando gli invasori musulmani, dopo l'arrivo nella penisola iberica a partire dal 711, occuparono le città che erano state sede di diocesi, le zecche e le piazzeforti militari, i primi rifugi delle forze cristiane del Settentrione furono probabilmente le grotte, utilizzate in modo temporaneo o permanente, come testimoniano i siti di Covadonga (Asturie), Sotoscueva (Castiglia), Viguera (Rioja) e Canalda (Catalogna). Più tardi, dove si presentò la necessità, si costruirono terrapieni fortificati, una tipologia di struttura difensiva che sopravvisse fino al Basso Medioevo, come stanno a dimostrare le pitture dell'abside della chiesa della Asunción di Alaiza (Province Basche). Tuttavia la natura montagnosa del territorio favorì soprattutto la costruzione di fortezze lignee sopra emergenze rocciose, come quelle di Viver (Catalogna), Luesia e Uncastillo (Aragona) e Islallana (Rioja), già utilizzate alla fine del 9° secolo. Sin dalla prima metà di questo secolo i musulmani cominciarono a costruire importanti fortificazioni come l'alcazaba di Mérida (835), l'alcazaba di Trujillo (Estremadura) e il sito fortificato di El-Vacar presso Córdova, che seguono modelli romani e bizantini. La pianta quadrangolare e le massicce torri albarranas sono gli elementi più caratteristici di queste prime fortezze musulmane. I c. andalusi di Tarifa (960) e Baños de la Encina (968) accolgono elementi innovativi come le torri vuote, il cui profilo si staglia ben visibile sopra i camminamenti di ronda della cinta. Anche le città lungo la frontiera settentrionale dei possedimenti musulmani furono fortificate come quelle, oggi in Castiglia, di Toledo, Vascos (la cui cinta muraria comprende una zuda - cittadella musulmana - ottimamente conservata) e Gormaz (965-966), Olite nella Navarra, Huesca in Aragona e Balaguer in Catalogna. Le frontiere erano protette anche da un gran numero di c., come quelli di Alberuela de Tubo, Gabarda e Tormos in Aragona, realizzati con pietra da taglio ben squadrata, o in piccoli massi e blocchi d'argilla, come nella serie di fortificazioni della costa orientale.Soprattutto nei contadi catalani e nel regno di Pamplona-Nájera, attraverso una serie di sperimentazioni, si verificò la grande evoluzione tecnica che portò alla tipologia matura del c. altomedievale. Il processo ebbe inizio con la costruzione di torri quadrate in blocchi d'argilla, come La Torsa (Catalogna) ed Enciso (Rioja). L'utilizzo di pilastri angolari, come in quest'ultimo caso, proseguì in opere successive, realizzate in conci legati da malta e con l'aiuto di un'intelaiatura lignea, quando questo tipo di pilastro non era stato ancora perfezionato, come a Tona (Catalogna) e a Peralta (Navarra). Le torri catalane di La Torsa e Tona sono le prime a presentare volte a botte sulle quali poggia la copertura a terrazza. Queste sperimentazioni resero possibile la costruzione, verso il 970, di torri quadrangolari più perfezionate, come quelle di Ardèvol e di Perecamps (Catalogna) o la Torre di Donna Urraca a Covarrubias (Castiglia) o, ancora, quella del monastero di Tábara (León). La Torre di Donna Urraca presenta un apparecchio lapideo di qualità, a piccoli conci, sconosciuto in Catalogna, con scala e latrina intramurali. La torre di Tábara è stata concepita con scala intramurale e bertesca lignea sommitale simile a quella di uno dei lati della torre di Arnedillo (Rioja).Soprattutto in Catalogna sono documentate le sperimentazioni che portarono alla realizzazione di torri circolari. In una prima fase, gli angoli delle torri assunsero forma arrotondata (Lloberola, Castellví de Rosanés), poi ne furono costruite alcune a pianta triangolare o poligonale, che subirono trasformazioni tendenti a smussarle mediante una sorta di incamiciatura (Santa Perpètua de Gaià, Subirats) e infine furono innalzate torri semiellissoidali (Gelida). Punto d'arrivo di queste sperimentazioni fu la torre circolare (Coaner, Fals, Vallferosa, Sant Pere de Ribes).In questo periodo le forze del potere laico e religioso dei contadi catalani introdussero nei propri c. le aulae (Gelida, Montbui, Artés) e, ancora nel sec. 10°, fu creato il palazzo con cinta turrita (Sant Feliu de Guíxols, Corneillà-de-Conflent, Codalet). In definitiva, l'architettura dei regni peninsulari aveva già creato tutte le tipologie che furono applicate successivamente nelle strutture difensive medievali e si può così affermare che il sec. 10° fu il più significativo per l'evoluzione dell'architettura militare in Spagna e Portogallo.All'inizio del sec. 11° i maestri lombardi nobilitarono le conquiste tecniche conseguite dai Catalani in materia di architettura militare mediante l'introduzione di un apparecchio lapideo di notevole qualità. L'eterogeneità dei modelli architettonici assunti prova, però, l'assenza di tipologie a loro proprie. Tali maestranze lombarde realizzarono a Llordà (Catalogna) un domicilium e nel territorio del futuro regno di Aragona costruirono c. completamente diversi tra loro; a Fantova innalzarono una torre circolare coperta da volta a crociera al primo livello e dotata di scala intramurale che dava accesso a un piano da cui si passava ai due livelli superiori, muniti ciascuno di bertesche lignee; ad Abizanda ricostruirono una grande torre distrutta dai musulmani che era coronata da una bertesca continua e alla quale aggiunsero una latrina; a Samitier dettero inizio a una torre a pianta esagonale; a Loarre crearono un ambizioso c. composto da un recinto, in cui trovavano posto l'aula, la cappella, le cucine e un 'quasidonjon', in posizione prossima alla cinta come una torre albarrana, che disponeva di un focolare completo di camino e di una latrina ed era protetto nella parte superiore da bertesche lignee. Con una tecnica muraria simile a quella lombarda furono costruiti numerosi c., come quelli di Santa Oliva, Boixadors, La Manresana, Mur (Catalogna), Viacamp, Luzás, Boltaña e Marcuello (Aragona).Naturalmente non tutti i c. costruiti ex novo nei secc. 11° e 12° accolsero queste innovazioni, come appare evidente nel caso delle fortezze di Vilves (Catalogna), Obano, Sibirana (Aragona), Arellano (Navarra), Torres de Oeste (Galizia) - che difendeva e controllava l'accesso dal mare a Santiago de Compostela - e Arnóia, in Portogallo. Fino all'ultimo quarto del sec. 11° non mancarono comunque esperimenti innovativi che, tentando di imitare il modello del donjon, cercarono tuttavia di ampliare la superficie abitabile della torre principale, come mostrano i c. di Biel (Aragona) e quelli portoghesi di Guimarães (Minho), Tomar (Ribatejo) - con la sua cappella rotonda che ricorda il Santo Sepolcro gerosolimitano -, Pombal (Beira Litoral) e Almourol (Ribatejo).Il fenomeno della Reconquista portò a un'unificazione delle tipologie architettoniche difensive: infatti i cristiani ricostruirono alcuni c. musulmani riedificandoli sulle loro stesse rovine secondo modelli primitivi, come si osserva all'Almudaina di Palma di Maiorca e a Montearagón, Sádaba (Aragona) e Olite (Navarra). Tuttavia l'architettura militare islamica non cessò nel sec. 11° di continuare la propria evoluzione: mentre per es. nella Aljafería di Saragozza si riprese l'antico modello omayyade, integrandovi la torre del Trovatore (sec. 10°), le parti di questo stesso periodo dell'alcazaba di Malaga dimostrano un notevole progresso tecnico per il loro sistema a doppia cinta.Durante il regno di Dionigi (1279-1325) fu costruita buona parte dei c. medievali del Portogallo. Questo importante gruppo di fortezze si caratterizza per l'imponenza della torre principale e il notevole sviluppo della cinta, in cui si integrano a loro volta torri minori. Il profilo di questi c. è completato da merli alternati a feritoie; le superfici sono caratterizzate da sporti e da alcune porte e finestre di aspetto chiaramente gotico. Meritano particolare attenzione i c. di Montalegre (Trás-os-Montes), Linhares, Sabugal (Beira Alta) - che presenta la particolarità di un donjon pentagonale -, Belmonte, Monsanto (Beira Baixa), Leiria (Beira Litoral), Mãrvao, Portalegre e Monsaraz (Alto Alentejo).L'influsso dell'architettura militare del regno di Francia si manifesta alla fine del 13° secolo. In alcuni monumenti furono ripresi i modelli francesi con straordinaria fedeltà sia nelle tipologie delle torri sia nella concezione generale delle fortezze. La torre di Cotte (Andalusia), costruita intorno al 1285, presenta una pianta tetraconca all'interno e all'esterno, con scala intramurale che conduce alla terrazza, elementi che ricordano per es. la Tour Guinette di Etampes. Il c. di Mesones de Isuela (Aragona), con la sua cinta romboidale affiancata da sei torri circolari all'esterno e poligonali all'interno e dotate di scale intramurali, riproduce un modello formatosi durante il regno di Filippo Augusto.Nell'arte spagnola di epoca gotica non sono mancati modelli squisitamente originali, tra i quali si distingue il c. di Bellver (Maiorca), costruito all'inizio del sec. 14° per volere del re Giacomo II (1243-1311), che Sancio I (1311-1324) trasformò in residenza estiva. L'opera, progettata probabilmente dall'architetto reale Ponç Descoll, fu portata a compimento da Pere Salvat. Il complesso, di pianta circolare, un tempo protetto da un fossato, comprende un cortile centrale di uguale forma e consta di due piani che si aprono sul cortile con loggiati. Quattro torri sono situate ai limiti di due diametri ideali, tra loro perpendicolari, tre sono addossate al corpo rotondo mentre una ne è staccata. La circonferenza è divisa in otto parti uguali da quattro piccole torri complementari. La sua armoniosa struttura geometrica, con chiari precedenti in c. medievali continentali e insulari, probabilmente suscitò grande ammirazione, come dimostra il c. di Montaner nel Béarn (Francia), che ne costituisce una versione ridotta.In ambito islamico, nella porta della Giustizia dell'Alhambra di Granada, principale c. di epoca nasride, si arrivò al più alto grado di perfezione nella tipologia della porta 'a gomito'. Le ultime sperimentazioni furono inoltre dirette a migliorare le torri residenziali mediante l'aumento delle dimensioni e del numero degli ambienti (La Calahorra di Gibilterra, 1342-1344), che ebbero ricca decorazione (torre di Comares nell'Alhambra di Granada). L'esempio più complesso, con cortile interno, è costituito dalla torre della Cautiva (Granada, Alhambra).Il c. di Valderrobres (Aragona), costruito intorno al 1400, rappresenta il più chiaro tentativo operato dalla Corona di Aragona di sostituire al c. il palazzo urbano. Le fortezze di Arévalo, Peñafiel e il c. di San Servando di Toledo (Castiglia) preludono ai grandi palazzi fortificati reali e nobiliari castigliani del sec. 15°, che costituiscono gli ultimi esempi di costruzioni fortificate medievali nella penisola iberica.
Bibl.: P. Araguas, Les châteaux des marches de Catalogne et Ribagorce (950-1100), BMon 137, 1979, pp. 205-224; J.F. Esteban Lorente, F. Galtier Martí, M. Garcia Guatas, El nacimiento del arte románico en Aragón, Zaragoza 1982, p. 49; B. Cabañero Subiza, De las cuevas a los primeros castillos de piedra: algunos problemas del origen de la castellología altomedieval en el norte peninsular, Turiaso 6, 1985, pp. 165-188; B. Cabañero Subiza, F. Galtier Martí, Los primeros castillos de la frontera de los Arbas y el Onsella. Problemas metodológicos, Boletín del Museo e Instituto "Camón Aznar" 20, 1985, pp. 59-85; F. Galtier Martí, Les châteaux de la frontière aragonaise entre le préroman et l'art roman. Lignes de recherche, Les Cahiers de Saint-Michel de Cuxa 17, 1986, pp. 197-235; J. Gil, Os mais belos castelos e fortalezas de Portugal, Lisboa 1986; B. Cabañero Subiza, Los castillos catalanes de los siglos IX y X: problemas de estructuras y técnicas constructivas, CARB 34, 1987, pp. 85-117; F. Galtier Martí, ''O turre tabarense alta et lapidea...''. Un saggio d'iconografia castellologica sulla miniatura della Spagna cristiana del secolo X, ivi, pp. 253-289; id., Les châteaux lombards de l'Aragon, à l'aube de la castellologie romane occidentale. La tour ronde, Les Cahiers de Saint-Michel de Cuxa 18, 1987, pp. 173-206; A. Bazzana, P. Cressier, P. Guichard, Les châteaux ruraux d'al-Andalus. Histoire et archéologie des Ḥuṣūn du Sud-Est de l'Espagne, Madrid 1988; F. Valdés Fernández, Arqueología de al-Andalus de la conquista áraba a la extinción de las primeras taifas, in Historia General de España y América, a cura di V.A. Alvarez Palenzuela, III, Madrid 1988, pp. 545-617; B. Cabañero Subiza, La defensa del reino de Pamplona-Nájera en el siglo X. Materiales para el estudio de su evolución castellológica, La Marca Superior de al-Andalus y el Occidente cristiano, Huesca 1988.F. Galtier Martí
Nell'Europa centrale e orientale la forma primitiva originale del c. era costituita dal gorod, fortificazione in legno e terra tipica degli insediamenti slavi altomedievali. Il termine slavo gord (indoeuropeo ghor-dho-s 'posto recintato') dall'inizio ca. del sec. 9° sta alla base di diverse varianti nelle lingue slave (gard presso gli Slavi della riva sinistra della bassa Elba; grod, hród, gród presso i Polacchi e i Serbi della Lusazia; grad, hrad presso i Cechi e gli Slovacchi).Nel Medioevo i derivati di gord in varie lingue slave significavano non solo 'posto recintato, fortificato' ma anche luogo di produzione e di scambio di tipo protourbano e urbano. In certe regioni, site per es. sul Baltico e in Russia, gorod veniva anche concepito come civitas, nel senso di comunità cittadina la cui economia era basata sul lavoro di liberi agricoltori e artigiani e il potere esecutivo costituito da un'assemblea popolare (Zernack, 1967; Leciejewicz, 1991). Nella parte occidentale dei territori slavi, tra la Vistola, il Danubio e l'Elba, Herrmann (1973; 1974) individua complessivamente ca. tremila siti, di cui duemila all'interno dei confini dell'od. Polonia, tra i seicento e i settecento in Germania e ca. trecentoventi tra la Rep. Ceca e la Rep. Slovacca. Kuza (1983; 1985) analizza ottocentosessantadue gorod databili dal sec. 9° al 13° sul territorio slavo orientale. I tentativi di una divisione cronologica d'insieme dei castra slavi occidentali assumono solo un valore relativo. La divisione più diffusa è quella in tre gruppi cronologici degli insediamenti castrensi: castra a carattere tribale dei secc. 6°-7° e 8°-9°; castra protostatali del sec. 9°-10° e castra legati alle strutture statali, formatesi in genere a partire dal 10° secolo.
