Onorio II
Scarse sono le notizie su questo papa prima della sua nomina a cardinale vescovo d'Ostia. Lamberto Scannabecchi, originario di Fiagnano (attualmente in provincia di Bologna), nacque da una famiglia bolognese di modeste condizioni, ma ciò non gli impedì di acquisire un notevole livello culturale - è detto "senex eruditissimus" da Orderico Vitale (IV, p. 466) -; le cronache del tempo, anzi, pongono volutamente la sua cultura a contrappeso dell'umiltà delle origini.
Secondo Romualdo (Chronicon, p. 213), Lamberto fu arcidiacono a Bologna e prima di essere nominato cardinale vescovo d'Ostia - preceduto nella carica dal cronista Leone Marsicano - fu cardinale diacono o cardinale prete. Le Vitae del Ciacconio lo ascrivono tra i cardinali preti di S. Prassede. Se l'identificazione fosse esatta, stabilita quindi sulla base di documenti a noi oggi ignoti, sarebbe possibile collocarlo tra Romano e Desiderio.
Papa Pasquale II lo nominò vescovo d'Ostia nel 1117. Nel 1118 partecipò all'elezione di Gelasio II e fece parte del suo seguito insieme col futuro antipapa Anacleto II; si recò prima a Gaeta, poi a Pisa e infine, nel dicembre 1118, in Francia, dove il papa aveva cercato rifugio in seguito ai ripetuti attentati subiti a Roma dai Frangipane. Alla morte di Gelasio (gennaio 1119), avvenuta a Cluny, Lamberto d'Ostia, insieme con Conone di Preneste - fatta salva la ratifica della sua nomina da parte del clero e del popolo romano - contribuì alla designazione del nuovo papa nella persona dell'arcivescovo di Vienne, Guido, che, consacrato in questa città il 9 febbraio, nel marzo 1119 fu acclamato papa col nome di Callisto II a S. Giovanni in Laterano. Lamberto d'Ostia accompagnò il nuovo papa nel suo viaggio francese (Saint-Antoine nell'Isère, Saint-Gilles nel Gard, Tolosa, Tours, Reims, Beauvais, Cluny, Gap) e nel 1120, dopo il fallimento delle prime trattative tra il papa e l'imperatore Enrico V, tornò con lui in Italia, a Roma.
Nel 1122 Lamberto d'Ostia è posto alla guida della delegazione pontificia in Germania che comprendeva i cardinali Saxo di S. Stefano - che nel 1124 sarà candidato all'elezione papale e che divenne in seguito cancelliere dell'antipapa Anacleto II - e Gregorio Papareschi, cardinale diacono di S. Angelo, futuro papa Innocenzo II. A questa delegazione era stato affidato il delicatissimo compito di negoziare un accordo con l'imperatore Enrico V; il successo dell'impresa si concretizzò nel concordato di Worms (23 settembre 1122) che, chiudendo la lotta per le investiture, diede inizio a un periodo di pace tra il papato e l'Impero. Il cardinale d'Ostia si trattenne ancora qualche tempo in Germania, finché nel 1123 riguadagnò l'Italia e Roma, dove, in Laterano, venne celebrato un concilio (18-27 marzo) che per la sua importanza fu annoverato più tardi tra i concili ecumenici, primo degli occidentali e nono nella serie completa.
Il borgognone Callisto II morì poco dopo, il 13 o il 14 dicembre 1124, lasciando la Chiesa in una situazione di sostanziale pace. Ma ben presto scoppiò nuovamente il conflitto che da tempo opponeva due famiglie romane, i Pierleoni e i Frangipane, e che si manifestò durante l'elezione del nuovo papa. I Pierleoni erano sostenuti dai "vecchi gregoriani" della Curia legati al monachesimo tradizionale, mentre i Frangipane si erano avvicinati ad Aimerico di Borgogna († 1141), da un anno cardinal diacono di S. Maria Nova e cancelliere. Quest'ultimo, uomo molto influente dotato di una grande abilità politica, guidava i cosiddetti "nuovi gregoriani", provenienti per lo più dalla Francia e dall'Italia settentrionale e legati spiritualmente alle "nuove religioni", cioè ai Canonici Regolari - tra i quali i Premonstratensi fondati da Norberto di Xanten - e ai Cistercensi. Lamberto d'Ostia era il candidato all'elezione papale di Aimerico e dei Frangipane, mentre veniva dato per favorito Saxo di S. Stefano. Tuttavia, i cardinali, riuniti nella chiesa di S. Pancrazio, situata accanto al Laterano, su proposta del cardinale diacono Gionata dei SS. Cosma e Damiano, vicino ai Pierleoni, elessero all'unanimità - secondo il Liber pontificalis di Pandolfo - il cardinale prete di S. Anastasia, il romano Teobaldo "Buccapecus", che scelse il nome di Celestino II. I Frangipane non accettarono la sconfitta e intervennero con le armi, mentre già si stava cantando il Te Deum: minacciarono e colpirono Teobaldo, che pare abbia di conseguenza rinunciato subito alla consacrazione, e acclamarono Lamberto d'Ostia. Nel corso della settimana che seguì, sembra che soltanto le cospicue donazioni fatte ai loro avversari dai Frangipane siano riuscite ad evitare lo scisma. La biografia di O. scritta dal cardinale Bosone († ca. 1178) dice che Lamberto, consapevole della non canonicità della sua elezione, il 21 dicembre 1124 depose spontaneamente le insegne papali (il manto e la mitra) al cospetto degli altri cardinali, i quali, notando la sua umiltà, vollero comunque eleggerlo. Lamberto d'Ostia prese il nome di Onorio II.
