CATANZARO (A. T., 27-28-29)
Città capoluogo di provincia nella Calabria. È posta a circa 9 km. di distanza in linea d'aria dal Mare Ionio, su di una grande rupe che due profonde e strette valli di erosione (percorse da due esigui corsi d'acqua, il Mosofalo e la Fiumarella, che ne occupano il fondo piatto e deserto) hanno determinato nella zona di sedimenti pliocenici che forma la parte nord-est dell'istmo di Squillace (v. calabria). I fianchi orientali e occidentali della rupe sono assai scoscesi e pressoché impraticabili, mentre il meridionale, di fronte più breve, scende terrazzato con orti e giardini verso la località La Sala ed è percorso a grandi lacci da una carrozzabile di km. 3,500, che è parte della diramazione Tiriolo-Catanzaro Marina della nazionale Napoli-Reggio. A settentrione la rupe si collega, mediante un sottile istmo (Piazza Stocco, localmente "Fuori le porte"), con le boscose formazioni collinari presilane che scendono tra il Corace e l'Alli verso l'Ionio. Nella località La Sala sono le due stazioni delle Ferrovie dello Stato (linea Catanzaro Marina-S. Eufemia biforcazione) e delle Ferrovie Calabro-Lucane (linea Catanzaro-Cosenza); da quest'ultima un tronco ferroviario di km. 2,500, a scartamento ridotto e cremagliera, giunge, in viva salita con sei gallerie lungo il fianco occidentale della rupe, sino alla stazione superiore (Rione Milano), donde la linea prosegue per ora sino a Gimigliano. Il dislivello fra la città (punto di altitudine massima della rupe, Piazza del Duomo, 343 m.) e La Sala (150 m.) è vinto anche da una tranvia elettrica che diviene funicolare per un tratto di 662 m. sul fianco meridionale della rupe, con una galleria di circa 250 m. Dal magnifico belvedere di Bellavista sino a Piazza Stocco la città è tutta attraversata dal lungo corso Vittorio Emanuele II, che ne è la principale arteria allargantesi in alcune non ampie piazze. Il tratto fra piazza Cavour e piazza Grimaldi è diritto, ampio e pianeggiante e fiancheggiato da notevoli costruzioni. Gli altri tratti del corso sono stretti e in pendenza non lieve e hanno carattere edilizio più modesto. All'infuori della grande moderna arteria, animatissima in ogni ora del giorno, Catanzaro non ha che brevi tratti di strade e piccole piazze, ricchi spesso di carattere e sui quali si aprono per lo più le abitazioni a pian terreno della parte meno abbiente della popolazione, piccoli artigiani o, in alcune parti periferiche della città, agricoltori. Catanzaro ha una bellissima Villa Comunale, nota per i suoi panorami. I terremoti non la distrussero mai intieramente; sofferse però danni da quelli del 27 marzo 1638, del 28 marzo 1783, dell'8 marzo 1832. La città ha alcuni immediati sobborghi, dei quali uno, il Fondachello, su di uno sperone a sud-ovest della rupe (250 m. di altitudine), gli altri al di là di "Fuori le porte" e cioè il rione Baracche, così chiamato per le basse costruzioni sorte dopo il terremoto del 1832, il rione Baraccone e i rioni Milano e S. Leonardo, tutti posti sul pendio collinoso, dal quale si stacca la rupe. I due ultimi sono un insieme di costruzioni recenti sorte in base a progetti in parte ancora in via di attuazione, secondo i quali Catanzaro cerca di ampliarsi al di fuori della stretta cerchia dell'antica città.
Catanzaro ha clima distinto per inverni alquanto rigidi e assai piovosi, ed estati temperate. L'escursione annua fra i medî estremi, gennaio e luglio, è di 15° circa, con medie invernali di circa 9° ed estive di 22°. Cadono in media all'anno circa mm. 950 di pioggia, con un massimo nel dicembre e nel gennaio, e un minimo nel periodo luglio-agosto. Continua e forte è la ventosità, che contribuisce a rendere gradevole il soggiorno estivo. La neve non è rarissima e comuni sono le grandinate invernali.