Lo sviluppo dei grandi centri fortificati in Moravia (Stare Mesto-Velehrad, Mikulčice, Pohánsko), Slovacchia occidentale (Nitra, Bratislava) e Boemia (Přistoupim) è legato alle strutture statali della Grande Moravia (sec. 8°-9°). Le invasioni magiare determinarono la fine dello sviluppo di questi centri protourbani del tipo 'vescovile' (Plaček, Procházka, 1986) o 'signorile' (Gieysztor, 1968), caratterizzati da una grande concentrazione dei beni e dei commerci. La caduta della Grande Moravia all'inizio del sec. 10° contribuì al verificarsi di profondi mutamenti politici ed economici, che ebbero come centro la Boemia.Nell'ambito delle singole regioni si formarono nei secc. 10°-11° i centri di insediamento (castra con suburbia) che progressivamente affermarono il proprio dominio su quelli minori. Libice degli Slavnikidi, con la sede principesca, una chiesa e una zecca, ne rappresenta un esempio del 10° secolo.Nel sec. 11° una parte rilevante dei centri urbani più importanti della Boemia divenne sede dei castellani ducis posti a capo dei singoli distretti. Nello stesso tempo si può osservare l'apparire, intorno ai castra, di una rete di villaggi di servizio abitati da gruppi di ministeriales addetti a prestazioni o servizi specializzati.In Moravia, i più importanti centri urbani del sec. 11°-12°, contrariamente a quelli del 9°, non furono più situati sul fiume Morava, ma più verso O, all'interno del paese. Nel Nord il centro più importante era Olomouc, sede vescovile; nel Sud Brno e Znojmo. Gli insediamenti principali divennero centri castellani e sulla Morava, nelle vicinanze dei vecchi centri, si formarono castra castellani corrispondenti. Così Břeclav assunse le funzioni di Pohánsko, Hodomin di Mikulčice, Spithynev di Stare Mĕsto. Nella Slovacchia occidentale, appartenente allo stato ungherese, Nitra continuò a essere centro amministrativo (sede del comitato) e alla fine del sec. 11° tornò sede vescovile.Fino al sec. 12° prevalsero i castra del Burgwalltypus, costruiti in legno e in terra, spesso rivestiti, in parte, di pietre (per es. Praga, Stará Kouřim, Libušin, Libice, Levý Hradec). La svolta avvenne negli anni trenta-quaranta del sec. 13°, quando i nuovi castra sostituirono i precedenti gorod castellani con il loro sistema di villaggi di servizio circostanti. Un istruttivo esempio di queste trasformazioni è offerto dalla Moravia. Plaček e Procházka (1986) hanno dimostrato che i primi castra con architetture civili in pietra poggiavano quasi tutti su impianti di precedenti fortificazioni. Tra i più antichi esempi è la torre in pietra di Olomouc, che limita la zona signorile ricostruita dopo un grande incendio verificatosi nel 1204. A qualche decennio più tardi è datato un donjon cilindrico di Břeclav, ispirato alle forme dell'architettura dei tempi di Filippo Augusto, all'inizio del sec. 13°, mentre Usov è l'unico esempio in Moravia di c. di tipo francese (Goš, 1985). La torre ottagonale di Znojmo rappresenta probabilmente il più antico battifredo di Moravia, se può confermarsene la datazione al 1220.I gorod nobiliari conservarono fino all'inizio del sec. 13° le caratteristiche dei secoli precedenti. Successivamente anche i proprietari più potenti si servirono di opere semplici, costruite soltanto in legno e in terra battuta, munite di motta. L'uso della muratura, del tutto eccezionale negli anni trenta del sec. 13°, si nota di regola solo nel caso di nuove costruzioni (Starý Jičin) e diventa più frequente negli anni quaranta e cinquanta.Insediamenti slavi fra l'Elba e l'Oder
Fra i numerosi castra a carattere tribale è tipico quello di Feldberg (distr. Neustrelitz), esteso gorod (ha 2 ca.) per la maggior parte coperto dalle case abitate da una popolazione valutata in 600-1200 individui, analogamente a quanto avveniva nel contemporaneo recinto fortificato di Kędrzyno sul Baltico, in Pomerania occidentale (Leciejewicz, 1991). Tali castra di popolamento erano centri di culto (per es. a Feldberg, al di fuori del recinto fortificato, si trovano resti probabilmente di un tempio) e di organizzazione di una piccola regione tribale, identificabili con ogni probabilità con le civitates citate, già nel sec. 9°, nella Descriptio civitatum ad septentrionalem plagam Danubii. Un insediamento di scala molto più ridotta (presumibilmente di ca. 300 abitanti) è stato messo in luce a Tornow, in Lusazia.Nella prima fase (secc. 7°-8°) l'insediamento di Tornow era composto da otto masserie appartenenti probabilmente ciascuna a una grande famiglia e affiancate da un castrum di rifugio (Herrmann, 1966; 1973). Comune a questi insediamenti era il fatto di essere abitati da comunità rurali in cui non si può ancora notare una differenziazione sociale (Herrmann, 1974; Struwe, 1981; Fehring, 1987). Solo alla fine di questa fase, accanto ai castra con funzioni principalmente di rifugio, di culto o di primitiva organizzazione politica del territorio, ne apparvero anche altri di dimensioni ridotte, legati con ogni probabilità agli inizi del processo che condusse all'affermazione di un ceto sociale superiore. L'esempio più significativo di queste tendenze viene di nuovo offerto da Tornow: il precedente castrum di rifugio fu sostituito, agli inizi del sec. 9°, da un recinto fortificato molto ridotto; l'interno, che ha un diametro di m. 25, con un edificio centrale circondato tutto intorno da costruzioni addossate al recinto e adibite a magazzini e a servizi, poteva accogliere oltre al signore solo una quindicina di guerrieri. D'altra parte si osservano anche tendenze all'ampliamento della superficie fortificata con l'aggiunta dei suburbia destinati, per buona parte, a diventare città.Gli inizi della vita urbana intorno ai castra sono attestati parallelamente nella regione serbo-lusaziana, in quella veletoruggiana e nella obodrita. Nell'ambito della prima, in ventuno delle ventitré località nominate nelle fonti del sec. 11°-12° come civitas o urbs, sono stati identificati, in sede archeologica, estesi gorod. Lipsia (urbs Lipzi all'inizio del sec. 11°), per es., era un centro complesso, composto da un castrum, un suburbium e un quartiere a carattere mercantile. A Budyšin (ted. Bautzen), intorno al castrum che si trovava sul luogo del più tardo c. di Ortenburg sorse un esteso suburbium. Liubusua, uno dei centri tribali lusaziani, identificato di recente con il grande castrum di Luckau (Freesdorf), è qualificato come tale da Thietmar (Chronicon, VI, 59).Nel Sud del territorio veleto è significativo lo sviluppo di Brenna-Brandenburg, capoluogo degli Havelani e luogo di culto di Triglav.Il centro più importante dei Redari fu Radogoszcz, descritto da Thietmar: "Est urbs quaedam in pago Riedirierum Riedegost nomine, tricornis ac tres in se continens portas"; all'interno c'era un tempio in legno con le statue degli dei pagani "quorum primus Zuarasici dicitur et pre caeteris a cunctis gentilibus honoratur et colitur" (Chronicon, VI, 23). Non è chiaro se Radogoszcz, che appare nella relazione di Adamo di Brema (Gesta Hammaburgensis ecclesiae pontificum, II, 21) come civitas vulgatissima Rethre, fosse un centro a carattere protourbano o invece, come suggerisce Labuda (1967), un luogo di culto popolato solo durante le cerimonie religiose; poiché inoltre finora il sito non è stato identificato, non si sa neppure se vicino al tempio vi fosse un centro fortificato a carattere politico. Radogoszcz, distrutta nel 1068 dai Tedeschi, era comunque ancora attiva probabilmente fino agli inizi del sec. 12°, ma il centro di culto pagano più importante per gli Slavi sul Baltico divenne Arkona sull'isola Rughia, come attesta anche la scoperta del tempio Gross Raden (Schuldt, 1985). Gli scavi hanno messo in luce anche due centri di minori tribù velete, in cui si è conservata in modo straordinario l'architettura in legno: Teterow e Behren-Lübchin.Sul territorio della federazione obodrita, nel processo di insediamento dei secc. 10°-11°, si nota la tendenza a sostituire i piccoli castra locali con agglomerati più grandi che svolgevano la funzione di centro tribale. A Racibór (ted. Ratzenburg) al posto di tre castra minori fu eretto un unico grande gorod. A Stargard (ted. Oldenburg) in Holstein ebbe luogo, entro gli inizi del sec. 10°, un ampliamento della superficie occupata dalla fortificazione, fino a raggiungere ha 4 circa. Le dimensioni, il denso tessuto di abitazioni, l'esistenza di una necropoli di nobili risalente al sec. 10° sembrano riflettere la sua funzione di centro tribale e luogo di culto dei Vagri. A Stargard si riferisce probabilmente la notizia riportata da Vitichindo di Corvey (Rerum gestarum Saxonicarum, III, 68) secondo cui in un castrum centrale dei Vagri fu presa un'immagine di Saturno fusa in rame. Dopo il 968 il castrum divenne sede vescovile, probabilmente quale centro delle missioni dirette su tutto il territorio degli Obodriti. Lubecca (Alt-Lübeck), le cui origini risalgono al sec. 9°, alla metà dell'11° divenne sede del principe obodrita Enrico (1093-1127), con un castrum come centro militare, religioso e sede principesca, un suburbium a carattere artigianale e, al di là del fiume Trave, una colonia mercatorum (Struwe, 1981; Fehring, 1987).
Anche se i primi recinti fortificati risalgono al sec. 6°-7° (Szeligi in Masovia; Chaćki in Podlasie), una facies più articolata di castra è databile all'8°-9° secolo. In quel periodo il castrum comincia a distinguersi dall'insediamento aperto, rurale, sia per la superficie, sia per il potenziale demico, sia pure per le funzioni specifiche. Nella Polonia meridionale, sul territorio dei Vistolani, grandi centri fortificati, come per es. Stradów e Cracovia nelle sue prime fasi di sviluppo, sono paragonabili per molti aspetti sociotopografici a quelli della Grande Moravia; meno chiaro invece è il carattere economico di alcuni altri centri (per es. Chodlik nella Piccola Polonia). Oltre ai castra di popolamento abitati costantemente, esistevano recinti fortificati adibiti a rifugio temporaneo (Niewiadoma in Masovia). I piccoli castra solidamente fortificati, spesso di superficie inferiore a ha 0,10, sembrano formare una categoria funzionale a parte (Kobyliński, 1988). Nel sec. 9°-10° il numero complessivo di siti fortificati diminuì rispetto alla fase precedente. I castra cominciavano a essere, sempre di più, centri del potere. La costruzione di piccoli nuclei fortificati è indice del fatto che molti di essi svolgevano solamente una funzione militare. Nel contempo apparve nel paesaggio culturale polacco una nuova forma di insediamento che sarebbe diventata presto dominante: il castrum sede signorile e centro militare, accanto al quale venne a concentrarsi, in uno o più sobborghi, la popolazione. Con lo sviluppo, nei suburbia, della produzione artigianale, dei servizi e del commercio, questi centri complessi erano destinati ad assumere per primi carattere urbano, nel sec. 9° nelle zone economicamente più attive (per es. sul territorio dei Vistolani e sul Baltico), nel sec. 10°-11° in altre aree dello stato polacco.Le prime capitali, Gniezno, Poznań e Kruszwica, e inoltre centri come Breslavia, Cracovia, Sandomierz, Stettino, Wolin, Kołobrzeg e Danzica, appartengono a castra grandi e ben documentati sia dalle fonti scritte sia dall'archeologia. Nell'ambito di questi centri complessi si andava definendo una netta divisione sociale. Il gorod come centro del potere, con le sue funzioni politiche, militari, amministrative, giuridiche e culturali, costituiva un ambiente chiuso, accessibile solo all'élite. Qui soggiornava temporaneamente il principe con la corte e le milizie e fra gli altri vi risiedevano ecclesiastici e castellani. Il podgrodzie ( suburbium) costituiva invece il centro dell'attività produttiva e commerciale; nel tempo, però, vi si svilupparono anche dimore signorili e luoghi di culto accessibili a tutta la popolazione. Il suburbium era spesso munito di un fossato e di un terrapieno aggiunti al castrum e formava con esso un unico complesso dalle capacità difensive potenziate.A partire dai secc. 11°-12° e, soprattutto, nei due successivi, si conferma nei territori a E dell'Elba l'esistenza di piccoli c. muniti di una motta artificiale, innovazione importante presente a N delle Alpi già nei secc. 10° e 11° (Hinz, 1981). Anche se mancano finora dati completi per tutte le regioni della Polonia, una particolare concentrazione di motte si riscontra in Slesia (ca. 400) e nella Grande Polonia (144). Nella Polonia centrale finora ne sono state registrate quaranta, mentre nella Pomerania occidentale una dozzina. Tali dati archeologici ancora incompleti possono essere integrati dallo studio dei toponimi derivati da słup ('palo'), utilizzato nei documenti per definire una casa-torre, come forma abituale di dimora nobiliare di proprietari terrieri nel corso dei secc. 13°-14° (Kiersnowska, 1972). La prima descrizione pervenuta di tale tipologia risale al 1480: "In Sarnowo est fortalicium, in qua domus dicta Slupp cum celario quod vocatur thesaurus" (Metryka Koronna; Varsavia, Arch. Główne Akt Dawnych, M.K. 9, c. 126v), ma vi si riconoscono ancora elementi caratteristici dei piccoli insediamenti nobiliari dell'epoca precedente: domus fortificata definita come słup per l'altezza e per la forma, abitabile nella parte elevata e munita di un celarium (spazio di servizio, deposito, dispensa, ecc.).Questa organizzazione dello spazio, confermata da altre fonti scritte, in cui si nomina anche la motta, mostra una sorprendente convergenza con le scoperte dei resti delle torri in legno munite di motte artificiali (Piekary presso Tyniec; Santok alla confluenza dei fiumi Noteć e Warta; Siedla̢tkowo sulla Warta; Orszymów presso Płock; Plemięta e Bachotek nella Terra di Chełmno).La torre costruita con l'impiego di legname, qualche volta con il basamento di pietre consolidate con argilla, era diffusa in buona parte del territorio polacco nei secc. 13°-14° come forma di dimora signorile. Tale torre munita di motta artificiale e difesa da terrapieni e fossati, altimetricamente differenziata da altre strutture, era tipica dei ceti medi della nobiltà di campagna.Nel corso del sec. 13° e all'inizio del 14° si osserva anche la costruzione di torri in muratura, in genere fondazioni principesche e signorili. La provincia dove se ne è conservato il maggior numero è la Slesia. Una torre a pianta rotonda o rettangolare era spesso il primo elemento in muratura nell'impianto di c. più complessi. Case-torri si trovavano anche entro semplici recinti fortificati; tra i ca. venti esempi finora conservatisi, il più significativo sembra essere la torre di Siedlęcin nella valle del Bobr in Slesia (Guerquin, 1974).Poco conosciuti e poco studiati sono i c. dei Templari (Chwarszczany, Rurka, Czaplinek), chiamati in Pomerania occidentale da Władysław Odonic nel 1232, e i primi c. dei Giovanniti (Radacki, 1976). Un problema a parte è costituito dalle origini dei c. dell'Ordine teutonico, al quale nel 1228 Corrado, duca di Masovia, concesse la Terra di Chełmno. La successiva conquista della Prussia (1283), della Pomerania Polacca (1309) e la creazione dello stato teutonico portarono, nella seconda metà del sec. 13°, alla fondazione di numerosi c. il cui impianto riflette spesso quello dei castra slavi o prussiani che ne furono alla base (Toruń, Bierzgłowo, Pokrzywno).Tra il 1320 e il 1410, con il rinnovamento del regno, per meglio difendere le frontiere e per motivi di amministrazione interna, i castra - come pure i sobborghi cittadini formatisi fuori dei recinti fortificati - vennero muniti di fortificazioni più solide. Ciò avvenne in particolare a opera di Casimiro il Grande (1333-1370), di cui dice Giovanni di Czarnków nel Chronicon: "Has omnes civitates et castra muris fortissimis, domibus et turribus altis, fossatis profundissimis aliisque propugnaculis circumdedit". Si ritiene che durante il solo regno di Casimiro il Grande fossero stati eretti ca. ottanta c., una parte dei quali era dislocata lungo le frontiere con l'Ordine teutonico e con la Boemia. Dopo l'unione con la Lituania (1386), gli Iagelloni costruirono c. anche sulla frontiera orientale, a difesa dagli Ottomani e dai Tartari. La maggior parte dei c. fu però eretta all'interno del paese nelle regioni più popolate ed economicamente avanzate, nella fascia che si estende dalla capitale a Cracovia, fino alle terre della Grande Polonia e della Cuiavia.