La biografia di O. composta da Pandolfo, partigiano dei Pierleoni, capo della milizia pontificia e nominato cardinal diacono dall'antipapa Anacleto II, favorisce una versione dei fatti significativamente diversa. Secondo Pandolfo, infatti, il cardinale d'Ostia si era recato a S. Pancrazio indossando già il manto rosso papale sotto l'abito nero, per iniziativa dei Frangipane. L'inserto "ignorante domino", riferendosi all'ignoranza dell'iniziativa della "prevestizione" da parte di Lamberto d'Ostia, scagiona quest'ultimo dall'accusa di ambizione, lasciando quindi in evidenza la sola responsabilità dei Frangipane. In ogni modo, un particolare segnala, nelle intenzioni di Pandolfo, l'ambiguità di Lamberto: si tratta del suo consenso esplicito all'elezione di Teobaldo. Il giudizio negativo di Pandolfo su Lamberto d'Ostia si rivela poi apertamente alla fine della sua breve biografia, quando il partigiano di Anacleto II, prontamente censurato dal copista e rimaneggiatore francese Pierre-Guillaume, esclama riferendosi a O.: "Hic, qui volente Christo, natus unquam non esset [...]" (Liber pontificalis, a cura di I.M. March, p. 208). La Vita di O. conclude la serie di biografie papali redatte da Pandolfo e riviste da Pierre-Guillaume; il fatto che ometta aspetti importanti del pontificato di O. per incentrarsi sull'episodio dell'elezione contrastata del papa indica senz'altro come l'episodio del 1124 sia stato letto dai contemporanei come allusivo a quello della successiva elezione del 1130, quando, alla morte di O., ancora una volta Frangipane e Pierleoni si affrontarono dando vita, questa volta, a uno scisma, che mise in campo, rispettivamente, i seguaci di Innocenzo II, guidati dal cardinale Aimerico, e dell'antipapa Anacleto II. La connessione tra i due avvenimenti, anche se interpretata diversamente, resta comunque attuale anche nella storiografia del nostro tempo.
Pochi mesi dopo l'elezione di O. moriva in Germania l'imperatore Enrico V, ultimo dei Salii (25 maggio 1125). Il papa, affiancato dall'arcivescovo di Magonza, Adalberto, sostenne la candidatura di Lotario duca di Sassonia che fu incoronato il 30 agosto 1125. Lotario II († 1137) onorò gli impegni assunti col concordato di Worms, non impose i propri candidati alle cariche episcopali, e il suo atteggiamento nei confronti della Chiesa tedesca fu di sostanziale accettazione delle richieste pontificie. Quando l'anno successivo scoppiò apertamente il conflitto tra Lotario e la casa sveva degli Hohenstaufen, che ambiva alla corona e sosteneva le mire imperiali dei nipoti di Enrico V, Federico e Corrado di Svevia, la posizione del papa e dei vescovi tedeschi fu di aperto sostegno a Lotario; in Italia, un concilio riunito a Pavia nel 1128 e presieduto da un legato papale scomunicò l'arcivescovo di Milano, Anselmo, che in quell'anno aveva incoronato Corrado re d'Italia.
