cibo
Nutrimento per il corpo e per lo spirito
Il cibo serve al corpo per produrre energia chimica e per sostituire le molecole e le cellule che quotidianamente vengono demolite. Il cibo, tuttavia, è anche un concentrato della cultura umana, carico com'è di simboli, divieti, significati nascosti. L'uomo è ciò che mangia, a cominciare dal latte materno, nutrimento perfetto per il neonato. Se il regime alimentare è monotono e povero, ne risentirà gravemente la salute; ma anche se è troppo abbondante.
A sottolineare il ruolo svolto dal cibo nella vita sociale ci sono le proibizioni alimentari, spesso di origine religiosa, e le regole dell'etichetta da rispettare a tavola
Il primo cibo della nostra vita è il latte preso dal seno materno che, come si dice per il primo amore, 'non si scorda mai'. Il latte rappresenta per il piccolo un alimento perfetto perché contiene tutte le sostanze necessarie alla sua crescita, oltre agli anticorpi della madre che lo immunizzano dalle malattie che lei stessa ha superato.
Inoltre, durante l'allattamento si realizza tra madre e figlio un rapporto muto, particolare, fatto di profonda intimità e di affetto, fondamentale per strutturare la personalità del bambino e trasmettergli fiducia.
Il cibo che mangiamo si trasforma nel nostro corpo in nuove cellule, in calore, in molecole ricche di energia chimica da liberare al momento del bisogno (alimentazione). Si formano inoltre sostanze di rifiuto che vengono eliminate tramite l'intestino, i reni, la pelle e il sistema linfatico.
Se mangiamo troppo, finiremo con accumulare tessuto adiposo e ingrasseremo; se mangiamo meno di quanto è necessario, dimagriremo. L'ideale è mantenere il peso-forma costante, ma per ottenere ciò occorre alimentarsi in modo corretto per quantità e qualità. Bisogna mangiare poco e di tutto: carne o pesce o formaggio, pane o pasta, verdura e frutta, perché questi alimenti contengono i principi nutritivi indispensabili al nostro metabolismo.
Se mangiamo un solo tipo di alimento, per esempio solo riso, come fanno milioni di Asiatici, o solo castagne, come avveniva un tempo tra le popolazioni delle nostre montagne, o solo polenta, come per secoli hanno fatto i contadini, andiamo incontro a seri problemi di malnutrizione. Nella popolazione si possono diffondere, ed è avvenuto nel passato, il cretinismo o il gozzo o la cecità o la tubercolosi, tutte malattie gravissime favorite da una scorretta alimentazione.
Anche i danni dovuti a eccesso di cibo non sono lievi. È il caso della gotta, detta 'la malattia dei ricchi' perché causata da un regime con troppa carne. Consiste in un accumulo di sali minerali nelle articolazioni che può portare all'immobilità. Altre minacce per i mangioni sono l'arteriosclerosi (cioè la degenerazione delle pareti delle arterie con gravi conseguenze per cuore e cervello), l'ipertensione (quando aumenta troppo la pressione del sangue nelle piccole arterie con possibili danni per cuore, reni e sistema nervoso), l'obesità.
Alla fine del Paleolitico, l'uomo abbandonò l'alimentazione basata sulla raccolta di erbe e frutti e iniziò a cacciare i grandi animali diventando carnivoro. Nel Neolitico nacque l'agricoltura come la intendiamo ancora oggi: l'uomo imparò a coltivare erbe, frutta, cereali e a controllare meglio l'eterna penuria di cibo. Il vantaggio però non fu di tutti e da allora due umanità si fronteggiano: una mangia molto e bene, soprattutto alimenti a base di proteine animali, mentre l'altra si deve accontentare di solo pane, polente, patate, erbe.
