ORTODOSSA, CHIESA
. Per il significato originario del termine "ortodosso", v. ortodossia. Oggi nell'uso comune s'intendono per ortodossi tutti i cristiani rimasti fedeli alla dottrina tradizionale definita dai primi concilî ecumenici; ne segue che, a rigore di termini, sia la Chiesa cattolica romana, sia la Chiesa attuale di Costantinopoli con le Chiese in comunione con essa, benché separate da quella romana, possono dirsi ortodosse, perché hanno conservato la fede professata a Nicea nel 325 e a Calcedonia nel 451. Il Canone romano della Messa fa pregare "per tutti gli ortodossi", e le professioni di fede ufficiali della Chiesa romana sono intitolate "Professione della fede ortodossa". Così intesa, l'espressione "Chiesa ortodossa" è sinonima di "Chiesa cattolica". Tuttavia è prevalso l'uso di riservare l'epiteto di "cattolica" alla Chiesa romana e a tutte le Chiese particolari che riconoscono nel vescovo di Roma, o "papa" per eccellenza (poiché da tempi molto antichi anche il patriarca di Alessandria adopera il titolo di "papa"), il capo visibile della Chiesa universale; al contrario, è chiamata comunemente "ortodossa" quella Chiesa, che già per breve tempo all'epoca di Fozio (seconda metà del sec. IX) e in modo stabile sotto il patriarca Michele Cerulario (1054) si separò dalla Chiesa romana, rifiutando di riconoscere più oltre il papa di Roma come capo supremo della Chiesa, se non soltanto in modo onorifico senza potere reale di giurisdizione sopra gli altri patriarchi. È questa la Chiesa di Costantinopoli, detta con molta inesattezza "Chiesa greca", la quale indusse alla separazione, in epoche più o meno vicine all'anno 1054, i tre patriarcati di Alessandria, Antiochia, Gerusalemme, e tutti i popoli che avevano ricevuto da Bisanzio la fede cristiana e conservato con essa un legame gerarchico. Fu l'ultimo degli scismi orientali; per gli altri dovuti alle eresie dei primi secoli e a reazioni politiche contro il dominio degl'imperatori di Costantinopoli v. arianesimo; armenia; copti; egitto; monofisiti; nestorio e nestoriani.
Dopo lo scisma, un certo numero di cristiani orientali sono tornati alla primitiva unità riconoscendo il primato di giurisdizione del Romano Pontefice: sono detti "uniti" e per corruzione "uniati", "cattolici orientali", "cattolici di rito orientale". Quelli di rito bizantino qualche volta sono chiamati "ortodossi cattolici" per distinguerli dagli "ortodossi" separati. Oggi anche i cattolici, per designare i dissidenti di rito bizantino, usano comunemente la parola "ortodossi" tra virgolette, e gli stessi documenti pontifici recenti si astengono di adoperare la parola "scismatici" ogni qualvolta si tratta di cristiani non direttamente responsabili dello scisma.
È stata anche proposta la denominazione di "foziani", che sarebbe storicamente esatta per l'azione avuta nello scisma da Fozio (v.), ma essa è ritenuta ingiuriosa dai destinatarî.
Estensione geografica. - Dal 1054 alla seconda metà del sec. XIX, i cristiani "ortodossi" abitarono soltanto regioni che avevano fatto parte del territorio dei quattro patriarcati orientali, cioè nell'Impero Ottomano di allora (compreso l'Egitto), nella Grecia, Bulgaria, Serbia, Romania e Montenegro dell'anteguerra, nell'Impero Russo e in parte dell'Austria-Ungheria.