In Francia, O. volle mantenere con Luigi VI il Grosso († 1137) un rapporto di neutralità rispetto ai vari conflitti che si manifestarono tra il re e alcuni alti ecclesiastici francesi. Questa sua scelta fu più di una volta deplorata da Bernardo abate di Clairvaux, la cui intensa attività riformatrice influenzò in profondità la Chiesa francese, e non solo, dell'epoca. Il primo caso riguarda il vescovo di Parigi, Stefano di Senslis, che anche grazie a s. Bernardo divenne un partigiano della riforma, sostenendo attivamente i nuovi Ordini religiosi, quali, per esempio, i Canonici Regolari di S. Vittore e i Premonstratensi e scrivendo alcune costituzioni per delle comunità religiose, come le Benedettine di Yerres, il cui monastero fu fondato dallo stesso Stefano nel 1132. Il vescovo di Parigi incorse nell'opposizione del re nel 1129, quando tentò di sostituire i Canonici Secolari di Notre-Dame con i Vittorini: i Canonici Secolari, non volendo rinunciare ai loro privilegi, si rivolsero con successo al sovrano, mentre Stefano poté contare sul sostegno, oltre che di Enrico arcivescovo di Sens, di Bernardo. Dopo che Luigi VI tolse a Stefano i suoi "regalia", quest'ultimo lanciò l'interdetto su Parigi, che O. si affrettò a levare. Infine, il cardinale legato Matteo d'Albano, uno dei protagonisti del pontificato di O. e, in seguito, di Innocenzo II, fu incaricato di sanare il dissidio. E ben presto il re e il vescovo di Parigi si riconciliarono; nel 1137, Stefano di Senslis si troverà al capezzale del re morente. Il cardinale Matteo d'Albano a Laon era stato allievo di Anselmo, ed era stato canonico di Reims. Si fece poi monaco cluniacense e, su richiesta del giovane Pietro il Venerabile, che ne scrisse una biografia, lo aiutò a riformare la grande abbazia di Cluny, con l'obiettivo di farla uscire dalla grave crisi culminata nella deposizione (1126) dell'abate Pons di Melgueil. Matteo sostenne il valore dell'antico monachesimo cluniacense rispondendo al "manifesto" di Bernardo a favore dei nuovi Benedettini, i Cistercensi. Questa disputa, che oppose Cluny a Cîteaux, e che coinvolse anche Pietro il Venerabile fu, secondo A. Wilmart, "un des quatre ou cinq grands sujets de l'histoire monastique" (Une réponse de l'ancien monachisme au manifeste de saint Bernard, "Revue Bénédictine", 46, 1934, p. 296). Nel 1128, dopo che era stato inviato da O. a Montecassino per sanare la crisi dell'altro illustre cenobio benedettino apertasi con la deposizione (1127) dell'abate Oderisio, il papa nominò Matteo d'Albano legato in Francia. Tra il 1128 e il 1129 fu a Reims e a Troyes, partecipò al concilio di Châlons-sur-Marne e si recò a Montiérender e a Thérouanne. Poi Matteo tornò a Roma e fu presente alla morte di O. (1130). Fu proprio nel corso di questa legazione che Matteo presiedette, a nome di O., un concilio provinciale a Troyes, il 13 gennaio 1129 - la data è stata giustamente modificata da R. Hiestand (p. 302) - in cui venne approvata la regola di un Ordine religioso veramente nuovo e sorprendente, quello dei "Pauperes commilitones Christi Templique Salomonici", detti comunemente Templari, il primo Ordine religioso e militare della cristianità, sorto a Gerusalemme intorno al 1120. A questo concilio, voluto da s. Bernardo che lo aveva preparato da tempo su richiesta del cavaliere della Champagne Ugo di Payns, fondatore dell'Ordine, parteciparono gli arcivescovi e i vescovi delle due province ecclesiastiche di Reims e di Sens, oltre che numerosi abati, cistercensi in particolare, e vari laici, tra i quali Tebaldo IV di Champagne e Guglielmo II di Nevers. Forti dell'approvazione ecclesiastica, i Templari reclutarono in quei mesi molti uomini per la crociata e ricevettero numerose donazioni. Nello stesso anno, a Damasco, i Templari ebbero il battesimo del sangue, subendo una terribile disfatta. La diffusione del nuovo Ordine in Italia sembra essere invece una conseguenza del sostegno prestato - assecondando s. Bernardo - al successore di O., Innocenzo II, contro Anacleto II.
Sempre al 1129 data l'attacco del re Luigi VI a Enrico Sanglier, l'arcivescovo di Sens "convertito" alla riforma dall'abate di Clairvaux che gli dedicò tra il 1127 e il 1128 un suo trattato sui doveri dei vescovi, il De moribus et officio episcoporum. Sanglier fu accusato di simonia, anche se il re intendeva colpirlo per la sua adesione al partito riformatore. Ancora una volta O. mantenne una posizione di neutralità, malgrado l'arcivescovo di Sens avesse potuto contare sulla difesa di Ugo di Pontigny, di Stefano Harding e, naturalmente, di Bernardo che scrisse al papa definendo il re di Francia "un nuovo Erode". In ogni caso l'accusa di simonia non dovette avere particolari conseguenze giacché Enrico Sanglier restò arcivescovo di Sens. La restituzione all'abbazia di St-Denis del monastero femminile di Argenteuil accusato di dare scandalo avvenne nel 1129 e la decisione del sinodo di Saint-Germain-des-Prés fu ratificata da O. solo dopo l'approvazione del re.