Catanzaro è città importante per i suoi numerosi uffici statali (Corte di appello, Comando di Divisione militare, Provveditorato alle O.P. per la Calabria). È anche centro importante di studî medî e industriali. È sede arcivescovile (vescovile sino al 1928) e ha un'università pontificia di studî teologici intitolata a Pio X. Assai inferiore è la sua importanza economica, non avendo la città industrie proprie. Il comune di Catanzaro ha una superficie di 110,97 kmq. Nel 1921 la sua popolazione (presente di fatto) era di 36,138 ab.; la popolazione accentrata, nella città e nelle frazioni, era di ab. 29.028, la sparsa di 7110; il nucleo cittadino era di 23.463 abitanti. Nei censimenti 1911, 1901, 1881, 1871, 1861 la popolazione del comune risultava rispettivamente di 34.343 31.824, 28.584, 24.901, 22.451 ab. (presenti di fatto). Al principio del sec. XIX la popolazione era di circa 13.000 ab.; nella prima metà del sec. XVII era calcolata di 2406 fuochi, mentre era scesa nel sec. XVI da 2296 a 1884 fuochi. La popolazione del comune al 31 dicembre 1929 era di 42.584 ab. (presenti di fatto).
La frazione più popolosa è la Marina con (1921) 4259 ab., dei quali 2981 nel nucleo accentrato, esistente prima del sec. XIX come povero villaggio di pescatori, ingranditosi durante il XIX e soprattutto dopo la costruzione della ferrovia ionica (1865-75), della quale è stazione importante. È il complesso industriale più importante della provincia dopo quello di Crotone.
Monumenti. - La città, di origine bizantina, ebbe fama fin dal sec. XI per l'industria dei tessuti di seta introdottavi direttamente da orientali; e questa progredì sempre più, tanto che nel 1470 artigiani catanzaresi furono chiamati a Tours per insegnare quell'arte ai Francesi.
Ricordi dugenteschi si possono vedere nelle murature della cappelletta di S. Omobono. La cattedrale, gravemente danneggiata dai terremoti, è stata rifatta in stile neoclassico nel sec. XVIII. Conserva un gruppo marmoreo della Madonna col Bambino (1595), un rozzo affresco della Madonna col Bambino (secolo XVI) e una bella tela di Vitaliano di Tomaso (1770). La chiesa di S. Domenico, rifatta alla fine del '500, ha tra altro una Madonna del Rosario, di scuola napoletana del '500, e un bel gruppo marmoreo, Madonna col bambino (1613). Notevoli intagli secenteschi, di fattura probabilmente locale, si conservano nell'oratorio. In S. Rocco una bella statua del santo ricorda motivi sansoviniani. La chiesa dell'Immacolata, rifatta nel 1765, ha la facciata (1892) su disegno del catanzarese G. Parisi. La chiesetta dell'Osservanza ha una statua marmorea della Madonna della Grazia di Antonello Gaggini (1508) e una Passione di Cristo di fra Giovanni da Reggio (sec. XVII). Una Madonna di Antonello De Saliba (1508) è ora, restaurata, nel museo provinciale, insieme con una croce-reliquiario del 1535. Nella cappella Marincola Cattaneo, al cimitero, si conserva la statua di S. Ignazio di Cosimo Fanzaga da Clusone, alunno del Bernini, ordinata dai padri gesuiti per la chiesa del Gesù. Nel museo provinciale, che possiede larga raccolta di oggetti litici ed enei, si trovano iscrizioni romane, una pregevole collezione numismatica, l'elmo bronzeo di Tiriolo di fattura finemente greca, un'Atena di terracotta, e inoltre una Lucrezia, opera di un veneziano del sec. XVI, la Gloria di Maria attribuita a Mattia Preti, e un quadro, La barca di Caronte, di Andrea Cefaly da Cortale (1827-1904), una grande tela di G. Covelli (Verso l'ignoto), e quadretti di M. Lenzi da Bagnoli Irpino, di A. Palmieri da Nicastro, di A. Martelli da Catanzaro, ecc. Dello stesso Cefaly, il Bruto che condanna i propri figli adorna la parete del salone del palazzo provinciale.