La repubblica di Venezia ne contava un buon numero nei suoi possedimenti dello Ionio, dell'Arcipelago, a Creta e nella Dalmazia: a Venezia stessa è esistita dal sec. XV un'importante colonia greca (oggi ridotta a circa 300 persone) che nell'epoca del suo splendore contò fino a diecimila anime. In Ancona, Bari, Barletta, Napoli, Livorno, Messina, esistevano altre colonie minori, ufficialmente considerate (al pari di quella di Venezia) come cattoliche, ma che in realtà non furono tali quasi mai se non per finzione giuridica, perché allora in Europa non era generalmente ammessa la tolleranza dei culti. Di queste colonie secondarie sussiste oggi soltanto quella di Napoli. A Roma stessa, dopo l'epoca napoleonica, il ministro di Russia aveva la propria cappella, tenuta nascosta agli occhi del pubblico, alla quale è succeduta nel 1932 una piccola chiesa in via Palermo. Vienna, Trieste, Budapest avevano chiese greche e serbe; Monaco di Baviera ne possedette una greca nel 1828. Fuori di questi luoghi sporadici, non esistevano, né nell'Europa occidentale né in America, colonie "ortodosse" propriamente dette e tanto meno chiese.
Il grande sviluppo preso dall'emigrazione, anche transoceanica, nel corso del sec. XIX e soprattutto in conseguenza della guerra mondiale e della rivoluzione russa, ha moltiplicato i gruppi "ortodossi" fuori del loro ambiente originario. Già prima della guerra mondiale esisteva una trentina di cappelle e chiese, talune bellissime, presso le rappresentanze diplomatiche russe, e anche in altri luoghi più frequentati dai russi. La Chiesa russa possedeva missioni fiorenti in Cina, Corea, Giappone, aveva organizzato le colonie degli Stati Uniti, e vi raggruppava tutti gli "ortodossi" di qualunque gruppo etnico. A Parigi, Marsiglia, Londra, Liverpool, Manchester sorsero chiese greche, e altre a Sydney, Melbourne e nei maggiori centri dell'Australia. Una statistica di poco anteriore al 1914 contava circa 120.000 Greci "ortodossi" nei soli Stati Uniti, con 33 chiese, oltre ad una a Montreal nel Canada.
Il numero degli "ortodossi" serbi e romeni negli Stati Uniti è cresciuto in misura tale, che la Chiesa serba ha mandato un vescovo per occuparsi dei loro interessi religiosi, e che la Chiesa romena ha più volte manifestato il desiderio di fare altrettanto. Sempre negli Stati Uniti vi sono state due princitiali gerarchie "ortodosse", una russa e l'altra greca, ognuna con più vescovi, senza contare alcuni prelati resisi indipendenti dal patriarcato di Costantinopoli o in comunione con l'una o l'altra delle gerarchie russe rivali del patriarcato di Mosca. I due centri dell'emigrazione russa sono Berlino e Parigi, e in numerosi luoghi della Germania e della Francia esistono oggi chiese russe "ortodosse" con opere di assistenza agli emigrati. Il Brasile, l'Argentina, hanno pure le loro colonie, come anche l'Etiopia, l'Africa del Sud, la Manciuria e i grandi porti della Cina. Si può dire che oggi non vi è centro commerciale importante che non abbia una colonia "ortodossa" di qualche importanza. Quasi tutta la popolazione dei possedimenti italiani dell'Egeo è "ortodossa", come del resto quella di Cipro annessa all'Inghilterra.
È difficile fare un calcolo degli "ortodossi". I numeri dell'annessa tabella sono approssimativi, principalmente per i territorî dell'U.R.S.S.
Il lato più debole di questa statistica è l'elemento russo. Gli sconvolgimenti politici della Russia dal 1917 hanno notevolmente ridotto il numero dei credenti. Ma nonostante l'avversione ufficiale, l'insieme del popolo russo ha conservato la fede e pratica la sua religione come può. La Chiesa russa, già asservita allo stato sotto gli zar, e con tutti i caratteri del passato regime, si è ora profondamente trasformata. Tra gli "ortodossi" sono stati computati gli "staroveri" o vecchi credenti russi, benché siano considerati come scismatici dalla Chiesa ufficiale: però tale scisma è tutto gerarchico, e non implica nelle sue linee generali il dogma e soltanto in alcune particolarità il rito liturgico (v. russia: Culti). Un paragone con i cattolici del medesimo rito non è senza interesse: questi ascendono a circa sette milioni, sparsi ovunque.
