CH O K?
La lettera k è estranea all’alfabeto italiano, ma ormai presente in un certo numero di ➔prestiti da diverse lingue (nel Grande Dizionario della Lingua italiana dell’uso diretto da Tullio De Mauro le grafie con la k sono più di tremila).
Oggi la k si incontra spesso nelle nuove scritture telematiche (e-mail, SMS, chat, forum, blog, social network) in sostituzione del nesso ch, sia all’inizio, sia all’interno di parola
ke, kiedere
anke, riskiare
Ma l’intento, più che quello di risparmiare spazio o tempo, sembra quello di usare una grafia espressiva, diversa, divertente. A insospettire è soprattutto il fatto che spesso la k rende il medesimo suono che renderebbero la sola c o la sola q
kasa, kuello.
Il valore evocativo della k sembra oggi rispondere a una moda telematica internazionale. Anche in francese, la k è usata sia là dove l’ortografia richiederebbe due lettere (kand invece di quand ‘quando’), sia come semplice vezzo grafico (kom per comme ‘come’). In inglese, fra i tanti usi grafici non convenzionali (come quello della z al posto della s in grafie come girlz per girls ‘ragazze’ e pleaz per please ‘per piacere’), la k trova posto in rese del tipo di skool per school ‘scuola’.
Nei documenti più antichi della nostra lingua, il suono iniziale di casa o di che era spesso reso con la k (in forza del modello rappresentato dall’alfabeto latino). Così accade, ad esempio, in quello che convenzionalmente è considerato il più antico testo della lingua italiana, il Placito di Capua, del 960 d.C.
Sao ko kelle terre per kelle fini que ki contene
Già negli anni Settanta del Novecento, la lettera k ebbe una notevole fortuna in una serie di usi fortemente espressivi, adottati soprattutto dai movimenti politici extraparlamentari negli scritti di propaganda, nei volantini e nelle scritte sui muri (il cosiddetto kappa politico)
Fascio, okkio al kranio
Poi, passando attraverso il linguaggio pubblicitario, è giunto fino al linguaggio giovanile degli anni Ottanta e Novanta.