I più antichi gorod russi risalgono al 6°-8°secolo. La Descriptio civitatum ad septentrionalem plagam Danubii descrive negli stessi termini le civitates sia delle tribù slave orientali sia di quelle occidentali. In ambedue i casi si tratta delle unità territoriali la cui base era costituita da una rete di insediamenti fortificati.Nell'organizzazione del territorio, oltre ai gorod di rifugio, che servivano per la popolazione di un gruppo di insediamenti aperti, esistevano anche castra di popolamento abitati continuativamente, alcuni dei quali svolgevano la funzione di centri tribali. Ai più antichi appartiene quello di Zimne, presso Włodzimierz in Volinia, la cui datazione al sec. 6°-7° sembra ormai essere confermata (Aulich, 1970). Si trattava di uno dei centri tribali dei Dulebi ed era il luogo di culto e delle assemblee della popolazione vicina. Un gruppo particolare, nel bacino dei fiumi Dnepr e Dvina occidentale, è costituito dai recinti fortificati abitati non continuativamente ma adibiti a specifiche funzioni religiose, risalenti ai secc. 5°-7° (Tretjakov, Šmidt, 1963; Sedov, 1982). Un esempio di questo tipo di sito, con una leggibile organizzazione dello spazio sacrale, si trova nel gorod di Tušemla, nella regione di Smolensk. Meno chiare sono invece le funzioni dei gorod nel territorio dei Drevljani, annotati dalla Cronaca di Nestor (in Povest' vremennych let, 1916). Le ricerche archeologiche indicano che si tratterebbe di recinti fortificati, sedi dei signori territoriali: principi locali o 'uomini migliori' con le loro famiglie. A partire dal sec. 9° una descrizione dei castra non può prescindere dal ruolo militare e politico dei Vareghi, la cui presenza è abbondantemente testimoniata dai ritrovamenti archeologici per es. a Pskov, Staraja Ladoga, Vladimir, Suzdal, Jaroslavl, Polotsk, Gnezdovo, Tchernigov (Wikinger und Slawen, 1982).Nel corso dei secc. 9° e 10° al processo di formazione, di espansione territoriale e di consolidamento della Russia di Kiev, seguì un progressivo aumento numerico dei gorod. Le origini dei più grandi centri come Kiev, Tchernigov, Novgorod, Smolensk, Polotsk, ecc. risalgono al sec. 9°, ma solo durante il secolo successivo si sarebbero trasformati in strutture abitate complesse destinate a diventare città. Tra la fine del sec. 10° e gli inizi dell'11° si aprì un periodo di ulteriore sviluppo della vita urbana intorno ai castra (Kuza, 1985). Contrariamente al periodo precedente, quando i centri protourbani si dislocarono lungo le grandi vie commerciali (Dnepr-Volchov), nei secc. 11°-13° il processo di fondazione dei castra - parallelo alla decentralizzazione politica dello stato - si diffuse all'interno e in periferia. Tra gli ottocentosessantadue centri fortificati analizzati da Kuza (1983), centottantuno sono databili tra il sec. 9° e gli inizi dell'11°; duecentoquarantaquattro tra l'11° e gli inizi del 12°; quattrocentotrentasette tra la metà del 12° e il 13° secolo. Il progressivo processo di incastellamento (anche se non proprio tutti i centri fortificati ne sono indice e testimonianza) sembra parallelo all'incremento demografico e all'urbanizzazione (Toločko, 1989).La diffusione degli interventi di fortificazione - che ebbe grande sviluppo dall'inizio del sec. 11° e raggiunse il suo apice nel 12° e agli inizi del 13° - è indice del contributo di maestranze specializzate che, sfruttando le condizioni topografiche e ambientali e utilizzando un'apparecchiatura muraria piuttosto semplice, furono in grado di costruire fortificazioni solide e durature. All'interno del paese e sui territori di nuova conquista si formarono in quel periodo, tra gli altri, Staraja Riazań, Murom, Suzdal, Vladimir, Terembovlja, Zvenigorod, Červen, Grodno, Turov. L'organizzazione spaziale dei centri fortificati più complessi veniva determinata da due elementi: il gorod fortificato (detinec-kreml', krom), sede signorile, centro militare, amministrativo ed ecclesiastico; i sobborghi cittadini sottostanti, formatisi fuori del recinto del castrum (podol, podole, posad), anche se protetti a volte da proprie fortificazioni (ostrog, okolnij grad). Ambedue le parti sono spesso a livelli altimetricamente differenziati.Le opere più importanti erano quelle dei grandi centri, in primo luogo Kiev (gorod di Jaroslav), per le imponenti dimensioni del suo terrapieno e per la tecnica carpentieristica. In genere, l'uso della muratura era riservato piuttosto all'architettura monumentale e il suo ruolo militare era limitato. Le porte d'ingresso erano protette di solito da torri in legno. I ponti levatoi non apparvero prima della fine del sec. 15° (Hellmann, 1983). Solo a Kiev (1037), Vladimir (1164) e Novgorod esistevano monumentali porte d'ingresso in pietra dette porte d'oro secondo l'uso bizantino. Sono da notare anche le fortificazioni in muratura del periodo premongolo, menzionate nelle fonti scritte, per es. Perejaslavl Russkij (prima del 1089), Bogoljubovo (1158-1165), Vladimir (1194-1196), Grodno (sec. 12°). Alcune di esse sono attestate dalle ricerche archeologiche; a Staraja Ladoga, per es., gli scavi hanno recentemente messo in luce fortificazioni in pietra anteriori a quelle conosciute del 1114, ma tali testimonianze, probabilmente le più antiche in Russia (forse sec. 10°) dell'uso della muratura a fini di difesa, sembrano un caso del tutto eccezionale. L'invasione dei Mongoli (1236-1242) e la loro successiva dominazione provocarono una decadenza generale di questi centri, molti dei quali furono distrutti e abbandonati.Pochi sono i dati relativi allo sviluppo delle fortificazioni nella seconda metà del 13° secolo. Ancora in questo secolo e nel successivo di regola prevalsero costruzioni in legno, ma nel contempo si riscontrano anche determinate specificità regionali. Dal sec. 13° apparvero, dapprima nelle regioni occidentali di Volinia, torri in pietra erette all'interno del recinto fortificato nei punti più esposti al rischio di attacco (Kamenec Litovskij, Čartoriisk, Stolpie, Belavin, Bereste). Dall'inizio del sec. 14° anche nelle regioni nordoccidentali fu costruita una serie di c. in pietra (Ostrov, Orešek, Izborsk, Jam) tra i quali quello di Porkhov (1387 e 1430) è conservato quasi interamente. Anche Novgorod e Pskov presentavano già in quell'epoca mura perimetrali in pietra.Nella Russia moscovita, con il progressivo indebolimento del canato, numerosi centri abbandonati vennero ripopolati e, nel contempo, furono fondati nuovi gorod. I centri importanti come Mosca e Tver divennero sedi principesche, mentre ai nuovi gorod furono assegnate funzioni militari di difesa del territorio, sottoposto al crescente potere di Mosca, tendente all'unificazione politica della Grande Russia (Pašuto, 1983); essi formarono un sistema difensivo paragonabile a quello in cui Mosca era inclusa nel 12° secolo. L'organizzazione di una tale cintura di difesa corrisponde alla tradizionale configurazione politica e militare; anche Tver nel sec. 14° proteggeva e dominava il proprio territorio con una serie di fortificazioni di varia ampiezza che, oltre alla funzione difensiva, assumevano un ruolo centrale per i piccoli distretti, acquisendo ben presto in molti casi carattere urbano (Knackstedt, 1975).Dalla seconda metà del sec. 14° le costruzioni in legno e terra vennero definitivamente sostituite da quelle in muratura. Nel 1367 Dimitrij Donskoj fece costruire in 'pietre bianche' e mattoni le mura del Cremlino di Mosca che, oltre a essere la capitale effettiva del granducato, era divenuta dal 1328 anche la sede del metropolita. Le mura, la cui cinta oltrepassava il precedente vallum di legno e terra, furono rinnovate nel 1485 da Ivan III. Anche i principi minori fecero costruire, all'interno dei loro possedimenti, c. in muratura che diventarono le loro residenze. Tipico esempio di c. a pianta quadrata o rettangolare con torri viene considerato quello di Ivangorod, costruito sotto il regno di Ivan III nel 1492 (Kostočkin, 1962; Hellmann, 1963; 1983).
Bibl.:
Fonti. - Descriptio civitatum ad septentrionalem plagam Danubii seu ''Geographus Bavarus'', a cura di A. Bielowski, (Monumenta Poloniae historica, 1), Warszawa 1864, pp. 10-11; Relatio Ibrahim Ibn Ja'kūb de itinere Slavico, quae traditur apud Al-Bekri, a cura di T. Kowalski (Monumenta Poloniae historica, n.s., 1), Kraków 1946; Thietmari Merseburgensis episcopi Chronicon, a cura di R. Holtzmann, in MGH. SS rer. Germ., n.s., IX, 1935 (19552); Magistri Adami Bremensis Gesta Hammaburgensis ecclesiae pontificum, a cura di B. Schmeidler, in MGH. SS rer. Germ., II, 19173; Widukindi monachi Corbeiensis Rerum gestarum Saxonicarum libri tres, a cura di H.E. Lohmann, P. Hirsch, ivi, LX, 1935⁵; Povest' vremennych let [Racconti del passato], a cura di A.A. Šachmatov, Petrograd 1916; Ioannis de Czarnków Chronicon Polonorum, a cura di A. Bielowski (Monumenta Poloniae historica, 2), Lwów 1872, pp. 601-756: 625-627.
Letteratura critica. - H. Ludat, Die ostdeutschen Kietze, Bernburg 1936; B.D. Grekov, Kievskaja Rus' [La Russia di Kiev], Moskva 1939 (1953⁵); G. Leńczyk, Badania wykopaliskowe w Piekarach [Ricerche archeologiche a Piekary] (Prace Prehistoryczne Polskiej Akademii Umiejętności, 2), Kraków 1939; A. Poppe, W sprawie pocza̢tków miast staroruskich [A proposito delle origini delle città russe], Przegla̢d Historyczny 48, 1957, pp. 553-568; id., Gród Wołyń. Z zagadnień osadnictwa wczesnośredniowiecznego na pograniczu polsko-ruskim [Il borgo di Wołyń. La problematica dell'insediamento dell'Alto Medioevo al confine polacco-russo], Studia Wczesnośredniowieczne 4, 1958, pp. 227-300; W. Hensel, Types de fortifications slaves du Haut Moyen-Age, Archaeologia Polona 2, 1959, pp. 71-84; Gdańsk wczesnośredniowieczny [Danzica altomedievale], a cura di J. Kamińska, 9 voll., Gdańsk 1959-1977; Siedlung und Verfassung der Slawen zwischen Elbe, Saale und Oder, a cura di H. Ludat, Giessen 1960; H. Engel, Burgen und Schlösser in Böhmen, Frankfurt a.M. 1961; A. Hejna, České tvrze [Fortezze boeme], Praha 1961; V.V. Kostočkin, Russkoe oboronnoe zodčestvo konca XII- načala XVI vekov [Architettura difensiva russa dalla fine del sec. 12° all'inizio del 16°], Moskva 1962; B. Krüger, Die Kietzensiedlungen im nördlichen Mitteleuropa, Berlin 1962; A. Poppe, Materiały do słownika terminów budownictwa staroruskiego X-XV w. [Materiali per il dizionario dei termini dell'antica edilizia russa secc. 10°-15°], Wrocław-Warszawa-Kraków 1962; M. Hellmann, Slawische, insbesondere ostslawische Herrschertümer, Vorträge und Forschungen 3, 1963, pp. 243-278; P.N. Tretjakov, E.A. Šmidt, Drevne gorodišča Smolenščiny [Antichi borghi della regione di Smolensk], Moskva-Leningrad 1963; J. Nalepa, s.v. Grody, in Słownik starożytności słowiańskich [Dizionario delle antichità slave], II, Wrocław 1964, pp. 163-164; I. Borkovský, Levý Hradec. Najstarši sidlo Přemyslovců [Levý Hradec. Il più antico insediamento dei Přem'yslidi], Praha 1965; V. Hrubý, Stare Mĕsto. Velkomoravský Velehrad [Città vecchia. Velehrad della Grande Moravia] (Monumenta archaeologica, 14), Praha 1965; W. Hensel, Die Slawen im frühen Mittelalter. Ihre materielle Kultur, Berlin 1965; id., La naissance de la Pologne, Wrocław 1966; J. Herrmann, Tornow und Vorberg. Ein Beitrag zur Frühgeschichte der Lausitz, Berlin 1966; J. Kamińska, Grodziska stożkowate śladem posiadłości rycerskich XIII-XIV wieku [C. a motta come tracce delle proprietà cavalleresche dei secc. 13°-14°], Prace i Materiały Muzeum Archeologicznego i Etnograficznego w Łodzi. Seria Archeologiczna 13, 1966, pp. 43-78; W. Hensel, Anfänge der Städte bei den Ost- und Westslawen, Bautzen 1967; V. Huml, Zanikla tvrz Semonice [La fortificazione scomparsa di Semonice], Hradec Králové 1967; B. Krüger, Dessau-Mosigkau. Ein frühslawischer Siedlungsplatz im mittleren Elbegebiet, Berlin 1967; T. Lalik, s.v. Miasta. Czechy, Morawy i Słowacja [Città. Boemia, Moravia e Slovacchia], in Słownik starożytności słowiańskich [Dizionario delle antichità slave], III, Wrocław 1967, pp. 214-218; G. Labuda, s.v. Miasta: Słowiańszczyzna połabska [Città degli Slavi fra l'Elba e l'Oder], ivi, pp. 229-234; P.A. Rappoport, Die altrussischen Burgwälle, Zeitschrift für Archäologie 1, 1967, pp. 61-87; J. Herrmann, Gemeinsamkeiten und Unterschiede im Burgenbau der slawischen Stämme westlich der Oder, ivi, pp. 206-258; W. Szymański, Szeligi pod Płockiem na pocza̢tku wczesnego średniowiecza [Szeligi presso Płock agli inizi dell'Alto Medioevo], Wrocław 1967; M.W. Thompson, Novgorod the Great, London 1967; K. Zernack, Die burgstädtischen Volksversammlungen bei den Ost- und Westslawen, Wiesbaden 1967; J. Kamińska, Siedla̢tków obronna siedziba rycerska z XIV wieku [Siedla̢tków residenza cavalleresca fortificata del sec. 14°], Prace i Materiały Muzeum Archeologicznego i Etnograficznego w Łodzi. Seria Archeologiczna 15, 1968, pp. 15-88; "I Congrès international d'archéologie slave, Warszawa 1965", 7 voll., Wrocław-Warszawa-Krakóv 1968-1972; A. Gieysztor, Aux origines de la ville slave: ville de grands et ville d'état aux IXe-XIe siècles, ivi, IV, 1968, pp. 120-135; I. Borkovský, Pražský hrad v dobĕ přemyslovských knižat [Il castrum di Praga all'epoca dei principi Přem'yslidi], Praha 1969; P. Rappoport, Russian Medieval Military Architecture, Jaraiz De La Vera-Caceres 1969; W. Aulich, Der slawische Burgwall aus dem 6. -7. Jahrhundert u.Z. im Ort Zimme in Westwolhynien, "I Congrès