Centro sperimentale di cinematografia
Scuola di formazione superiore in campo cinematografico, fondata a Roma nel 1932. Comprende anche la Cineteca nazionale e la maggiore biblioteca italiana specializzata in cinema aperta al pubblico. Dal 1997 il CSC si è trasformato in Scuola nazionale di cinema, fondazione di diritto privato.
All'inizio del Novecento in Italia, così come nel resto del mondo, la cultura accademica considerava il cinema un mero strumento di intrattenimento, e lo Stato si limitava a esercitare un ruolo di censore, senza cogliere le potenzialità pedagogiche e divulgative proprie del nuovo mezzo. L'avvento della Prima guerra mondiale ne mostrò invece tutta l'efficacia di strumento di propaganda: nell'immediato dopoguerra sorsero così organismi di produzione pubblici come L'Unione cinematografia educativa (v. Istituto nazionale Luce), mentre si avviava un dibattito sul valore artistico del cinema che coinvolgeva intellettuali, autori, istituzioni. Scuole di recitazione erano già nate negli anni Venti in alcune grandi città. Nel 1930 Alessandro Blasetti progettò di aprire una scuola nazionale di cinematografia con presidente il ministro delle Corporazioni G. Bottai, e nello stesso anno Anton Giulio Bragaglia consegnò alla Corporazione dello spettacolo una relazione sui fondamenti teorici di tale organismo, delineato come un istituto politecnico dedito alla formazione di tutti i mestieri del cinema: l'insegnamento prevedeva corsi di cultura teorica specifica, applicazione sperimentale, saggi pratici. Nel 1932 nacque così a Roma la Scuola di cinematografia come sezione autonoma del Conservatorio di Santa Cecilia, sotto la direzione di Blasetti e il controllo dei ministeri dell'Educazione nazionale e delle Corporazioni: in un primo momento la Scuola prevedeva solo il corso di recitazione. Nel 1934 G. Ciano, allora sottosegretario per la Stampa e propaganda, creò all'interno della Presidenza del Consiglio dei ministri la Direzione generale per la cinematografia, che riuniva le competenze sul cinema prima suddivise fra vari ministeri, ponendole sotto il diretto controllo del governo fascista. Al vertice del nuovo organismo fu posto Luigi Freddi che, considerando insufficiente la scuola esistente, nel 1935 creò al suo posto il CSC, nominando commissario straordinario Luigi Chiarini, critico e teorico di formazione gentiliana. L'obiettivo del Centro era la formazione di quadri professionali attraverso una pratica cinematografica accompagnata da una vasta preparazione culturale: non bastava infatti fornire artigiani e professionisti a un'industria, bisognava contribuire alla crescita dell'industria stessa, promuovendo una nuova estetica e un nuovo linguaggio. Chiarini si propose quindi di creare un istituto di ricerca viva, che formasse negli allievi innanzitutto una coscienza critica: pose in primo piano il tema del confronto estetico e del dibattito sulla funzione del cinema quale specchio dell'identità nazionale e popolare, in profondo contrasto con l'internazionalismo di radice mitteleuropea delle commedie dei telefoni bianchi (v. commedia), e delineò, sulla falsariga delle esperienze sovietiche, il passaggio dal cinema di propaganda a quello politico ed educativo. Affiancavano Chiarini, nella progettazione della scuola, Umberto Barbaro, critico, narratore e commediografo di formazione crociana approdato in seguito al marxismo, e Francesco Pasinetti, che appena ventitreenne aveva girato il film Il canale degli angeli (1934). Blasetti era l'insegnante di regia.I corsi ‒ due anni, più un terzo facoltativo ‒ iniziarono il 1° ottobre del 1935 nello scantinato di una scuola media di via Foligno; erano gratuiti (sarebbero rimasti tali fino al 1989) e prevedevano l'assegnazione di borse di studio agli allievi bisognosi e meritevoli. Erano previste cinque sezioni: