Cecenia
di Paola Salvatori
Autoproclamatasi repubblica indipendente nel novembre 1991, la C. - guidata dal leader nazionalista D. Dudaev - si trovò a dover fronteggiare nel corso degli anni successivi la dura reazione di Mosca, fermamente decisa a non perdere la sua influenza diretta in una zona strategicamente rilevante come il Caucaso, centro petrolifero ma soprattutto crocevia della rete di trasporto del greggio dal bacino del Mar Caspio alla Russia. Il governo di Mosca cercò infatti di bloccare in tutti modi le tendenze separatiste dei ceceni e, fallita la strada dei negoziati, prese iniziative in due direzioni: varò un blocco economico volto a destabilizzare la tenuta sociale del nuovo governo e fornì sostegno militare a gruppi armati di opposizione nel tentativo di provocare un'insurrezione contro Dudaev. Di fronte all'insuccesso riportato da entrambi i tentativi e al consolidarsi del potere di Dudaev, nel dicembre 1994 il Cremlino decise di intervenire militarmente, e nel gennaio 1995 i Russi conquistarono, a prezzo di violenti bombardamenti, la capitale Groznyj.
Nonostante il massiccio dispiegamento di forze (e la scomparsa dello stesso Dudaev nel corso dei combattimenti), Mosca non riuscì a debellare la resistenza dei separatisti, che rientrarono nella città nell'agosto 1996. Al termine dello stesso mese venne, infine, raggiunto un accordo di pace che, pur portando al ritiro delle truppe russe, rinviò la definizione dello status della C. a ulteriori negoziati, da concludersi entro il dicembre 2001. Anche l'accordo di pace siglato nel maggio 1997 dal nuovo presidente A. Maschadov (eletto nel genn. 1997) lasciò di fatto irrisolta la questione, che continuò ad alimentare forti tensioni con Mosca, preoccupata anche dall'ondata di fondamentalismo islamico che stava attraversando il Paese.
Nel corso del 1998, mentre il governo ceceno procedeva nella politica di islamizzazione degli ordinamenti sociali e giudiziari e in una serie di iniziative tese a riaffermare la sostanziale sovranità del Paese, tensioni gravissime continuarono a travagliare la C. (combattimenti tra fazioni politiche e religiose rivali, attentati, rapimenti e uccisioni di ostaggi anche stranieri, attacchi a installazioni governative, tumultuosa crescita di organizzazioni criminali di tipo mafioso dedite al traffico di stupefacenti e di armi). Il problema principale era rappresentato dal contrasto radicale tra la classe dirigente, tendenzialmente laica e moderata, e gruppi islamici rafforzatisi in C. grazie al sostegno finanziario di Paesi del Vicino e Medio Oriente e all'aiuto militare fornito da volontari (soprattutto afghani); questi gruppi spingevano verso un'islamizzazione formale e sostanziale di un Paese le cui tradizioni religiose erano al contrario piuttosto tolleranti (sufismo) e poco formali.
La situazione divenne particolarmente critica nel corso del 1999. Dopo una serie di sanguinosi attentati compiuti nell'agosto-settembre 1999 sul territorio russo e attribuiti ai separatisti islamici ceceni, ritenuti responsabili anche di 'esportare' la guerriglia nel contiguo Daghestan (ag.), Mosca riprese (sett.) le operazioni militari. L'offensiva russa, condannata dalla comunità internazionale per le efferatezze compiute contro la popolazione civile, portò nel febbraio 2000 alla capitolazione di Groznyj; nel giugno successivo il Paese fu posto sotto il controllo diretto di Mosca, che nominò A. Kadyrov alla guida dell'amministrazione provvisoria.
La dura politica repressiva messa in atto dal governo e le violenze delle truppe russe stanziate sul territorio resero difficile l'avvio di un reale processo di pacificazione, minato nelle fondamenta anche dalla crescente radicalizzazione delle forze indipendentiste sempre più egemonizzate dai gruppi fondamentalisti islamici. Gli anni successivi furono dunque caratterizzati da una ripresa degli attentati terroristici, la cui risonanza crebbe notevolmente dopo gli attacchi dell'11 settembre 2001 alle Twin Towers di New York e al Pentagono, e dall'irrigidimento delle posizioni di Mosca che, chiusa ogni possibilità di dialogo, aveva ricondotto la questione cecena alla lotta al terrorismo internazionale, contando sull'appoggio degli Stati Uniti e dell'opinione pubblica interna russa, mobilitata sui temi della sicurezza nazionale. Un forte impatto emotivo ebbe, nell'ottobre 2002, il sequestro da parte di un gruppo di ribelli, che chiedeva il ritiro delle truppe russe, di circa 800 spettatori nel teatro Dubrovka di Mosca, conclusosi con l'intervento dei corpi speciali dell'esercito e l'uccisione del commando e di più di 100 ostaggi.
Nei mesi successivi il Cremlino intensificò l'azione militare e accelerò il processo di reinserimento della C. nell'orbita russa: nel marzo 2003 un referendum costituzionale, di dubbia legittimità secondo gli osservatori internazionali, pur prospettando l'autonomia della regione ne asseriva con forza l'appartenenza alla Federazione russa, e, in ottobre, le elezioni presidenziali, anch'esse fortemente criticate riguardo alla correttezza del loro svolgimento, vedevano la vittoria di Kadyrov, schierato su posizioni filorusse. A fronte dei nuovi equilibri interni si ebbe una radicalizzazione dello scontro e un'escalation della violenza, che tornò a coinvolgere anche il Daghestan, l'Inguscezia e l'Ossezia del Nord. Nel maggio 2004 Kadyrov rimase vittima di un attentato (gli subentrò, dopo le elezioni svoltesi in agosto, A. Alchanov, già primo ministro); nel settembre successivo un commando di separatisti ceceni fece irruzione in una scuola di Beslan, in Ossezia del Nord, prendendo in ostaggio più di mille persone. Nel conflitto tra i terroristi e i reparti speciali dell'esercito russo rimasero uccise più di 300 persone, circa metà delle quali bambini. In seguito alla strage, Mosca pose tra le sue priorità la lotta al terrorismo caucasico e aumentò le pressioni dirette e indirette sul territorio. Nel marzo 2005 i reparti speciali antiterrorismo russi uccidevano l'ex presidente Maschadov, considerato il leader dei ribelli indipendentisti; nel novembre successivo il partito filorusso Russia unita vinceva le elezioni legislative, la cui regolarità fu ancora una volta messa in discussione sia dall'opposizione interna sia dagli osservatori internazionali. Nel marzo 2006 R. Kadirov, figlio del premier ucciso, veniva proclamato primo ministro.
Bibliografia
M. De Bonis, O. Moscatelli, Cecenia, Roma 2004.