CATALOGNA
(catalano Catalunya; Catalania, Cataluign, Catalonia nei docc. medievali)
Regione della Spagna nordorientale, suddivisa nelle prov. di Lérida, Tarragona, Gerona e Barcellona, che comprende attualmente l'estremità sudorientale dei Pirenei, la depressione interna del bacino del Segre - al centro della quale è la piana quaternaria di Lérida - e infine la zona mediterranea, costituita dalla catena catalana e dall'area costiera. La C. storica include anche una parte dell'Aragona e una del dip. Languedoc-Roussillon, in Francia.Il primo nucleo del territorio, al quale fu dato in seguito il nome di C., si formò alla fine del sec. 10°, intorno a Barcellona, dall'insieme di contee della marca meridionale dell'impero franco (Marca Hispanica). Dopo il saccheggio di Barcellona da parte di al-Manṣūr nel 985, il conte Borrell II, con l'appoggio dei conti vicini, ruppe i legami con la dinastia capetingia. A metà del sec. 11° i possedimenti dei conti d'Urgell, Besalú, Cerdanya (franc. Cerdagne) e Barcellona erano denominati dai paesi cristiani vicini 'regno di Barcellona' e 'barcellonesi' i loro abitanti. Soltanto in seguito questa regione, con i territori annessi e conquistati, ricevette il nome di Catalania, del quale la più antica menzione si trova nel giuramento fatto dai soldati di Carcassonne a Raimondo Berengario III di Barcellona, datato 1107 (o 1112) e copiato nel Liber Maiolichinus (1114-1115), attribuito a Enrico Pisano, e nel Liber feudorum maior (1192-1196). Il territorio corrisponde sostanzialmente a quello denominato Catalunya Vella dai giuristi dei secc. 13°-15°, comprendente la diocesi di Gerona, metà di quella di Barcellona, a N e a E del Llobregat, e gran parte di quella di Vic. Vengono comprese nella Catalunya Vella le antiche contee del Rossiglione fino a Urgell, escluse quelle di Pallars e di Ribagorça che, con i territori di Lérida e di Tortosa, conquistati alla metà del sec. 12°, andarono invece a formare la Catalunya Nova, situata a O e a S della conca di Llobregat. Nel sec. 13° il toponimo C. designava la totalità del territorio compreso tra il fiume Cinca, la marca di Tortosa e lo stagno di Salses.Nel 1137, con il matrimonio tra Raimondo Berengario IV e Petronilla, figlia ed erede di Ramiro II re d'Aragona, vennero uniti alla C., sotto un'unica dinastia, il regno d'Aragona, la contea di Ribagorça e il regno di Saragozza. All'unione politica tra Aragona e C. corrispose quella ecclesiastica con l'inclusione, nel 1154, a opera del papa Anastasio IV, delle diocesi d'Aragona e di Navarra nella rinnovata provincia ecclesiastica Tarraconense. Raimondo Berengario IV, Alfonso I e Pietro I perseguirono una politica di espansione verso l'Occitania, ma, dopo la disfatta e la morte di Pietro I a Muret (1213), in accordo con gli interessi della nobiltà feudale e della borghesia mercantile catalana, si puntò alla conquista dei territori islamici, che culminò con l'annessione definitiva di Maiorca (1230) e del regno di Valencia (1240).Con il trattato di Corbeil (1258) Giacomo I ottenne inoltre da Luigi IX di Francia la piena sovranità sui territori della monarchia aragonese in cambio della rinuncia ai domini occitanici, a parte Montpellier.L'incremento dei traffici marittimi della corona tramite i porti di Barcellona, Valencia e Maiorca portò nei secc. 14° e 15° a un'egemonia catalano-aragonese nel Mediterraneo: la Sicilia (1282), Gerba (1309), i ducati d'Atene e Neopatria (1311, 1319), Iglesias e Cagliari (1324) e infine Napoli (1442) restarono vincolati temporaneamente al regno. Il periodo propriamente medievale del regno catalano-aragonese si concluse con Ferdinando II (1479-1504), che grazie al suo matrimonio con la regina Isabella unì i territori del suo regno con quelli della Castiglia.Le coordinate cronologiche della C. sotto l'aspetto artistico possono essere articolate in quattro periodi: una fase iniziale, a partire dal sec. 8° sino al 10°, in cui si ebbero dapprima una cosciente ripresa delle linee artistiche interrotte dall'invasione saracena della Spagna del 711 e, dal sec. 9°, le prime manifestazioni originali; un secondo periodo, dall'ultimo quarto del sec. 10° sino alla fine del 12°, in cui, oltre all'affermarsi delle forme create in precedenza, la C. cominciò ad aprirsi verso altre regioni europee; quindi, il sec. 13°, quando all'ampliamento territoriale corrispose il diffondersi dell'arte catalana, la quale, pur mantenendo le forme tradizionali, si arricchì di nuovi elementi; infine, i secc. 14° e 15°, che videro l'espansione catalana nel Mediterraneo e il passaggio dell'egemonia culturale dall'ambito ecclesiastico a quello laico.L'annessione all'impero