Storico e uomo politico (Torino 1789 - ivi 1853). In gioventù fu al servizio di Napoleone, ricoprendo diversi incarichi pubblici; durante la Restaurazione entrò nell'esercito piemontese. Coinvolto nel moto liberale del 1820-21, fu confinato a Camerano (1824), dove si dedicò a studi di storia. Tra le opere di B.: Meditazioni storiche (1842-45), Speranze d'Italia (1844), Sommario della storia d'Italia (1846-47). La sua visione della storia italiana è dominata dal motivo dell'indipendenza dallo straniero e dalla speculazione sull'accordo della religione cattolica con la moderna teoria del progresso. Presidente del Consiglio dopo la concessione dello statuto (1848), ebbe poi altri incarichi da M. D'Azeglio e Vittorio Emanuele II.
Figlio di Prospero e di Enrichetta Taparelli d'Azeglio, in gioventù, nonostante un certo alfierianesimo che lo portò nel 1804 a fondare con altri coetanei l'Accademia dei Concordi, fu al servizio di Napoleone, segretario generale della giunta governativa della Toscana (1808), segretario della Consulta napoleonica per gli ex territori pontifici (1809), auditore al Consiglio di Stato a Parigi (1811), liquidatore dei conti a Lubiana, e infine addetto al ministero di Polizia a Parigi. Alla Restaurazione entrò nell'esercito piemontese, nel 1816 accompagnò il padre ambasciatore a Madrid e per alcuni mesi resse l'ambasciata. Coinvolto, sebbene infondatamente, nel moto liberale del 1820-21, dovette dapprima esulare in Francia e poi, rientrato in Italia, fu confinato per alcuni anni a Camerano (1824); Presidente del consiglio dopo la concessione dello statuto (13 marzo-26 luglio 1848), si rivelò inferiore al compito. Tornato semplice deputato, nel maggio 1849 il D'Azeglio gli affidò un'importante missione presso Pio IX a Gaeta, e nell'ottobre 1852 Vittorio Emanuele II l'incarico, che non ebbe esito, di formare un nuovo ministero.
Il lungo periodo di isolamento a Camerano gli permise di dedicarsi all'approfondimento di essenziali problemi storici per soddisfare un interesse che, già manifestatosi durante la permanenza in Spagna, era stato in lui acuito dagli avvenimenti del 1821: frutto di queste meditazioni e ricerche furono tutta una serie di brevi scritti, tra cui le importanti Memorie sulla rivoluzione del 1821, e alcune di quelle opere che dovevano poi dargli un posto cospicuo nella storiografia neoguelfa: Storia d'Italia dal 476 al 774 (2 voll., 1830), Vita di Dante (2 voll., 1839), cui seguì più tardi l'appassionato Sommario della storia d'Italia (1846-47). La sua visione della storia italiana - dall'"età dei Tirreni" ai tempi suoi - è dominata dal motivo dell'indipendenza dallo straniero, che si riflette nelle sue stesse valutazioni (come quando esalta i Comuni e deprime la cultura del Cinquecento). Ma il motivo centrale della speculazione del B. è l'accordo della religione cattolica con la moderna teoria del progresso: ciò si osserva tra l'altro nelle Meditazioni storiche (1842-45), in cui cercò di conciliare i risultati dei più recenti studi filologici con la narrazione mosaica. Dal campo storico passò a quello della pubblicistica politica con le Speranze d'Italia (1844), nelle quali additava nel Piemonte il fulcro dell'unificazione italiana e nell'espansione austriaca nella penisola balcanica la soluzione della questione italiana vista nel più ampio contesto europeo.