Storia. - Fino allo scisma di Michele Cerulario (1054), la storia della Chiesa "ortodossa" si confonde con quella della Chiesa universale. Mentre la Chiesa cattolica, nonostante la varietà dei riti liturgici e alcune differenze disciplinari tra Oriente ed Occidente, è rimasta sempre un sol corpo saldamente unito sotto il Romano Pontefice, la Chiesa "ortodossa" è un semplice aggregato di Chiese indipendenti unite soltanto da un legame morale, senza organismo centrale. Questo organismo, come si vedrà appresso, dovrebbe essere il concilio ecumenico, poiché al patriarca di Costantinopoli si riconosce soltanto un primato di onore e non di giurisdizione: generalmente, però, tutti gli "ortodossi" ammettono che l'ultimo concilio ecumenico è stato il secondo di Nicea, del 787. Si vagheggia attualmente l'idea di arrivare a un'organizzazione più centralizzata, ma le difficoltà sono enormi. La storia della Chiesa "ortodossa" deve quindi essere ricercata in quella ecclesiastica dei varî elementi etnici che la compongono. Sotto la voce costantinopoli (XI, pagine 625-627) sono state esposte le vicende del patriarcato di Costantinopoli e il suo successivo frazionamento in Chiese autocefale (v. autocefalia) nel decorso dei secoli XIX-XX (v. anche le voci albania; bulgaria; cipro; grecia; romania; russia; serbia; e per i patriarcati alessandria; antiochia; gerusalemme; mosca).
Organizzazione. - Non essendo un organismo compatto, ma un aggregato morale, la Chiesa "ortodossa" non si può nemmeno paragonare con l'antico impero germanico, poiché manca la dieta centrale e l'imperatore, che nel caso corrisponderebbero al concilio ecumenico presieduto dal patriarca di Costantinopoli. Parecchi teologi "ortodossi" confessano pure che un vero concilio ecumenico è impossibile senza la partecipazione del papa di Roma, unanimemente considerato come il primo dei patriarchi. Ogni chiesa ha la sua organizzazione propria, ma tutte si somigliano più o meno. Mentre il sistema di governo della Chiesa cattolica è monarchico con il temperamento dell'episcopato (di diritto divino) e di una pratica aristocrazia (che forma il consiglio del papa) alla quale tutti possono accedere; il sistema "ortodosso" è invece diventato a poco a poco parlamentare e democratico, con le conseguenze che ne derivano.
La base del sistema di governo "ortodosso" è il celebre canone 28° del concilio ecumenico di Calcedonia (451), che la Chiesa di Roma non ha mai voluto sancire, e che ha prodotto la grandezza di Costantinopoli e più tardi la sua decadenza. Secondo questo canone, il primato ecclesiastico dell'antica Roma derivava, non dalla successione di Pietro costituito da Cristo supremo pastore di tutti i fedeli, ma dalla circostanza che Roma era la capitale dell'impero romano. Essendo Costantinopoli la "seconda Roma" il suo vescovo ha perciò diritto al secondo posto nella Chiesa, e nell'impero d'Oriente deve godere delle medesime prerogative che Roma in quello di Occidente. Questo concetto, falso per i cattolici, è stato il vero principio della separazione, e i pretesti dogmatici e disciplinari sono venuti dopo. Al patriarca di Costantinopoli così istituito erano riservate le missioni presso i popoli "barbari", cioè ancora pagani, confinanti con l'impero bizantino: ma in virtù del medesimo principio che era servito all'esaltazione di Costantinopoli, ogni stato indipendente poteva logicamente aspirare all'indipendenza ecclesiastica dal gerarca di Bisanzio, e così avvenne di fatto già nel Medioevo. In tal modo, la giurisdizione del patriarca di Costantinopoli, la quale verso la fine del sec. XVI si estendeva, con più o meno efficacia, dalle coste della Dalmazia alla Siberia e dal Mar Bianco fino al Tauro, con speciale riguardo agli affari dei patriarcati meridionali (e ciò in virtù della sua situazione politica ben più che per diritto), abbraccia oggi i soli Greci rimasti nella Repubblica Turca, con una quarantina di metropoli nei territorî annessi alla Grecia dopo la guerra mondiale, ma che saranno presto riunite interamente alla Chiesa autocefala di Grecia, oltre alle due dei possedimenti italiani dell'Egeo (Rodi e Coo), per cui sono in corso trattative per la costituzione di una nuova autocefalia, e le Chiese di Europa e America che dipendono più o meno strettamente dal gerarca di Costantinopoli e dal suo Sinodo. Unico capo di tutto l'insieme delle Chiese "ortodosse" è Cristo, e la giurisdizione suprema è riservata al concilio ecumenico, il quale secondo il concetto "ortodosso" non si è più radunato dall'anno 787.