carolingio - nel 785 Gerona venne ceduta a Carlo Magno e nell'801 Ludovico il Pio conquistò Barcellona - diede inizio in C. a un processo di recupero dell'arte preislamica: si tratta di un'arte sobria e di scarse risorse, impropriamente definita preromanica, i cui esiti giunsero sino all'ultimo quarto del 10° secolo. Gli edifici, generalmente coperti con volte in pietra, e le murature, disomogenee e inframezzate da filari di lastre o da pietre disposte a formare un opus spicatum, includono frammenti ceramici per drenare l'umidità dalle pareti. Soltanto in alcune costruzioni si utilizzano piccole pietre squadrate (Terrassa). Gli archi sono a pieno centro, rialzati o ribassati, con un intento decorativo evidente anche nella disposizione ravvicinata dei piedritti rispetto all'imposta degli archi. Gran parte delle costruzioni di quest'epoca è nota solo da riferimenti documentari, come nel caso delle primitive cattedrali di Elne, Gerona, Vic e Seu d'Urgell; tra gli esempi conservati di notevole interesse sono le chiese di Terrassa (Santa Maria, Sant Pere e Sant Miquel), generalmente datate al 9° secolo.Nel sec. 10° si ebbe il momento di maggiore impulso edilizio, attestato, oltre che dalle fonti, dai monumenti. Preziosa testimonianza dell'architettura dell'epoca è il monastero di Saint-Michel-de-Cuxa, la cui planimetria è ricostruibile nel complesso, e di cui si conserva la chiesa a pianta basilicale con tre navate divise da pilastri, transetto molto pronunciato e capocroce con cinque absidi, con la centrale a terminazione rettilinea e le laterali semicirolari. Allo stesso periodo risalgono il monastero di Santa Maria di Ripoll, la cui chiesa originaria aveva pianta basilicale divisa in cinque navate da pilastri e colonne, e la fase iniziale di quello di Sant Pere de Rodes. Da menzionare sono anche le chiese di Sant Lluís de Boada, Sant Quirze de Pedret, Saint-André-de-Sorède, Sant Miquel de Olérdola, Sant Joan de Bellcaire d'Empordà, Santa Maria de la Tossa di Montbui. La decorazione plastica è concentrata sulle imposte, le cornici, le basi e i capitelli ed è generalmente fitomorfa, a parte qualche eccezione di qualità non omogenea, come il capitello figurato del chiostro di San Benet de Bages e le cornici d'imposta con teste scolpite a Sant Hilari de Abrera e a Sant Pere de les Puelles. Le forme vegetali derivate dal capitello corinzio, presenti per es. nel capitello romano riutilizzato a Sant Miquel di Terrassa, vengono rielaborate in alcuni dei capitelli di Sant Pere de les Puelles, Cornellà de Llobregat e Santa Maria di Ripoll, caratterizzati da un doppio ordine di foglie.Tra i rari esempi di pitture murali conservate, alcuni si rifanno alla tradizione pittorica della Tarda Antichità (Santa Maria, Sant Miquel e forse Sant Pere di Terrassa), mentre in altri (Pedret e Campdevànol), benché l'iconografia riprenda modelli di tradizione romana, le soluzioni tecniche appaiono molto primitive. Per quanto riguarda gli oggetti liturgici, fonti dei secc. 9° e 10° (atti di consacrazione di chiese, testamenti, inventari) testimoniano l'esistenza di oggetti d'oro e argento, decorati con gemme, destinati al culto: calici, croci, tabernacoli di altare e antependia. Tra le opere conservate deve essere menzionato l'altare portatile in argento del monastero di Sant Pere de Rodes (Gerona, Mus. d'Art; sec. 10°). Molti oggetti e manoscritti miniati, benché attestati in C. già nel Medioevo, non furono realizzati nella regione: per es. i Commentari all'Apocalisse di Beato di Liébana di Gerona (Mus. de la Catedral, Arx. i Bibl., 7) e di Seu d'Urgell (Mus. Diocesà, 501); lo scrigno di Hishām II (Gerona, Mus. de la Catedral) è invece di produzione cordovana.Intorno al Mille la sempre maggiore indipendenza delle contee catalane dalla monarchia franca, la caduta del califfato - con la conseguente divisione dei territori islamici nei regni delle Taifas, con centri culturali propri, spesso in relazione con le contee catalane - e i legami, sempre più forti, con l'Italia e il papato provocarono una cesura con il passato che si manifestò chiaramente nell'aprirsi della regione verso il resto dell'Europa. Questo comportò, in ambito artistico e in particolar modo in architettura, il reinserimento in una tradizione di origine classica. Benché tale fenomeno, definito Romanico meridionale, interessasse un'ampia area erede di questa tradizione (C., Linguadoca, Provenza, Liguria, Lombardia, Toscana, ecc.), ciò non implicò un'assoluta uguaglianza di forme. La C. presenta infatti nell'architettura e nella scultura alcune soluzioni originali, mentre per la pittura della fine del sec. 11° e del 12° è più stretto il legame