CENOMANI (Cenomàni)
Parte degli Aulerci, che costituiva uno dei più forti e potenti cantoni nei quali era divisa la gente gallica cisalpina. Non abbiamo dati precisi per fissarne i confini, che possiamo tuttavia porre con una certa approssimazione: a ovest, all'Oglio o all'Adda; a est, alla sponda occidentale del Garda fino al Mincio; a nord, alle Alpi che conterminano a mezzogiorno la Valtellina e l'Adamello, e a sud, al Po verso Cremona.
Come per tutto il resto della regione alpina, si può ritenere in base a dati archeologici che prima che venissero a insediarsi i Galli anche qui prendessero stanza i Liguri (Taurisci) delle Alpi; i neolitici, che lasciarono numerose tracce della loro esistenza nei nomi dei monti e nelle grotte preistoriche, nonché i palafitticoli dell'epoca del bronzo; e poi gli Umbri e gli Etruschi settentrionali. Vennero quindi a far parte dell'agro cenomanico la tribù dei Camunni, nella Val Camonica, e quella dei Triumplini in Val Trompia, quindi le tribù degli Stoni nelle Giudicarie, dei Sabini in Val Sabbia, dei Benacensi e degli Alutrensi (Val di Ledro). L'azione di questa gente non si restrinse in questi confini, e sebbene Plinio, probabilmente dietro la scorta di Catone, ascriva i Tridentini, i Feltrini e i Bernensi (Cadore) alla popolazione retica, e i Veronesi a quella retica ed euganea unite insieme, pure non v'ha dubbio che copiose tracce della civiltà cenomane si riscontrarono in tutto il bacino tridentino e dell'Alto Adige, e Brescia poté essere denominata da Catullo madre della sua Verona. A ogni modo Brescia era concordemente riconosciuta come capitale della regione (Cenomanorum caput). Degno di nota fu l'atteggiamento dei Cenomani, che insieme con i Veneti tennero un contegno autonomo in favore dei Romani contro gl'Insubri, quando questi furono vinti in battaglia campale da Claudio Marcello nel 222 a. C. Non è ben certo quale fosse la sorte riservata ai Cenomani per questa loro adesione. Pare che con tutto il resto d'Italia riconoscessero spontaneamente la supremazia di Roma. Singoli moti di rivolta ebbero tuttavia luogo. Rimase ricordo più diffuso e circostanziato del moto degli Stoni che Q. Marcio Re represse nel 118 a. C., guadagnandosi gli onori del trionfo. Moto più esteso fu quello per il quale i Camunni e i Triumplini, fatta causa comune con i Venonneti, con gli Uberi e con i Leponzî, nel 16 a. C., sotto gli auspici di Augusto, furono rotti da Publio Silio. I vinti più riottosi furono venduti all'asta, gli altri furono aggregati al finitimo municipio di Brescia. Per tenere a freno le vinte tribù fu dedotta a Brescia una colonia, che, dal suo fondatore, fu chiamata colonia civica Augusta.
Bibl.: H. D'Arbois de Jubainville, Les premiers habitants de l'Europe, Parigi 1877, p. 289; E. Desjardins, Géogr. de la Gaule, II, Parigi 1876-85, pp. 206, 497; A. Longnon, Géogr. de la Gaule, Parigi 1878, p. 294; Mommsen, in Corp. Inscr. Lat., V, p. 413; U. Pedroli, Roma e la Gallia cisalpina, Torino 1893, p. 32 segg.; G. Oberziner, Le guerre di Augusto contro i popoli alpini, Roma 1900, p. 41 segg.; Lauterbach, Untersuchungen zur Geschichte der Unterwerfung von Oberitalien durch die Römer, Breslavia 1905.