La penisola iberica restò un po' ai margini degli interessi di O., anche se nel 1129 inviò ad Alfonso VII re di Castiglia e León un legato, Umberto di S. Clemente, che presiedette nel 1130 a Carrion, nel León, a seguito del concilio di Palencia del 1129, un concilio riformatore, in cui furono deposti tre vescovi. La Chiesa romana di O. conobbe invece un momento estremamente favorevole nell'Inghilterra di Enrico I. Il re aveva ottenuto dal papa Callisto II il mantenimento del diritto di veto su qualsiasi legato inviato da Roma, in quanto l'arcivescovo di Canterbury esercitava già la funzione di legato permanente. Ciò impediva manifestamente un'azione diretta di Roma sul Regno inglese. O., invece, riuscì a sostituire con la propria l'influenza che i re normanni avevano fino ad allora esercitato sulla Chiesa inglese. Il cardinale legato Giovanni da Crema si recò dapprima in Scozia, presso re Davide, dove presiedette il sinodo di Roxburg, e infine, giunto a Londra, poté addirittura presiedere un concilio a Westminster (9 settembre 1125), in cui non esitò a convocare a Roma i vescovi. In Italia, il papa intervenne sulla "questione pisana" nel concilio romano del 1126: O. modificò la decisione di Callisto II restituendo all'arcivescovo di Pisa il diritto di consacrare i vescovi della Corsica. Attraverso i legati papali e i concili, il papato stava quindi affermando un controllo sempre più forte sulle Chiese nazionali.
L'unica eccezione era rappresentata dall'Italia normanna e in parte da Roma. Infatti la crisi di successione che si era aperta alla morte di Guglielmo II di Puglia (1127) - nello stesso anno morì anche Giordano II principe di Capua - indusse Ruggero II di Sicilia a invadere l'Italia meridionale. O. lo minacciò di scomunica e, sperando nel consueto appoggio dei feudatari desiderosi di maggiore indipendenza, qualche mese dopo scese nel Ducato di Puglia deciso a far valere contro di lui i diritti papali; tuttavia, malgrado la scomunica di Ruggero (Troia, novembre 1127) e le promesse di indulgenza a chi fosse morto combattendo contro di lui, il papa fu obbligato a cedere. A seguito delle negoziazioni del cardinale Aimerico e di Cencio Frangipane, O. e Ruggero conclusero un concordato a Benevento (22 agosto 1128) secondo il quale il papa investiva il conte Ruggero del Ducato di Puglia, e riceveva da lui il giuramento di fedeltà. Sia pure sotto la sovranità pontificia - giacché Ruggero II aveva prestato omaggio al papa - ormai l'Italia meridionale era unificata. Dal punto di vista politico, i rapporti tra il papa che aveva negoziato il concordato di Worms e i regnanti d'Europa furono sostanzialmente privi di conflitti, e O. giunse fino a sacrificare le esigenze riformistiche più radicali pur di mantenere buone relazioni con l'autorità civile. D'altra parte l'azione ecclesiastica di O. fu moderatamente favorevole ai nuovi Ordini religiosi, come i Canonici Regolari, i Cistercensi o i Templari, creando d'altra parte, attraverso lo strumento dei legati papali, una sempre crescente dipendenza da Roma delle autorità ecclesiastiche locali.
Una figura determinante del pontificato fu il borgognone Aimerico, che O. aveva confermato nel suo incarico di cancelliere. Fu sua la gestione della successione del papa, anche se non riuscì ad evitare lo scisma, e in parte anzi lo provocò. O. infatti, ammalatosi gravemente, fu consigliato di recarsi dal Laterano al monastero di S. Gregorio (più precisamente dei SS. Andrea e Gregorio) al Monte Celio "ad Clivum Scauri". Il cancelliere Aimerico cominciò a preparare il suo piano: derogare al Decretum di Niccolò II e affidare l'elezione del papa a otto arbitri, in maggioranza partigiani dei Frangipane. I Pierleoni avevano invece la maggioranza nel collegio elettorale. Inoltre Aimerico aveva disposto che l'elezione non potesse avvenire prima della sepoltura di Onorio II. Il papa morì nella notte tra il 13 e il 14 febbraio 1130, fu sepolto rapidamente - la sua sepoltura definitiva avvenne a S. Giovanni in Laterano - e si procedette all'elezione senza neppure attendere che si ricomponesse la totalità del Collegio ristretto, visto che due cardinali legati ai Pierleoni erano al momento assenti. In questo modo, indubbiamente non impeccabile, fu eletto Innocenzo II, cardinale diacono di S. Gregorio. Gli altri cardinali, venuti a conoscenza dell'operato, si riunirono ed elessero il candidato dei Pierleoni, che prese il nome di Anacleto II. Dopo lunghi anni di scisma, Innocenzo II dovrà la vittoria sul suo antagonista, oltre che al cancelliere Aimerico, al carisma infaticabile di s. Bernardo.
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