Putin ⟨pùt'in⟩, Vladimir Vladimirovič. - Uomo politico russo (n. Leningrado, od. San Pietroburgo, 1952). Presidente della Federazione russa dal 2000. Formatosi nei servizi segreti sovietici, come primo ministro (1999) e presidente della Repubblica (2000, rieletto per il quarto mandato consecutivo nel 2018), ha represso la guerriglia autonomista in Cecenia e promosso il riavvicinamento a Cina, India e USA. Favorevole (2001) alla campagna contro il terrorismo promossa da G.W. Bush, si è opposto (2003) all'intervento in Iraq. P. è autore dell'autobiografia Ot pervogo lica (2000; trad. it. Memorie d'oltrecortina, 2001).
Di origini modeste, laureatosi in legge all'Università di Leningrado, nel 1975 è entrato nel KGB, per il quale ha lavorato, dal 1985 al 1989, nella Repubblica Democratica Tedesca. Tornato in Russia, si è schierato con l'ala favorevole alla perestrojka e, lasciato il KGB nel 1991, ha ricoperto vari incarichi nell'amministrazione municipale di San Pietroburgo, retta dal riformista A. Sobčak, di cui è stato stretto collaboratore. Nel 1996 si è trasferito a Mosca ed è entrato nello staff di B. N. El´cin. Nominato capo del Consiglio di sicurezza federale (ex KGB) nel 1998 e, nel marzo del 1999, capo del Consiglio di sicurezza russo, nell'agosto dello stesso anno ha assunto la carica di primo ministro, riprendendo in tale veste le operazioni militari in Cecenia e guadagnandosi il sostegno dell'opinione pubblica nazionalista. Dopo le dimissioni di El´cin (dic. 1999), ha assunto ad interim il ruolo di capo dello Stato, confermato alla presidenza nelle elezioni del marzo 2000 (53% dei consensi). Il conflitto russo-ceceno ha avuto una parte centrale nel suo primo mandato presidenziale, i cui obiettivi principali erano debellare il terrorismo ceceno, restituire alla Russia un territorio che storicamente le apparteneva, ripristinarne l'autorità in area caucasica, scemata per l'influenza degli USA. Sul piano economico interno la sua amministrazione ha puntato al risanamento economico, e nel corso del 2001 promosso riforme volte alla privatizzazione di importanti imprese statali. P. ha attuato una serie di riforme negli ambiti pensionistico, bancario e fiscale, e i suoi interventi in campo economico hanno ottenuto risultati soddisfacenti (incremento della produzione industriale e agricola, e delle esportazioni); ha inoltre lanciato un'energica campagna contro la corruzione, che ha fatto alcune vittime eccellenti, quali i magnati B. Berezovskij, V. Gusinskij e M. Chodorkovskij. Sul piano diplomatico P. ha incrementato le relazioni con la Cina e l'Unione Indiana, nel quadro di un rilancio del ruolo strategico del Paese e di riequilibrio delle relazioni con l'Occidente, raffreddatesi anche in seguito alla ripresa, da parte del presidente G. W. Bush, del progetto di difesa antimissile. Dopo gli attentati di New York e Washington dell'11 settembre 2001, P. ha sostenuto gli USA nella lotta al terrorismo internazionale. La ripresa del dialogo è culminata negli accordi del maggio 2002 che prevedevano l'impegno della Russia e degli Stati Uniti alla riduzione degli arsenali nucleari e la collaborazione tra Mosca e la NATO. Nel 2003 P. si è opposto al piano di intervento armato della coalizione angloamericana in Iraq contro il regime di Ṣ. Ḥusain. Sul fronte interno, in occasione delle elezioni del marzo è stato rieletto con il 71,2% dei voti, grazie all'assenza di una vera opposizione e al favore dell'opinione pubblica. Nel 2005 è stato il primo presidente russo a recarsi nello stato di Israele; si è dedicato inoltre con determinazione a rinsaldare i legami con gli stati riuniti nella Comunità degli stati indipendenti, soprattutto in seguito all'allargarsi dell'Unione Europea e della NATO ai Paesi ex socialisti. Dopo l'insediamento alla presidenza del suo stretto collaboratore D.A. Medvedev a seguito delle elezioni del marzo 2008 , P. ha assunto nuovamente la carica di primo ministro, continuando a mantenere un ruolo politico di primo piano grazie anche al rafforzamento delle competenze del premier, in particolare in politica estera. Alle parlamentari del dicembre 2011 il partito Russia Unita, di cui P. è leader dal 2001, ha nuovamente raggiunto la maggioranza, seppure con un netto calo dei consensi, ricevendo il 49,5% dei voti (15% in meno rispetto alle precedenti elezioni) e aggiudicandosi 238 seggi su 450. Le elezioni presidenziali, svoltesi nel marzo 2012 in un clima di violente agitazioni sociali, hanno visto la riconferma (60%) di P. per un terzo mandato. Sebbene negli anni successivi la crisi economica si sia aggravata e siano proseguite le proteste di massa contro la limitazione dei diritti civili garantiti dalla Costituzione, il partito del presidente ha vinto le legislative del settembre 2016 (54,2%) ottenendo la maggioranza assoluta dei seggi, mentre alle consultazioni del settembre 2021 Russia Unita si è imposto con il 49,8% dei voti, conquistando oltre due terzi dei seggi. Eletto per un quarto mandato nel marzo 2018 con il 60% delle preferenze, nel luglio 2020 l'approvazione attraverso un referendum delle riforme costituzionali proposte dall'uomo politico potrebbe permettere a P. di rimanere al potere fino al 2036. Nel febbraio 2022 l'uomo politico ha rilanciato il piano imperialista, già delineato nel 2014 con l'annessione della Crimea, invadendo il territorio dell'Ucraina e riconoscendo l'indipendenza delle autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk, nel Donbass. Nel marzo 2023 la Corte penale internazionale dell'Aja ha emesso un mandato di arresto contro l'uomo politico in quanto ritenuto "responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle zone occupate dell'Ucraina alla Russia"; parallelamente, le incerte sorti del conflitto e l'impossibilità di detenere l'esclusività dell'esercizio della forza palesatasi nel giugno 2023 a seguito della rivolta dei mercenari del Gruppo Wagner hanno considerevolmente indebolito, sul piano interno come sulla scena internazionale, il suo ruolo di leader.