international (cit.)", III, 1970, pp. 28-32; A. Gardawski, Chodlik I. Wczesnośredniowieczny zespółosadniczy [Chodlik I. Insediamento altomedievale], Wrocław 1970; J. Kudrnáč, Klučov. Staroslovanské hradišté ve střednich Čechách [Klučov. Antico borgo slavo in Boemia centrale] (Monumenta archaeologica, 17), Praha 1970; "Congrès international d'archéologie slave. Rapport IIe, Berlin 1970", 2 voll., Berlin 1970-1973; T. Kiersnowska, Trzynastowieczna siedziba ksia̢żęca w Błoniu [Residenza principesca del sec. 13° a Błonie], Kwartalnik Historii Kultury Materialnej 19, 1971, pp. 447-462; T. Lalik, Budowa dworu drewnianego w Jadownikach w roku 1394 [Costruzione della residenza nobiliare di campagna in legno a Jadowniki nel 1394], ivi, pp. 463-468; T. Kiersnowska, ''Słupy'' rycerskie w Polsce średniowiecznej [''Słupy'' cavallereschi nella Polonia medievale], ivi, 20, 1972, pp. 437-450; L. Kajzer, W sprawie genealogii wiejskiej siedziby obronnej w Polsce [A proposito delle origini della dimora di campagna fortificata in Polonia], ivi, pp. 451-465; C. Ciembroniewicz, A. Cassi Ramelli, Evoluzione dei castelli polacchi, Castellum 16, 1972, pp. 69-88; D. Menclová, České hrady [C. cechi], 2 voll., Praha 1972; La ville de Szczecin des IXe-XIIIe siècles, Wrocław 1972; E. Da̧browska, Wielkie grody dorzecza górnej Wisły. Ze studiów nad rozwojem organizacji terytorialno-plemiennej w VII-X wieku [I grandi borghi del bacino dell'alta Vistola. Ricerche sullo sviluppo dell'organizzazione territoriale-tribale nei secc. 7°-10°], Wrocław 1973; J. Herrmann, Die germanischen und slawischen Siedlungen und das mittelalterliche Dorf von Tornow, Kr. Calau (Schriften zur Ur- und Frühgeschichte, 26), Berlin 1973; Z. Váňa, Přemyslovský Libušin. Historia a povĕst ve svĕtle archeologického výzkumu [Libušin dei Přem'yslidi. Storia e leggenda alla luce della ricerca archeologica], Praha 1973; B. Guerquin, Zamki w Polsce [C. in Polonia], Warszawa 1974; J. Herrmann, Arkona auf Rügen, Tempelburg und politisches Zentrum der Ranen vom 9. bis 12. Jh. Ergebnisse der archäologischen Ausgrabungen 1969-1971, Zeitschrift für Archäologie 8, 1974, pp. 177-209; V.V. Ivanov, V.M. Toporov, Issledovanija v oblasti slavjanskich drevnosti [Ricerche sulle antichità slave], Moskva 1974; W. Knackstedt, Moskau. Studien zur Geschichte einer mittelalterlichen Stadt, Wiesbaden 1975; K. Modzelewski, Organizacja gospodarcza państwa piastowskiego. X-XIII wiek [Organizzazione economica dello stato polacco dei Piasti. Secc. 10°-13°], Wrocław 1975; J. Poulík, Mikulčice; Capital of the Lords of Great Moravia, in Recent Archaeological Excavations in Europe, a cura di R. Bruce-Mitford, London-Boston 1975, pp. 1-31; J. Dekan, Vel'ka Morava. Doba a umenie [Grande Moravia. L'epoca e l'arte], Bratislava 1976; Z. Radacki, Sredniowieczne zamki Pomorza Zachodniego [C. medievali in Pomerania occidentale], Warszawa 1976; J. Rauhutowa, Czersk we wczesnym średniowieczu [Czersk nell'Alto Medioevo], Wrocław 1976; W. Hensel, The Origins of Western and Eastern European Slav Towns, in European Towns. Their Archaeology and Early History, a cura di M.W. Barley, London 1977, pp. 373-390; H. Brachmann, Slawische Stämme an Elbe und Saale. Zu ihrer Geschichte und Kultur im 6. bis 10. Jahrhundert, auf Grund archäologischer Quellen (Schriften zur Ur- und Frühgeschichte, 32), Berlin 1978; J. Rozpędowski, Gród a zamek w Polsce - problem genezy i typologii [Borgo e c. in Polonia - la questione delle origini e della tipologia], in Pocza̢tki zamków w Polsce [Origini dei c. in Polonia], Wrocław 1978, pp. 91-96; "Congrès international d'archéologie slave. Rapport IIIe, Bratislava 1975", 2 voll., Bratislava 1979-1980; A.N. Kirpičnikov, Kamennoe oboronitel'noe stroitel'stvo na granicach rannefeodalnoj Rusi [Strutture difensive in pietra sulle frontiere dell'antica Russia], ivi, I, 1979, pp. 427-445; P. Buškovic, Towns and Castles in Kievian Rus, bojar residence and landownership in XI-XII Century, in Russian History, VII, Pittsburgh 1980, pp. 251-264; J. Lodowski, Dolny Śla̧sk na pocza̢tku średniowiecza VI-X w. Podstawy osadnicze i gospodarcze [La Bassa Slesia all'inizio del Medioevo, secc. 6°-10°. Insediamento e basi economiche], Wrocław 1980; H. Hinz, Motte und Donjon. Zur Frühgeschichte der mittelalterlichen Adelsburg (ZArchM, Beiheft, 1), Köln 1981; V. Nekuda, J. Unger, Hrádký a tvrze na Moravé [Piccoli borghi e fortificazioni in Moravia] (Studia musei Moraviae), Brno 1981; K.W. Struwe, Die Burgen in Schleswig-Holstein, I, Die slawischen Burgen, Neumünster 1981; S. Tabaczyński, A. Buko, Sandomierz. Starożytność - wczesne średniowiecze [Sandomierz. Età antica - Alto Medioevo], Rzeszów 1981; Hrady, zámky a tvrze v Čechách, na Moravĕ a ve Slezsku [Borghi, c. e fortificazioni in Boemia, Moravia e Slesia], 7 voll., Praha 1981-1988; V.V. Sedov, Vostočnye slavjane v VI-XIII vv. [Slavi orientali nei secc. 6°-13°], Moskva 1982; Wikinger und Slawen. Zur Frühgeschichte der Ostseevölker, a cura di J. Herrmann, Berlin 1982; M. Hellmann, s.v. Burg. Altrussland, in Lex. Mittelalt., II, 1983, coll. 995-999; A.V. Kuza, Socjalno-istoričeskaja tipologija drevnerusskich gorodov X-XIII vv. [Tipologia sociale e storica degli antichi borghi russi secc. 10°-13°], in Russkij Gorod [Città russa], VI, Moskva 1983, pp. 4-36; V.T. Pašuto, Mosca - terza Roma. Storiografia e bibliografia, in Roma, Costantinopoli, Mosca, Napoli 1983, pp. 459-473; J. Gabriel, Starigard/Oldenburg. Hauptburg der Slawen in Wagrien, I, Neumünster 1984; A.N. Kirpičnikov, Kamennye krepnosti Novgorodskoj zemli [Fortificazioni in pietra sulla Terra di Novgorod], Leningrad 1984; The Comparative History of Urban Origins in Non-Roman Europe: Ireland, Wales, Denmark, Germany, Poland and Russia from the Ninth to the Thirteenth Century, a cura di H.B. Clarke, A. Simms (BAR. International Series, 255), 2 voll., Oxford 1985; Drevnaja Rus. Gorod, zamok, selo [Drevnaja Rus. Borgo, c., villaggio], Moskva 1985; A.V. Kuza, Drevnerusskie goroda. Važnejšie goroda Rusi [I borghi della Drevnaja Rus. Alcune tra le più importanti città dell'antica Russia], ivi, pp. 51-93; B.A. Rybakov, Zamok [C.], ivi, pp. 94-95; V. Goš, Hrad Úsov - jeho úloha a vyzkum při kolonizaci severni Moravy ve 13. stol. [L'antica città di Úsov - suo ruolo e significato nell'insediamento della Moravia settentrionale nel sec. 13°], Archaeologia historica 10, 1985, pp. 303-307; Rannesrednevekovaja Ladoga. Novye archeologiceskie otkrytia i issledovanija [Ladoga nell'Alto Medioevo. Nuove scoperte e ricerche archeologiche], a cura di V.V. Sedov, Leningrad 1985; Plemięta. Średniowieczny gródek w Ziemi Chełmińskiej [Plemięta. Un piccolo borgo medievale a motta nella Terra di Chełmno], a cura di A. Nadolski, Warszawa 1985; E. Schuldt, Gross Raden. Ein slawischer Tempelort des 9./10. Jahrhunderts in Mecklenburg, s.l. 1985; Die Slawen in Deutschland. Geschichte und Kultur der slawischen Stämme westlich von Oder und Neisse vom 6. bis 12. Jahrhundert. Ein Handbuch, a cura di J. Herrmann, Berlin 1985; J. Bukowska-Gedigowa, Wczesnośredniowieczny gród na Ostrówku w Opolu [Borgo medievale sull'Ostrówek a Opole] (Polskie badania archeologiczne, 25), Wrocław 1986; Grossmähren und die Anfänge der tschechoslowakischen Staatlichkeit, a cura di J. Poulík, B. Chropovský, Praha 1986; M. Plaček, R. Procházka, K problematice opevnĕných sidel přelomuraného a vrcholného feudalismu na Moravĕ [Problematica degli insediamenti fortificati nel primo e tardo feudalesimo in Moravia], Archaeologia historica 11, 1986, pp. 159-169; Welt der Slawen, a cura di J. Herrmann, Leipzig 1986; G.P. Fehring, Einführung in die Archäologie des Mittelalters, Darmstadt 1987; E. Mühle, Die Anfänge Kievs bis ca. 980 in archäologischer Sicht. Ein Forschungsbericht, Jahrbücher für Geschichte Osteuropas, n.s., 35, 1987, pp. 80-101; A.N. Kirpičnikov, Staraja Ladoga. Alt-Ladoga und seine überregionalen Beziehungen im 8.10. Jahrhundert, Bericht der Römisch-Germanischen Kommission 69, 1988, pp. 305-337; Z. Kobyliński, Struktury osadnicze na ziemiach polskich u schyłku starożytności i w pocza̧tkach wczesnego średniowiecza [Insediamenti sui territori polacchi alla fine dell'epoca antica e agli inizi dell'Alto Medioevo], Wrocław 1988; E. Mühle, Die topographisch-städtebauliche Entwicklung Kievs vom Ende des 10. bis zum Ende des 12. Jahrhunderts im Licht archäologischer Forschungen, Jahrbücher für Geschichte Osteuropas, n.s., 36, 1988, pp. 350-376; R. Turek, Počatki české vzdĕlanosti [Gli inizi della cultura ceca], Praha 1988; J. Unger, ''Motte'' a kostel v zanikle vsi Divice u Brumovic [''Motte'' e chiesa nel sito abbandonato di Divice presso Brumovice], Archaeologia historica 13, 1988, pp. 369-374; Archäologie der Deutschen Dem. Republik. Denkmäle und Funde, a cura di J. Herrmann, Leipzig 1989; M. Kazanski, L'apparition des centres proto-urbains et urbains chez les Slaves orientaux: état des recherches, CahCM 32, 1989, pp. 333-345; A. Poppe, s.v. Gorod, in Lex. Mittelalt., IV, 1989, coll. 1562-1564; P.P. Toločko, Drevnerusskij feodalnyj gorod [Antico borgo feudale russo], Kiev 1989; A. Kola, Grody ziemi chełmińskiej w późnym średniowieczu [I borghi della Terra di Chełmno nel Basso Medioevo], Toruń 1991; L. Leciejewicz, Gli Slavi occidentali. Le origini delle società e delle culture feudali (Medioevo-Traduzioni, 2), Spoleto 1991.S. Tabaczyński
La costruzione di fortificazioni di epoca paleobizantina in tutte le zone dell'impero d'Oriente seguì la tradizione delle tipologie e delle forme trasmesse dall'età tardoimperiale, sia delle cinte murarie sia dei c. isolati del sistema difensivo di frontiera, costruiti, a partire dal periodo augusteo, ai confini del Reno e del Danubio, in Oriente dalla Siria del Nord fino alla Palestina e più tardi (fine sec. 1°-inizi 2°) in Africa settentrionale.Nei Balcani, dopo l'invasione dei Goti e degli Eruli, già nel terzo quarto del sec. 3° molte cinte murarie di città vennero rinnovate e nei secc. 3° e 4° alcune residenze signorili furono fortificate a guisa di c. (per es. Mogorjelo). Nel 420 con un decreto al praefectus per Illyricum venne autorizzata la fortificazione di tutte le postazioni lungo le mura (Codex Theodosianus, XV, 1, 13). Delle molte opere a carattere difensivo costruite in quest'area sotto Giustiniano e testimoniate da Procopio - probabilmente in maggioranza c. - si conoscono quasi solo i nomi; al contrario si hanno notizie più dettagliate riguardo alle fortificazioni presso l'istmo di Corinto (per es. Hexamilion, vicino all'antico tempio di Poseidone) e allo sbarramento delle Termopili. Resti di costruzioni bizantine precedenti al periodo dell'invasione slava si trovano anche in molti c. della Grecia di epoca franca (per es. Argo, Arcadia, Patrasso e Kalamata).In Oriente il limes, che sotto Settimio Severo e Diocleziano si era spinto molto a S, all'epoca di Teodosio e Giustiniano I dovette ritrarsi su una linea più occidentale, sulla quale nella Siria settentrionale si trovano, accanto alle città fortificate, singole torri di avvistamento e c. rettangolari di forma usuale con torri angolari e bastioni intermedi, come per es. Anderin, al-Ḥabbat, Kfellusi (Mouterde, Poidebard, 1945), mentre sulla linea del Tigri-Eufrate, dove sono testimoniati i nomi di c. fatti costruire da Giustiniano, solo raramente se ne sono conservati i resti (Honigmann, 1935). Anche il limes nordafricano nei secc. 5° e 6° si adeguò alla mutata situazione, seguendo tipologie regionali differenti, con un gran numero di torri di avvistamento isolate o chiuse da semplici mura (per es. in Cirenaica) o con la costruzione di nuovi c. (per es. accanto ad antichi insediamenti a Tolemaide e a Timgad; c. a Tocra, Qaṣr Qārūn e in Cirenaica), anche in questo caso secondo le consuete tipologie. Questa fase terminò con la perdita della parte orientale dell'impero e dell'Africa settentrionale, passate nel secondo quarto del sec. 7° agli Arabi, che da quel momento costrinsero i Bizantini, nei costanti scontri sulla linea di confine o nelle invasioni ripetutesi per anni in mare e in terra, a sempre più faticose azioni difensive.Nell'impero, a partire dalla fine del sec. 7°, si ebbero una nuova suddivisione nei temi sottoposti a comandanti militari e cambiamenti sostanziali nella struttura dei centri abitati; come basi logistiche per la difesa e l'amministrazione della regione, alle póleis tradizionali si sostituirono i castra, senza tuttavia alterarne, in genere, il carattere di città; solo in esempi isolati la differenza fra i tipi fin da allora ben individuabili di città fortificata e di c. scomparve. Nelle regioni soggette a maggiori rischi sorsero nei pressi dei centri abitati semplici c. utilizzati come rifugio, come lasciano ipotizzare singole fonti per il centro dell'Anatolia, dove ne vennero ripristinati anche alcuni antichi di epoca ellenistica (Belke, 1984, p. 113ss.). Nelle zone di confine e nei luoghi di transito più importanti sorsero con le kleisúrai, strutture fortificate che si ritrovano in episodi isolati anche nelle regioni costiere, per es. a Mileto come cittadella sopra l'antico teatro. Nella maggioranza dei casi tuttavia le aree cittadine divenute troppo estese vennero ridimensionate attraverso nuove cinte difensive e ridotte alle proporzioni di un c. (per es. Atene, Corinto, Efeso, Side), per essere protette con le forze ancora disponibili. A quell'epoca è ipotizzabile, anche se non è