Cecenia
Cecènia. – Repubblica della Federazione russa autoproclamatasi indipendente nel 1991, teatro della prima guerra cecena (1994-1996), voluta dal presidente russo Boris Eltsin, e della seconda guerra (1999-2009), il cui inizio ha segnato l’ascesa politica di Vladimir Putin. Le operazioni speciali antiterrorismo in C. (Mosca non ha mai usato il termine guerra), sono iniziate nel settembre del 1999 con il bombardamento della repubblica ribelle; appena pochi mesi dopo l’esercito russo conquistava Grozny, ridotta a un cumulo di macerie, rendendo evidente l’intenzione del Cremlino di puntare a una soluzione basata esclusivamente sulla forza. La C. diventava per Putin un banco di prova per arginare il rischio di una disgregazione della Federazione, per vendicare l’umiliazione subita nella prima guerra e per salvaguardare gli interessi economici russi nella regione del Caucaso. Sul fronte opposto la matrice indipendentista della ribellione cecena veniva quasi del tutto oscurata dalla violenza e dalla brutalità del terrorismo di matrice islamica: l’inizio del secondo conflitto russo-ceceno era stato preceduto, infatti, da numerosi attentati contro la popolazione civile a Mosca e in altre città russe, mentre guerriglieri ceceni al comando del terrorista Shamil Basaev (v.) compivano incursioni armate nelle repubbliche vicine. Nel corso della guerra si cementava sempre più il legame tra la guerriglia cecena, il crimine organizzato e l’organizzazione al-Qā‘ida, che sperava, attraverso il conflitto ceceno, di ingrossare le sue fila. Nell’ottobre 2002 un forte impatto emotivo aveva il sequestro da parte di un gruppo di ribelli di oltre 700 spettatori nel teatro Dubrovka (v.) di Mosca, conclusosi con l’intervento dei corpi speciali dell’esercito e l’uccisione del commando e di oltre 100 ostaggi. Nei mesi successivi il Cremlino intensificava l’azione militare accelerando il processo di reinserimento della C. nell’orbita russa prima con un referendum costituzionale di dubbia legittimità (marzo 2003), poi, in ottobre, con le elezioni presidenziali, anch’esse fortemente criticate riguardo alla correttezza del loro svolgimento, che vedevano la vittoria di Achmad Kadyrov, schierato su posizioni filorusse, ucciso meno di un anno dopo, nel maggio 2004, in un attentato nello stadio di Grozny. Tre mesi dopo, a settembre, un commando di separatisti ceceni faceva irruzione in una scuola di Beslan (v.), in Ossezia del Nord, prendendo in ostaggio più di mille persone delle quali oltre trecentotrenta rimasero uccise nello scontro tra i terroristi e i reparti speciali dell’esercito russo. In seguito alla strage Mosca aumentava le pressioni dirette e indirette in C., eliminando uno ad uno i leader dei ribelli. Nel marzo 2007 Ramzan Kadyrov, figlio del presidente ucciso nel 2004 e anch’egli legato a filo doppio con Mosca, veniva messo da Putin a capo della Repubblica autonoma russa di C. e il nuovo esecutivo, fedelissimo al presidente russo, poteva contare sul finanziamento di un imponente programma di ricostruzione che avrebbe dovuto contribuire a pacificare il Paese. In realtà ancora nel 2008 la situazione si presentava difficile e le azioni dei guerriglieri separatisti continuavano, sconfinando nei territori vicini. Alla fine di marzo del 2009 Kadyrov ha annunciato la fine delle operazioni russe anti-terrorismo in C., atto con il quale si chiude, ufficialmente, la seconda guerra cecena. Nell’aprile 2011, poco dopo la sua riconferma a capo della C., Kadyrov ha lanciato una campagna, non si sa quanto gradita a Mosca, per rinforzare i tradizionali valori islamici della società cecena.