censura
Limitazioni della libertà di espressione
La censura è lo strumento di controllo con il quale il potere limita la libertà di espressione e la diffusione di informazioni, idee e opinioni, decidendo quali siano lecite e quali illecite. Scopo della censura è impedire che la stabilità dell'ordine politico, morale e religioso venga minacciata dalla comunicazione di idee e informazioni che non concordino con le dottrine autorizzate o costituiscano un pericolo per la sicurezza dello Stato. Oggi i paesi aderenti all'ONU sono tenuti a proclamare il diritto di informazione e la libertà di parola sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948). Le violazioni di questi principi nella prassi dei governi incontrano la riprovazione dell'opinione pubblica mondiale
La censura religiosa, particolarmente praticata nel Medioevo dall'autorità ecclesiastica, colpisce l'eresia e l'empietà, le quali sono in contrasto con i dogmi (le verità di fede) e rappresentano un pericolo per l'unità della Chiesa. La censura politica, attuata dall'autorità pubblica a partire dalla formazione degli Stati nazionali, è diretta contro le idee sediziose e le manifestazioni di critica al potere vigente. La censura morale, infine, ha come bersagli l'oscenità e la pornografia, e può essere esercitata sia dalle autorità statali sia da organizzazioni private volontarie.
I metodi della censura variano a seconda dei mezzi di comunicazione: nelle società in cui prevale la comunicazione orale, si ricorre all'espulsione del colpevole dalla comunità (esilio). In seguito all'invenzione della stampa a caratteri mobili, la censura viene esercitata su tutte le forme di comunicazione scritta, impedendo la pubblicazione di libri, giornali, riviste, manifesti o provocandone la distruzione. Nella comunicazione visiva la censura è applicata su opere teatrali, rappresentazioni artistiche e pellicole cinematografiche; nei regimi fortemente autoritari si colpiscono i trasgressori con il carcere, la deportazione, la soppressione fisica.
Nell'età romana la censura era una magistratura ‒ cioè una carica pubblica ‒ istituita nel 443 a.C. I censori erano due magistrati, eletti dai Comizi centuriati ogni cinque anni e in carica per diciotto mesi, addetti al censimento della popolazione, cioè alla registrazione dei cittadini e dei loro averi.
I censori avevano inoltre funzioni amministrative, si occupavano del bilancio dello Stato, dell'imposizione dei tributi e dell'emanazione delle norme per la leva militare. Con il tempo i censori divennero anche un'autorità morale, incaricata di vigilare sui costumi: essi valutavano la condotta dei cittadini e colpivano gli indegni con un giudizio, detto nota censoria, che poteva declassarli a un ceto inferiore.
L'invenzione della stampa intorno alla metà del Quattrocento costituì un fenomeno culturale rivoluzionario: strati sempre più ampi di popolazione potevano prendere parte ai dibattiti politici, religiosi e scientifici, nei quali venivano formulate teorie nuove, contrarie alla tradizione. Ciò destò la preoccupazione delle autorità civili ed ecclesiastiche, che resero più rigorosa la censura. Nel 1501 papa Alessandro VI istituì la censura preventiva: ogni scritto, per avere l'autorizzazione di stampa, doveva prima essere sottoposto al controllo della Chiesa, che aveva diritto di proibirne la pubblicazione.
Con lo scontro politico-religioso che seguì la Riforma, tanto nei paesi protestanti quanto in quelli cattolici si cercò di impedire la diffusione delle idee avversarie con forme di censura più sistematiche: oltre alla censura preventiva, si redassero elenchi dettagliati di autori, libri e idee proibiti e venne posto sotto controllo il mercato librario, punendo i distributori di testi vietati. Nei paesi protestanti, dove lo Stato era l'istituzione predominante, fu l'autorità laica a fissare le leggi relative alla censura, politica e religiosa. Nei paesi cattolici, invece, tra la metà del 16° e la metà del 18° secolo, lo sviluppo della cultura e della scienza fu condizionato dalle direttive del papato, che emanò nel 1564 l'Indice dei libri proibiti, continuamente aggiornato sino alla sua abolizione nel 1966. Nel Seicento la rigidità della censura crebbe con la progressiva centralizzazione del potere: le monarchie assolute, che affermavano l'origine divina dell'autorità regia, perseguivano l'eresia e le deviazioni politiche come atti di tradimento.