A capo di ogni Chiesa nazionale sta un dignitario ecclesiastico che porta il titolo di patriarca o anche di arcivescovo "maggiore"; ma vi sono altri arcivescovi sottomessi ai patriarchi, che si possono chiamare "minori", perché corrispondono agli arcivescovi latini (senza suffraganei). Mentre nella Chiesa cattolica ogni patriarca ha un potere assai esteso, nelle Chiese "ortodosse" il potere del patriarca o dell'arcivescovo maggiore è quasi intieramente subordinato alle decisioni del Sinodo, composto di tutti i vescovi, oppure di una parte di essi, che in tal caso si rinnovano per turno. Nell'elezione del patriarca e dei vescovi il potere civile ha una parte considerevole, talvolta preponderante. Presso il patriarca sono alcune Commissioni che quasi corrispondono alle congregazioni cardinalizie della Chiesa cattolica. I privilegi civili dei capi ecclesiastici (amministrazione dello statuto personale) sono rimasti soltanto in Siria, nel Libano, nell'‛Irāq ed in Egitto. Le Eparchie (diocesi) dovrebbero regolamente essere riunite in provincie: nei patriarcati tradizionali, cioè quelli di Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, in Bulgaria ed in Grecia, quasi tutti i prelati residenziali hanno il grado metropolitico, senza più suffraganei. Nelle altre Chiese, salvo la russa, la divisione classica si è meglio conservata. Il clero secolare è generalmente ammogliato, cioè, può contrarre matrimonio prima dell'ordinazione al diaconato (cosa permessa anche a quasi tutti gli Orientali cattolici benché presso costoro vada sempre più in disuso); ma dopo l'ordinazione, ogni primo o secondo matrimonio è proibito, sebbene questa norma presso i Serbi e i Bulgari non raramente sia trascurata. I seminarî sono poco numerosi e il loro livello intellettuale e spirituale è inferiore, talvolta di molto, a quello dei seminarî cattolici. Non esistono ordini religiosi nel senso occidentale della parola; vi è soltanto (Monte Athos) qualche confederazione monastica: ordinariamente ogni monastero è indipendente. Salvo che nei monasteri russi, più attivi e meglio regolati (quasi tutti sono stati soppressi dalla rivoluzione), la vita religiosa è unicamente ascetica e contemplativa, con lunghissimi uffici di giorno e di notte e nessuna opera esteriore. Congregazioni educative e ospitaliere non esistono; in Russia però si era tentato qualche cosa, ad imitazione delle congregazioni cattoliche. La vita di pietà si attiene alle antiche forme tradizionali, e non conosce le forme moderne occidentali, imitate più o meno felicemente dai cattolici orientali.
Dogma. - La separazione delle due Chiese è stata lungamente preparata dalla grande divergenza di mentalità e di cultura tra l'Occidente latino e l'Oriente bizantino, e da circostanze politiche molto complesse. Fozio fu il primo a escogitare pretesti dogmatici, ripresi poi sotto Michele Cerulario (v.). Avvenuta la separazione, l'Oriente greco-romeno-slavo non partecipò allo sviluppo delle scienze teologiche e alla maggior precisazione di formule dogmatiche avvenute in reazione alle eresie occidentali. Sprovvista di forte autorità centrale, la Chiesa "ortodossa", dopo aver respinto con energia le innovazioni dei protestanti nel decorso dei secoli XVI-XVII, ne ha subito l'influenza nel XIX, almeno presso alcuni dei suoi elementi etnici. In conseguenza della separazione, è stata condotta a negare ciò che la Chiesa cattolica ha definito come dogma dal sec. XI, trascurando l'accordo della sua antica tradizione e dei proprî libri liturgici col dogma cattolico.