con l'arte di altre regioni, talvolta anche lontane come il Poitou. Caratteristiche invece le grandi Bibbie prodotte in C. nella seconda metà del sec. 11°, quella di Ripoll (Roma, BAV, Vat. lat. 5729) e quella di Sant Pere de Rodes (Parigi, BN, lat. 6).In architettura si riscontra la presenza di due correnti tra loro distinte, anche se in entrambe predomina la pianta basilicale, con transetto non emergente o priva di transetto. La prima tendenza, c.d. lombarda - diffusa su entrambi i versanti dei Pirenei e, verso S, fino alla regione del Penedès (Santa Oliva, Marmellar, Calafell) -, si caratterizza per l'uso di pietre allungate, non troppo grandi e solo sgrossate, destinate a essere ricoperte da uno strato di calce. La decorazione architettonica è prevalentemente realizzata con lesene e arcate cieche; le finestre sono per lo più strette, ma a doppio sguancio. All'interno di questa corrente è tuttavia possibile osservare delle differenziazioni: nella zona orientale, per es., gli edifici, in gran parte della prima metà del sec. 11°, presentano grandi campanili a pianta quadrata (cattedrali di Gerona e di Vic, monasteri di Saint-Michel-de-Cuxa, di Santa Maria di Ripoll e di Sant Salvador di Breda); al centro della regione compaiono gli edifici con la pianta più complessa, di cui gli esempi più notevoli sono i monasteri di Sant Vicenç di Cardona e Sant Serní de Tavèrnoles (Barcellona), mentre nell'Ovest (chiese dell'Andorra, dell'alto Urgell, della zona di Pallars e della Vall d'Aran) le costruzioni, di carattere più modesto, sono spesso affiancate da campanili alti e snelli. Sono perdute invece le chiese a pianta circolare del sec. 11°, quali la Trinitat di Saint-Michelde-Cuxa e la Rodona di Vic.L'altra tendenza architettonica, dal carattere più monumentale, costituisce lo sviluppo di un processo artistico iniziato nei secoli precedenti, ma con innovazioni importanti. Fra gli esempi del Rossiglione e dell'Empordà, edifici in pietra ben tagliata con colonne e grandi capitelli, vanno menzionati: Sant Pere de Rodes, consacrata nel 1022, Saint-André-de-Sorède, Saint-Génis-des-Fontaines, la cattedrale di Elne, consacrata nel 1069, Sant Miquel de Fluvià, costruita dal 1045 al 1066, e, di carattere più innovatore, Sant Pere di Áger e la cattedrale romanica di Barcellona, dedicata nel 1058, della quale restano solo alcuni elementi.Per l'architettura civile di questo periodo sono da ricordare il castello di Llordà e quello di Coaner e il corpo principale del palazzo dei Conti di Barcellona.Durante i secc. 11° e 12° l'architettura catalana in sostanza non mostra tratti originali né per tipologie né per decorazione; in essa confluiscono formule e soluzioni ornamentali provenienti dalle già citate tendenze. Nel sec. 12° tuttavia si osservano, in un'area che comprende il Rossiglione, la Cerdanya, la Garrotxa, l'Urgell e l'Empordà, alcune soluzioni nuove, relative più alla decorazione che alla struttura, nelle quali gli elementi di origine occitanica e italiana si fondono con quelli locali.La plastica del sec. 11°, completamente subordinata all'architettura, presenta ornati vegetali e rari inserti figurati. Le tecniche proprie della tradizione tardoromana sono presenti, oltre che nella decorazione a stucco di Sant Serní de Tavèrnoles, nei rilievi e nei capitelli di Sant Pere de Rodes, Saint-Génis-des-Fontaines e Saint-André-de-Sorède, esempi che si inseriscono pienamente in una produzione artistica mediterranea comune a Linguadoca, Provenza e Catalogna. I motivi fitomorfi o geometrici quali quelli che si ritrovano nelle cornici d'imposta della collegiata di Sant Pere di Áger e della cattedrale di Barcellona rimasero in uso presso gli scalpellini barcellonesi fino ai primi anni del sec. 14° (portale di Santa Agnès de Malanyanes, del 1301) e, sebbene in modo diverso, compaiono in monumenti cistercensi come l'abbazia di Poblet, a Vic, e nelle ultime serie di capitelli di Santa Maria de l'Estany (metà del sec. 12°).Per il sec. 12° nell'area occidentale della regione è di particolare rilievo la cattedrale di Seu d'Urgell, che, se dal punto di vista architettonico mostra legami con l'Italia settentrionale, per ciò che riguarda la scultura riprende modelli occitanici. Nella regione di Gerona - che si distingue per l'importazione di marmi dal Conflent - le opere conservate a Sant Joan de les Abadesses sono di notevole qualità; a Ripoll e a Vic inoltre fu attiva un'estesa scuola di scultori. Intorno al 1200 la scultura sembra aver avuto come centro principale dapprima Gerona (chiostri, in particolare quello della cattedrale) e quindi Barcellona (chiostro di Sant Cugat del Vallès, iniziato da Arnau