Vedi Ciad dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Situato agli estremi settentrionali dell’Africa centrale e senza sbocchi sul mare, il Ciad confina a nord con la Libia, ad est con il Sudan, a sud con la Repubblica Centrafricana e nella parte occidentale, da sud a nord, con Camerun, Nigeria e Niger.
Ottenuta l’indipendenza dalla Francia nel 1960, il paese ha conosciuto poca stabilità a causa di una guerra civile durata 40 anni che ha visto confrontarsi le regioni del nord musulmane e sostenute dalla Libia contro quelle del sud a maggioranza cristiana e appoggiate principalmente dalla Francia. Ormai da anni è il nord ad avere assunto il potere. Il contesto interno ha a lungo inibito lo sviluppo economico e ha reso il sistema politico nazionale tra i più instabili al mondo.
Dopo un decennio di governo dittatoriale retto da Hissène Habré, nel 1990 un colpo di stato ha portato al potere il generale Idriss Déby, ancora oggi Presidente.
Nonostante il paese abbia intrapreso la strada della democratizzazione con l’introduzione di un sistema multipartitico e l’approvazione di una Costituzione, la maggior parte del potere rimane nelle mani del presidente, del suo partito (il Mouvement Patriotique du Salut) e dei militari, da sempre suoi sostenitori.
Il prolungato periodo di guida di Deby, la sua gestione personalistica del potere, la sistematica opera di monopolizzazione delle risorse strategiche nazionali e la marginalizzazione dei gruppi etnico-politici a lui avversi, hanno reso il Ciad una democrazia incompiuta, che registra livelli di trasparenza politica e amministrativa in coda alle classifiche mondiali.
Dal 2003 ondate di rifugiati hanno iniziato ad entrare in Ciad dal vicino Darfur, come conseguenza del conflitto scoppiato in questa regione del Sudan. Il continuo susseguirsi di incidenti lungo il confine ha convinto il governo di N’Djamena a dichiarare, nel dicembre 2005, lo stato di belligeranza con Khartoum colpevole, a detta del presidente Déby, di sostenere i gruppi ribelli antigovernativi ciadiani e di volere destabilizzare il suo paese esportando il conflitto dal Ciad al Darfur.
Il Ciad è così entrato in una nuova fase di turbolenza politica che, intrecciandosi con la crescente opposizione politica interna, ha già prodotto due tentativi di colpo di stato nell’aprile 2006 e nel febbraio 2008.
La longevità e la sopravvivenza politica di Déby si fondano, da un lato, sulla frammentazione che caratterizza la galassia della ribellione armata e quella dell’opposizione politica e, dall’altro lato, sul sostegno che la sua presidenza riceve dalla Francia, l’attore internazionale più influente nell’Africa centrale.
Cruciale negli equilibri interni al paese e nelle dinamiche politiche regionali è stato anche il ruolo esercitato dalla Libia di Gheddafi, impegnatasi con successo nella mediazione sia per risolvere le tensioni tra Ciad e Sudan, sia per promuovere la ricomposizione nazionale del Ciad. Stati Uniti e Cina sono altri due importanti attori interessati al processo di stabilizzazione regionale: i primi avendo lanciato nell’area sahariana un’importante operazione di controterrorismo e messa in sicurezza dei confini (Trans-Sahara Counter Terrorism Initiative), la seconda avendo investito ingenti capitali per lo sfruttamento petrolifero tanto nel Sudan quanto nel Ciad.
Per quanto riguarda la situazione politica interna al Ciad, la commissione elettorale indipendente, dopo continui rinvii, ha annunciato la calendarizzazione delle elezioni parlamentari e presidenziali, rispettivamente, per il febbraio e il maggio 2011. In entrambi i casi il presidente Deby si è riconfermato alla guida del paese, con un consenso personale superiore all’88%, mentre il suo movimento ha ottenuto 110 seggi su 188.
Il tasso di crescita della popolazione ciadiana ha fatto registrare percentuali annue intorno al 3%. Gli incrementi demografici più rilevanti hanno interessato le regioni meridionali, che hanno un clima e un territorio tipico della fascia tropicale, più favorevoli rispetto a quelli delle zone centrali e settentrionali del paese dominate dal deserto del Sahara e dalle vaste e aride pianure del Sahel.
La popolazione del Ciad comprende più di 200 gruppi etnico-linguistici che negli anni hanno dato vita a contrapposizioni di varia natura. Il quadro delle tensioni interne è molto più vasto e articolato e si sviluppa attorno a linee di frattura che interessano i differenti modelli di organizzazione sociale delle comunità – nomadi, semi-nomadi e sedentari – e i diversi interessi economici connaturati alle sfere di attività caratteristiche delle varie regioni (principalmente allevamento, agricoltura e commercio).