Nel giardino pubblico si trovano interessanti busti marmorei fra cui importante quello del filosofo Francesco Fiorentino (morto nel 1884), di Francesco Jerace. L'architettura civile in Catanzaro ha un modello di semplicità ed eleganza nel palazzo Fazzari, costruito nel 1874 coi disegni del fiorentino Federico Andreotti.
Bibl.: H. W. Schulz, Dekmäler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, I, Dresda 1860, p. 7; C. Diehl, L'art byzantin dans l'Italie méridionale, Parigi 1925, p. 310; A. Frangipane e C. Valente, La Calabria, Bergamo 1929.
Storia. - Sullo scorcio del sec. IX, allo scopo di proteggere i loro deboli dominî in Calabria, i Bizantini costruirono sul colle che sovrasta il golfo di Squillace un borgo fortificato, su cui si sviluppò l'odierna Catanzaro. Conquistata dai Normanni, presidiata ed elevata a sede vescovile, venne costituita a contea e data, insieme con la vicina Rocca, ad Ugo di Falloch. Ma suo figlio Mihera, reo di tradimento, ne fu spogliato dal duca Ruggero Borsa nel 1088, e allora la contea passò a Rodolfo di Loritello. In questa casata essa restò fino a quando Guglielmo I la incamerò nel demanio regio, poiché alla congiura, tramata dal baronaggio siciliano contro Matteo Bonello, aveva partecipato anche la contessa vedova di Catanzaro, l'avvenente Clemenza. Soltanto nel 1252 Catanzaro venne infeudata a Pietro Ruffo. Finiti nel nulla i tentativi del Ruffo per costituirsi della Sicilia e della Calabria una signoria indipendente, Manfredi s'impadronì di Catanzaro (1256); ma più tardi, col trionfo di Carlo d'Angiò, essa tornò ai Ruffo e precisamente a Pietro II, che fu strenuo sostenitore della nuova dinastia in Calabria. Città di consumo più che di produzione, senza risorse naturali, Catanzaro dovette ai Ruffo il suo ulteriore sviluppo. Essa divenne soltanto il centro di una signoria feudale, che fu una delle più vaste della Calabria, e il mercato delle derrate di tutta una contrada. E la città non dimenticò questi e altri beneficî. Tanto vero che, quando essa, in seguito della confisca dei beni del potente Niccolò Ruffo, ordinata da Ladislao di Durazzo nel 1404, incorse nelle turbolenze del regime municipale e subì le gravi taglie del Camponeschi, aprì le porte al vecchio conte; e più tardi, nel 1444 restò indifferente, con singolare atteggiamento, ai voleri di Alfonso di Aragona, che la proclamava demaniale e le concedeva molte franchigie, e sostenne il ribelle Antonio Centeglia, un audace spagnuolo che, col suo matrimonio con Enrichetta, ultima erede di casa Ruffo, aveva ottenuto la contea di Catanzaro e il marchesato di Cotrone.
Ma queste e le altre concessioni, di cui, in contrasto col dominante spirito feudale, fu oltremodo largo Ferdinando I d'Aragona, svegliarono in seno al ceto medio catanzarese un forte senso di civismo; e la libera università prosperò rapidamente all'ombra della protezione regia, delle sue Consuetudini, delle potenziate energie cittadine. Uno dei fattori del benessere locale fu l'industria della seta, introdotta a Catanzaro in tempi remoti e sviluppata col concorso della numerosa e danarosa colonia ebraica. Favorita dagli Aragonesi, essa ascese a grande importanza in tutto il mezzogiorno d'Italia e, costituendo un'arte legalmente riconosciuta, ebbe proprî statuti, che vennero però fissati soltanto nel 1519.