attestata, l'esistenza di una rete di difesa pianificata a livello regionale.Sono inoltre da ricordare, nella lunga fase delle guerre di confine nelle regioni orientali di frontiera, le strutture fortificate intese come basi logistiche per la difesa del territorio e più tardi utilizzate come residenze delle dinastie locali; certamente poi molte fortificazioni, erette nei secc. 7° e 8° come c. posti su alture (per es. Lamos, Sis, Anavarza), dopo la conquista armena vennero così modificate che i resti di epoca bizantina dal punto di vista tipologico non sono più leggibili. Alcuni c. del periodo della riconquista bizantina nel sec. 10° si trovano nel Nord della Siria (per es. Bağras, Ṣaḥyūn) e alcuni resti in Cilicia (per es. Vahga, Lampron, Anavarza); intorno al 1100 in questa stessa regione si costruirono i castra di Korykos e Kamardesion (od. Silifke), a cui fece seguito nel sec. 12° un gran numero di c. feudali armeni, che tuttavia utilizzarono soprattutto elementi della propria tradizione edilizia (Edwards, 1987). Nel frattempo la perdita dell'Anatolia centrale in seguito alla sconfitta bizantina di Manzikert nel 1071 e la successiva penetrazione dei Selgiuqidi fino all'Egeo resero necessari provvedimenti radicali: in molte parti dell'altopiano dell'Asia Minore e delle regioni costiere, dopo le incursioni arabe, era stato fatto ben poco per la difesa del territorio. Sotto gli imperatori comneni cominciò anche in queste zone un'intensa opera di edificazione di strutture difensive, in parte con fondi prelevati dall'erario, in parte con donazioni imperiali, ma spesso anche con tassazioni supplementari o grazie a corvées della popolazione. In questo modo Manuele I nel tema di Neokastra fornì di un nuovo sistema di difesa le città di Chliara, Adramyttion e Pergamo; in alcune (per es. Mileto, Priene, Efeso) queste nuove cinte fortificate significarono tuttavia un'ulteriore riduzione del perimetro urbano, in tal caso effettivamente paragonabile a quello di un castello. Contemporaneamente sorse una fitta rete di fortificazioni più piccole che in parte costituivano le residenze dei signori locali e in parte fungevano da c. di rifugio per le popolazioni autoctone. In singole regioni furono progettate secondo un sistema ben individuabile, nel quale si prevedeva la possibilità di reciproca comunicazione e sostegno e dove singole torri occupavano località isolate in posizione intermedia. Castra analoghi furono realizzati anche nelle regioni riconquistate dell'Italia meridionale (per es. Troia, Civitate e Draconaria nel tema della Longobardia) e in alcuni casi anche in Grecia (Koder, Hild, 1976, p. 109ss.).Laddove i c. non si inserivano in più antichi complessi (per es. il tempio di Didyma, Aizanoi), il luogo e la pianta erano sempre determinati dalle condizioni del terreno, per cui si cercava di limitare l'estensione del castello. La tipologia regolare del castrum, ancora molto diffusa in epoca paleobizantina (anche nelle costruzioni militari franche dei secc. 12°-13°), fino ad allora non era ravvisabile in alcuna località. Nei complessi di più ampie dimensioni normalmente è ben riconoscibile una cesura tra l'avancorpo e il c. vero e proprio, con un'accentuazione in quest'ultimo degli elementi a carattere difensivo; queste stesse componenti risultano tuttavia piuttosto modeste se paragonate a quelle appartenenti ai contemporanei edifici militari occidentali o islamici. Per le condizioni economiche dei secc. 12° e 13° non era possibile realizzare porte di struttura complessa, torri del tipo a donjon utilizzate come abitazioni, imponenti costruzioni in pietra da taglio: ci si dovette limitare a mura non eccessivamente spesse, rinforzate in molti casi da serie di pilastri posti all'interno, con torri angolari e bastioni intermedi di forma variabile (circolari, semicircolari, poligonali, rettangolari). Antemurali più bassi posti di fronte alla cinta principale si trovano di regola solo nelle cinte difensive delle città (per es. Pegai, Nicea); nei c. invece si hanno solo in corrispondenza di tratti particolarmente deboli.Anche la realizzazione costruttiva delle singole parti dell'edificio non era particolarmente accurata: la tecnica muraria prevalente era quella a pietra sbozzata con inserzione occasionale (o regolare) di mattoni e con l'inserimento in spessore di catene lignee; spesso veniva impiegato materiale di spoglio; erano rare massicce costruzioni in mattone (per es. Pegai), mentre in corrispondenza delle porte o all'interno della cinta talvolta si trovava impiegata la tecnica laterizia a filari alternatamente nascosti.
Bibl.: E. Honigmann, Die Ostgrenze des byzantinischen Reiches von 363 bis 1071 (Corpus Bruxellense historiae Byzantinae, 3), Bruxelles 1935; A. Bon, The Medieval Fortifications of Acrocorinth and Vicinity, in R. Carpenter, A. Bon, Corinth, III, 2, The Defense of Acrocorinth and the Lower Town, Cambridge (MA) 1936, pp. 128-281; R. Mouterde, A. Poidebard, Le Limes de Chalcis, organisation de la steppe en Haute Syrie romaine. Documents aériens et épigraphiques (Bibliothèque archéologique et historique, 38), 2 voll., Paris 1945; K. Andrews, Castles of the Morea, Princeton 1953 (Amsterdam 19782); R.G. Goodchild, The Roman and Byzantine Limes in Cyrenaica, Journal of Roman Studies 43, 1953, pp. 65-76; E. Kirsten, Die byzantinische Stadt, "Berichte zum 11. internationalen ByzantinistenKongress, München 1958", München 1958, V, 3, pp. 1-48; W. Müller-Wiener, Mittelalterliche Befestigungen im südlichen Jonien, MDAIIst 11, 1961, pp. 5-122; N. Oikonomides, The Donation of Castles in the Last Quarter of the 11th Century, in Polychronion. Festschrift Franz Dölger zum 75. Geburtstag, a cura di P. Wirth, Heidelberg 1966, pp. 413-417; S. Trojanos, Kastroktisia. Einige Bemerkungen über die finanziellen Grundlagen des Festungsbaues im byzantinischen Reich, Byzantina 1, 1969, pp. 39-57; J. Koder, F. Hild, Hellas und Thessalia-Tabula Imperii Byzantini 1 (Österreichische Akademie der Wissenschaften. Philosophischhistorische Klasse, Denkschriften, 125), Wien 1976; C. Foss, Late Byzantine Fortifications in Lydia, JÖByz 28, 1979, pp. 297-320; A.W. Lawrence, A Skeletal History of Byzantine Fortification, The Annual of the British School at Athens 78, 1983, pp. 171-227; K. Belke, Galatien und Lykaonien-Tabula Imperii Byzantini 4 (Österreichische Akademie der Wissenschaften. Philosophisch-historische Klasse, Denkschriften, 172), Wien 1984; C. Foss, Survey of Medieval Castles of Anatolia I: Kütahya (British Institute of Archeology at Ankara, 7; BAR. International Series, 261), Oxford 1985; C. Foss, D. Winfield, Byzantine Fortifications. An Introduction, Pretoria 1986; W. Müller-Wiener, Von der Polis zum Kastron. Wandlungen der Stadt im Ägäischen Raum von der Antike zum Mittelalter, Gymnasium 93, 1986, pp. 435-475; R.W. Edwards, The Fortifications of Armenian Cilicia (Dumbarton Oaks Studies, 23), Washington 1987.W. Müller-Wiener
L'architettura fortificata armena riflette la realtà storico-geografica del territorio che la vide nascere e sviluppare, dall'Antichità al Tardo Medioevo, negli impervi altipiani dell'Asia anteriore compresi tra il mar Nero e il mar Caspio (Grande Armenia) e successivamente in Cilicia (Piccola Armenia), dove gli Armeni, esuli a seguito dell'occupazione bizantina del regno di Ani (1045-1064), si riunificarono in un autonomo principato, poi regno (1198-1199), che conservò la propria indipendenza fino al 1374.Per la sua specifica collocazione geografica, punto d'incontro delle grandi vie di comunicazione tra Oriente e Occidente, la Grande Armenia fu continuamente esposta a minacce d'invasione che accentuarono l'esigenza di una difesa organizzata territorialmente. Tale strategia si intensificò, dopo un secolo di occupazione araba (metà sec. 8°-metà 9°), allorquando, riconosciuta da Abbasidi e Bizantini l'indipendenza del regno dei Bagratidi di Ani e del dominio Ardzuni nel Vaspurakan, si affermò una struttura sociale di tipo feudale. Ne conseguì il sistematico incastellamento del territorio (Hovhannesyan, 1970), con il recupero anche di più antichi c. e fortezze che, trasformati in munite cittadelle, divennero peraltro un elemento nodale per lo sviluppo di alcune città, per es. Dvin, Kars, Van, Ani, Loriberd, Bagaran (Haroutounian, 1968; Zarian, 1988).Solitamente ubicate ai limiti della città, le cittadelle si ergevano in posizione dominante su colline o, preferibilmente, su speroni rocciosi, protette dal circuito murario urbano, quasi sempre provvisto di antemurale e di fossato.Tranne rare eccezioni, l'organizzazione planimetrica dei c. e delle fortezze armene prescinde da schemi regolari o di tipo standard, poiché il loro impianto, condizionato dalla topografia del terreno, venne intenzionalmente adeguato alla configurazione del suolo per sfruttarne e valorizzarne le difese naturali. Proprio questo duttile integrarsi delle masse murarie (sempre di tipo a sacco con cassaforma lapidea e conglomerato cementizio; Berkian, 1976, pp. 42-47) ai profili e alle asperità del terreno, sino a divenirne quasi la logica estensione, è l'aspetto più connotante dell'architettura fortificata armena.Ne offrono significativa testimonianza le cittadelle di Van (Berkian, 1976, fig. 51) e di Ani (Zarian, 1988), il c. di Hoşap, che si erge su un promontorio del lago di Van (Berkian, 1976, fig. 53), nonché Oltu Kalesi, Cücürüs Kalesi e Kızkalesi, veri e propri nidi d'aquila arroccati su impervi picchi rocciosi a guardia della strada Erzurum-Artvin (Edwards, 1985), e infine l'ancor più impressionante fortezza di Doğubayazıt, le cui compatte strutture murarie emergono drammaticamente dalle rocce che dominano a strapiombo la strada Erzurum-Tabriz (Edwards, 1984). Si ricordano inoltre le fortezze di Bǰni (Berkian, 1976, fig. 24) e di Amberd, che, insieme ai c. di Gosh, Aruč, Ašnak e T῾alin, facevano parte dei capisaldi disposti a difesa di Ani, la capitale dei Bagratidi (Tokarskij, Alpago Novello, 1978). Più regolare è invece l'impianto quadrilatero, cinghiato da possenti torri semicircolari, dei c. di Gosh e di Tignis, caratterizzati da volumi compatti e stereometrici, come del resto il duplice baluardo difensivo del c. di Malasberd (Berkian, 1976, figg. 23, 39-40). Una certa simmetria si riscontra anche nell'impianto ottagono del c. di T῾alin (Berkian, 1976, fig. 17) e in quello a parallelogrammo di alcuni c. della regione persiano-armena, come Kotur, Čors e Dadivank' (Berkian, 1976, figg. 55, 58, 61-62).Nonostante la multiformità e l'irregolarità degli schemi planimetrici, si possono tuttavia individuare nell'alzato dei complessi fortificati armeni alcune costanti. Ricorrente, per es., fu l'impiego di torri semicircolari (quelle rettangolari, presenti negli impianti più antichi, riapparirono nel sec. 13°); solitamente rastremate verso l'alto e per lo più prive di ambienti interni, tali torri avevano soprattutto funzione di contrafforti all'alzato (anch'esso rastremato) della cinta muraria, provvista di camminamenti di ronda protetti da merli rettangolari. Nel circuito murario delle fortezze erano inoltre attentamente evitati piegamenti angolari, assai più vulnerabili rispetto alle strutture curvilinee. Altre costanti sono individuabili nelle aperture a feritoie e, soprattutto, nell'elaborata struttura delle porte di accesso con varchi sfalsati collegati da corridoi a gomito, l'esterno dei quali era spesso provvisto di caditoia, un espediente difensivo che, secondo Edwards (1987, p. 15), sarebbe stato inventato proprio dagli Armeni, come segnalerebbe l'esempio di Van Kalesi, datato al 7° secolo. L'accesso alle fortezze era sempre obbligato e ostacolato da difese naturali o artificiali; molti c. erano inoltre provvisti di passaggi segreti sotterranei (per es. Amberd). Particolare cura era rivolta all'approvvigionamento idrico, risolto, in assenza di sorgenti, con cisterne in muratura o scavate nella roccia.L'autonoma fisionomia dell'architettura fortificata armena risalta in modo evidente dal raffronto con la contemporanea architettura militare della Georgia, dove si registra invece una precisa tendenza per circuiti murari simmetrici, anche nel caso di fortezze erette su terreni impervi. Al contrario dell'Armenia, vennero frequentemente impiegati donjons, torri quadrangolari e poligonali; le torri circolari erano inoltre di notevole altezza, con un diametro di base nettamente superiore a quello della sommità; rari sono infine gli accessi complessi (Mepisaschwili, Zinzadse, 1987).Analoghi paradigmi tecnico-difensivi furono invece adottati negli impianti fortificati armeni della Cilicia, le cui specifiche caratteristiche, partitamente analizzate da Edwards (1987), riflettono appunto le esperienze dell'architettura militare della Grande Armenia. Dal punto di vista progettuale non si registrano innovazioni, ma eventualmente esse sono mediate da locali preesistenze bizantine (per es. i c. di Korykos, di Çardak e Geben) e arabe (per es. il c. di Hārūniyya), oppure dalle contemporanee fondazioni latine concepite secondo moduli difensivi tipicamente occidentali (Edwards, 1987, p. 11), come nel caso del donjon crociato di Anavarza (1098-1110), del c. degli Ospitalieri a Silifke (1210), del c. dei Cavalieri Teutonici ad Amuda (1212) o del c. templare di Trapessac (1175).Negli impianti fortificati della Cilicia, la cui pianificata strategia a carattere territoriale prese