Il punto di divergenza più saliente, quello che veramente conta oggi, è il primato, non soltanto d'onore ma anche di giurisdizione, del romano pontefice su tutta la Chiesa e su ogni parte di essa, e la sua infallibilità (v.) personale nel definire un dogma, la quale dagli "ortodossi" è confusa spesso con l'impeccabilità. La questione della processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio (o "dal Padre per il Figlio", secondo la formula dei Padri greci), che fu il grande pretesto accampato da Fozio, è oggi di poca importanza pratica. L'altra della consacrazione eucaristica con pane azimo e non fermentato (v. azimo), altro pretesto di Fozio, non susciterebbe più difficoltà seria ai tempi nostri. Gli "ortodossi" non ammettono l'esistenza del purgatorio, ma la divergenza porta più sulla parola che sulla cosa, poiché pregano per i loro defunti esattamente come i cattolici. Non conoscono però affatto lo sviluppo dato in Occidente alla dottrina, e soprattutto alla pratica, delle indulgenze. Neanche ammettono che dopo il giudizio particolare che segue la morte, la ricompensa o la pena eterna sia immediata e piena: essi rimandano tale ricompensa o pena a dopo il giudizio universale che avverrà alla fine del mondo. Questi cinque punti, detti "classici", non sono oggi i soli: i moderni teologi "ortodossi" non ammettono l'ispirazione dei libri deuterocanonici (v. bibbia); molti negano il carattere indelebile impresso nell'anima da alcuni sacramenti, altri non riconoscono la validità del battesimo dato per infusione e non per immersione. Tutti attribuiscono all'epiclesi o invocazione dello Spirito Santo, che nelle liturgie orientali segue immediatamente le parole di Cristo, la consacrazione eucaristica; ammettono pure che in caso di adulterio il matrimonio possa venire sciolto, e oggi il divorzio è concesso per molti motivi e con grande facilità. Vi sono ancora altri punti secondarî di divergenza: il più importante è un nuovo concetto della Chiesa, che tende a negare la distinzione tra la Chiesa "docente" e la Chiesa "edotta", attribuendo l'infallibilità dottrinale a tutto il corpo della Chiesa, compresi i fedeli. Gli "ortodossi" negano l'Immacolata Concezione di Maria, punto di divergenza importante dall'epoca in cui questo dogma cattolico è stato definito (v. concezione immacolata).
Per i tentativi di unione v. chiesa: Unione delle chiese.
Tutte le chiese "ortodosse" appartengono al rito bizantino, inesattamente detto "greco"; per questo v. liturgia; riti.
Bibl.: Non esiste un'opera d'insieme sulle varie Chiese ortodosse: quella di I. Silbernagl, Verfassung und gegenwärtige Bestand sämmtlicher Kirchen des Orients, Landshut 1865, è oggi antiquata; la bibliografia deve quindi ricercarsi negli articoli sui varî popoli "ortodossi"; indicati sopra. Comodo, ma non sempre esatto, è R. L. Langford-James, Dictionary of the Eastern orthodox Church, Londra 1923 (di ispirazione anglicana). Le grandi enciclopedie religiose francesi, inglesi e tedesche, hanno numerosi articoli sulle Chiese "ortodosse", principalmente il Dictionnaire de théologie catholique di Vacant-Mangenot-Amann, (Parigi, in corso di pubblicazione) e il Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques di Baudrillart-De Meyer-Van Cauwenbergh (idem). Per la teologia, cfr. A. Palmieri, Theologia dogmatica orthodoxa... ad lumen catholicae doctrinae examinata et discussa, voll. 2, Firenze 1911-13 (non ultimata) e M. Jugie, Theologia dogmatica christianorum orientalium ab Ecclesia catholica dissidentium, voll. 4, Parigi 1926-1931. Una volgarizzazione abbastanza buona è R. Janin, Les Églises orientales et les rites orientaux, 2ª ed., Parigi 1926. Il periodico meglio informato, in cui si trova una regolare e ampia cronaca secondo le migliori fonti, è il francese Échos d'Orient (trimestrale, dal 1898, Parigi). Numerose monografie scientifiche di vario genere sono nella collezione Orientalia christiana, del Pontificio Istituto Orientale di Roma dal 1923.