romanticismo
L’arte come espressione del sentimento
Nato in Germania e in Inghilterra alla fine del 18° secolo, il movimento romantico si diffuse in Europa nei primi decenni del 19°, accompagnando nel corso del secolo i grandi rivolgimenti della storia d’Europa: l’ascesa e la caduta di Napoleone, le lotte per l’indipendenza e l’unità politica in Germania e in Italia, le rivolte sociali e i cambiamenti di governo. Da questi mutamenti ebbe origine una nuova sensibilità, attenta all’identità delle nazioni e agli individui, ai loro sentimenti, ai sogni, all’immaginazione
La nascita del movimento. Il termine romantico nacque in Inghilterra nel Seicento per criticare le immagini bizzarre e strampalate dei romanzi cavallereschi. Nel 18° secolo, però, il gusto cambiò e il termine acquistò un significato positivo. Romantiche furono definite le emozioni destate da paesaggi, come terre selvagge e desolate, mari burrascosi, castelli isolati in notti buie e tempestose, antiche rovine. Si diffusero i romanzi neri (come Il castello di Otranto dello scrittore inglese Hugh Seymour Walpole), che terrorizzavano i lettori con scene macabre e paurose. Al bello si preferirono l’interessante, il sublime (cioè la manifestazione della smisurata potenza della natura che suscita nell’uomo timore e senso dei propri limiti) e il pittoresco (ciò che piace perché spontaneo e selvaggio).
Il preromanticismo. Le basi del romanticismo furono poste negli anni Settanta del 18° secolo in Germania dal movimento letterario dello Sturm und Drang («Tempesta e impeto», dal titolo di un dramma di Friedrich Maximilian Klinger). I principali esponenti, Friedrich Schiller e Johann Wolfgang von Goethe, esaltarono la libertà nella vita e nell’arte: uniche guide dovevano essere il sentimento e l’ispirazione. Simbolo del movimento fu il giovane Werther, protagonista di un romanzo di Goethe, che visse con passione assoluta un amore impossibile fino al suicidio.
Il romanticismo. Nel 1798 iniziò a Berlino la pubblicazione dell’Athenäum, rivista che espose le idee dei fondatori del movimento (i fratelli Friedrich e Caroline Schlegel, Novalis, Johann Ludwig Tieck e Wilhelm Wackenroder). Nello stesso anno uscirono in Gran Bretagna le Ballate liriche di William Wordsworth e Samuel Taylor Coleridge: la Prefazione alla seconda edizione (1800) fu il manifesto del romanticismo inglese.
Per i romantici, l’arte e la vita dovevano fondarsi sul sentimento, cioè su quello che ogni individuo ha di più personale e irrinunciabile. La banalità della vita quotidiana suscitava in loro insoddisfazione e malinconia e li spingeva a cercare un’evasione nelle grandi passioni. Essi vivevano l’amore come ricerca dell’unione assoluta con un’anima gemella, superando ostacoli e convenzioni sociali.
In ogni esperienza e in ogni cosa cercavano le tracce di una realtà superiore, di un principio divino e infinito, dotato di valore assoluto. Vedevano Dio come un poeta senza limiti, e nella natura il suo meraviglioso poema. Per questi motivi, a loro avviso, solo il poeta, e non lo scienziato, può capire il vero senso della natura: anche nelle cose più umili c’è un contenuto nascosto che sfugge all’uomo comune, ma il poeta sa cogliere questo senso misterioso grazie alla sua sensibilità, e lo comunica con le sue creazioni.
L’artista è l’uomo che più si avvicina a Dio, perché crea le sue opere come Dio ha creato la natura. Quando crea, l’artista segue solo la propria ispirazione: per questo il romanticismo non accettava imposizioni come la tradizionale divisione dell’arte in generi distinti (prosa e poesia, commedia e tragedia, musica e letteratura). L’arte doveva essere totale, come le opere liriche di Richard Wagner, che fondevano musica, letteratura e scenografia.
L’arte romantica non seguiva i canoni classici della bellezza (classicismo), ma accoglieva anche il brutto e il deforme, perché ogni aspetto della vita è reso poetico dal sentimento. I romantici ammiravano i classici e molti vennero in Italia e in Grecia per ispirarsi alle fonti della classicità; erano tuttavia convinti che l’arte moderna non dovesse imitare i modelli classici, bensì esprimere l’anima e i sentimenti del poeta.
