Celestino II
Guido (nelle sottoscrizioni autografe spesso anche Wido) de Castello, di nobile famiglia e qualificato come toscano dai contemporanei, era originario di Città di Castello. In questa città era canonico del Capitolo del duomo di S. Florido, che dal 1105 in poi, con l'appoggio di Pasquale II, era stato riformato dal priore di S. Frediano a Lucca. È probabile che anche Guido fosse canonico regolare e vivesse secondo la Regola di s. Agostino. Forse è da identificare con il canonico Guido ricordato nel 1114 come membro del Capitolo di Città di Castello. Più tardi, nel 1141, sollecitò ed ottenne da Innocenzo II un privilegio di protezione per il suo vecchio Capitolo (Regesta Pontificum Romanorum, nr. 8132; Italia pontificia, IV, a cura di P.F. Kehr, Berolini 1909, p. 102), al quale lasciò anche - probabilmente per testamento - cinquantasei codici. Non è confermata invece dalle fonti la pia tradizione secondo la quale egli sarebbe stato anche il donatore del paliotto su lastra d'argento conservato nel duomo di Città di Castello. Onorio II elevò Guido al rango di cardinale non prima del 1127. La sua identificazione con il Guido ricordato nel 1123 come camerlengo della Curia romana è molto poco probabile (Regesta Pontificum Romanorum, nr. 7056; Italia pontificia, VI, 2, a cura di P.F. Kehr, Berolini 1914, pp. 324 s.). In occasione dell'elezione pontificia scismatica del 1130 (14 febbraio) Guido si schierò con il papa Innocenzo II. Del 3 aprile è la prima sottoscrizione conservata che ci indica anche la sua chiesa: era cardinale diacono di S. Maria in Via Lata.
La Curia di Innocenzo II si trovava allora in Trastevere, dove Anacleto II non era potuto entrare. Insieme con il suo papa, Guido nel maggio-giugno iniziò il viaggio verso il Nord. Passando da Pisa e Genova la Curia giunse in Francia, dove Guido è ricordato per la prima volta il 2 novembre a Cluny. Nello stesso mese partecipò al concilio di Clermont e il 20 gennaio 1131 alla consacrazione di un altare nel monastero di Morigny (presso Étampes). Allora si trovavano nell'entourage di Innocenzo II anche Bernardo di Chiaravalle e Pietro Abelardo. Guido presenziò sicuramente anche agli incontri del papa con Luigi VI a Orléans, con Enrico I d'Inghilterra a Chartres (gennaio) e con re Lotario III a Liegi (marzo). È testimoniata invece esplicitamente la sua presenza nel maggio a Rouen, nell'ottobre a Blois e al concilio di Reims, dove il 23 egli funse come membro di un tribunale arbitrale, che giudicava per incarico pontificio. In seguito troviamo Guido alla Curia pontificia a Châlons-sur-Marne, a Troyes e a Auxerre (1° dicembre).
Pare che poco dopo si sia messo in viaggio per Colonia, insieme con i cardinali Guglielmo di Palestrina e Giovanni di Crema. Dopo Natale, probabilmente a partire dal gennaio 1132, i legati pontifici trattarono con Lotario III sui particolari della spedizione in Italia promessa dal re in soccorso di Innocenzo II. Nella stessa negoziazione si trattò della discussa elezione di un nuovo arcivescovo alla cattedra arcivescovile di Colonia rimasta vacante poco prima. I negoziati con il re si trascinarono a lungo: il 10 aprile i legati, tra i quali si trovava ora anche il cardinale vescovo di Albano Matteo, furono presenti a una curia del re ad Aquisgrana. Essi tornarono alla Curia pontificia, ormai rientrata in Italia, solo a luglio, quando la raggiunsero a Cremona. In seguito Guido appose la sua firma a bolle pontificie a Brescia (26 luglio-30 agosto), a Leno (2 settembre), a Bologna (13 dicembre) e a Pisa il 3 gennaio 1133 (Italia pontificia, III, a cura di P.F. Kehr, Berolini 1908, p. 306).