recitazione, ottica, fonica, scenotecnica e produzione; al secondo anno si poteva essere ammessi al corso di realizzazione artistica (regia, sceneggiatura, montaggio). Gli insegnamenti di estetica, storia del cinema, funzione sociale del cinema, storia dell'arte, storia della letteratura e storia della musica erano comuni a tutti gli indirizzi. Si realizzavano esercitazioni filmate, che a partire dal 1937 divennero dei veri e propri cortometraggi, alcuni diretti da professionisti per mettere gli allievi in contatto con diversi metodi di lavoro. Il CSC si dotò inoltre di una ricca biblioteca e di una cineteca che raccolse presto centinaia di classici, da Charlie Chaplin a Carl Theodor Dreyer, da Fritz Lang a Georg W. Pabst. A partire dal 1937 pubblicò "Bianco e nero", rivista di storia e critica cinematografica di respiro internazionale che, nonostante il suo profilo scientifico, godette di un'inusuale popolarità e contribuì a formare un pubblico più esigente. Il Centro curava anche la pubblicazione di una collana di libri sul cinema di autori italiani e stranieri, nonché la produzione di film didattici sulla tecnica filmica.La costruzione della sede, progettata da A. Valente e P. Aschieri, iniziò nel 1937 sul terreno di via Tuscolana destinato a ospitare Cinecittà usufruendo dei fondi che, su iniziativa di Freddi, furono dirottati dalle casse del Casinò di Venezia al finanziamento dell'impresa. La sede del CSC fu inaugurata nel 1940 ed era parte integrante della 'città del cinema' voluta dal regime, che comprendeva gli stabilimenti di Cinecittà e gli edifici che ospitavano l'Istituto Luce. Non si era vista fino ad allora una struttura analoga altrettanto attrezzata: dalla sala di proiezione di duecento posti alle aule, i laboratori, le palestre, le sale di montaggio, fino ai due teatri di posa il maggiore dei quali, tra i più grandi d'Europa, fu costruito su indicazione di Blasetti. Proprio grazie agli eccellenti mezzi tecnici di cui disponeva, il CSC produsse nel 1942 Via delle Cinque Lune, primo film di Chiarini regista, realizzato con la collaborazione di docenti, allievi ed ex allievi. Il secondo film di Chiarini, La bella addormentata, fu prodotto nello stesso anno con la medesima formula e il sostegno produttivo della Cines.
Nel frattempo Eitel Monaco, succeduto nel 1940 a Freddi alla Direzione generale per la cinematografia, regolarizzò la posizione giuridica del Centro firmandone con sette anni di ritardo la legge istitutiva (l. 24 marzo 1942 nr. 419). In virtù di tale legge il CSC divenne ente di diritto pubblico sotto il controllo del Ministero della Cultura popolare (alla fine del fascismo passò alla Presidenza del Consiglio dei ministri, quindi al Ministero del Turismo e dello Spettacolo, infine al Ministero per i Beni e le Attività culturali). Dopo l'8 settembre 1943 il CSC si rifiutò di trasferire la propria attività a Venezia, dove la Repubblica sociale intendeva rifondare il cinema pubblico italiano; fu quindi costretto a chiudere, e durante l'occupazione tedesca di Roma fu saccheggiato dalla Wermacht, che confiscò strumentazioni e tutti i materiali conservati nella cineteca, di cui in seguito si persero le tracce.Questo primo periodo è considerato l'età dell'oro per il Centro. Tra i suoi insegnanti (oltre a quelli già ricordati) vi furono R. Arnheim (estetica), G. Briganti (storia dell'arte), M. Labroca (musica per film), C. Pavolini, F.M. Poggioli, E. Prampolini, P. Scharoff, G. Sensani, L. Solaroli. Tra gli allievi, attori come Clara Calamai, Andrea Checchi, Arnoldo Foà, Leopoldo Trieste, Alida Valli; scenografi come M. Chiari e V.N. Novarese; operatori come G. Di Venanzo; e soprattutto autori che sarebbero stati tra i protagonisti della nuova stagione del cinema italiano: M. Antonioni, G. De Santis, P. Germi, G. Puccini, Steno, L. Zampa.