L’amore per la spontaneità portò a esaltare poesie popolari, leggende, favole e proverbi che contengono la saggezza dei popoli. I romantici amavano il mondo contadino, con le sue passioni elementari e la religiosità semplice e sincera, e ambientarono molti romanzi in ambienti rurali, usando il linguaggio diretto del popolo.
Non amavano, invece, la nascente società industriale, che distruggeva la natura e uccideva i sentimenti generosi, sostituendoli con l’egoismo e il calcolo utilitaristico. Vedevano nel progresso una corruzione e reagivano tornando alla natura, come i poeti detti laghisti Wordsworth e Coleridge, che amavano vivere presso i laghi del Cumberland (Inghilterra nordoccidentale), lontano dalla vita cittadina.
Per questi motivi si rivolgevano al passato, soprattutto medievale, nel quale ambientarono (come Walter Scott e Victor Hugo) molti romanzi storici. L’amore per il Medioevo risaliva all’epoca preromantica, quando ebbero grande popolarità i Canti di Ossian, poemetti scritti in stile medievale dallo scozzese James Macpherson. Il Medioevo, inoltre, era anche il periodo storico in cui erano sorte le lingue e le culture nazionali, e molti romantici erano convinti nazionalisti, fortemente impegnati nelle lotte per l’indipendenza del proprio paese.
Non tutti i romantici, però, amavano il popolo: molti lo vedevano come una massa di individui mediocri alla quale contrapponevano la figura dell’individuo eccezionale, simboleggiato dalla vita e dalle opere del poeta inglese George Byron. L’eroe solitario agisce mosso solo dall’impulso e dall’ispirazione e vive come uno straniero nella società, che disprezza e da cui non è compreso. Agli altri appare misterioso e tenebroso: la sua vita è contrassegnata da solitudine e nobile infelicità, il suo comportamento porta a una vittimistica chiusura in sé stesso oppure a una ribellione titanica contro tutto e tutti. Spesso l’individuo eccezionale cerca di evadere da una realtà mediocre viaggiando in terre lontane ed esotiche, o fantasticando e sognando mondi favolosi. Egli preferisce vivere nel buio silenzioso della notte, piuttosto che tra la gente rumorosa. Nella donna cerca o l’angelo che lo conduce alla perfezione o il demonio che lo porta alla perdizione.
Il romanticismo ebbe molti tratti di ambiguità: fu attratto dagli ideali, ma anche dalle seduzioni materiali; esaltò l’individuo eccezionale, ma amò la semplicità del contadino; lottò per la libertà, ma fu tradizionalista e in certi casi clericale. D’altronde, un atteggiamento tipico dei romantici fu l’ironia: nessun’opera umana va presa troppo sul serio, perché non è possibile realizzare la perfezione ideale.
Il romanticismo si diffuse dapprima in Germania, dove sorsero circoli romantici in numerose città (animati da letterati come Heinrich Heine, August Heinrich Hoffmann e Friedrich Hölderlin) e in Inghilterra (con George Byron, Percy Bysshe Shelley, John Keats e William Blake). In Francia fu introdotto da una scrittrice, Madame de Staël, con il saggio intitolato Sulla Germania (1813), e coinvolse numerose personalità, tra i quali François-Auguste Chateaubriand, Alfred de Musset e Alphonse Lamartine. Manifesto del movimento francese fu la Prefazione al dramma Cromwell (1827) di Hugo. Il romanticismo raggiunse alti vertici poetici in Russia, con Aleksandr S. Puškin, Nikolaj V. Gogol´ e Michail J. Lermontov.
Madame de Staël aprì il dibattito anche in Italia, con l’articolo Lettera sulla maniera e utilità delle traduzioni – apparso nel 1816 sul periodico milanese Biblioteca italiana –, in cui invitava gli Italiani a smettere di imitare gli antichi e ad aprirsi alle moderne letterature europee. L’invito fu colto dai letterati della rivista milanese Il conciliatore (Silvio Pellico, Ludovico di Breme e Giovanni Berchet), mentre la Biblioteca italiana difese il carattere nazionale della letteratura classica contro l’introduzione di modelli stranieri. Il tema più discusso fu l’uso della mitologia, difeso dai classicisti ma criticato dai romantici, che volevano un’arte più vicina ai problemi concreti dell’età presente.
