Balbo, Cesare
Storico e uomo politico (Torino 1789 - ivi 1853). Figlio di Prospero Balbo e di Enrichetta Taparelli d’Azeglio, seguì il padre nelle sue missioni diplomatiche in Europa e poi sotto Napoleone svolse diversi incarichi. Dopo la Restaurazione tornò al servizio dei sovrani piemontesi ed entrò nell’esercito, ma nel 1816, nominato il padre ambasciatore a Madrid, lo accompagnò come gentiluomo d’ambasciata e lì rimase fino al 1819. Ritenuto coinvolto, sebbene infondatamente, nel moto liberale del 1820-21, andò in esilio in Francia e soggiornò a lungo a Parigi. Ottenuto il permesso di tornare in Piemonte (1824), fu confinato per alcuni anni a Camerano Casasco. Motivo centrale della riflessione di Balbo fu l’accordo della religione cattolica con la moderna idea del progresso, nel tentativo di conciliare il potere temporale dei papi e l’indipendenza della Chiesa con le tendenze nazionali e liberali della sua epoca: ciò si osserva tra l’altro nei Pensieri sulla storia d’Italia, pubblicati postumi ma redatti tra il 1840 e il 1841, in cui il papato viene definito un elemento centrale della «missione d’Italia». Ispirandosi al modello costituzionale inglese, Balbo fu sempre un moderato, esponente di spicco del cattolicesimo liberale e teorico del neoguelfismo. Nel 1844 Balbo dava alle stampe a Parigi le Speranze d’Italia, dove individuava nel Piemonte il motore dell’unificazione italiana in una confederazione di Stati. Premessa indispensabile dell’indipendenza era la liberazione del Lombardo-Veneto e a tal fine Balbo sperava in un’espansione austriaca nella penisola balcanica ai danni dell’Impero ottomano. Queste tesi tornarono anche in alcune importanti opere successive: il Sommario della Storia d’Italia (1846-47), un’appassionata riflessione sul passato e presente dell’Italia, e le Lettere politiche (edite in parte nel 1847 a Torino). Dopo la concessione dello Statuto fu chiamato da Carlo Alberto a presiedere il primo governo costituzionale piemontese (marzo-luglio 1848). Il suo ministero, però, non si mostrò all’altezza della situazione: la condotta di guerra del Piemonte nella prima guerra d’indipendenza e la questione dell’annessione della Lombardia provocarono forti contrasti e indebolirono la posizione di Balbo, incapace di mediare tra la politica dinastica di Carlo Alberto e le posizioni dei democratici e dei repubblicani. Tornato semplice deputato, nel maggio 1849 fu incaricato da Massimo d’Azeglio di un’importante missione presso Pio IX a Gaeta, nella speranza di richiamare il pontefice a una posizione aperta e conciliante al suo ritorno nella sede papale. Negli ultimi anni di vita si dedicò interamente agli studi - alcuni suoi scritti di rilievo furono poi raccolti sotto il titolo Della monarchia rappresentativa in Italia (1857) - e solo nel 1852 si riavvicinò alla politica attiva quando Vittorio Emanuele II gli affidò l’incarico, che non ebbe poi esito, di formare un nuovo ministero.