Purtroppo durò assai poco questo periodo di attività e di floridezza cittadina. Coinvolta nelle gravi iatture che colpirono il regno di Napoli nel primo lustro del sec. XVI, Catanzaro corse pericolo di essere altre volte infeudata a diversi spagnoli; ma si difese onorevolmente. E, viva com'era la memoria degli Aragonesi, nel 1528 respinse Simone dei Teobaldi, inviato dal Lautrec. Ma il ceto medio s'impoverì e fu sopraffatto da un borioso e pretenzioso patriziato; scadde l'industria serica, inceppata fra le strettoie degli statuti e smunta dall'avidità del fisco; in una parola la vita si assopì per circa tre secoli nell'indolenza. Sede della R. Udienza fino al 1806, e dal 1816 in poi d'intendenza, essa venne man mano ospitando le più alte magistrature della regione e della provincia, perfino la cosiddetta Cassa sacra, alla quale furono devoluti i proventi della vendita dei beni ecclesiastici calabresi, destinati, teoricamente, a beneficio dei danneggiati del terremoto del 1783. Questo accentramento burocratico, richiamando uomini e affari, costituì d'allora in poi la grande risorsa di Catanzaro.
In essa la massoneria ebbe fortuna; ma indipendentemente dalla sua influenza la città si destò nel 1799. Partecipò più tardi ai moti del 1820 e '21 e subì le severe repressioni del De Matteis, ed ebbe coi suoi martiri Luigi de Pasquale e Giacinto Dejesse, giustiziati il 24 marzo 1823, insieme con Francesco Monaco da Dipignano, il battesimo della libertà. Le idee mazziniane, propagate da Luigi Settembrini, innestandosi e modificandosi a contatto di altre correnti di pensiero, alimentarono in Catanzaro un vivace focolare di patriottismo e la spinsero a partecipare agli ulteriori moti del '48 e del '60.
Bibl.: V. d'Amato, Memorie historiche della... città di Catanzaro, Napoli 1670; E. Caspar, Die Chronik Tres Tabernae in Calabrien, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven ecc., 1970; E. Pontieri, La pretesa fellonia di Pietro Ruffo, Palermo 1926; id., La "Universitas" di Catanzaro nel Quattrocento, Napoli 1926; Statuti dell'arte della seta di Catanzaro, ed. a cura del Consiglio prov. dell'economia, Catanzaro 1929; R. Corso, Le "Consuetudines cathacenses", Pavia 1907, e le ediz. di esse curate dal Ciccaglione, Napoli 1881; C. Catanzaro, Di alcune antiche pergamene spettanti alla città di Catanzaro, ivi 1877; C. Sinopoli, L'assedio di Catanzaro del 1528, ivi 1928; id., Per i martiri catanzaresi del 1823, Catanzaro 1923; G. M. Monti, Un importante comune demaniale del Mezzog.: C. nei secoli XV e XVI, Bari 1930; D. Marincola Pistoia, Notizie storiche di C. e delle Calabrie, manoscr. nella Bibl. com. di Catanzaro.