Il romanticismo italiano, realista e meno legato di quello nordico a temi fantastici, si interessò al problema del vero storico e assegnò alla letteratura la funzione di diffondere gli ideali risorgimentali di libertà e unità nazionale. Appartennero a questa corrente Giuseppe Mazzini, Vincenzo Gioberti, Giovan Pietro Vieusseux e Niccolò Tommaseo, ma lo scrittore più importante fu Alessandro Manzoni, autore de I promessi sposi. Il romanticismo italiano produsse romanzi storici (Manzoni, Tommaso Grossi, Ippolito Nievo), ballate (Berchet), opere dialettali (i poeti Carlo Porta, Giuseppe Gioachino Belli) e di memorialistica (Silvio Pellico, Massimo D’Azeglio, Luigi Settembrini).
«Chi dice romanticismo dice arte moderna, cioè intimità, spiritualità, colore, aspirazione verso l’infinito, espressi con tutti i mezzi propri delle arti». Queste parole del poeta francese Charles Baudelaire definiscono il clima dell’arte romantica, sviluppatasi in Europa nella prima metà dell’Ottocento.
Se confrontiamo un quadro realizzato durante il neoclassicismo – per esempio Il giuramento degli Orazi di Jacques-Louis David – con un’opera di Eugène Delacroix (La libertà guida il popolo o Donne d’Algeri) legata alla corrente romantica, possiamo verificare le differenze: il modello antico viene superato, il colore prende il sopravvento sulla linea di contorno, l’opera romantica sembra essere uscita di getto dall’immaginazione dell’artista, in un impeto. Il romanticismo esalta infatti la forza creativa dell’individuo, il suo conflitto nei confronti della società e della natura, la ricerca di un paradiso perduto, l’attrazione per il passato e il mistero, il profondo desiderio di affermare i valori della libertà e dell’espressione.
In Francia i più grandi interpreti dell’arte romantica sono Théodore Gericault ed Eugène Delacroix. Nel 1819, Gericault con il gigantesco quadro La zattera della Medusa introduce un tema ispirato a un tragico fatto di cronaca: i naufraghi di una nave sopravvivono agli stenti mangiando i cadaveri dei compagni. Per dipingerlo l’artista – che morirà nel 1824, a trentatré anni – si ispira a Michelangelo, ma studia anche i morti negli obitori. È interessato alla forza fisica degli animali e dipinge una serie di ritratti di alienati mentali, i matti osservati nei terribili manicomi dell’epoca.
Delacroix rinnova i temi della pittura: dipinge scene drammatiche della guerra greco-turca, delle sommosse della Parigi degli anni Trenta, ma anche immagini ambientate in Oriente e in Africa settentrionale; soprattutto rinnova la maniera di dipingere, in base ad alcune leggi di funzionamento dell’occhio umano di cui faranno tesoro i pittori impressionisti. Vissuto fra il 1798 e il 1863, Delacroix esprime l’importanza dello studio del colore rispetto a una pittura fondata sulla linea.
Il romanticismo trova grande espressione nella pittura di paesaggio. In Germania gli artisti raffigurano la natura del Nord, caricandola di significati patriottici e religiosi. Tra questi spicca Caspar David Friedrich. Anche in Gran Bretagna il paesaggismo permette a pittori come William Turner di esprimere la propria sensibilità moderna per gli effetti di luce, il movimento e l’instabilità della forma, in sintonia con la poetica del sublime, che mette in relazione la potenza della natura con l’immaginazione dell’uomo.
Come in letteratura, anche nelle arti il Medioevo ispira molti pittori, scrittori e architetti romantici, perché viene considerato un’epoca in cui arte, religione e sentimento nazionale erano uniti: un tempo di ideali spirituali da contrapporre alla materialità del presente. Un esempio di spirito romantico è dato da un gruppo di giovani artisti nordici stabilitisi a Roma al principio dell’Ottocento. Insofferenti dell’insegnamento impartito nelle accademie di belle arti, se ne allontanano, formano un gruppo ispirato agli ideali della vita del Medioevo e si lasciano crescere la barba (per questo saranno detti nazareni).
In Spagna alcuni ideali romantici trovano espressione nella pittura di Francisco Goya, che rappresenta i patrioti spagnoli fucilati, ma anche i sogni e gli incubi della ragione, i disastri e le tragedie della guerra, scene ispirate alla magia e al folklore.
In Italia il movimento romantico si collega al Risorgimento e molti quadri raffigurano episodi della storia passata o della letteratura per alludere a fatti e aspirazioni delle lotte risorgimentali, come accade in I vespri siciliani o Il bacio del pittore Francesco Hayez, che ritrasse anche Alessandro Manzoni, Massimo D’Azeglio e Camillo Benso conte di Cavour.