consistente avvio già alla fine del sec. 11° per culminare con le grandi fondazioni del regno rupenide (sec. 12°), predomina sempre un tipo di architettura organicamente integrata alla topografia del sito prescelto (per es. i c. di Bodrum, Savranda, Tumlu, Vahga), così come, dal punto di vista tattico, le fortezze vennero prevalentemente concepite per un ruolo difensivo dinamico e aggressivo.Un'alta concentrazione di c. e di capisaldi fortificati, destinati a ospitare più o meno consistenti guarnigioni, fu dislocata a guardia dei percorsi stradali che, attraverso le montagne del Tauro o dell'Antitauro, collegavano l'Anatolia centrale alla pianura cilicia. Distribuite a calcolata distanza e in posizione dominante (per es. i c. di Meydan, Anhasa, Milvan, Maran, Gülek si trovano a quote superiori a m. 1500), le fortezze erano tra loro visibili, onde prevenire attacchi a sorpresa contro i più isolati c. della pianura (Anavarza, Tumlu, Kütüklu, Gökvelioğlu, Yılan), che formavano una linea difensiva a protezione dei centri urbani (Tarso, Adana, Misis, Mersin). Risalta un'attenta pianificazione, che aveva nelle più grandi fortezze di Çandır/Papeṙon, Lampron, Yılan, Sis e Anavarza i suoi capisaldi strategici. Il c. rupenide di Çandır/Papeṙon, sulla sommità di un'alta piattaforma (m. 1450), sorvegliava, nel settore nordoccidentale, le strade provenienti dall'Anatolia centrale; lo storico c. di Lampron, residenza della potente famiglia het'umide, era invece a guardia delle c.d. porte della Cilicia; il c. di Yılan difendeva al contrario la strada Adana-Ceyhan. Nel settore centrale dominava poi la grande fortezza rupenide di Sis, che si erge ai limiti della pianura in posizione di reciproca visibilità con Andil, Anavarza e Tumlu e il cui munito impianto difensivo venne progettato intorno al 1170 e quindi ampliato all'epoca di re Levon II (1187-1219), che ne fece il centro amministrativo e la capitale del regno. Dal 1292 Sis fu anche sede del patriarca armeno. La sezione mediana del circuito murario (perimetro km. 3) del c. di Sis offre peraltro una significativa testimonianza sulle evolute caratteristiche tecnico-architettoniche delle fortificazioni del regno armeno, così come del resto l'impianto difensivo del c. di Anavarza, che si eleva invece nella pianura su un isolato sperone visibile dai c. di Toprak, Bodrum, Amuda, Bucak, Sis, Tumlu e Yılan. Il sito, già fortificato dai Bizantini, dagli Arabi e dai crociati, venne conquistato nel 1111 dagli Armeni, che ne rafforzarono consistentemente le difese, costruendovi anche un edificio ecclesiale caratterizzato da un tipo di pianta (aula rettangolare monoabsidata) simile a quello di altre chiese armene costruite nei c. e nelle fortezze della Cilicia (Sis, Korykos, Çardak). In alcuni casi (Ak, Cem, Maran, Yılan, Meydan, Sarı Çiçek, Isa) le strutture di queste piccole chiese erano incorporate nel circuito murario; vi erano anche cappelle che trovavano posto all'interno di una torre (Edwards, 1982; 1983).Sulla costa del Mediterraneo, il numero degli impianti difensivi armeni fu, al contrario, notevolmente ridotto. La linea costiera era infatti naturalmente protetta dai bassifondi e, nell'immediato entroterra, dalle paludi; i porti utilizzabili erano solo due, situati ai limiti del territorio armeno: Korykos e soprattutto Ayaş, scalo commerciale dove attraccavano le navi veneziane e genovesi e a sua volta collegato al porto fluviale di Misis. Entrambi erano protetti da due c., l'uno sulla terraferma, l'altro su un isolotto: solo quello sull'isolotto di Ayaş, però, presenta caratteri armeni. Costruiti da Alessio I Comneno, i c. di Korykos mostrano un impianto architettonico di tradizione bizantina, solo in parte modificato nelle strutture dai successivi interventi armeni (sec. 12°) e latini (sec. 14°); il c. di Ayaş fu invece ricostruito in epoca ottomana. Di tradizione schiettamente armena è l'impianto fortificato di Tokmar Kalesi (antico Norberd), arroccato su uno sperone roccioso poco distante dalla linea costiera sul confine occidentale del territorio armeno. Sia la sapiente integrazione tra difese naturali e artificiali sia le caratteristiche tecnicostrutturali della cinta muraria, rafforzata sul lato debole da quattro torri a ferro di cavallo (marcatamente inclinate per il restringimento degli spessori dalla base alla sommità), mostrano infatti strette analogie con numerose altre opere fortificate armene sorte in Cilicia alla fine del sec. 12° (Hild, Hellenkemper, 1990, p. 367; Cadei, 1992, p. 41).Completano il panorama dell'architettura fortificata della Cilicia armena alcune residenze, come i c. di Anacık, di Sinap presso Lampron e di Sinap presso Çandır, il cui impianto rettangolare su due o tre piani con torri semicircolari agli angoli si ricollegherebbe, in scala ridotta, a un modello come il già citato c. di Tignis nella Grande Armenia piuttosto che ai donjons occidentali (Edwards, 1987, p. 25). Nei confronti di questi edifici va inoltre segnalato il bugnato rustico del lato esterno della cassaforma muraria, con conci lapidei posti in opera pseudoisodoma regolarmente allineati, un tipo di muratura, documentata anche in altre varianti, che caratterizza specificamente le fondazioni armene della Cilicia (Edwards, 1987, pp. 18-24).
Bibl.: J. Strzygowski, Die Baukunst der Armenier und Europa, 2 voll., Wien 1918; T. T῾oramanyan, Nyut῾er haykakan čartarapetut῾yan patmut῾yan [Materiali per la storia dell'architettura armena], 2 voll., Erevan 1942-1948; V.M. Haroutounian, L'urbanisme en Arménie au Moyen Age, Revue des études arméniennes, n.s., 5, 1968, pp. 51-63; A. Alpago Novello, Introduzione ai castelli e ai monasteri fortificati dell'Armenia Sovietica, in Les fortifications depuis l'antiquité jusqu'au MoyenAge dans le monde méditerranéen, "Actes de la VIIIe Réunion scientifique de l'Institut international des châteaux historiques, Athènes 1968", Athinai 1970, pp. 37-50; H. Hovhannesyan, Hayasatani berdere [Le fortezze dell'Armenia], Venezia 1970; A.J. Berkian, Armenischer Wehrbau im Mittelalter (tesi), Darmstadt 1976; H. Hellenkemper, Burgen der Kreuzritterzeit in der Grafschaft Edessa und im Königreich Kleinarmenien. Studien zur historischen Siedlungsgeographie SüdostKleinasiens (Geographica historica, 1), Bonn 1976; The Cilician Kingdom of Armenia, a cura di T.S.R. Boase, Edinburgh-London 1978; N.M. Tokarskij, A. Alpago Novello, Amberd (Documenti di architettura armena, 5), Milano 1978; R.W. Edwards, Ecclesiastical Architecture in the Fortifications of Armenian Cilicia: First Report, DOP 36, 1982, pp. 155-176; id., Second Report, ivi, 37, 1983, pp. 123-146; id., The Fortress at Doǧubeyazit (Daroynk'), Revue des études arméniennes 18, 1984, pp. 435-459; id., Medieval Architecture in the Oltu-Penek Valley: a Preliminary Report on the Marchlands of Northeast Turkey, DOP 39, 1985, pp. 15-37; id., The Fortifications of Armenian Cilicia (Dumbarton Oaks Studies, 23), Washington 1987; R. Mepisaschwili, W. Zinzadse, Georgien. Kirchen und Wehrbauten, Leipzig 1987, pp. 41-71; C. Mutafian, La Cilicie au carrefour des empires (Collection des études anciennes, 113), 2 voll., Paris 1988; A. Zarian, Lineamenti di storia urbanistica dell'Armenia, in P. Cuneo, Architettura armena dal quarto al diciannovesimo secolo, Roma 1988, I, pp. 73-86; F. Hild, H. Hellenkemper, Kilikien und Isaurien-Tabula Imperii Byzantini 5 (Österreichische Akademie der Wissenschaften. Philosophisch-historische Klasse, Denkschriften, 215), 2 voll., Wien 1990; A. Cadei, I castelli federiciani: concezione architettonica e realizzazione tecnica, AM, s. II, 6, 1992, 2, pp. 39-67.C. Barsanti
Nei toponimi del mondo islamico, così come nelle opere degli scrittori e dei geografi arabi, ritornano frequentemente i termini ḥiṣn (pl. ḥuṣūn), qaṣr (pl. quṣūr-qṣar e qṣūr nei dialetti dei paesi dell'Occidente islamico), qaṣaba, qal῾at per designare luoghi e costruzioni - generalmente di carattere militare - che possono essere avvicinati alla definizione usuale di castello. Come nell'accezione occidentale, anche nella lingua araba i termini che contengono l'idea di c. assumono diverse sfumature di significato che, rapportate all'espressione architettonica, raggruppano al loro interno tipi costruttivi molto diversi: dall'edificio fortificato a funzione strettamente militare, costruito in zone aperte o in ogni caso non urbane, alla cittadella di tipo urbano con funzione di guarnigione, all'edificio di abitazione che riprende alcune caratteristiche architettoniche proprie delle fortificazioni - mura, torri, merlature - adattandole a funzioni non soltanto difensive, ma anche decorative.Nel loro uso attraverso il tempo e nelle diverse regioni del mondo islamico, i termini arabi citati assumono una polisemanticità tale che nessuno corrisponde precisamente a uno specifico tipo architettonico. Il termine ḥiṣn nei testi e nei toponimi, per es., designa la fortezza vera e propria (per es. Ḥiṣn al-Akrād è il nome arabo del Crac des Chevaliers in Siria), ma anche il villaggio che si sviluppa all'interno di una fortezza quando questa perde la sua ragione militare o la città murata in buona posizione difensiva, definita con questo termine per es. nei testi degli scrittori arabi della Spagna. Allo stesso modo, qaṣr è un termine con cui vengono oggi indicati molti dei complessi residenziali di epoca omayyade nel deserto siriano e le residenze fortificate degli emiri dell'Ifrīqiya, ma anche, nelle oasi sahariane, i villaggi murati o i granai collettivi fortificati delle popolazioni transumanti, per es. nella Tunisia meridionale. Ugualmente qaṣaba e qal῾at possono designare una fortezza, una città in posizione elevata e cinta di mura, un villaggio fortificato o una cittadella.Nell'accezione più precisamente militare, tra i c. non dovrebbero essere citati i palazzi fortificati elevati dai sovrani omayyadi nel deserto della Siria; tuttavia la loro appellazione corrente (c. del deserto) e la loro stessa forma e struttura ne fanno riconoscere, se non la funzione, almeno la matrice architettonica di carattere militare. In effetti, la forma assunta da questi edifici deriva da quella delle fortezze (castella o castra) della frontiera romana (dal golfo di ῾Aqaba a Damasco e da Damasco a Palmira), anche se alla forma non corrisponde più la stessa funzione militare, dal momento che il limes dei territori islamici all'epoca omayyade si trovava molto più lontano, in Transoxiana (Herzfeld, 1921, p. 105).La somiglianza - notevole soprattutto nella pianta - con edifici militari di epoca romana e bizantina è tale che le prime ricognizioni scientifiche, fino agli anni Trenta, assegnarono al periodo preislamico buona parte di tali complessi. Si tratta in generale di costruzioni fortificate a pianta quadrata (m. 70 di lato o multipli di 70), in cui l'elemento unificatore più evidente è la cinta muraria da cui aggettano a intervalli regolari torri a pianta semicircolare, lungo il muro, o circolare, agli angoli. Particolarmente enfatizzato, da un punto di vista architettonico e decorativo, è l'ingresso: nel palazzo di Minyā, costruito sul lago di Tiberiade per l'omayyade al-Walīd all'inizio del sec. 8°, l'ingresso è un vano quadrato inserito tra due torri semicircolari, a formare nell'insieme un torrione oblungo di oltre m. 16; nel recinto minore di Qaṣr al-Ḥayr al-Sharqī, a S di Ruṣāfa, nel palazzo di Mshattà, pochi chilometri a S di ῾Ammān, e a Qaṣr al-ṭūba - tutti attribuiti da Creswell (1932-1940) a Hishām, califfo dal 724 al 743 -, gli ingressi sono inquadrati da due torri, di pianta semicircolare nel primo caso, semiottagona nel secondo, e infine da vani a pianta quadrata nel terzo.Negli esempi citati, così come negli altri c. omayyadi, la parte residenziale era suddivisa in bayt (appartamenti o nuclei di vani di abitazione disposti attorno a un cortile), generalmente allineati lungo il perimetro interno del muro di cinta e che lasciavano al centro del palazzo un ampio spazio libero.Anche nell'Occidente islamico, e in particolare in Ifrīqiya, la tradizione dei complessi residenziali fortificati si espresse in diversi edifici delle dinastie che governarono il Maghreb nei primi secoli dell'Egira. Non lontano da Kairouan gli emiri aghlabidi costruirono al-Qaṣr al-Qadīm, 'il vecchio c.' (800-801), che successivamente diede vita a una vera e propria città (descritta da al-Bakrī "con numerosi bagni, caravanserragli e mercati"), e che prese poi il nome di al-῾Abbāsiyya in omaggio alla dinastia regnante a Baghdad, per essere infine abbandonato nell'anno 877. Qaṣr al-Fatḥ, Qaṣr al-Ṣaḥn, Qaṣr al-Baḥr ('c. della Vittoria', 'c. del Cortile', 'c. del Lago') sono i nomi di altri palazzi fortificati del periodo aghlabide, costruiti alla fine del sec. 9° nella Tunisia centrale e di cui le ricerche archeologiche hanno soltanto in minima parte indagato le rovine.Grazie alle ricerche condotte da Marçais e Dessus-Lamare (1946), è noto il c. di Tahert, ad alcuni chilometri da Tiaret, in Algeria, costruito dagli imām rustamidi nel sec. 9°: si trattava di una cinta rettangolare (ca. m. 6635) alla quale si accedeva, attraverso un'unica porta, oltrepassando una cinta più piccola che la precedeva. L'area interna del c. era occupata in gran parte da un vasto cortile, lungo il cui perimetro si allineavano, addossate al muro interno, stanze di m. 4 ca. di larghezza e di lunghezza variabile e altri ambienti più stretti