Cadell), ma fu fiorente anche a Santa Maria de l'Estany (capitelli con scene della Vita di Gesù). A Solsona va menzionata la decorazione architettonica della cattedrale di Santa Maria (antica canonica agostiniana) e quella della Mare de Déu del Claustre, chiaramente legata a Tolosa, mentre a Tarragona esempi di scultura di una certa rilevanza, spesso in marmo, si ritrovano nel chiostro. A Lérida il confluire di influenze rossiglionesi (sculture a Elne e a Perpignano), italiane, tolosane e in piccola parte mozarabiche diede origine nel sec. 13° a una splendida scuola, che ebbe il suo fulcro nella cattedrale e i cui esiti giunsero fino alla regione di Valencia (porta del Palau de la Seu).Notevole sviluppo ebbe nella valle del Boí, nella Garroxta, nella Cerdanya e a Viella la scultura in legno, i cui esempi migliori (madonne, antependia, crocifissi e deposizioni), spesso policromi, risalgono verosimilmente alla prima metà del 12° secolo.Grande importanza acquisì nel sec. 12° la miniatura, in particolare a Ripoll, dove furono eseguite grandi bibbie che vennero prese a modello nella produzione di altri centri come Vic, Cuxa, Arles o Gerona, mentre a Barcellona la miniatura sembra aver mantenuto un suo carattere peculiare.La pittura murale, di cui si conservano molte testimonianze, presenta una pluralità di aspetti. A una maniera di carattere popolare, della prima metà del sec. 11°, che conserva legami formali e iconografici con la pittura precedente, per es. i dipinti murali di Sant Miquel nel castello di Marmellar (Barcellona, Mus. d'Art de Catalunya), del Sant Sepulcre de Olèrdola e della Santa Creu nel castello di Calafell, succedono, a partire dall'ultimo quarto del sec. 11°, due correnti artistiche che collocano la pittura romanica catalana nel contesto europeo. La prima, nella quale si inseriscono opere quali le pitture murali di Sant Joan de Boí, Alta Ribagorça (Barcellona, Mus. d'Art de Catalunya) o quelle dell'abside di Sant Pere di Seu d'Urgell, è legata a esempi del Poitou. L'altra, da ricondurre alla produzione dell'Europa meridionale, trova le sue espressioni migliori nelle pitture della chiesa di Pedret (Berguedà), delle absidi di Sant Pere de Burgal, di Santa Maria de Àneu (Pallars Sobirà) e di Sant Pere di Àger (Noguera) e della chiesa di Sant Lisier (Arieja), che fanno riferimento a esempi italiani (S. Angelo in Formis, Ventaroli, Oleggio e Civate). Alla stessa corrente fa capo una serie di pitture su tavola quali l'antependium di Sant Martí di Ix e quello detto dels Apòstols (Barcellona, Mus. d'Art de Catalunya).A partire dal secondo quarto del sec. 12° le due correnti sembrano fondersi: ciò è evidente nelle pitture murali di Sant Climent e Santa Maria di Taüll (ora a Barcellona, Mus. d'Art de Catalunya) e di Sant Pere di Sorpe (Barcellona), ma anche nel frammento di baldacchino d'altare di Ribes de Fresser (Vic, Mus. Arqueologic-Artistic Episcopal); rimane invece legata alla corrente artistica di derivazione settentrionale l'abside di Sant Sadurní de Osomort (Osona), mentre i dipinti murali nella navata di Sant Salvador di Polinyà del Vallés si inquadrano ancora nell'ambito artistico di influenza italiana.Alla fine del secolo i rinnovati rapporti con l'Italia si evidenziano nelle opere prodotte dalla bottega del Maestro di Balltarga e, a un livello qualitativo più alto, in quelle del Maestro di Avià e del Maestro di Lluçà, accanto ai quali tuttavia continuarono a lavorare artisti fedeli alla tradizione locale, quali il Maestro di Espinelves e il Maestro di Mosoll e i miniatori dei Llibres dels feus di Barcellona (Liber feudorum maior, Liber feudorum Ceritaniae; Barcellona, Arx. Cor. Arag., Reg. 1, Reg. 4). Non devono essere infine dimenticate opere dal carattere singolare, quali i ricami, tra cui vanno menzionati il Tapís de la Creació, della fine del sec. 11° o degli inizi del 12° (Gerona, Mus. de la Catedral), e lo stendardo di s. Ot, vescovo di Urgell (m. nel 1122; Vic, Mus. Arqueologic-Artistic Episcopal).La svolta del 1200 non comportò una rottura con i modi costruttivi e plastici romanici, e neppure è possibile considerare il sec. 13° come un'epoca di transizione dalle forme tradizionali a quelle gotiche sorte nell'Europa settentrionale; vi si svolse piuttosto un processo parallelo fra la tradizione e l'innovazione più che un'evoluzione da una forma all'altra. Per tutta la prima metà del sec. 13° si può osservare un ristagno delle forme romaniche accompagnato dal perdurare dei contatti con l'Italia e, in misura minore, con la Linguadoca (Tolosa). Ciò vale particolarmente per i centri secondari, soprattutto nella Catalunya Vella, mentre nei centri urbani