CINEMATOGRAFO (X, p. 335 e App. I, p. 420)
Generalità. - L'attività del settore tecnico-industriale cinematografico negli ultimi anni, fatta eccezione per i settori della cinematografia a colori e documentaria (v. appresso), non ha portato a novità di primo piano, pur essendo caratterizzata dalla costante ricerca nel senso di un migliore e più economico impiego degli impianti e dei mezzi tecnici, nonché da un lento, ma continuo perfezionamento di questi mezzi.
Unificazione delle parti e della terminologia. - Da qualche tempo a questa parte, raggiunto in tutte le apparecchiature tecniche un notevole grado di perfezione, si è cercato di unificare parecchi degli elementi che le costituiscono, in maniera da poter attuare una fabbricazione in serie di qualità ottima e di minor costo, con pezzi facilmente intercambiabili. Questo movimento, iniziatosi in America sotto l'egida della Society of Motion Picture Engineers, si sta estendendo all'Inghilterra e non mancherà d'imporsi anche negli altri paesi costruttori di apparecchi e di attrezzature per l'industria cinematografica. In pari tempo, si sta procedendo anche all'unificazione della terminologia cinematografica, che, col rapidissimo sviluppo della tecnica e dell'industria, era divenuta talmente pletorica e disordinata da essere spesso causa d'incertezze e di errori.
Macchine da presa. - I miglioramenti compiuti in questo campo tendono soprattutto a facilitare l'impiego e a rendere meno lente le operazioni preparatorie. L'applicazione dei dispositivi a riflesso (tipo "Reflex") che consentono la visione dell'immagine, prima della presa e anche durante la presa, direttamente sopra un vetrino o un film smerigliato, se ha potuto, entro certi limiti, facilitare la sorveglianza della inquadratura anche durante le carrellate e le panoramiche, ha però notevolmente complicato la macchina, talché molti operatori preferiscono continuare a servirsi di buoni mirini a cannocchiale con campo di presa perfettamente uguale a quello dell'obiettivo della macchina, con correzione automatica della parallasse e con obiettivi intercambiabili o con mascherini di campo. Nel complesso, però, si può dire che l'attuale indirizzo consiste in una graduale standardizzazione delle macchine da presa e in un aumento, nei limiti del possibile, delle caratteristiche di resistenza, precisione e relativa leggerezza, approfittando dei progressi raggiunti nella lavorazione dei metalli e delle leghe.
Obiettivi. - Le caratteristiche principali cui tende l'industria ottica nel settore degli obiettivi cinematografici sono: grande luminosità, grande potere risolvente (incisione), grande profondità di fuoco. Per quanto riguarda la luminosità, occorre rilevare che, col giungere alle grandissime aperture (fino a 1 : 1,2÷1:1) il concetto di apertura relativa (d/f) quale indice della luminosità degli obiettivi, non corrisponde più alla realtà, in quanto l'intensità luminosa che effettivamente colpisce la lastra sensibile decresce in misura notevole col crescere degli spessori relativi e col numero delle lenti occorrenti a dare tutta la correzione necessaria per poter lavorare con grandissime aperture senza discapito della indispensabile nitidezza, e ciò a causa degli assorbimenti. Tale inconveniente potrebbe essere, in parte almeno, eliminato impiegando obiettivi a lenti paraboliche, ma le grandi difficoltà costruttive hanno costretto ad abbandonare questi tentativi, almeno nel settore cinema e a seguire altre vie. Per poter lavorare anche in condizioni di luce meno buone e risparmiare il consumo di energia elettrica, si è cercato di aumentare la sensibilità generale e cromatica delle emulsioni fotografiche. Il potere risolvente degli obiettivi ha raggiunto oggi limiti che è difficile possano essere utilmente superati, anche perché i limiti pratici del potere risolvente delle emulsioni, di per sé stesso inferiore, annullano in parte i vantaggi che si potrebbero avere da maggiori poteri risolventi degli obiettivi. Infine, per quanto riguarda la profondità di fuoco, essa è notoriamente connessa tanto con l'apertura relativa, quanto con la lunghezza focale e costituisce quindi un elemento d'impiego più che un problema tecnico costruttivo.
Pellicole. - Dal punto di vista della semplice ripresa ottica in bianco e nero, i progressi si sono diretti soprattutto verso un sempre più perfetto rendimento, in tonalità bianco-grigio-nero, dei valori cromatici del soggetto, e verso un miglioramento della granitura dei positivi e soprattutto dei negativi.
