CASTRA
Si indicano con C. le rovine che occupano parte di uno sperone roccioso prospiciente il versante orientale del fiume Coghinas (odierno bacino artificiale), nel territorio di Oschiri (Sassari), regione di Montacuto. Accettando l’identificazione di C. con Luguido, la statio ricordata nell’Itinerarium Antonini (corrispondono in parte le 25 miglia indicate) lungo la via da Hafa (localizza- bile forse a Mores) a Tibula (probabilmente S. Teresa di Gallura), ne consegue il suo carattere spiccatamente militare, in una posizione strategica da dove era possibile controllare sia la strada da Cagliari a Olbia attraverso Hafa, sia il percorso, anch’esso militare, che aggirava a occidente il monte Limbara e raggiungeva Gemelle (probabilmente nei pressi di Tempio) e quindi Tibula. Un insediamento militare che consentiva inoltre una continua attenzione verso le popolazioni dei Balari e dei Corsi, che abitavano il Logudoro e la Gallura, ben note per il carattere bellicoso e di minaccia verso le posizioni romane del territorio. Alla fine del XVI sec. il Fara (De chorographia Sardiniae, II, Torino 1835, pp. 67-68), menzionava l’urbs Castri come già in rovina («in regione Montisacuti solo prostrata iacet») e nel secolo scorso se ne indicavano alcune strutture e in particolare «mura robuste in figura rettangolare e forse di 250 passi di circonferenza e con tre ordini di mura alla parte contro Ozieri, onde era più facile l’accesso» e «solidissimi edifizi e alquante costruzioni mezzo demolite e sotto di esse alcuni sotterranei», aggiungendo inoltre «che la fonte pubblica era nella linea a Tula prima del fiume (Coghinas) in un concavo con avanzi del proprio edifizio» come rimanevano ancora resti dell’acquedotto con tubi plumbei.
Si precisava ancora che i resti dell’insediamento si trovavano presso una chiesa dedicata a S. Simeone (il colle porta ancora oggi tale denominazione), ove è documentato il ritrovamento di numerose monete romane, di pietre scolpite, nonché la frequenza di «ottime corniole». E inoltre testimoniato, in epoche diverse, il ritrovamento di sepolture con suppellettile ceramica e vitrea; in particolare una tomba a cappuccina era costruita con embrici recanti il bollo di figlina Sex(ti). Per le sepolture rivestono particolare rilevanza le iscrizioni rinvenute genericamente «in regione S. Simeonis» ovvero le altre recuperate sulle rive del bacino del Coghinas. Tra le prime (oltre CIL, X, 7892) si conoscono due cippi di trachite porfirica con dedica rispettivamente, a quanto sembra, a un Aspiridinio e a una Melisa lulia. Le seconde sono dedicate a militari, di cui uno appartenente alla coorte III di Aquitani. La presenza militare è inoltre attestata dal ritrovamento di una tegola con la menzione della coorte I di Sardi.
Gli scavi archeologici iniziati nel 1987, uniti a una sistematica ricognizione di superficie, consentono di aggiungere alcuni dati di rilevante interesse. Una struttura circolare ancora evidente sulla sommità della collina, con ogni probabilità pertinente a età nuragica, suggerisce di collocare in quel periodo la prima occupazione del suolo. L’insediamento militare romano sembrerebbe attestato nella prima età imperiale, come indicato dalle epigrafi sopra ricordate (lo confermano anche i numerosi ritrovamenti di sigillata italica, sigillata africana A, ceramica a pareti sottili), ma la stratigrafia recuperata nei settori indagati ha consentito di accertare fasi di ristrutturazione di cui una da attribuire con certezza al primo periodo bizantino (materiali fittili con incise lettere greche, già noti nell’isola). Del resto anche la cinta muraria superstite, che delimita attualmente in parte la sommità del colle, è costruita in opera a telaio, con materiali litici allettati con abbondante malta, ricca di intrusi anche ceramici che consentono, insieme alla tecnica costruttiva, di proporne una datazione al medesimo periodo. Acquista pertanto maggior valore la proposta di riconoscere in C. quei Castra felicia menzionati dall’Anonimo Ravennate (sec. VIII).
Più difficile si presenta il tentativo di rintracciare sul terreno l’insediamento medievale divenuto anche sede episcopale legata alla chiesa di Nostra Signora di Castro, edificio risalente nelle forme attuali al sec. XII. La chiesa è ubicata su un colle contiguo verso NE e diviso dal nucleo fortificato da un avvallamento con una distanza che supera di poco il chilometro.
Bibl.: G. Casalis, Dizionario geografico, storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, IV, Torino 1837, p. 277 s.; G. Spano, in Bullettino Archeologico Sardo, 1858, p. 46; 1871, p. 32; 1874, p. 41; A. La Marmora, Itinéraire de l'île de Sardaigne pour faire suite au voyage en cette contée, II, Torino i860, pp. 245 ss.; A. Taramelli, Edizione archeologica della Carta d'Italia, fogli 181-183. Tempio Pausania - Terranova Pausania, Firenze 1939, p. 25 ss.; G. Maetzke, Oschiri (Sardinia. Sassari), in FA, XIV, 1959 (1962), p. 277, n. 4232; P. Meloni, La Sardegna romana, Sassari 1980, pp. 258 s., 275, 292, 305, 422; E. Belli, La viabilità romana nel Logudoro-Meilogu, in II nuraghe S. Antine nel Logudoro-Meilogu, Sassari 1988, p. 378 s.; L. Pani Ermini, Città e fortificazioni in Sardegna nell'altomedioevo: una ricerca in atto, in Materiali per una topografia urbana. Atti V Convegno sull'archeologia tardoromana e medievale in Sardegna, Cagliari-Cuglieri 1988, in corso di
(L. Pani Ermini)