I cibi più sostanziosi sono sempre andati agli uomini più importanti. Nell'antica Cina, all'inizio del 2° secolo a.C., i grandi proprietari venivano chiamati 'i mangiatori di carne'. Nell'antica Grecia si diceva che chi mangiava solo zuppa d'orzo non era capace di fare la guerra e, nel Settecento, un inglese scriveva: "Si trova più coraggio tra coloro che si nutrono di carne che fra quanti si accontentano di cibi più leggeri". Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei.
Alcuni divieti alimentari sono da sempre presenti nelle società umane. La maggior parte delle proibizioni ha un fondamento religioso diventando così un modo per rendere omaggio a Dio: perciò niente cibo di giorno per i musulmani durante il ramadān, solo cibo kasher per gli Ebrei, mai carne il venerdì per i cattolici.
I popoli di religione islamica durante il ramadan, che è il nono mese del loro calendario in cui, secondo la tradizione, l'arcangelo Gabriele avrebbe rivelato il Corano a Maometto, si devono astenere dal mangiare e dal bere dall'alba al tramonto, offrendo ad Allah il sacrificio per la privazione.
I seguaci ortodossi della fede ebraica possono mangiare solo cibo kasher, cioè preparato secondo regole speciali che ne garantiscono la purezza rituale. I cattolici, fino a pochi anni fa, il venerdì mangiavano 'di magro' ovvero né carne né insaccati, ma solo pesce o formaggi.
Tra i Giapponesi, invece, le proibizioni alimentari non sono dettate da principi religiosi quanto dallo shūyō ("autodisciplina, allenamento mentale a dominare le passioni") che pervade l'anima di questo popolo. La rinuncia al cibo diventa un mezzo per dimostrare di essere forti cercando di imitare gli antichi samurai, i soldati d'alto rango d'epoca feudale che vivevano 'masticando uno stecchino'.
"Non si parla con la bocca piena", "giù i gomiti dalla tavola!", "mai tagliare il pesce con il coltello", "usare le apposite posate per tagliare la frutta". Sono queste alcune tra le molte regole di etichetta a tavola. Le regole dell'etichetta cambiano, ma l'indicazione a mangiare in modo educato, anche per sottolineare le differenze sociali e il proprio status, non scompare mai.
Al tempo degli antichi Romani si mangiava sdraiati sul triclinio. La fondina, detta 'piatto all'italiana', era un lusso che nel Seicento si permettevano solo gli aristocratici e alla corte di Francia anche i nobili mangiavano con le mani… Tutto scomparso, tutto cambiato.
Altri usi hanno sostituito i precedenti, ma un'ambizione è rimasta sempre la stessa: la ricerca di lusso e di segni di distinzione, a tavola come altrove. Si dice infatti che per l'uomo il superfluo sia più importante del necessario.
Nel suo libro di viaggio Il Milione (1295), Marco Polo racconta le abitudini alimentari dei Tartari, popolazione mongola nota per i costumi spartani. "E sì, vi dico che egliono [essi] cavalcano bene dieci giornate sanza vivanda che tocchi fuoco, ma vivono del sangue delli loro cavalli, ché ciascuno pone la bocca alla vena del suo cavallo e beve".
Dal diario di bordo del navigatore francese Louis-Antoine de Bougainville che fece in due anni il giro del mondo (1766-68): "Ieri ho mangiato un topo insieme al principe di Nassau: lo abbiamo trovato eccellente. Saremmo ben felici se ne potessimo mangiare spesso" (la nave di Bougainville non riusciva da molto tempo ad attraccare sulle coste della Nuova Guinea per rifornirsi di cibo a causa dell'ostilità degli indigeni).
E così Charles Darwin, nel suo Viaggio di un naturalista intorno al mondo (1839), descrive un pasto dei Fuegini, gli abitanti della Terra del Fuoco: "Se viene uccisa una foca o viene scoperta la carcassa galleggiante di una balena putrefatta, allora è un gran festino e a un cibo così miserabile vengono aggiunte poche insipide bacche e funghi".