Il CSC riaprì il 15 gennaio 1946 sotto la guida di Barbaro, commissario straordinario e direttore di "Bianco e nero". Dopo soli due anni la Presidenza del Consiglio dei ministri affidò nuovamente la presidenza dell'istituzione al proprio direttore generale dello Spettacolo, ma il controllo effettivo dell'ente restò per i primi anni in mano a Chiarini (vicepresidente e dal 1948 direttore di "Bianco e nero") e a Pasinetti (direttore). La l. 29 dicembre 1949 nr. 958 istituì la Cineteca nazionale e la collocò nel CSC: essa prevedeva (per la prima volta in un Paese occidentale) il deposito obbligatorio dei film di nazionalità italiana, e ‒ a partire dal 1965 ‒ anche quello dei cortometraggi, cinegiornali e documentari.Nel 1950 venne nominato commissario straordinario Nicola De Pirro, ma il nuovo corso fu determinato soprattutto da Giuseppe Sala, succeduto a Pasinetti dopo la sua morte, e a cui Chiarini, su ordine di De Pirro, lasciò nel 1952 la guida di "Bianco e nero". Il 31 maggio del 1955 fu reso operativo il nuovo statuto redatto da De Pirro e Sala, che sanciva tra l'altro la crescita dell'ente: il Centro non era più deputato soltanto alla formazione, ma anche alla conservazione, alla ricerca, all'editoria e alla diffusione dell'arte cinematografica. Nuovo presidente fu Michele Lacalamita e Leonardo Fioravanti venne nominato direttore, incarico che avrebbe mantenuto fino al 1976. Il CSC pubblicò il Filmlexicon degli autori e delle opere (10 voll., 1958-1992) e realizzò dal 1958 al 1960 il film di montaggio Antologia del cinema italiano; fu tra i fondatori dell'associazione internazionale CILECT (Centre International de Liaison entre les Écoles de Cinéma et de Télévision); promosse iniziative didattiche e culturali, tra cui l'istituzione a Pisa della prima cattedra universitaria di Storia e critica del cinema; trasformò uno dei suoi teatri di posa in studio televisivo e mostrò, fra le prime scuole al mondo, interesse per il nuovo mezzo. Nel 1963 si ipotizzò di fondere il CSC con l'Accademia d'arte drammatica, ma il progetto ‒ affidato a De Pirro, e nei fatti osteggiato da entrambe le istituzioni ‒ non andò in porto.Tra i docenti che si avvicendarono in quegli anni, A. Camilleri, V. Colasanti, L. Comencini, O. Costa, V. Marchi, F. Montesanti, L. Mondolfo, C. Nebiolo, A. Pietrangeli, M. Serandrei; tennero seminari B. Balázs, V. De Sica, A. Lattuada, M. Soldati, L. Visconti; tra gli allievi figuravano i futuri registi S. Agosti, M. Bellocchio, L. Cavani, N. Loy, F. Maselli, F. Quilici; tra gli operatori, N. Almendros, R. Berta, P. De Santis, G. Lanci, V. Storaro, L. Tovoli; tra gli scenografi, M. Garbuglia, B. Montresor, G. Polidori; tra gli attori, Renato De Carmine, Domenico Modugno, Stefano Satta Flores, Claudia Cardinale, Raffaella Carrà, Carla Gravina, Giulia Lazzarini; e, tra gli allievi stranieri, M. Puig, G. García Márquez, destinato a diventare celebre come scrittore, che contribuì alla nascita della scuola di cinema di Cuba.La gestione Rossellini e le immediate conseguenze: 1968-1980. ‒ Nel 1968 il CSC, come l'intero mondo accademico occidentale, si pose alla ricerca di un nuovo modo di acquisire, diffondere e tramandare il sapere. Nominato commissario straordinario, Roberto Rossellini tentò di rinnovare la Scuola, rivoluzionando l'assetto dei corsi e avviando ricerche interdisciplinari sul sistema dei mezzi di comunicazione di massa. Innanzi tutto abolì il corso di recitazione, quindi affiancò agli insegnamenti tecnici corsi di psicologia, storia, economia e sociologia, in un nuovo ordinamento che non prevedeva più la parcellizzazione dei diversi mestieri del cinema, ma mirava alla formazione di una sorta di 'cineasti globali'; infine promosse l'autogestione dei piani di studio da parte degli studenti. Da autodidatta, in realtà, pensava non di trasformare l'insegnamento, ma di abolirlo; intendeva creare un laboratorio permanente formato da gruppi di lavoro che, avvalendosi anche del contributo di professionisti esterni, realizzasse prodotti da mettere a disposizione dello Stato per essere utilizzati in sedi educative o di intrattenimento, o venduti in Italia e all'estero. Il sub-commissario Fernaldo Di Giammatteo si fece carico delle iniziative culturali: iniziò una programmazione dei film conservati nella Cineteca, trasformò "Bianco e nero" in rivista monografica e tentò di attivare contatti con gli altri settori della cultura italiana e internazionale, cercando appoggio nelle istituzioni. L'utopia di Rossellini fallì in breve tempo, a causa della mancanza di interesse (e di contributi) da parte della RAI e dei ministeri, ma anche perché lo stesso regista si dedicò ben poco alla sua creatura. Nel marzo 1974 gli studenti, frustrati dalla difficoltà di collocarsi in un mercato del lavoro avaro di possibilità per il loro stesso mentore, convocarono una conferenza stampa in cui accusarono la gestione di non avere una precisa linea culturale né legami reali con le strutture produttive, nonché di vanificare ogni reale pratica di autogestione. Il Ministero del Turismo e dello Spettacolo liquidò Rossellini (che era diventato presidente nel 1969) e nominò una nuova dirigenza con il compito di formulare un nuovo progetto culturale e didattico. I corsi ripresero solo nel 1976: ancora unificati secondo l'impostazione precedente, intendevano fornire una "formazione superiore nelle comunicazioni audiovisive".
