Baudelaire, Charles
Il poeta dei fiori del male
Baudelaire è considerato oggi il più importante poeta francese del 19° secolo. Scrisse un unico ma fondamentale libro di poesie, I fiori del male, che per le novità che introduce è alle origini della poesia moderna, con evidente influenza anche sul secolo successivo.
L'opera di Baudelaire segna una svolta nel cammino della poesia, non solo francese: il poeta instaura un nuovo rapporto con la scrittura ed esercita un'indubbia influenza su tutti i movimenti letterari dell'Ottocento e del Novecento. Ma egli non è in netta rottura con la tradizione. Appare antiromantico nel rifiutare l'effusione sentimentalistica, ma accetta l'eredità del Romanticismo in tutti i suoi risvolti sotterranei (occultismo, rivolta, satanismo, sadismo).
Baudelaire fa un'opera d'innovazione che assume in un forte individualismo tutta la portata dell'eredità romantica, in contrasti laceranti fra Bene e Male: estasi e disgusto della vita; attrazione della folla e senso di solitudine, malinconia, frustrazione; la donna idealizzata e vituperata. In Il mio cuore messo a nudo, Baudelaire scrive: "In ogni uomo, in ogni momento, ci sono due richiami simultanei, l'uno verso Dio, l'altro verso Satana". Un dualismo irriducibile, senza sbocchi esterni (scienza, progresso, impegno sociale) o interni, nei 'paradisi artificiali' illusori e precari della droga, da cui pure Baudelaire è stato tentato: nella sua vita dissipata ha avuto comportamenti da ribelle, o eccentrici e da dandy.
La forza di Baudelaire non è nel suo dramma esistenziale esasperato: è nel modo in cui egli ne fa poesia, nel rapporto sofferto con la poesia stessa, nelle nuove forme (immagini, simboli, visioni, allegorie) con cui riveste temi comuni (mai banali), ma anche macabri, osceni. La sua sfida è "estrarre la bellezza dal male". Nel verso, grave, solenne, tradizionale, egli s'impone un'estrema cura formale e tecnica, prediligendo poesie brevi (il sonetto) per contenere e fissare una materia incandescente. E nella sua esigenza di modernità c'è partecipazione alle passioni, abitudini, mode del proprio tempo, perché la bellezza è doppia, unendo sempre qualcosa di eterno e immutabile a qualcosa di transitorio e attuale. Ma soprattutto egli ha angosciosa e lucida coscienza della condizione del poeta come una maledizione, per la sensibilità particolare di cui è dotato che lo rende diverso e isolato da tutti gli altri. E dunque l'arte non può essere sfogo momentaneo, ma deve essere artificio, laboriosa composizione e operazione magica, evocativa della natura, nei suoi rapporti misteriosi e nelle sue "corrispondenze" (questo è anche il titolo di un sonetto di Baudelaire) analogiche.
Egli ha scritto anche altri libri, come il poemetto in prosa Lo spleen di Parigi; ha inoltre tradotto Poe e le Confessioni d'un mangiatore d'oppio di Thomas De Quincey .
Ma nel suo "libro atroce" di poesie ha già messo tutto sé stesso. I fiori del male, del 1857, non sono una raccolta, bensì un libro, appunto, con un'architettura esterna (è diviso in sei sezioni), ma soprattutto interiore: è un percorso estetico-morale dalla nascita maledetta del poeta, fra slanci e cadute (Spleen e ideale), all'apertura sulla vita moderna della città (Quadri parigini); dall'ebbrezza provocata (Il vino) ai fiori pestiferi del peccato (I fiori del male); dalla ribellione satanica (Rivolta) all'evasione finale (La morte), invocata come liberatrice per trovare finalmente, non importa se in paradiso o all'inferno, qualcosa di nuovo. Un epilogo amaro, pessimistico, più d'immagine che di sostanza. La forza dell'arte e della bellezza colma e annulla l'orrido baratro che spalanca. Baudelaire non sceglie l'inferno, né il paradiso: sceglie la poesia.