CATERATTA
. In oculistica si chiama cateratta o cataratta (fr. cataracte; sp. catarata; ted. graue Staar, Linsenstaar; ingl. cataract) la perdita di trasparenza del cristallino. Malattia conosciuta fino a un certo punto già dagli antichi, che credevano trattarsi di una goccia d'umore (gutta) guasto, che dal cervello, lungo i nervi ottici, creduti cavi, penetrasse nel bulbo oculare e, giunta fra l'iride e il cristallino, perfrigerandosi, si coagulasse in una pellicola opaca. Di qui i nomi di ipochima, soffusione, cataratta. Malattia del cristallino fu solo considerata al principio del sec. XVIII, e uno dei più validi sostenitori della nuova idea fu il Morgagni.
Le principali varietà sono la congenita, la senile, la sintomatica, la traumatica. La cataratta congenita si presenta circoscritta, diffusa, molle o dura. Non si sa da che dipenda; certo costituisce un'anomalia di sviluppo, ma non un arresto di sviluppo, perché il cristallino è trasparente fino dal principio. Probabilmente dipende da condizioni discrasiche locali o generali.
La cataratta senile è la forma più comune, che si manifesta in persone anche apparentemente sane, dopo il cinquantesimo anno. Incomincia con vaghi disturbi visivi, quali difficoltà dell'accomodazione, fastidio per la luce e abbassamento della visione, che si aggravano lentamente, e, dopo un periodo che dura parecchi mesi o qualche anno, arrivano al punto che il catarattoso smarrisce ogni percezione visiva ed è in grado unicamente di distinguere la luce dalle tenebre: ciò che è provato specialmente dalla reazione pupillare. Una cataratta si dice matura quando è completa. Fu indicata così in altri tempi, essendosi osservato che in queste condizioni le sue fibre non aderiscono più, o aderiscono meno, alla capsula che le circonda, precisamente come un grano o un seme giunti a maturità. Questa condizione è importante, perché solo allora è possibile l'estrazione chirurgica della cataratta.
La cataratta senile si diagnostica dall'opacità grigiastra del campo pupillare; dal vedere la pupilla, posta al davanti, regolare, mobile, reagente alla luce. Se ne diagnostica lo stato di maturità vedendo che tutto il campo è opaco, anche quando la pupilla è dilatata; o che il margine pupillare, illuminato obliquamente, non proietta un'ombra sul cristallino, mentre si ha quest'ombra se gli strati anteriori del cristallino sono ancora trasparenti, e sono opacati soltanto quelli posti a qualche profondità, notando che il catarattoso, messo in opportuna posizione, vede il chiaro della mano illuminata, ma non ne distingue le dita.
Nel cristallino catarattoso si osservano da principio le fibre più o meno rigonfie, con piccole lacune o fessure tra di esse, riempite di umore; più tardi fibre in disfacimento, che possono riunirsi in masse poltigliose, a sferule, con vacuoli più o meno grandi e numerosi. Il processo catarattoso è dunque un lento processo degenerativo delle fibre del cristallino, con esito in disfacimento.
Manca e Ovio dimostrarono per primi, e altri poi confermarono, che il cristallino, sospeso tra acqueo e vitreo, si comporta come una cellula semipermeabile, e trae da essi, per osmosi, il suo nutrimento. Minime alterazioni osmotiche bastano per renderlo opaco. Il liquido endoculare (acqueo e umore del vitreo) è fornito dal corpo cigliare, e minime alterazioni dell'epitelio di questo bastano ad alterarne la composizione, e con ciò a determinarne l'opacità. Si pensa quindi che uno speciale stato ateromatoso delle arterie dell'occhio possa bastare ad alterare l'epitelio del corpo cigliare; che lievissimi mutamenti nella composizione del sangue e specialmente della sua alcalinità, abbiano lo stesso effetto, condizioni che si possono determinare per lievi alterazioni renali, lieve disquilibrio nelle secrezioni endocriniche, fatti tutti frequenti nell'età senile. La natura intima della sostanza del cristallino è colloidale, e le sostanze colloidali si alterano facilmente e profondamente per minimi cambiamenti d'alcalinità o acidità del loro ambiente.
La cura della cataratta è chirurgica. Si parla, è vero, di cure mediche efficaci, ma, dati i concetti che oggi si hanno sulla patogenesi della cataratta senile, date le alterazioni anatomo-patologiche, che ci mostrano che siamo dinnanzi a processi distruttivi di elementi che non si riproducono, si è molto restii ad ammetterle. La cura chirurgica consiste nell'estrazione, e questa si fa essenzialmente in due modi: estrazione del cristallino senza capsula, e estrazione con la capsula (estrazione capsulo-lenticolare, o estrazione in toto). Questo secondo metodo, teoricamente ideale, è di difficile e pericolosa applicazione, perciò si adotta quasi esclusivamente il primo. Oggi il processo capsulo-lenticolare è eseguito su larga scala, con metodo proprio, dal Barraquer di Tolosa; altra volta un forte propugnatore del metodo, con un processo pure proprio, fu il Gradenigo di Padova. L'occhio senza cristallino si chiama afaco. In esso si ha forte grado di ipermetropia, e la mancanza assoluta di accomodazione. Si rimedia a queste condizioni con due paia di occhiali a lenti collettive, uno per la distanza, di circa 10 diottrie, uno per la vicinanza, di 16-18 diottrie.
Cataratte sintomatiche - Si osservano in seguito a gravi condizioni generali (diabete, avvelenamenti cronici) e dell'occhio (distacco della retina, glaucoma, coroideiti). Sono per lo più incurabili.
Cataratte traumatiche. - Quasi tutte le ferite del cristallino determinano la cataratta. Lacerata comunque la capsula, l'acqueo imbeve il cristallino, che si rigonfia e si fluidifica. Anche la semplice lussazione del cristallino finisce di solito per determinare la cataratta. La cataratta traumatica in persone giovani può assorbirsi, anche del tutto, spontaneamente.