Con il declino dell'assolutismo, anche la censura perse importanza. In Gran Bretagna, tra la prima e la seconda Rivoluzione inglese (1642-89), furono pubblicate opere che difendevano la libertà di pubblica discussione come un bene socialmente utile e nel 1695 la censura preventiva fu abolita. Anche le Province Unite olandesi godettero ampia libertà di stampa.
Alla fine del Settecento, la diffusione di principi liberali contribuì al declino della censura. La Rivoluzione francese, preceduta da un lungo dibattito sulla tolleranza religiosa e sui diritti naturali dell'individuo, segnò un punto di svolta: con la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino (1789) la libertà di pensiero, di cui la libertà di stampa è manifestazione essenziale, entrò nella legislazione degli Stati moderni. Nel 1791 la Costituzione americana sancì la libertà di parola, di culto e di stampa; ai cittadini veniva inoltre riconosciuto il diritto di criticare pubblicamente il governo.
Il 19° secolo fu caratterizzato, però, da un inasprimento della censura in quei paesi dove si temeva la circolazione delle idee rivoluzionarie. Austria, Prussia, Russia e gli altri paesi illiberali applicarono misure assai repressive: non si poteva pubblicare nulla senza autorizzazione e centinaia di libri, leciti prima della Rivoluzione francese, vennero proibiti. Dopo le rivoluzioni del 1848 i governi austriaco e prussiano dovettero ridurre le limitazioni alla libertà di stampa, che in Russia perdurarono sino alla rivoluzione del 1905.
Nelle società industriali la libera circolazione d'informazioni fu considerata essenziale per lo sviluppo economico; ciononostante la censura prese a operare in ambiti nei quali prima era insignificante e, avvalendosi delle innovazioni tecnologiche, divenne un potentissimo strumento di controllo sull'informazione pubblica. Finalità della censura diventarono, da una parte, la tutela della moralità pubblica ‒ con particolare riferimento alla condotta sessuale ‒ e, dall'altra, la sicurezza nazionale. Nei paesi anglosassoni una severa censura morale fu esercitata dall'opinione pubblica organizzata in gruppi di pressione privati, come le Società per la repressione del vizio.
Nel 20° secolo la censura ha avuto manifestazioni diverse a seconda dei regimi politici. Nelle democrazie liberali le libertà politiche e civili hanno rafforzato una concezione tollerante della politica e della cultura; ma nei periodi di guerra o di forte tensione internazionale il potere politico e militare è tornato a esercitare la censura ‒ estesa alla posta e al telefono ‒ a fini di controllo interno e per salvaguardare i segreti di Stato dallo spionaggio.
Nei regimi totalitari fascisti e comunisti, la censura ha assunto un carattere pesantissimo allo scopo di impedire manifestazioni di dissenso, sino alla repressione di qualsiasi idea non conforme all'ideologia del partito unico al potere. Il controllo sistematico dei mass media, ossia i mezzi di comunicazione di massa come stampa, radio, cinema, televisione, è essenziale per la stabilità dei regimi totalitari. La censura elimina la stampa d'opposizione con arresti e violenze, seleziona le informazioni e ottiene il controllo totale dell'opinione pubblica grazie a tecnologie avanzate e a una burocrazia specializzata, che unisce alle funzioni della censura preventiva e punitiva quelle della propaganda. Lo Stato totalitario, infatti, oltre a controllare la formazione dell'opinione, adotta una propria politica culturale, manipolando tutti gli aspetti della vita sociale.