Istituti culturali. - Un focolare di cultura e nel tempo stesso di educazione civile sorse a Catanzaro nel decennio francese: nel 1811 Gioacchino Murat vi istituì uno dei quattordici collegi creati nel regno, a cui annesse un liceo e parecchie cattedre universitarie di medicina e di giurisprudenza. Questa nuova istituzione rese anemiche le scuole private, tenute fin allora da ecclesiastici e da ordini monastici, raccolse attorno a sé quanto di meglio la città aveva e, anche quand'essa venne sotto la direzione degli scolopî, non si mostrò restia al culto della libertà e della patria. Da queste scuole uscirono i campioni del moto nazionale nella provincia: Luigi Settembrini, che nel 1835 andò a Catanzaro a insegnare retorica, vi esercitò una notevole azione di educatore e di assertore di fede patriottica e civile. Dopo il 1860, il collegio fu trasformato nel liceo-ginnasio Galluppi, con ricca biblioteca; delle cattedre universitarie sopravvissero quelle destinate a preparare al notariato e alla farmacia, ma ebbero anch'esse vita stentata, fino a che non si estinsero da sé o per forza di legge (1923). Per la volontà e le sovvenzioni delle amministrazioni locali sorsero anche l'istituto tecnico, regificato nel 1929, e il liceo scientifico.
Integrano l'opera della scuola una biblioteca civica, dotata segnatamente di opere relative alla Calabria, e un circolo di cultura che in alcuni periodi è stato particolarmente fiorente e utile alla vita culturale cittadina.
La provincia di Catanzaro. - La provincia di Catanzaro (Calabria ulteriore II nell'uso amministrativo borbonico, conservatosi anche dopo il 1860, ma ora pressoché cessato) occupa la parte centrale della regione calabrese, estendendosi in parti quasi uguali a settentrione e a mezzogiorno del cosiddetto istmo di Squillace o di Catanzaro. Ha una superficie di kmq. 5270. La popolazione presente di fatto era nel 1921 di 514.123 ab., con un aumento di 30.888 dal censimento del 1911 (aumento medio annuo 0,6%). La densità per kmq. era di 97,6 nel 1921 (Reggio 159 e Cosenza 75). I comuni della provincia, che nel 1921 erano 155, sono attualmente 153, con una superficie media di kmq. 34,5. La popolazione accentrata era calcolata nel 1921 a 460.948 ab., la sparsa a 53.175; notevole è la tendenza alla formazione di piccoli centri, particolarmente nel Nicastrese e nel Vibonese; nel Crotonese prevalgono i medî e grossi centri, particolarmente a causa della malaricità delle campagne.
L'occupazione di gran lunga prevalente della popolazione è l'agricoltura (65% della popolazione maschile nel 1921). La superficie agraria è di 4860,53 kmq., dei quali 4112,74 in zona di pianura e di collina sino agli 800 m. circa di alt.; 747,79 in zana di montagna. La superficie forestale compresa nell'agraria è di 1201,06 kmq. Le produzioni principali sono il frumento, l'ulivo, il gelso, gli agrumi, la vite nella zona piana e collinare, il castagno (legname e frutti), il faggio e i pascoli naturali nella montuosa. La superficie totale dei terreni soggetti a bonifica è di 863,54 kmq., distribuita in sei comprensorî. Il patrimonio zootecnico della provincia era calcolato nel 1928 a 51.207 bovini, 256.174 ovini, 75.559 caprini, 48.278 suini, 3861 cavalli, 23.823 asini, 3321 muli.
Le industrie hanno quasi esclusivamente carattere agricolo o sono dipendenti dall'agricoltura (industria olearia, dei latticinî, ecc.); solo a Crotone esiste un centro di grande industria (v. crotone). Notevoli sono le piccole industrie (tessile, fittile, del legno tornito, ecc.) con carattere di artigianato prevalentemente domestico.
I mezzi di trasporto e la viabilità sono in notevole progresso. La provincia ha una rete ferroviaria di km. 333, dei quali 51 di ferrovie a scartamento ridotto, e una stradale di km. 1820, in via di aumento e di sistemazione. Scarso è il traffico marittimo; i due soli porti della provincia sono Crotone sullo Ionio e Porto S. Venere sul Tirreno. Notevole, sebbene arretrata nei mezzi, è l'attività peschereccia, con i centri principali di Pizzo (Tirreno), Soverato e Crotone (Ionio).