maggiori (Barcellona, Gerona, Perpignano), in alcuni distretti della Catalunya Nova, nelle 'nuove' città riconquistate all'Islam (Lérida, Tarragona, Tortosa, Palma di Maiorca, Valencia) si può osservare, intorno all'ultimo quarto del secolo, l'introduzione delle nuove forme gotiche sovrapposte e adattate alla spazialità e alle strutture preesistenti.Tale realtà artistica è comprensibile solo nel quadro della situazione politica, sociale e territoriale del paese. La monarchia, consolidatasi già dall'epoca di Raimondo Berengario IV e dell'unione con il regno d'Aragona, determinò gli orientamenti architettonici ecclesiastici e, stabilendo un legame con la borghesia urbana, autentica aristocrazia mercantile, contribuì alla crescita e alla definizione istituzionale delle città, con notevoli conseguenze nell'urbanistica e nell'architettura. A Barcellona per es. fu progettata una cinta muraria che doveva proteggere i quartieri di nuova formazione, quali quello di Santa Maria del Mar e di Sant Pere de les Puelles; il Palau Reial Major fu più volte restaurato; furono costruite le drassanes ('arsenali'), così chiamate da Pietro III il Grande (1281). Allo stesso fervore edilizio si devono la costruzione del palazzo municipale di La Paeria a Lérida e le cappelle inferiore e superiore del Palais des Rois de Majorque a Perpignano.Con Giacomo I, che regnò tra il 1213 e il 1276 e diede la propria impronta alla politica catalana, furono riconquistate Maiorca e Valencia e si posero le basi per la successiva espansione mediterranea, che, di fatto, ebbe inizio con Pietro III d'Aragona e la sua alleanza con gli Svevi di Sicilia, che aveva l'obiettivo di fondare una dinastia in funzione antiangioina legata al casato di Barcellona. Anche la nobiltà partecipò a tale processo, come dimostrano i palazzi cittadini costruiti presso la corte (casa del Marqués de la Floresta a Tàrrega), ma anche il restauro e l'ampliamento delle residenze rurali (castello di Maldà, dei conti di Cardona; castello di Verdú, della famiglia Cervera, ecc.). Di questo processo beneficiò soprattutto la Chiesa, che grazie agli introiti di cui disponeva poté dar vita a grandi programmi architettonici e decorativi: furono costruite cattedrali e chiese parrocchiali nelle città riconquistate di recente (Tarragona, cattedrale; Lérida, antica cattedrale, Sant Llorenç e Sant Martí; Agramunt, Santa Maria), si ampliarono e si restaurarono alcuni antichi edifici nei nuclei urbani preesistenti e se ne crearono di nuovi. A Barcellona si progettò la costruzione di una nuova sede vescovile (attestata dalle fonti e dai dati archeologici) e fu edificata la cappella di Santa Llúcia. Furono inoltre realizzati le volte e il chiostro del monastero di Sant Cugat, mentre a Perpignano fu edificata la chiesa di Saint-Jean-le-Vieux. Un ulteriore impulso all'attività architettonica si deve ai nuovi ordini monastici, in particolar modo ai Cistercensi, le cui abbazie (Poblet, Santes Creus e Vallbona de les Monges), benché fondate nel secolo precedente, furono costruite sostanzialmente nel 13° secolo. Nelle città ebbero un ruolo fondamentale gli Ordini mendicanti (come testimonia la costruzione dei conventi, perduti, di Santa Caterina e Sant Francesc a Barcellona e di quello di Sant Francesc a Vilafranca del Penedès). Importante fu anche l'apporto degli Ordini cavallereschi (castello di Peníscola, dei Templari; chiesa di Sant Joan de l'Hospital a Valencia, degli Ospedalieri).La produzione plastica appare nel sec. 13° piuttosto limitata rispetto all'architettura: un fatto comprensibile in un'epoca dedicata all'espansione e all'organizzazione del territorio. Fino al decennio 1260-1270 predominò la tradizione romanica, della quale i capitelli del chiostro di Santa Maria de l'Estany (Bages) costituiscono uno degli esempi più attardati. Un quadro di riferimenti più ampio mostrano invece i capitelli del chiostro e il paliotto della cattedrale di Tarragona, in cui si ravvisa l'influsso di correnti italiane, forse modenesi, e i capitelli eseguiti dalla prima bottega attiva nell'antica cattedrale di Lérida, le cui forme rinviano alla cerchia di Antelami. A quest'ultimo ambito si riferiscono anche alcune sculture lignee, specialmente nel gruppo del Santíssim Misteri di Sant Joan de les Abadesses (Ripoll). I capitelli e le cornici delle navate e la lunetta del portale del chiostro della cattedrale di Tarragona, così come le opere della c.d. seconda bottega di Lérida, rivelano invece la ripresa di modelli tolosani. Fra tradizione e rinnovamento si situa la produzione di maestro Bartolomeu, che, dopo aver collaborato alla cattedrale di Gerona (1270-1295) con opere ancora