DE SANCTIS, Cesare
Nacque ad Albano Laziale (Roma) il 15 giugno 1824 da Giuseppe. A Roma compì gli studi umanistici, laureandosi in lettere e filosofia, all'università, e musicali, alla scuola di R. Muti Papazurri, direttore, compositore e fondatore dell'Accademia filarmonica romana.
Il primo documento certo della presenza del D. a Roma risale al 1847, anno in cui, dallo Stato d'anime n. 21 della parrocchia di S. Carlo ai Catinari, risulta residente da un anno in via del Monte della Farina 56, dove sarebbe rimasto fino alla morte.
Tra il 1850 e il 1852 compose la Messa in do minore - definita"primo lavoro" sul frontespizio dell'autografo, conservato a Roma presso la Biblioteca del Conservatorio "S. Cecilia" (A. MS. 2049-50) - che attrasse su di lui l'attenzione del mondo musicale romano: nel 1853, infatti, il D. figurava già socio dell'Accademia di S. Cecilia, nell'ambito della quale, nel 1860, sarebbe divenuto esaminatore degli organisti.
Nel 1855 fu tra gli animatori di un progetto di sodalizio musicale simile alla disciolta Accademia filarmonica romana: il suo nome compare nella lista dei firmatari della domanda rivolta alla Sacra congregazione per gli Studi. Spinti da questa nuova iniziativa gli antichi Filarmonici si decisero a ricostituire l'Accademia (4 genn. 1856) e molti dei promotori dell'altra preferirono rientrarvi. Il D. dovette essere tra loro, se già il 20 genn. 1856, in una "grande accademia" di beneficenza, veniva eseguita una sua Sinfonia per orchestra, probabilmente quella conservata nella Biblioteca di S. Cecilia (A. Ms. 3743), compiuta il 22 genn. 1852. A partire dal 1857 il D. si mise in evidenza per le sue capacità direttoriali nei "saggi privati" dell'Accademia, misurandosi con il repertorio da concerto allora in voga, costituito da pagine operistiche di Donizetti, Rossini, Cimarosa, Bellini, ma soprattutto di Verdi. Nel 1859 gli fu affidata la ben più impegnativa direzione di uno dei "saggi pubblici" - consistenti nell'esecuzione di interi melodrammi - e in particolare del saggio per l'Avvento, celebrato con il Mosè di G. Rossini (10-16 dic. '59).
Intanto, già dal 31 luglio 1859 il D. era stato nominato maestro di cappella della chiesa romana di S. Giovanni Battista de' Fiorentini, come si apprende da una lettera dello stesso D., datata 14 genn. 1875 e conservata nell'Archivio dell'Arciconfraternita della Pietà e Spedale di S. Giovanni Battista de' Fiorentini (torno 792, fasc. II).
Questa, di maestro di cappella a S. Giovanni de' Fiorentini, fu per molti anni l'attività professionale di base del D., resa difficile dai continui dissapori con l'Arciconfraternita, dei quali il carteggio conservato nell'archivio dà ampia testimonianza: proteste per la lentezza dell'Arciconfraternita nell'approvare i progetti musicali per le varie feste liturgiche, proteste per l'avarizia negli stanziamenti destinati all'attività musicale e per l'esiguità del proprio compenso di maestro di cappella.
Assai verosimilmente il D. lasciò la professione di maestro di cappella quando, nel 1877, divenne docente presso il neocostituito liceo musicale dell'Accademia di S. Cecilia; a quest'anno risale, infatti, la sua ultima lettera conservata nell'archivio di S. Giovanni de' Fiorentini (4 luglio 1877) e con essa la sua ultima traccia nell'ambiente di quella confraternita. Gli anni dal 1863 al '75 segnarono, peraltro, il culmine del cammino del D. come direttore d'orchestra e uomo di teatro. Stretto collaboratore dell'impresario V. Jacovacci, padrone dal 1839 al 1881 delle scene romane attraverso i due maggiori teatri della capitale, l'Apollo e l'Argentina, egli fu concertatore e talvolta anche direttore d'orchestra, dapprima presso il teatro Argentina (1863-69), ove diresse opere di G. Verdi, C. Pedrotti, E. Petrella, V. Battista, A. Cagnoni, C. Dall'Argine, D. Cimarosa, G. Donizetti; poi, specialmente presso il teatro Apollo (assurto a massimo teatro di Roma), dirigendo intere stagioni melodrammatiche, comprendenti le più importanti opere di Verdi, Bellini e Donizetti (1871-73).
Oltre a partecipare della generale tendenza di gusto che aveva fatto di Roma una roccaforte del melodramma, il D. negli anni '70 fu tra i protagonisti della fondazione del liceo musicale di S. Cecilia, frutto del movimento di rinascita strumentale promosso in quel periodo dalla neocostituita Società orchestrale romana di G. Sgambati ed E. Pinelli, e stimolato dalla presenza di F. Liszt nella capitale. Membro dal 1870 del comitato direttivo dell'Accademia ceciliana, il D. fece parte dal 1875 al '77 della commissione speciale per il progetto organizzativo del liceo, presso il quale poi avrebbe insegnato armonia, contrappunto e fuga dallo stesso 1877 al 1915 quando - ormai ultranovantenne - mancavano pochi mesi alla morte. La nuova prospettiva dell'insegnamento operò un taglio netto nella vita del D.: reciso ogni legame con l'ambiente delle cappelle musicali e delle congregazioni ecclesiastiche, abbandonò anche il teatro: le sue ultime apparizioni come direttore risalgono infatti alla stagione 1874-75 durante la quale diresse al teatro Argentina, Un duello al Pré-aux-Clercs di F. Herold, Un ballo in maschera e Macbeth di G. Verdi e Diana di Chavery di F. Sangiorgi. Contemporaneamente andò diradando anche la sua partecipazione alle attività dell'Accademia filarmonica e il 15 genn. 1881 comparve per l'ultima volta nei suoi annali, come direttore del servizio musicale per la commemorazione di Vittorio Emanuele II al Pantheon; in seguito prese parte sporadicamente, quale esaminatore, ai concorsi di composizione dell'accademia, nel 1897 e nel 1903.