che potevano servire da magazzini; due rampe di scale che occupavano gli angoli opposti al lato di ingresso conducevano al piano superiore. Questo schema generale ricorda molto da vicino i c. omayyadi della Siria.Nel corso dei secc. 8° e 9°, lungo le coste dei territori islamici, furono costruiti numerosi c. (ribāṭ) per preparare nuovi attacchi contro i territori nemici piuttosto che per difendere le popolazioni costiere. La creazione di un ribāṭ "è strettamente legata al dovere della guerra Santa" (Marçais, 1954, p. 30); il ribāṭ poteva, se necessario, diventare un rifugio per le popolazioni minacciate da un attacco nemico e costituire, attraverso la sua torre, l'anello di una catena di trasmissione di segnali luminosi che collegava - secondo gli scrittori contemporanei - Alessandria d'Egitto a Ceuta; il suo ruolo fondamentale fu tuttavia quello di riunire i combattenti della guerra Santa, diventando con il tempo un centro di vita ascetica o mistica.Il primo ribāṭ - secondo al-Nuwayrī, che vi fa riferimento con il nome di al-Qaṣr al-Kabīr - fu costruito a Monastir nel 180 a.E./796 dal governatore abbaside Harthāma, ma il maggior numero di fortezze di questo tipo lungo la costa tunisina fu creato nel corso del secolo successivo; dell'attività di fortificazione in questo periodo esiste la tarda testimonianza di Ibn Khaldūn, che iperbolicamente attribuisce all'emiro Abū Ibrāhīm, che governò dall'856 all'863, la costruzione di diecimila fortezze.Il più conosciuto e meglio conservato dei ribāṭ della costa tunisina è quello di Sūsa, detto Qaṣr al-Ribāṭ, finito di costruire nell'821, durante l'emirato dell'aghlabide Ziyādat Allāh. Si tratta di un recinto rettangolare fiancheggiato da torri, poste al centro dei quattro lati e agli angoli della cinta. Mentre tutte le altre sono a sezione semicircolare, due torri hanno pianta quadrata: la prima, al centro del lato meridionale, contiene la porta che dà accesso all'edificio; la seconda, all'angolo sudorientale, fa da base a una torre cilindrica superiore che si innalza a sovrastare il ribāṭ fino a un'altezza di m. 15. All'interno delle mura, su tre lati, si allinea una serie di vani che si aprono lungo un portico delimitante un vasto cortile interno: il quarto lato è occupato da una moschea, mentre al centro del cortile è posta una fontana.Non tutti i ribāṭ superstiti del sistema costiero magrebino sono stati studiati in maniera approfondita; tuttavia gli esempi conosciuti permettono di affermare, da un punto di vista tipologico e costruttivo, un doppio legame, quello con la tradizione preislamica (in particolare con alcune fortezze di epoca bizantina) e, ancora una volta, quello con i c. omayyadi già ricordati.Anche sulla costa atlantica del Maghreb e della Spagna furono costruiti dei ribāṭ, forse in alcuni casi per il timore di incursioni normanne. Uno di questi edifici, eretto, sembra, per controllare i limiti settentrionali del territorio della confederazione berbera eretica dei Barghawāṭa, diede il nome alla capitale del Marocco, Rabat; successivamente, nel periodo almohade, assunte le dimensioni di una vera città, Rabat fu il luogo di raccolta dei guerrieri della fede destinati alla Spagna.Dalle fonti arabe si sa che diversi ribāṭ furono costruiti alla frontiera con l'impero bizantino e in Asia centrale, ma nessun esempio è stato identificato con certezza tale da poterne dare una definizione dal punto di vista della forma architettonica.La creazione di linee di difesa costituite da fortificazioni isolate fu un fenomeno frequente nelle situazioni di frontiera, per es. nel territorio dell'Andalus. Qui, a partire dal sec. 9° e fino alla fine del regno di Granada, furono creati diversi sistemi di fortificazione, seguendo volta per volta lo spostamento dei limiti delle aree di influenza e delle linee di pressione territoriale: lungo la frontiera con i territori cristiani, che fu per molto tempo sulla linea del Duero, e a ridosso dei Pirenei nella Marca Superior (al-thaghr al-a'la); ovvero, in occasione delle rivalità tra i diversi regni delle Taifas, per la difesa dei territori e per il controllo delle popolazioni; infine, nell'estremo periodo della difesa del regno di Granada, lungo linee di delimitazione territoriale a O e a N della città. Altri c. controllavano a distanze regolari i percorsi tra le principali città e costituivano luoghi di sosta e di tappa. Ne è un esempio il c. di El Vacar, sulla strada che da Córdova conduceva all'Estremadura: il rettangolo delle sue mura è fiancheggiato da bastioni a base quadrata (quattro agli angoli e quattro lungo i lati), con una sola porta di accesso vicina a uno degli angoli, secondo un impianto che si incontra frequentemente nelle fortezze bizantine del Maghreb. Altri ancora difendevano punti nevralgici del sistema di comunicazioni, come la fortezza quadrata conosciuta con il nome di Conventual a Mérida, fatta costruire da ῾Abd al-Raḥmān II nell'835 all'estremità di un ponte sulla Guadiana.Gli ḥuṣūn spagnoli di cui parlano le fonti arabe, in molti casi non identificati o non perfettamente localizzati, spesso senza tracce costruttive evidenti o totalmente rimaneggiati dopo la Reconquista, sono a volte difficilmente definibili da un punto di vista architettonico: il termine ḥiṣn poteva infatti indicare un edificio castellare, una fortezza di guarnigione, un villaggio fortificato oppure una cinta di mura in situazione eminente. Una regione particolarmente studiata è quella dello Sharq al-Andalus, l'oriente della Spagna musulmana. Nella regione di Denia (a S di Valencia, lungo la costa mediterranea della penisola iberica), gli studi hanno consentito di riconoscere le diverse tappe della creazione di fortificazioni e c. di epoca islamica. Lo sviluppo della costruzione di mura e di fortificazioni per la difesa di nuclei urbani in siti eminenti si diffuse alla fine del sec. 10° e, soprattutto durante l'11°, in corrispondenza con la creazione dei regni delle Taifas e con il frazionamento del potere generato dal progressivo indebolimento della dinastia omayyade. Più tardi, all'inizio del sec. 12°, cominciarono a essere erette le prime fortezze e apparvero veri e propri c. che accolsero gruppi stabili di popolazione e che diventarono centri amministrativi ed economici: a quanto sembra, la scelta della posizione di questi c. - di cui non rimangono generalmente che vestigia di interesse archeologico, ovvero parti inglobate in complessi architettonici profondamente trasformati in epoche successive - ha uno stretto rapporto con i percorsi stradali che dalla costa si dirigevano verso l'interno.In opposizione all'ipotesi che la creazione di questo sistema di fortificazione dovesse inserirsi all'interno di un'organizzazione e di un controllo territoriale di tipo tribale (Bazzana, 1980; Bazzana, Guichard, Segura Marti, 1982; Bazzana, Cressier, Guichard, 1988), è stato sottolineato il ruolo di un potere centrale nell'incastellamento territoriale che si realizza tra i secc. 10° e 12° (Azuar Ruiz, 1989): in una prima fase i c. sono elementi per un controllo territoriale a carattere marcatamente coercitivo e fiscale in funzione dell'economia delle Taifas, mentre nella seconda essi rispondono a una strategia difensiva del potere almohade che trova le sue ragioni nella conquista di Valencia da parte del Cid e nella successiva penetrazione cristiana all'interno del territorio valenzano.Da un punto di vista morfologico si incontrano in questi c. alcune caratteristiche ricorrenti: la pianta poligonale è formata da una muraglia a cremagliera da cui aggettano torri a pianta quadrata; la costruzione ha un basamento di muratura a strati paralleli, su cui si eleva la muraglia vera e propria con le sue torri, realizzata con il metodo della tabiyya - che si potrebbe definire opus caementicium (con argilla, terra, calce e acqua, come componenti fondamentali) posto in opera con l'uso di casseforme smontabili -; l'ingresso è formato da un passaggio a gomito e avviene attraverso una rampa protetta da due torri.Insieme alla normalizzazione del metodo costruttivo, grazie a un costante ricorso a un modulo di dimensioni ricorrenti per la tabiyya (cm. 90 di spessore, la stessa dimensione per l'altezza e m. 1,35 di lunghezza), è particolarmente interessante nei c. dello Sharq al-Andalus l'apparizione, a partire dal sec. 13°, di una torre poligonale che assume un ruolo fondamentale nella difesa e che ha un parallelo formale molto evidente nel maschio dei c. cristiani (Azuar Ruiz, 1989, p. 349). Nello stesso periodo, si deve alla Spagna musulmana l'invenzione di un nuovo elemento difensivo nella struttura del c.: la torre albarrana o esterna. Si tratta di una torre costruita in posizione avanzata all'esterno della cortina e a questa collegata da un muro che la mette in comunicazione con il resto della fortezza. Ne rimangono oggi pochi esempi, come l'albarrana a pianta pentagonale del c. di Caracuel (Ruibal, 1983).La scarsa densità, e a volte l'assenza, di tracce di costruzioni all'interno della cinta muraria, insieme alla scarsità dei materiali di tipo bellico ritrovati nel corso delle indagini archeologiche, sembra confermare il carattere difensivo di molti dei c. del periodo almohade, in cui più marcata era la funzione di albacar, cioè di cinta-rifugio per le popolazioni rurali del circondario in tempo di guerra o di insicurezza (Bazzana, Guichard, Segura Marti, 1982, p. 463).Anche in una regione molto lontana dalla Spagna, quale è la costa del sultanato dell'Oman, si ritrova il principio della cinta-rifugio, collegata tuttavia a una struttura castellare complessa: si tratta della cittadella di Hawrat Bargha (conosciuta nel secolo scorso come Qaṣr al-῾arīsh, 'c. delle Viti' o 'c. della Pergola'), la cui cinta corona una collina posta a km. 20 ca. dalla costa del golfo Persico e dal porto di Ṣuḥār. La struttura si compone di un ridotto fortificato sulla parte più elevata, fornito di una cisterna e di un maschio, destinato al comandante della fortezza e alla sua guardia, di un secondo recinto fortificato contiguo al primo, destinato senza dubbio al resto delle truppe, e infine di una cinta muraria di più grande estensione che ingloba le altre e che poteva, in caso di pericolo, mettere al riparo la popolazione civile. Il complesso comprende ventotto torri, di forme e dimensioni diverse, che si adattano alla configurazione del terreno e alla necessità della difesa: fu costruito nella seconda metà del sec. 13° dai sovrani nabhanidi per fronteggiare gli attacchi provenienti dalla prospiciente costa iranica, in un periodo in cui la regione della Bāṭina godeva della prosperità del commercio marittimo, dello sfruttamento minerario e di un'agricoltura molto sviluppata.Altre due fortezze dell'Oman - Wādī ῾Andam e Wādī Qanat - non lontano da Mascate, a S della precedente, appartenenti con ogni probabilità allo stesso periodo e allo stesso momento storico, mostrano una struttura più semplice, formata da una cinta muraria con una sola torre e un sistema di difesa limitato al controllo della porta di ingresso.La costituzione dei regni franchi nati dalle crociate e le impressionanti strutture militari edificate dai cristiani nei territori sottomessi della Palestina e della Siria ebbero notevoli ripercussioni sull'architettura militare musulmana del periodo. Almeno in un caso alla costruzione dei c. crociati fece riscontro la costruzione di un c. musulmano: si tratta della fortezza di Qal῾at al-Rabaḍ (o Qal῾at ῾Ajlūn), situata a N di ῾Ammān e poco distante da Gerasa. Saladino fece erigere il c. di ῾Ajlūn nel 1184, per contrastare l'avanzata crociata e proteggere l'importante pista carovaniera seguita dai pellegrini della Siria per recarsi ai luoghi santi della penisola arabica. Distrutto dai Mongoli nel 1260, il c. fu ricostruito dal sultano mamelucco Baybars poco tempo dopo e venne in seguito restaurato dall'emiro Fakr al-Dīn nel sec. 16° e da Ibrāhīm Pāshā nel secolo scorso.Più a E e più a N, nell'Iran montuoso della catena dell'Alburz, a S del mar Caspio, sono particolarmente noti i c. costruiti o usati come fortezze dalla setta ismailita (Ḥashīshīyūn) a partire dall'11° secolo. I c. di Alamūt, Lamasar Maymūndiz e Shamīrān occupano la sommità di picchi scoscesi, con ingegnosi dispositivi per captare e immagazzinare l'acqua. Il primo c. di Alamūt ('il nido dell'aquila') fu probabilmente costruito nell'860-861 da eretici perseguitati dal califfo abbaside e fu preso dal fondatore della setta Ḥasan al-Ṣabbāh, che Marco Polo chiama 'il vecchio della montagna', e profondamente rimaneggiato e ingrandito. Quanto rimane del c. - che non era soltanto una fortezza ma un complesso fortificato con stalle, quartieri abitati, moschee e giardini, pozzi e canali di irrigazione - rimonta probabilmente al periodo safavide e a un'epoca successiva, quando fu usato come prigione: in effetti Alamūt fu distrutto nel 1256 dal mongolo Hulagu, insieme ad altre fortezze della regione, come quella di Maymūndiz.
Bibl.:
Fonti. - Al-Bakrī, Description de l'Afrique septentrionale, a cura di W. MacGuckin de Slane, Paris 1911-19122 (1859); Ibn Khaldūn, Histoire des Berbères et des dynasties musulmanes de l'Afrique septentrionale, a cura di W. MacGuckin de Slane, 4 voll., Paris 1925-19262 (Alger 1852-1856); Al-Nuwayrī, Conquête de l'Afrique septentrionale par les musulmans et histoire de ce pays sous les émirs arabes, ivi, I, 1925, pp. 313-447.