Per molti anni Guido rimarrà a fianco del papa. Lo seguì lungo la costa tirrenica (il 20 marzo 1133 è presente a Grosseto) e a Viterbo, dove Lotario III stava aspettando Innocenzo II con il suo esercito, ed entrò con lui a Roma il 30 aprile sotto la protezione delle truppe del re. Alla fine di maggio Guido sottoscrisse nel Laterano, residenza del papa, e sull'Aventino, dove era accampato l'esercito del re.
Partecipò, il 4 giugno 1133, all'incoronazione imperiale di Lotario e di Richenza celebrata nel Laterano, dato che S. Pietro si trovava saldamente nelle mani di Anacleto II.
Dopo la partenza dell'esercito imperiale Innocenzo II non riuscì a resistere a lungo a Roma. Alla fine di agosto trasferì altrove la sua Curia. Un privilegio sottoscritto da Guido il 2 settembre attesta la presenza della Curia a Siena. Seguì il lunghissimo soggiorno a Pisa, dove Guido è ricordato per l'ultima volta nella sua qualità di cardinale diacono il 21 dicembre 1133. Immediatamente dopo, probabilmente - com'era tradizione - il venerdì delle "quattro tempora" (22 dicembre), fu elevato alla dignità di cardinal prete di S. Marco. Il suo titolo è tramandato solo dai cronisti che più tardi raccontano la sua elevazione a papa, perché egli stesso soleva sottoscrivere come "Guido [o Wido] indignus sacerdos", dal 1138 in poi come "sancte Romane ecclesie indignus sacerdos", inizialmente addirittura come "indignus minister" (11 gennaio 1134: Regesta Pontificum Romanorum, nr. 7643; Italia pontificia, VI, 2, p. 305).
La presenza ininterrotta di Guido alla Curia di Pisa è attestata fino al febbraio del 1137. A Pisa partecipò al concilio generale del 1135 (maggio-giugno), indetto da Innocenzo II per rafforzare il suo pontificato. Nel marzo 1137 il papa si mise di nuovo in viaggio e Guido lo accompagnò: lo troviamo nel maggio nei pressi di Anagni, nel giugno presso Melfi, nel luglio a Lagopesole nel campo di Lotario III, dove con il cancelliere Aimerico e soprattutto con il cardinal prete Gerardo di S. Croce sostenne davanti all'imperatore, con discussioni durate per giorni, la causa della Chiesa romana contro il monastero di Montecassino. La discussione verteva sulla questione se l'elezione dell'abate Rainaldo (favorito da Ruggero II, il più potente seguace di Anacleto II) fosse valida e in quale modo l'abbazia fosse sottoposta al papa.
In seguito alla mediazione di Bernardo di Chiaravalle e in sua presenza, all'inizio di dicembre 1137 a Salerno gli stessi tre cardinali cercarono di convincere Ruggero II - esponendo il loro punto di vista e rispondendo alle domande per quattro giorni di seguito - della legittimità dell'elezione del loro papa; dopo di loro tre cardinali della parte avversa esposero le loro ragioni, anch'essi per quattro giorni di seguito. Ma al re sembra importasse soprattutto di guadagnare tempo. Non prese posizione neanche dopo queste discussioni e chiese che gli fosse esposto tutto per iscritto, con la scusa di voler passare il Natale in Sicilia, dove con il consiglio dei suoi prelati e dei suoi consiglieri avrebbe preso una decisione. Guido lo accompagnò (probabilmente a Palermo) insieme con un cardinale della parte avversa.
Non sappiamo per quanto tempo Guido sia rimasto lontano dalla Curia. La sua presenza vi è attestata di nuovo nel dicembre del 1138, quando il papa era ormai nel Laterano. Innocenzo II, infatti, era giunto a Roma nell'ottobre del 1137 insieme con Lotario III e aveva potuto impossessarsi anche del Laterano dopo la morte del suo avversario (25 gennaio 1138). Nei mesi seguenti il nome di Guido appare regolarmente nei documenti pontifici. Nell'aprile del 1139 partecipò al II concilio Lateranense. Portano la sua sottoscrizione due privilegi del 25 maggio 1139, ma poi la sua firma ricompare soltanto il 27 febbraio 1140.