Intanto, dall'esperienza didattica presso il liceo musicale, cui il D. si dedicò quasi completamente nell'ultimo quarantennio della sua vita, era nato l'importante trattato La polifonia nell'arte moderna, spiegata secondo i principi classici pubblicato nel 1888, premiato il 20 giugno 1889 con una medaglia d'oro all'Esposizione internazionale di musica di Bologna, nonché con l'iscrizione a titolo d'onore fra i Filarmonici bolognesi, quale maestro compositore.
Ritiratosi nel 1915 dall'insegnamento, morì a Roma, all'età di novantadue anni, il 27 genn. 1916.
Compose musica sacra per soli, coro e orchestra: Messa da requiem, eseguita nel 1872 a Torino in occasione della commemorazione di Carlo Alberto; Messa in do minore e Messa in re; alcuni salmi (Dixit Dominus, Laudate pueri Dominum); Cum Sancto Spiritu, in forma di fuga.
Tra la musica strumentale ricordiamo una Ouverture e una Sinfonia, entrambe per grande orchestra; composizioni per pianoforte.
Le composizioni citate ci sono pervenute in redazioni manoscritte autografe oggi conservate presso la Biblioteca del Conservatorio S. Cecilia di Roma (A. Ms. 1961, 2049-50, 306-17, 3743-47). Tra le sue opere didattiche, la già cit. Polifonia nell'arte moderna, spiegata secondo i principi classici, in tre volumi (I, Trattatod'armonia; II, Appendice al Trattato d'armonia; III, Trattato di contrappunto e fuga), fuedita a Milano nel 1888 da Ricordi e integrata da G. Setaccioli, Note ed appunti al Trattato d'armonia di C. De Sanctis in rapporto allo sviluppo dell'armonia moderna, ibid. 1923, e da C. Dobici, Trenta lezioni da svolgere a 4 voci per gli esercizi pratici del basso tematico in aggiunta al Trattato d'armonia di C. De Sanctis, ibid. 1942.
Lo stile del D. - che nell'orchestrazione si avvalse di una scrittura piena e poderosa, densa dei timbri degli strumenti a fiato, chiaramente influenzata dal sinfonismo tedesco - è quello di un tardo esponente della scuola romana d'indirizzo sacro, solidamente ancorato alla tradizione polifonica e contrappuntistica, nonostante la mano dell'armonista ponga cura nel colore accordale sotteso alle linee melodiche cantabili e ariose.
La sua fama, tuttavia, dipese più che altro dal suo trattato La polifonia nell'arte moderna, opera fondamentale nella letteratura didattico-musicale per tante generazioni di musicisti: sempre convinto del valore formativo del contrappunto e della fuga, e dello studio sui grandi maestri del passato, il D. cercò di innovare la didattica della composizione aprendola alle arditezze cromatiche dell'epoca, salvo a neutralizzarne il portato eversivo nei confronti del sistema tonale, mostrando i nuovi procedimenti come un'evoluzione interna dei principi tradizionali, largamente intesi. Tale apertura verso le tendenze contemporanee della composizione musicale, oltre ad essere espressa in modo chiaro nella Prefazione al primo volume, emerge dalla attenzione dedicata, nel corso del trattato alle combinazioni dissonanti, alla modulazione e all'armonia enarmonica, pur sempre ricondotte al principio (p. 234) che l'"onnitonia moderna" si applichi "senza distruggere quello da cui ha origine la percezione intellettuale dell'idea musicale, cioè il principio di tonalità".
Fonti e Bibl.: Albano Laziale, Parrocchia della cattedrale, Registro dei battezzati, anno 1824; Roma, Archivio del Vicariato, Registro dei defunti, anno 1916; Ibid., Stati d'anime della cura diS. Carlo ai Catinari, n.21 (1847-1874)/fam. 537 e 540, n.22 (1877-1879) e n. 23 (1880-1882); Ibid., Archivio dell'Arciconfraternita della Pietà e Spedale di S. Giovanni Battista de' Fiorentini, tomo 792, fasc. II, allegati 1 ss.; Roma, Biblioteca del Conservatorio di S. Cecilia, Carteggio De Sanctis (A. Ms. 2247-49, 2250-51, 2253-54, 2261-63, 2270-73, 2279-2282); Almanacco italiano 1917, p. 598; A. Cametti, L'Acc. filarmonica romana dal 1821 al 1860 - Memorie storiche, Roma 1924, pp. 5, 125, 138, 145, 154; R. Giraldi, L'Acc. filarmonica romana dal 1868 al 1920 - Memorie storiche, Roma 1930, pp. 14, 17, 74, 83, 98, 106, 246, 249, 267; A. Cametti, Il teatro di Tordinona, poi Apollo, Tivoli 1931, II, pp. 490, 529, 533, 536, 540, 545, 546; R. Giazotto, Quattro secoli di storia dell'Acc. di S. Cecilia, Milano 1970, II, pp. 380, 392, 395, 397, 419 s., 447, 493, 500, 506; M. Rinaldi, Due secoli di musica al teatro Argentina, Firenze 1978, II, pp. 990, 992, 999, 1004, 1023, 1027, 1029, 1035, 1043, 1053, 1069, 1073, 1075;C. Schmidl, Diz. univers. dei musicisti, I, p. 437.