Letteratura critica. - E. Herzfeld, Mshattâ, Ḥîra und Bâdiya, die Mittelländer des Islam und ihre Baukunst, JPreussKS 42, 1921, pp. 104-146; K.A.C. Creswell, Early Muslim Architecture, 2 voll., Oxford 1932-1940 (19692); G. Marçais, A. Dessus-Lamare, Recherches d'archéologie musulmane. Tîhert-Tagdemet (Août-Septembre 1941), Revue africaine 90, 1946, pp. 24-57; G. Marçais, Note sur les ribāts, in Mélanges René Basset, II, Paris 1950, p. 395ss.; id., L'architecture musulmane d'Occident. Tunisie, Algérie, Maroc, Espagne et Sicile, Paris 1954; P.R.E. Willey, The Castles of the Assassins, London 1963; J. Sauvaget, Châteaux umayyades de Syrie. Contribution à l'étude de la colonisation arabe aux I et IIe siècles de l'hégire, REI 36, 1968, pp. 1-52; H. Terrasse, A.D.H. Bivar, J.C. Bottoms, s.v. Ḥiṣn, in Enc. Islam2, III, 1975, pp. 515-520; A. Bazzana, Problèmes d'architecture militaire au Levant espagnol: le château d'Alcalá de Chivert, in Château Gaillard VIII, "Actes du Colloque international, Bad Münstereifel, 1976", Caen 1977, pp. 21-46; id., Albacar: la fonction refuge dans le château hispano-musulman de la région valencienne, in Châteaux et peuplement en Europe occidentale du Xe au XIIIe siècle, "Premières Journées internationales d'histoire, Flaran 1979", Auch 1980, pp. 192-197; A. Bazzana, P. Guichard, J.M. Segura Marti, Du Hisn musulman au Castrum chrétien: le château de Perpunchent (Lorcha, province d'Alicante), Mélanges de la Casa de Velázquez 18, 1982, pp. 449-465; R. Azuar Ruiz, Una interpretaciòn del hisn musulman en el ámbito rural, Revista del Instituto de estudios alicantinos 37, 1982, pp. 33-41; V. Dallière-Benelhadj, Le "château" en al-Andalus: un problème de terminologie, in Habitats fortifiés et organisation de l'espace en Méditerranée médiévale, "Actes de la Table ronde, Lyon 1982" a cura di A. Bazzana, P. Guiedhardt, J.M. Poisson, Lyon 1983, pp. 63-68; A. Ruibal, Estudio histórico-arqueológico del castillo de Caracuel, Al-Qantara 4, 1983, pp. 385-409; M. Bevia, L'alcabar musulmà del castell d'Alacant, Sharq al-Andalus 1, 1984, pp. 131-140; M. Schlumberger, M. Ecochard, N. Saliby, Qasr elHeir el Gharbi, Paris 1986; C. Esco, P. Sénac, Un Ḥiṣn de la Marche Supérieure d'al-Andalus: Piracés (Huesca), Mélanges de la Casa de Velázquez 23, 1987, pp. 125-150; M. Kervran, La citadelle de Hawrat Bargha, dans le sultanat d'Oman, Arts asiatiques 42, 1987, pp. 5-18; A. Bazzana, P. Cressier, P. Guichard, Les châteaux ruraux d'al-Andalus. Histoire et archéologie des Ḥuṣūn du Sud-Est de l'Espagne, Madrid 1988; P. Sénac, Note sur les Ḥuṣūn de Lérida, Mélanges de la Casa de Velázquez 24, 1988, pp. 53-69; R. Azuar Ruiz, Denia islámica. Arqueología y poblamiento, Alicante 1989.F. Cresti
Nel breve periodo della dominazione occidentale su parte della Siria e della Palestina (1096-1291), i nuovi conquistatori, giunti in quei territori durante le crociate, costruirono numerose opere fortificate di piccole e grandi dimensioni. Prendendo in considerazione la loro posizione e le loro forme edilizie, appare evidente come esse possano rispecchiare le diverse fasi di tale impresa avventurosa: il momento della conquista (1096-metà sec. 12°), quando, grazie alla superiorità militare degli invasori, sorsero quattro signorie (il ducato di Edessa e quello di Tripoli, il principato di Antiochia e il regno di Gerusalemme); la breve fase intermedia (durata fino alla battaglia di Ḥaṭṭīn del 1187), quando, in seguito a un rafforzamento della controparte islamica, si generò una sorta di equilibrio delle potenze che, grazie ai rinforzi giunti nella zona con la quinta e sesta crociata e grazie a un'accorta politica, si mantenne fino al primo terzo del sec. 13°; il periodo successivo, quando, a causa di disordini interni conseguenti alla crescente pressione nemica, la parte franca perse velocemente una posizione dopo l'altra, finché nel 1291 la caduta di Acri ne segnò la fine.Sebbene molti c. si siano conservati in buone condizioni, si avvertono ancora oggi tanto la mancanza di studi analitici e dettagliati sui singoli monumenti quanto l'assenza di dati precisi sulla genesi tipologica e cronologica dell'edilizia militare.I crociati, che nel sec. 11° in Occidente consideravano la motta dotata di cinta a palizzata quale edificio-tipo per una residenza signorile, giunti a Costantinopoli, in Asia Minore e nella Siria del Nord, si trovarono di fronte a edifici in pietra molto complessi, che riuscirono comunque a conquistare facilmente grazie alla esperienza maturata nelle costruzioni in legno e alle conoscenze sulla tecnica edilizia delle fortificazioni bizantine acquisite durante l'avanzata verso Oriente.Nel primo periodo del dominio franco le numerose cittadelle all'interno delle città del territorio appena conquistato e i c. edificati da governanti locali bizantini o musulmani (tra cui Ṣaḥyūn, Baǧras, Marqab, Crac, ῾Akkār, Arcas) furono utilizzati, dopo essere stati risistemati, se necessario, come basi d'appoggio. Inoltre, di fronte ad altre città - come per es. nel caso di Antiochia, il cui assedio durò sette mesi (1097-1098) - vennero costruiti c. o piccole basi d'appoggio stabili, come il c. presso Mont Pèlerin (1102-1105 ca.), vicino Tripoli, intorno al quale si sviluppò la nuova città. Mentre queste fortezze si trovavano ancora nelle immediate vicinanze delle città assediate, a una distanza maggiore furono eretti, di fronte a Tiro e Ascalona, edifici fortificati di sbarramento: nel caso di Tiro i c. di Le Toron (Tibnin, 1105-1107 ca.) e di Scandelion (1116); di fronte ad Ascalona, negli anni 1137-1142, le fortezze di Beth Gibelin, Ibelin e Blanche-Garde.Diversamente da quelli di fronte ad Antiochia, che vennero realizzati in legno e terra, gli edifici di Tiro e Ascalona sono in pietra, con funzioni di controllo sia per difesa sia per attacco delle vie d'accesso e delle zone circostanti le località assediate. Probabilmente si trattò di robuste torri con un muro di cinta, rinforzato a sua volta da altre torri o da bastioni, vere e proprie motte, tipologicamente dipendenti dai modelli francesi.Mentre si continuava a combattere per piegare gli ultimi centri della resistenza islamica nelle regioni costiere, nella prima metà del sec. 12° l'attività si concentrò, lungo i confini interni delle signorie franche, sull'ampliamento e sulla difesa dei territori conquistati, con la costruzione di c. in funzione di controllo sulle popolazioni e contemporaneamente di sfruttamento dell'economia locale. Così, il re Baldovino I, durante l'avanzata verso il mar Rosso, nel 1115 fece costruire in Transgiordania le fortezze di Montréal (alShawbak) e Li Vaux Moise (Petra), per garantire la sicurezza del territorio appena conquistato e per mantenere i collegamenti con le retrovie. Fece inoltre rinforzare la fortezza di Ile de Graye antistante il porto di Eilat e, nel 1142, accanto a un antico insediamento, innalzò la possente fortezza di Crac de Moab (Karak).Nel corso della prima metà del sec. 12° furono costruiti numerosi c. a protezione dei confini del regno di Gerusalemme a N e a E contro Damasco: nel 1129 ca. Paneas (Qal῾at Subayba), in un periodo imprecisato (1102 o 1140) Ṣafad (Huygens, 1981), nel 1139 Beaufort e poco più tardi Belvoir. Sul versante meridionale, minacciato dai Fatimidi, venne creata, con le rocche di Dārūm, Fier e con altre più piccole postazioni, una sorta di linea di sicurezza, che può essere considerata come un unico progetto di ampie dimensioni, sebbene le singole fortezze fossero affidate a diversi feudatari. Per la maggior parte queste nuove costruzioni vennero erette su più antichi insediamenti o rovine, in cui fosse assicurato l'approvvigionamento idrico e del materiale da costruzione; era importante occupare una posizione che permettesse un ampio raggio visuale e un collegamento a vista con le postazioni vicine. Anche nel principato di Antiochia una complessa rete di c. (per es. Burtzi, Ṣaḥyūn, Cursat, Bağras, Marqab, Balāṭunus), come pure il ponte fortificato sull'Oronte - il più volte conteso pons Ferris (Jiṣr al-Ḥadīd) -, rendeva sicuri il controllo del territorio e la percorribilità, nonché le vie interne di comunicazione.Dei c. sul confine orientale del principato si sono conservati pochi resti, poiché le zone a E dell'Oronte vennero nuovamente perse nel 1149. Nel regno di Tripoli, i c. di ῾Akkār, Gibelet (Jubayl), ῾Arīma, Coliath e il Crac des Chevaliers, così come Chastel Rouge e Chastel Blanc (Safīthā), appartengono al gruppo delle costruzioni difensive conquistate in questa prima fase, ma solo in parte trasformate. Anche per la maggioranza dei c. nei territori di Antiochia o Tripoli è testimoniato un più antico insediamento; sicuramente fu fondato ex novo il Mons Pelegrinus (Mont Pèlerin) e forse anche Coliath.I c. costruiti in questo primo periodo mostrano - laddove se ne conosca l'aspetto originale - forme estremamente varie. Si tratta principalmente di c. situati su alture, la cui forma dipendeva dal tentativo di sfruttare al massimo i vantaggi offerti dalla posizione geografica; quindi accanto a strutture lunghe e strette (per es. Tripoli, Qal῾at Subayba, Karak) si trovano anche costruzioni con piante circolari e raccolte (per es. Beaufort, Bağras, Le Toron, ῾Akkār), che quasi senza eccezione furono determinanti per la forma dei singoli edifici nelle più tarde fasi di ristrutturazione. Oltre a queste costruzioni, molto varie nei particolari, si contano anche numerose rocche che riprendevano l'antica tipologia del castrum nella pianta rettangolare con torri angolari e intermedie (per es. Gibelet, Chastel Rouge, Blanche-Garde, ῾Arīma, Coliath); non è possibile accertare, tuttavia, se si trattasse di consapevoli copie di castra tardoantichi. I particolari dell'apparato di fortificazione dei c. di quest'epoca sono infatti conosciuti solo in minima parte.Intorno alla metà del sec. 12° nei domini franchi è possibile individuare una netta cesura nello sviluppo delle costruzioni a carattere militare: due terremoti (1157, 1170), che recarono pesanti danni a molti c., e la contemporanea crescente ostilità nei confronti del nemico islamico costrinsero a opere di restauro molto veloci, volte in particolare al rafforzamento delle porte e dei lati esposti all'attacco. È, per es., il caso di Ṣaḥyūn, che già nella seconda metà del sec. 12° presentava le forme ancora oggi visibili: dietro il fossato (profondità m. 28) scavato nella roccia antistante si trova il donjon (lato m. 25), a cui si collega su entrambi i lati il muro frontale, rinforzato da bastioni semicircolari con magazzini retrostanti; sul fronte meridionale altre torri massicce erano a difesa del cassero e della zona bassa, separata da un fossato, mentre il versante settentrionale era protetto da ripide balze rocciose. Questo donjon appartiene, insieme a quello di Gibelet, ai primi esempi di una tipologia costruttiva che, a partire dal sec. 10°, assunse sempre crescente significato sia nell'Europa sia in queste regioni d'Oltremare. Non era possibile che la maggior parte dei signori ristrutturasse dal punto di vista difensivo edifici di tali dimensioni e, in effetti, a partire dalla metà del sec. 12°, numerosi c. passarono sotto il controllo degli ordini cavallereschi, divenuti nel frattempo potenti e ricchi.I Templari negli anni 1160-1170 insediarono il proprio quartier generale in un robusto donjon presso il porto di Tortosa e successivamente munirono i domini circostanti con una serie di c. più piccoli, ma edificati con cura (per es. ῾Arīma, Chastel Blanc); nello stesso periodo i Giovanniti dotarono i numerosi c. da poco acquisiti di robusti elementi di difesa, come testimoniato da Belvoir, Marqab e dal Crac des Chevaliers. Anche il re Baldovino IV, dopo la perdita di Paneas, fece costruire nel 1177-1178 due nuove fortezze: Le Chastellet e ChâteauNeuf (Hūnīn), di cui tuttavia perse il controllo di lì a poco.Nonostante questi sforzi edilizi, i signori franchi dopo la grave sconfitta di Ḥaṭṭin nel 1187 non furono in grado di difendere i propri possedimenti dall'offensiva del Saladino: Gerusalemme stessa e numerosi c. caddero nelle mani del sultano. Nel 1188 lo stesso accadde alle città portuali fortificate di Tiro e di Tripoli e poi alle cittadelle di Tortosa e di Antiochia e ad altri castelli. Grazie ai rinforzi sopraggiunti con la terza crociata, nel 1191 fu riconquistato l'importante porto di Acri; i contingenti militari giunti a seguito della quinta crociata favorirono nuove vittorie, come anche la sapiente politica diplomatica condotta da Federico II: nel 1229 l'imperatore svevo, divenuto nel 1228 re di Gerusalemme in seguito al matrimonio con Isabella di Brienne, fu in grado di riconquistare per alcuni anni la città, perduta poi definitivamente nel 1244.Le esperienze negative del 1187-1188 portarono a una rinnovata attività edilizia nelle città e nella maggior parte dei c. in Terra Santa; nelle città, che in un primo tempo erano difese da una semplice cinta, furono rinforzate sia le porte sia le murature della cinta stessa: a questo proposito sono ben note le tre cerchie di mura di Tiro e le fortificazioni di Acri, consistenti in un doppio muro munito di torri lungo tutta la sua estensione. Particolari sforzi richiese la difesa dei porti, al cui ingresso venivano costruiti piccoli c. (per es. Ṣaydā, 1229) o torri stabili di sbarramento (Gibelet, Beirut), tra le quali potevano essere tese catene di ferro, atte a bloccare il passaggio delle navi.In forme analoghe si intervenne su una serie di fortezze, anche perché nel 1202 il terremoto che aveva colpito la regione costiera della Siria aveva provocato gravi danni, aggiuntisi a quelli prodotti dagli attacchi arabi; interventi di ripristino sono testimoniati per il c. di Tortosa come anche per i vicini Chastel Blanc, Marqab e Crac des Chevaliers; nel 1227-1229 seguì la ristrutturazione della rocca di Montfort da parte dell'Ordine teutonico e nel 1240 vennero ricostruiti i c. di Le Toron e di Ṣafad e fu rinforzato quello di Beaufort.Parallelamente i Templari costruirono sulla costa, a partire dal 1217, lo Chastel Pèlerin; si tratta di una fortezza su una penisola, protetta da un fossato e da un doppio muro frontale con massicce torri, che, come il Crac des Chevaliers, costituisce la più chiara testimonianza delle nuove espressioni della tecnica di fortificazione. Le cortine murarie e le torri erano punti nodali di difesa e venivano protetti da murature di maggior spessore, da scarpate, oppure dall'inserimento di fusti di colonne di spoglio, riutilizzati contro il tiro e allo scopo di impedire lo scavo di gallerie sotto le fondamenta. Inoltre all'interno venivano spesso realizzati numerosi passaggi voltati posti a diversi livelli e provvisti di molte feritoie e barbacani sul coronamento delle mura. Ugualmente le porte venivano meglio difese grazie al susseguirsi di numerosi ostacoli (ponti levatoi, saracinesche, porte ricoperte di ferro, ecc.), come anche attraverso complesse vie d'uscita, con la possibilità di un costante fiancheggiamento. Il fine di ciascuna di queste misure era quello di compensare la sensibile mancanza di uomini con un maggiore impiego di strutture difensive.
Bibl.: E.G. Rey, Etude sur les monuments de l'architecture militaire des croisés en Syrie et dans l'île de Chypre (Collection de documents inédits sur l'histoire de France; s. I, Histoire politique), Paris 1871; P. Deschamps, L'architecture des croisés en Terre Sainte, I, Le Crac des Chevaliers; II, La défense du Royaume de Jérusalem (Bibliothèque archéologique et historique, 19, 34), Paris 1934-1939; T.E. Lawrence, Crusader Castles, 2 voll., London 1936; R. Fedden, Crusader Castles. A Brief Study in the Military Architecture of the Crusades, London 1950; R.C. Smail, Crusading Warfare (1097-1193), Cambridge 1956; Crusader Castles, a cura di R. Fedden, J. Thomson, London 1957; W. MüllerWiener, Burgen der Kreuzritter im Heiligen Land, auf Zypern und in der Ägäis, München 1966; T.S.R. Boase, Castles and Churches of the Crusading Kingdom, Oxford 1967; P. Deschamps, L'architecture des croisés en Terre Sainte, III, La défense du Comté de Tripoli et de la Principauté d'Antioche (Bibliothèque archéologique et historique, 90), Paris 1973; R.C. Smail, The Crusaders in Syria and the Holy Land, London 1973, pp. 89-122; T.S.R. Boase, Military Architecture in the Crusader States in Palestine and Syria, in A History of the Crusades, a cura di K.M. Setton, IV, The Art and Architecture of the Crusader States, a cura di H.W. Hazard, Madison-London 1977, pp. 140-164; R.B.C. Huygens, De constructione castri Saphet. Construction et fonctions d'un château fort franc en Terre Sainte, Amsterdam 1981; M. Braune, Die mittelalterlichen Befestigungen der Stadt Tortosa/Ṭarṭus̄. Vorbericht der Untersuchungen 1981-1982, Damaszener Mitteilungen 2, 1985, pp. 45-54; D. Leistikow, Kreuzritterburgen im lateinischen Königreich Jerusalem. Überblick und Forschungsstand, MDAIIst 39, 1989, pp. 341-372.W. Müller-Wiener