In questo lungo intervallo non fu né rettore di Benevento, com'è stato supposto in precedenza (cfr. Italia pontificia, IX, a cura di W. Holtzmann, Berolini 1962, p. 40), né di certo soggiornò in Francia ma svolse invece una legazione in Lombardia. Lo prova un documento emanato il 24 settembre 1139 a Piacenza da "Wido [...] sancte Romane ecclesie presbyter cardinalis licet indignus", il quale, nella sua qualità di legato, compose una lite tra il locale vescovo e il Capitolo del duomo (P.F. Kehr, Papsturkunden in Italien, V, pp. 302 s.; Italia pontificia, V, a cura di P.F. Kehr, Berolini 1911, p. 463; erroneamente identificato con il cardinal prete Guido di S. Crisogono, attestato solo a partire dal 10 gennaio 1140, da J.M. Brixius, pp. 43, 88, e B. Zenker, pp. 62 s.). La nostra identificazione si basa sulla somiglianza con la formula usata solitamente da Guido per la sua sottoscrizione.
Dopo il febbraio 1140 non abbiamo prove che Guido si sia assentato un'altra volta dalla Curia pontificia. È vero che nei periodi di giugno-settembre del 1140, di maggio-novembre del 1141, di giugno-ottobre del 1142 la sua firma non compare sulle bolle pontificie, ma si tratta di quei mesi in cui la Cancelleria pontificia rilasciava solamente pochissimi privilegi. Tutte le bolle che in questo periodo recano la firma di Guido sono datate nel Laterano, con due sole eccezioni: quella del 14 ottobre 1140 è datata in Trastevere, quella del 23 maggio 1142 "in monte Tyburtino". Come cardinale, Guido sottoscrisse l'ultima volta il 16 maggio 1143.
Come dimostrano nel modo più evidente gli incarichi affidatigli nel 1137, in Curia Guido faceva parte del gruppo guidato dal cancelliere Aimerico, il quale era stato artefice nel 1130 dell'elezione di Innocenzo II ed aveva esercitato, fino alla sua morte nel 1141, un'influenza preponderante sulla politica pontificia (cfr. F.-J. Schmale, Studien zum Schisma des Jahres 1130, Köln-Graz 1961, pp. 162-91). Di questo gruppo fece parte, accanto a Guido, il successore di Aimerico, Gerardo di S. Croce in Gerusalemme, che rimase cancelliere anche durante il pontificato di C. e gli successe sul trono di s. Pietro col nome di Lucio II. Guido era in rapporti anche con Pietro Abelardo. Che lo stimasse lo dimostra il fatto che egli possedeva per lo meno due delle sue opere. Una fonte contemporanea qualifica Guido addirittura come allievo di Abelardo, ma resta dubbio che egli abbia studiato direttamente con lui: non ci sono accenni di un soggiorno prolungato a Parigi. D'altra parte Guido intratteneva rapporti anche con il più accanito avversario di Abelardo, Bernardo di Chiaravalle, come sappiamo dalle lettere di quest'ultimo. Guido conosceva personalmente entrambi. Gli indirizzavano lettere Pietro il Venerabile, abate di Cluny, e il vescovo inglese Arnolfo di Lisieux. Gerhoch von Reichersberg dedicò a lui (e ai cardinali Gerardo di S. Croce e Goizo di S. Cecilia) un'opera sullo Spirito Santo, il canonico e cantore Benedetto di S. Pietro un "ordo" per le cerimonie della Chiesa romana, il Liber politicus.
La circostanza che Guido venga spesso qualificato come "magister" lascia supporre che egli abbia avuto una qualche istruzione superiore, ma resta completamente oscuro dove e quali materie avesse studiato. Non esistono testimonianze contemporanee di suoi studi o di una conoscenza del diritto attribuitagli da alcuni scrittori moderni. Ci sono invece testimonianze che attestano la stima di cui godeva presso i contemporanei: vengono sottolineate la "mentis industria", la "litterarum scientia multiformis", la "profunda sapientia", ma anche la pietà, una virtù che ben si addice ad un membro del giovane Ordine dei Canonici Regolari di S. Agostino quale fu con tutta probabilità Guido.