Dopo la promulgazione di un nuovo statuto ‒ il quarto ‒ e dopo un biennio in cui i corsi tornarono a privilegiare un orientamento professionale, nel 1982 fu nominato un consiglio d'amministrazione sotto la presidenza del critico Giovanni Grazzini. Dal 1983 iniziò così una paziente ricostruzione del CSC: accanto ai tradizionali corsi di regia, fotografia, produzione, scenografia e costume vennero ripristinati quelli di fonica e recitazione e creati corsi di animazione, montaggio e sceneggiatura. Si costruirono nuovi, modernissimi cellari per la conservazione del patrimonio della Cineteca, che procedette alla riconversione dei materiali infiammabili e iniziò una serie di restauri dei film deteriorati. Riprese l'attività editoriale. Nonostante l'incendio che distrusse il teatro di posa più grande, i lavori di ammodernamento delle strutture proseguirono senza sosta, grazie all'incrementato contributo statale. Alla guida dell'ente si succedettero la regista Lina Wertmüller, il produttore Alfredo Bini e lo storico del cinema Orio Caldiron; tra gli insegnanti, G. Amelio, G. De Santis, F. Giraldi, Age, S. Cecchi d'Amico, V. Cerami, A. Giannetti, G. Pellegrini, F. Scarpelli, U. Pirro, L. de Laurentiis, I. Zingarelli, F. Di Giacomo, C. Di Palma, G. Lanci, G. Rotunno, M. Garbuglia, P. Tosi, G. Gianini, R. Perpignani, Ingrid Thulin, Monica Vitti; tra gli allievi, F. Archibugi, Iaia Forte, P. Virzì, G. Gavolino, Francesca Neri. Furono realizzati oltre 250 cortometraggi e si contribuì alla produzione delle opere prime di neodiplomati. Con il d. lgs. 18 novembre 1997 nr. 426 il CSC è divenuto una fondazione di diritto privato con contributo pubblico, e ha mutato denominazione in quella di Scuola nazionale di cinema. La diversa e più agile natura giuridica dell'ente e lo spirito di iniziativa del nuovo presidente Lino Miccichè hanno impresso alla Scuola un impulso decisivo nella direzione del pieno recupero della funzione culturale propria dell'antico Centro sperimentale di cinematografia. La fondazione è stata organizzata in quattro settori di attività: Biblioteca ed editoria, Cineteca nazionale, Formazione ricerca e sperimentazione, Produzione e promozione culturale. La Biblioteca conserva 45.000 volumi, 600 testate di periodici, 10.000 sceneggiature; accanto alla normale attività editoriale ha avuto inizio la pubblicazione di una Storia del cinema italiano in 15 volumi. La Cineteca nazionale possiede 45.000 film, 600.000 fotografie e 50.000 manifesti; dal 1998 ha curato il restauro e/o il recupero di 127 lungometraggi e 34 cortometraggi, anche grazie a fondi privati che hanno affiancato un investimento pubblico crescente. La Scuola propriamente detta ha aperto a Torino una sede distaccata, che ospita il Dipartimento di animazione, prevedendo anche l'apertura di altre sedi per il Dipartimento di cinema documentario e per quello di televisione e altri media. Il settore Produzione ha realizzato una collana di documentari didattici e divulgativi sulla cultura cinematografica.
L. Chiarini, Cinematografo, prefazione di G. Gentile, Roma 1935.
Il Centro sperimentale di cinematografia, Roma 1939.
A. Lione, Il Centro sperimentale per la cinematografia, Roma 1942.
L. Freddi, Il cinema: il governo dell'immagine, Roma 1949.
E.G. Laura, Il CSC tra tradizione e riforma, in "Bianco e nero", nr. monografico, 1976.
F.M. De Sanctis, Il centro sperimentale di cinematografia dal fascismo all'antifascismo, in Vivere il cinema. I cinquant'anni del Centro sperimentale di cinematografia, Roma 1988.