in parte legate alla tradizione, si dimostrò nella scultura del timpano, degli archivolti, delle colonnine del portale e, in parte, della facciata della cattedrale di Tarragona l'autentico introduttore delle forme del Gotico.Un carattere ancor meno innovativo ebbe la pittura: dipinti murali quali quelli conservati al Palau Reial Major di Barcellona o quelli del Palau Caldes (Barcellona, Mus. d'Art de Catalunya) attingono ancora al Romanico, pur presentando un maggior dinamismo narrativo dovuto anche al carattere epico dei soggetti illustrati. La pittura su tavola, sebbene legata ancora a un bizantinismo di origine italiana, ha una notevole importanza se non altro per l'abbondanza della produzione e per l'introduzione di tecniche nuove, come l'uso della doratura e dello stucco. I migliori esempi di questa tendenza sono costituiti dalle opere raggruppate intorno al Maestro di Lluçà e al Maestro di Avià. Un bizantinismo di radice anglonormanna si ritrova invece, oltre che in alcune pitture su tavola come la Biga de la Passiò (Barcellona, Mus. d'Art de Catalunya), nella miniatura (Liber feudorum maior, Barcellona, Arx. Cor. Arag., Reg. 1).Un carattere nuovo, sebbene di portata locale e privo di risonanza, presenta un gruppo di antependia generalmente ascritti alla cerchia del Maestro di Soriguerola, a cui non corrisponde in realtà una vera e propria personalità artistica. Si tratta di opere che si distinguono per la capacità narrativa, per il gusto decorativo, che si manifesta in particolare nei contrasti di colori, e per l'uso di inquadramenti architettonici, spesso ad archi trilobati oppure ogivali. In pittura le forme gotiche sono del resto pressoché inesistenti e solo alcuni manoscritti miniati, per lo più di importazione, oltre ad alcune opere su tavola a Maiorca, presentano qualche traccia delle nuove correnti affermatesi in gran parte dell'Europa.Nei secc. 14° e 15°, periodo tra i più splendidi per la regione dal punto di vista artistico, la C. partecipò invece pienamente del clima artistico europeo, mostrando tuttavia una sua ben precisa identità. Nel corso del sec. 14°, durante i regni di Giacomo II, di Alfonso III e, soprattutto, di Pietro il Cerimonioso, oltre all'istituzionalizzazione della corte, dei municipi, delle relazioni tra le classi sociali, delle attività produttive e mercantili e della diplomazia, continuò l'opera di espansione del regno d'Aragona nel Mediterraneo, che portò al consolidarsi di un'egemonia nell'area occidentale, condivisa solo con Genova. Tutto ciò favorì un'attività architettonica e artistica senza precedenti, aperta alle correnti internazionali (specialmente italiane e franco-fiamminghe), ma in grado di elaborare forme ed espressioni originali. Agli inizi del sec. 15° la morte di Martino V, con il quale si estingueva la linea principale della casata di Barcellona, segnò l'inizio di un processo di indebolimento del potere della monarchia in C., a cui si aggiunse il diminuire delle risorse economiche, specialmente nelle zone rurali e a Barcellona. In campo artistico questa situazione determinò uno spostamento della concentrazione delle risorse pubbliche, e quindi della produzione artistica, verso i nuovi centri urbanizzati nel sec. 13° (Valencia e Palma di Maiorca), come anche verso alcuni territori mediterranei, quali il regno di Napoli, a partire da Alfonso IV.Nel Trecento Barcellona e l'intera C. conservarono e ampliarono il grande patrimonio creato nei due secoli precedenti. I municipi, specialmente quello di Barcellona, divennero i principali promotori dei programmi architettonici e artistici, coadiuvati in quest'opera da una società già perfettamente organizzata in corporazioni e confraternite. L'architettura di quest'epoca, pur adottando ampiamente forme gotiche, come le volte a crociera e i pilastri a fascio, le adeguò alla propria esperienza costruttiva, fondata su una spazialità di ascendenza classica che privilegia l'omogeneizzazione dello spazio interno e lo modula mediante campate, armonicamente proporzionate. Questa concezione dello spazio, funzionale e organico, si adattava tanto agli edifici religiosi quanto a quelli civili. Si costruirono nuove cattedrali (Palma di Maiorca e Valencia), in molte città vennero riedificate quelle di epoca romanica (Barcellona, Gerona, Perpignano, Tortosa) e in altre furono portate a termine quelle iniziate nel secolo precedente (Lérida e Tarragona). Un tale incremento costruttivo interessò anche le chiese parrocchiali, intorno alle quali si svilupparono nuovi quartieri (tra gli altri, Santa Maria del Mar, Sant Just i Pastor ed El Pi a Barcellona; Sant Feliu a Gerona) o interi centri urbani (chiese