Il sistema educativo nazionale si attesta a livelli molto bassi e insufficienti dal punto di vista dell’offerta qualitativa e quantitativa; un settore, quello dell’istruzione, che sconta una carenza rilevante di investimenti che, insieme a tutti gli altri ambiti dello stato sociale ciadiano, risente dell’alto livello di insicurezza nazionale. Molto negative sono poi le statistiche legate al lavoro minorile, alla discriminazione di genere e a tutti gli indicatori legati alle condizioni di vita quotidiana: la speranza di vita alla nascita è bassa, pari a 49,2 anni, e l’età mediana della popolazione si attesta a 17,1 anni.
La situazione umanitaria nel paese è andata progressivamente deteriorandosi negli ultimi anni, specie per quanto riguarda le regioni interessate dal forte aumento dei flussi di rifugiati provenienti dal Sudan (stimati intorno ai 262.000, secondo i dati del gennaio 2011) e dalla Repubblica Centrafricana (intorno ai 83.000). Il fenomeno del banditismo è in aumento e, colpendo in prevalenza i campi di rifugiati e di sfollati, rende difficoltoso l’intervento degli operatori umanitari.
Allevamento e agricoltura restano le attività principali della maggior parte della popolazione attiva del Ciad, sebbene nel corso dell’ultimo decennio il settore primario abbia pesato progressivamente sempre meno nel prodotto interno lordo nazionale: una tendenza che è spiegata dall’irruzione nella composizione del pil dei proventi derivanti dalle esportazioni di petrolio.
Dai primi anni del 2000, infatti, nel Ciad è iniziata una rilevante attività estrattiva di petrolio che ha fatto crescere in misura vertiginosa il pil, soprattutto in riferimento ai tassi relativi al triennio 2003-05. L’esportazione del greggio avviene attraverso un condotto che sfocia nel Camerun. Gli anni successivi hanno, invece, segnato una forte battuta d’arresto nella crescita del pil mostrando un andamento molto altalenante. Ad ogni modo, le stime 2012 dell’Economist Intelligence Unit mostrano un tasso di crescita del Pil del 6,2%.
La principale coltivazione, che dà lavoro a quasi un milione di ciadiani, è il cotone: una produzione, dunque, preziosissima per l’economia nazionale e che tuttavia ogni anno rischia di essere compromessa a causa delle condizioni climatiche avverse oltre che dalle regole inique del commercio mondiale. Dalle attività legate all’allevamento del bestiame si origina, invece, circa il 10% del pil del Ppese.
Instabilità politica, infrastrutture carenti, corruzione nei rami dell’amministrazione e scarsi investimenti rappresentano deficit cronici per l’economia ciadiana, che di fatto hanno inibito la possibilità di uno sviluppo diversificato del paese. Anche nel 2011, il Ciad è finito in fondo alle classifiche mondiali tanto in termini di competitività globale (142° sugli altrettanti paesi valutati dal Word Economic Forum), quanto nella speciale classifica che la Banca mondiale stila ogni anno analizzando le regole e le procedure necessarie a intraprendere un’attività imprenditoriale (183° su 183 paesi per Doing Business).
L’esercito in Ciad è un attore profondamente coinvolto nella lotta per il potere politico interno: strumento prezioso dei governi, dall’indipendenza ad oggi, tanto per controllare le tensioni interetniche nelle regioni più turbolente quanto per difendere le roccaforti governative nella capitale, dai suoi ranghi sono emersi anche diversi leader e militanti dei principali gruppi ribelli che negli anni hanno sfidato gli esecutivi insediati a N’Djamena.
A Dakar, nel marzo del 2008, Ciad e Sudan hanno firmato il loro quinto accordo di pace: tra le disposizioni sottoscritte, insieme alla normalizzazione dei rapporti bilaterali e all’impegno dei due paesi nel mantenere pace e stabilità internamente e nella regione, è stato anche istituito un cosiddetto gruppo di contatto, incaricato di supervisionare il rispetto e la messa in atto degli impegni presi.
Guidato da Libia e Repubblica del Congo, il gruppo comprende anche rappresentanti del Senegal, del Gabon, dell’Eritrea, di alcune organizzazioni regionali come la Comunità degli stati del Sahel e del Sahara, la Comunità economica dell’Africa centrale, l’Organizzazione della conferenza islamica e l’Unione Africana, oltre che un rappresentante della missione di peacekeeping delle Nazioni Unite Minurcat (United Nations Mission in Central African Republic and Chad). Sotto il mandato delle Nazioni Unite è stato disposto il dispiegamento di una forza militare (fornita per il primo anno, a partire da gennaio 2008, dall’operazione Eufor Tchad/Rca dell’Unione Europea) incaricata di proteggere i civili, in particolare i rifugiati e gli sfollati, e di facilitare gli interventi umanitari nelle regioni orientali del Ciad e in quelle a nord-est della Repubblica Centrafricana.
Il mandato della missione Minurcat è terminato il 31 dicembre 2010. Agli accordi di Dakar hanno fatto seguito altri colloqui di pace tramite i quali Sudan e Ciad hanno negoziato direttamente la rimessa in sicurezza del loro confine e deciso il dispiegamento di una forza congiunta per il suo monitoraggio.