Quando Innocenzo II morì il 24 settembre 1143 a Roma, la città era in piena rivolta contro il papa. Sotto la spinta del movimento comunale nell'Italia settentrionale, e temendo forse anche che l'autonomia cittadina fosse minacciata da Ruggero II di Sicilia, nel 1143 il popolo di Roma rivendicò un proprio governo da affidare al nuovo Senato. In una situazione del genere incombeva il pericolo di un altro scisma - come nel 1130 -, e perciò Innocenzo II prima di morire aveva indicato cinque cardinali tra i quali il Collegio avrebbe dovuto scegliere il nuovo papa. Già il terzo giorno dopo la morte di Innocenzo II, il 26 settembre, i cardinali elessero unanimemente Guido de Castello, certamente in considerazione della grande stima di cui godeva come persona di vasta e varia cultura e nello stesso tempo pia. Pare che abbia avuto anche il consenso del popolo di Roma. Guido doveva essere allora già molto avanti negli anni, dato che viene qualificato come "vir grandaevus". La domenica successiva, il 3 ottobre, fu consacrato vescovo e incoronato papa.
La brevità del suo pontificato non permette di stabilire l'indirizzo generale della politica perseguita da C., ma solo alcuni tratti particolari. Colpiscono soprattutto alcuni cambiamenti rispetto alla politica del suo predecessore.
Si è avanzata l'ipotesi, abbastanza convincente, che C. abbia ottenuto la neutralità del movimento comunale a Roma soprattutto con il suo riserbo nei confronti di Ruggero II. L'investitura del Regno di Sicilia, concessa al re da Innocenzo II nel luglio del 1139 a Mignano, doveva essere rinnovata, con tutte le clausole, dopo la morte del signore feudale, e cioè il papa. C. non intendeva farlo per il momento; anzi egli metteva addirittura in dubbio la validità di quell'accordo, dato che il suo predecessore aveva agito mentre era tenuto prigioniero (anche se con tutti gli onori) e quindi sotto pressione e che di conseguenza le concessioni del 1139 potevano anche considerarsi invalide. L'assedio posto da Ruggero II alla città pontificia di Benevento costrinse però C. all'inizio del 1144 a inviare presso il re un cardinal legato e il console di Roma, per trattare una nuova pace.
Come il Regno di Sicilia anche l'Inghilterra era un feudo della Chiesa romana. Ivi il regno di Stefano era contestato dalle rivendicazioni dell'imperatrice Matilde, figlia di Enrico I († 1135) e vedova dell'imperatore Enrico V. Innocenzo II aveva discusso questo caso nel concilio Lateranense del 1139 riconoscendo Stefano come re. Si dice che C. non avesse approvato allora questa decisione. Ora, come papa, cominciò a procedere contro Stefano a favore di Matilde.
Nel dicembre del 1143, alla solita scadenza, pare, delle "quattro tempora" (quindi il 17), C. creò in una sola volta per lo meno dieci cardinali: ciò significava, viste le abitudini del tempo, uno straordinario ampliamento del Sacro Collegio. Inoltre reintegrò il vecchio cardinale Pietro Pisano, che era stato seguace di Anacleto II, nella sua dignità di cardinal prete di S. Susanna della quale era stato privato da Innocenzo II nonostante che Pietro si fosse allora sottomesso.
Queste poche misure politiche che conosciamo lasciano supporre un generale allontanamento di C. dall'indirizzo politico del suo predecessore. Tuttavia non è possibile formulare un giudizio definitivo: C. morì dopo un pontificato di solo cinque mesi e mezzo, l'8 marzo 1144 a Roma, che non aveva più lasciato dopo la sua elezione, nel "Palladium", cioè nel monastero di S. Maria in Pallara alle falde del Palatino, che era servito da rifugio in occasione delle turbolente elezioni pontificie degli anni 1118 e 1130, perché considerato inespugnabile. Fu sepolto nella basilica di S. Giovanni in Laterano a fianco di Onorio II al quale doveva la sua elezione a cardinale.
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