di Santa Maria a Castelló d'Empúries, Santa Maria a Cervera, Santa Maria de l'Aurora a Manresa, Santa Maria di Montblanc, Sant Mateu nel Maestrat). Continuò anche l'espansione degli Ordini mendicanti; numerose furono le fondazioni dei Francescani (a Vilafranca del Penedés, a Palma di Maiorca, a Valencia, a Gerona, quest'ultima distrutta), dei Domenicani (Gerona, Palma di Maiorca, Valencia), delle Clarisse (conventi distrutti di Barcellona, Gerona, Valencia e monastero di Santa Maria de Pedralbes di Barcellona, edificato per iniziativa della casa regnante).Alla Corona si deve, in varie città, la costruzione o l'ampliamento di palazzi utilizzati come sedi della corte; tra questi vanno menzionati il palazzo di Palma di Maiorca e gli ampliamenti del Palau Reial Major di Barcellona, con il grande salone del Tinell e la cappella reale di Santa Maria (oggi Santa Agata). Ancora alla casa regnante si deve un ampio programma di fortificazione delle principali località, di cui resti notevoli si conservano a Barcellona, Gerona, Valencia (torri di Serrano) e in centri più piccoli come Hostalric (Selva) e Montblanc (Conca de Berberà). A quest'epoca risalgono anche la maggior parte dei palazzi pubblici (i palazzi della Generalitat e i palazzi municipali di Barcellona e Valencia) e numerose opere pubbliche come l'ampliamento delle drassanes di Barcellona, le logge dei mercanti a Barcellona, Palma, Perpignano e Valencia, ospedali, quali la Santa Creu di Barcellona, opere che costituiscono i migliori esempi dell'architettura civile. Va infine ricordato l'influsso che l'architettura catalana esercitò in altre aree del Mediterraneo, di cui sono esempio Castel Nuovo a Napoli e palazzo Bellomo a Siracusa.La scultura dei secc. 14° e 15° mostra una notevole originalità: nelle opere prodotte nel corso del primo trentennio del sec. 14°, nonostante l'eterogeneità dei modelli formali, è possibile individuare un realismo e una capacità narrativa che trovano riscontro nella coeva produzione plastica del resto dell'Europa. Evidenti in particolare sono i legami con il mondo franco-fiammingo (tomba di s. Narciso nella chiesa di Sant Feliu di Gerona), con la scultura aulica parigina (tombe di Giacomo II e di Bianca d'Angiò nell'abbazia di Santes Creus, nelle quali le rappresentazioni dei giacenti sono opera di Francesc de Montflorit) e con la Linguadoca (retablo della Vergine di Anglesola, conservato a Boston, Mus. of Fine Arts, e retabli della bottega operante a Sant Joan de les Abadesses). Dopo una fase in cui appaiono evidenti i legami con l'Italia, in opere quali il monumento funebre di s. Eulalia nella cattedrale di Barcellona e quello dell'arcivescovo Giovanni d'Aragona nella cattedrale di Tarragona, intorno al 1340 si affermano in C. correnti artistiche di origine francoborgognona. Principali esponenti di questa nuova tendenza artistica sono i maestri Aloy di Montbray, Jaume Cascalls e Jordi de Déu; tra le loro opere va menzionato il pantheon reale di Poblet, a cui lavorarono tutti e tre gli scultori. Le opere di Bartomeu Robio a Lérida, di Pere Moragues a Barcellona e a Saragozza e di Guillem Morrell a Gerona completano il quadro della scultura catalana del sec. 14°, anticipando, specialmente nel caso di Morrell, l'adesione della regione alle correnti del Gotico internazionale.La pittura del sec. 14° fino al terzo e in parte al quarto decennio ha uno sviluppo analogo a quello della scultura. Le opere di questo periodo - pur non mancando nella maggior parte dei casi di senso volumetrico - mostrano una particolare attenzione ai valori lineari e tradiscono una certa generica dipendenza da vetrate e miniature dell'Europa settentrionale (pitture murali del Calvario dell'antica cattedrale di Lérida e quelle della chiesa dei Domenicani a Puigcerda). Riscontrabile è anche l'influsso dell'arte italiana, in alcuni casi in misura preponderante: retablo della Vergine di Marinyans, chiesa parrocchiale di Serdinya, nel Rossiglione; due retabli provenienti da Vallbona de les Monges, databili al 1350 ca. (Barcellona, Mus. d'Arte de Catalunya).Nella miniatura l'intrecciarsi delle varie correnti artistiche è ancora più evidente e, fatta eccezione per qualche manoscritto ancora legato alla tradizione romanico-bizantina (Sacramentario di Sant Cugat; Barcellona, Arx. Cor. Arag., Bibl. Auxiliaria, S. Cugat 24), possono essere individuati due gruppi principali. L'uno, costituito da un insieme di codici non posteriori al 1325, è legato ai primi sviluppi dell'arte fiamminga, ma anche, per la resa dello spazio e per un certo gusto decorativo, all'ambiente bolognese. Di questo gruppo fanno parte due manoscritti degli Usatges