CEVA (A. T., 24-25-26)
Città della provincia di Cuneo, situata presso la confluenza della Cevetta col Tanaro, sulla ferrovia Torino-Savona e Ceva-Ormea, a 370 m. s. m., in un bassopiano incassato, circondato da amene colline. La sua importanza come centro ferroviario sarà aumentata dalla Fossano-Mondovì-Ceva, in costruzione. Il comune di Ceva aveva 4233 ab. nel 1861; 4848 nel 1901; 5310 nel 1911; 5854 nel 1921 (presenti 5836, dei quali 3193 nel centro capoluogo). Il suo territorio (39,73 kmq.) è fertile e ben coltivato a cereali, viti, castagni; abbonda il legname. L'industria è rappresentata da filande, fabbriche di laterizî e terraglie, e da piccole officine meccaniche. Al comune di Ceva sono stati aggregati quelli di Roascio (430 ab.); Paroldo (643 ab.); Torresina (272 ab.) e parte di quello di Malpotremo (le frazioni di S. Rocco, 30 ab., e S. Bartolomeo, 139 ab.).
Storia. - Per la valle del Tanaro probabilmente passò la cavalleria di Antonio diretta su Pollentia l'anno 43 a. C. A Ceva sembra Collegarsi la Cebula collocata dal geografo ravennate (V, 2) e da Guido (78) presso la Riviera di Ponente, nonché il passo di Plinio (Nat. Hist., XI, 42, 241) in cui è ricordato il coebanum caseum prodotto nell'Appennino ligure. Dalla regione, verosimilmente abitata dagl'Ingauni e confinante con il territorio dei Bagienni, uscirono iscrizioni romane, alcune delle quali menzionano la tribù Publilia, la medesima cui era ascritta Albingaunum: è ancora incerto se Ceva fosse compresa nel territorio di questo municipio o costituisse municipio a sé.
Caduto l'Impero, Ceva divise le sorti della regione sotto le varie dominazioni barbariche. Ebbe molto a soffrire dai Saraceni nel sec. X. Nel riordinamento amministrativo del regno d'Italia, fatto da Berengario II, Ceva andò compresa nella marca della Liguria occidentale assegnata ad Aleramo, i cui due figli superstiti, Ottone ed Anselmo, diedero origine rispettivamente ai marchesi di Monferrato e ai marchesi del Vasto ai quali Ceva spettò. Il nome di marchesi di Ceva fu preso dagli eredi di Anselmo, quartogenito di Bonifacio del Vasto, che sembra si dividesse dal fratello Bonifacio, marchese di Clavesana, verso il 1174. Sotto Giorgio II detto il Nano (1269-1326) il marchesato ebbe parte cospicua negli avvenimenti del Piemonte meridionale. A Ceva, i marchesi con tutti i signori locali costituivano un "comune" nel quale la famiglia marchionale a poco a poco eliminava gli altri signori o li rendeva feudatarî in sott'ordine. In Ceva questo assorbimento avvenne nella prima metà del'300: e nel 1357, i marchesi concessero franchigie agli abitanti, riformandone gli antichi statuti.
Il marchesato di Ceva passò successivamente ai Visconti (1351) e agli Orléans (1387). Nel 1408 fu perciò istituito il "capitanato dei marchesi di Ceva", con cui il marchesato fu diviso in due parti, affidate a due capitani annui scelti dal comune tra i marchesi di Ceva. Cessato il dominio orleanese nel 1422, Ceva passa più volte dal dominio di Milano a quello della Francia e poi della Spagna, finché nel 1559 i Savoia ne entrano in possesso. Con Carlo Emanuele I, Ceva ha il titolo di città (1623). Durante le guerre seguite alla rivoluzione francese il generale Francesco Bruno di Tornaforte resistette alle milizie di Bonaparte e si arrese solo dopo l'armistizio di Cherasco, col quale anche Ceva passava ai Francesi che ne furono cacciati dai cittadini nel maggio del 1799. La vittoria di Marengo portò la distruzione della fortezza e il ritorno del governo francese fino alla restaurazione del 1815.
Bibl.: Gabotto, I municipi romani alla morte di Teodosio, in Biblioteca della Società storica subalpina, XXXII; Corp. Inscr. Lat., V, p. 295. - Per l'epoca medievale e moderna oltre la bibliografia che viene citata dal Manno e Promis, Bibliografia degli Stati della monarchia di Savoia, IV, Torino 1884-98; vedi anche A. Claretta, Gli statuti del Capitanato dei marchesi di Ceva, Torino 1896; G. Barelli, Francofilia a Ceva nel secolo XVI, in Bollettino storico bibliografico subalpino, III, Torino 1898; G. Manzoni, Ceva e il suo marchesato. Note di storia, Ceva 1911.