i Constitucions de Catalunya conservati a Parigi (BN, lat. 4670A) e a Roma (BAV, Ottob. lat. 3058) e lo Haggādāh giudeo-catalano di Londra (BL, Add. Ms 27210). L'altro gruppo, pur presentando una forte tendenza alla linearizzazione, riprende inequivocabilmente modelli italiani. Si tratta di quattro manoscritti degli Usatges i Constitucions conservati a Barcellona (Arx. Cor. Arag., Bibl. Auxiliaria, Generalidad 2), a Lérida (Seu, 22 [già 3]; Usatges della Paeria, Arx. Mun., 1375) e all'Escorial (Bibl., Z.1.4).A partire dal terzo decennio del sec. 14° con Alfonso III, e specialmente durante il regno di Pietro il Cerimonioso (1336-1387), si affermano con decisione le correnti di derivazione italiana. Oltre ai manoscritti legati alla bottega di Ferrer Bassa - secondo maestro degli Usatges della Paeria di Lérida (Arx. Mun., 1375), Messale di Ripoll (Barcellona, Arx. Cor. Arag., Bibl. Auxiliaria, Ripoll 112), Usatges de Ramon Ferrer e Llibre Verd (Barcellona, Arx. Històric Mun., Privilegios 2; Privilegios 3), Salterio anglo-catalano (Parigi, BN, lat. 8846), Decretum Gratiani (Londra, BL, Add. Ms 15274-15275), Maimonides (Copenaghen, Kongelige Bibl., Hebr. XXXVII), Libro d'ore della regina Maria di Navarra (Venezia, Bibl. Naz. Marciana, lat. I.104), De regimine principum (Valencia, Bibl. Univ., 435) - sono da ricordare anche le opere di pittura murale e, soprattutto, i retabli, a partire da quelli di Ferrer Bassa (v.) e del figlio Arnau, fino a quelli realizzati da Ramon Destorrents (v.), dai fratelli Francesc, Pere e Jaume Serra, dal Maestro di Rubió, dal Maestro di Santa Coloma de Queralt e da Llorenç Saragossa.Dalla fine del sec. 14° fino alla seconda metà del 15° la produzione artistica catalana è legata alle correnti del Gotico internazionale. In scultura devono essere citati Pere Sanglada, Antoni Canet, Pere Oller, Pere Joan, Jordi Safont, Antoni Claperós, dei quali sono conservate alcune opere. Per quanto riguarda la pittura, oltre ai maestri Lluís Borrassà (v.), Joan Mates, Guerau Gener, Jaume Cabrera, Ramon de Mur, Jaume Ferrer I e Jaume Ferrer II, Bernat Martorell, Joan Antigó e il Maestro di Castelló d'Empúries, devono essere menzionati i libri miniati di Rafael Destorrents e dello stesso Bernat Martorell. Un peso considerevole acquistò in questo periodo la pittura valenzana (Llorenç Saragossa, Marçal de Sas, Pere Nicolau, Miquel Alcanyz e Gonçal Peris), che raggiunse notevoli livelli anche nella miniatura (cerchia di Domingo e Lleonard Crespí). A Maiorca va ricordata l'opera dello scultore Guillem Sagrera e quella dei pittori Francesc Comes, il Maestro di Santa Eulalia e il Maestro di Montesió. Le vetrate, di cui si conservano esempi di notevole interesse nelle cattedrali di Barcellona, Gerona e Tarragona e in Santa Maria del Mar di Barcellona, vennero realizzate principalmente da maestri provenienti dall'Europa settentrionale, ma con la collaborazione documentata di pittori locali come, nel caso di Gerona, la famiglia Borrassà. La produzione del ricamo appare legata, nel sec. 14°, alle correnti italianizzanti ed è spesso dovuta direttamente ad artisti stranieri, come nel caso del fiorentino Geri di Lapo, autore del ricamo della Passione nella chiesa di Santa Maria l'Aurora di Manresa; nel sec. 15° questa tecnica artistica acquista grande rilievo a Barcellona a opera di Jaume Copí, Joan Gomar, Joan Bertran e soprattutto Antoni Sadurní, autore dell'antependium di Sant Jordi del Palau de la Generalitat di Barcellona, contemporaneo ai modelli del pittore Bernat Martorell.Legata allo sviluppo delle altre arti fu l'oreficeria, nel cui campo già piuttosto presto appaiono nomi di artisti stranieri a testimonianza delle relazioni con le altre regioni europee (Duccio de Senis; Consolí Blanc, originario di Strasburgo). Oltre alle corone e ai gioielli vennero prodotti innumerevoli oggetti liturgici, quali croci, calici, ostensori, reliquiari e retabli, che mostrano la perizia degli artisti catalani in numerose tecniche. Tra le opere più importanti vanno menzionate: la croce della Collegiata di Vilabertran (Alt Empordà), la croce-reliquiario dell'arcivescovo Giovanni d'Aragona (Toledo, tesoro della cattedrale), il tabernacolo della cattedrale di Barcellona, il calice-ostensorio di Seu d'Urgell (Mus. Diocesano), il retablo dell'altare maggiore della cattedrale di Gerona di Pere Bernès. Fra gli argentieri noti anche come scultori si distinguono maestro Bartomeu e Pere Moragues, Pere Bernés (argentiere reale di Pietro III), maestro Andreu, Francesc Vilardell, Pere Joan Palau, Miquel Alerigues e i due Francesc Artau, padre e figlio.
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