Mentre, sotto il punto di vista della granitura, i progressi sono stati notevolissimi anche in quest'ultimi tempi, soprattutto sotto la spinta delle esigenze della registrazione sonora e della cinematografia a passo ridotto, per quanto riguarda il rendimento cromatico si è rimasti alle emulsioni pancromatiche e superpancromatiche, d'altronde ottime, già in uso prima della guerra. Gli studî sulla sensibilizzazione alle luci di diverse lunghezze d'onda tendono oggi, più che alla sensibilizzazione equilibrata per tutte le luci dello spettro (come avviene nella fotografia normale e nella fotografia a colori su lastra o pellicola ad emulsione unica), alla sensibilizzazione speciale per due o tre luci di radiazioni cromatiche per la cinematografia a colori.
Per il trattamento chimico delle pellicole (sviluppo negativi e positivi), si tende sempre più alla completa automatizzazione e autoregolazione degli impianti, onde ottenere risultati sempre più perfetti, uniformi e sicuri. Le sviluppatrici moderne, pertanto, regolano automaticamente la durata dello sviluppo, mantenendo costante la composizione del bagno e la temperatura dell'operazione, mediante termostati.
Registrazione sonora. - Non molto è stato fatto, di sostanziale, in questo campo dal periodo immediatamente anteguerra. Più che nel settore degli apparecchi di registrazione veri e proprî, i pochi miglioramenti rientrano principalmente nel settore dei microfoni e in quello delle caratteristiche sensitometriche e microfotografiche delle emulsioni sensibili. Buoni progressi sono stati ottenuti coi microfoni piezo-elettrici (v. microfono, in questa App.) di cui sono state notevolmente accresciute le caratteristiche di sensibilità e di responso alle diverse frequenze. Sensibili miglioramenti sono stati apportati ai microfoni a condensatore, specialmente sotto l'aspetto direzionale. Nella pratica non si impiegano oggi che colonne sonore singole a intensità variabile (larghezza costante) e a intensità costante (larghezza variabile). Assai notevoli sono i progressi effettuati nei riguardi delle emulsioni sensibili per la registrazione fotoacustica, che consentono di registrare tutta, o quasi tutta, la gamma delle armoniche che accompagnano il suono fondamentale.
Perché ciò avvenga è necessario che il sistema registratore possegga, tra l'altro, alcune qualità essenziali: elevatissima frequenza propria, per non provocare fenomeni di risonanza con le armoniche più elevate; grande potere risolvente della granitura dell'argento ridotto, tanto nei sistemi a densità costante, o a frangia, quanto in quelli a densità variabile; rapporto quanto più possibile lineare fra trasparenza dei singoli punti della colonna sonora (nei sistemi a densità variabile e intensità luminosa modulata della corrente foto-acustica che ha colpito quei singoli punti. Ciò comporta problemi di sensitometria e di densimetria, nonché problemi sulla struttura microscopica degli strati d'argento ridotto, molto complessi e di difficile soluzione, anche perché tra loro strettamente collegati e spesso contrastanti. Numerosissimi sono gli elementi che influiscono sulle varie soluzioni: sensibilità generale dell'emulsione, intensità della luce che colpisce i varî punti, durate brevissime di esposizione (che modificano o annullano la legge di reciprocità), tipo, durata, temperatura dei bagni di sviluppo, ecc.
Per quanto riguarda le caratteristiche acustiche dei locali nei quali la registrazione deve essere effettuata, dalla primitiva "sordità" (mancanza di ogni riverberazione sonora), considerata all'inizio come condizione assoluta di ogni buona ripresa sonora, si è giunti oggi ad una oculata dosatura degli effetti di riverberazione, che consente di dare alla riproduzione toni di maggiore naturalezza e morbidezza, senza toglierle chiarezza, specialmente nel parlato, e pur evitando un eccessivo "impasto" nella riproduzione dei complessi musicali. A ciò hanno contribuito moltissimo i perfezionamenti degli apparecchi di ripresa sonora, e specialmente dei microfoni e dei sistemi registratori, compresa la pellicola.
Importanti progressi di ordine tecnico, teorico e pratico, sono stati realizzati nella trasposizione delle registrazioni sonore, da incisioni originali su disco o su filo metallico, o anche da incisioni originali su colonna sonora, su nuova colonna sonora. Data la maggior semplicità e la minore delicatezza degli apparecchi per la registrazione su disco o su filo metallico in confronto di quelli per la registrazione foto-acustica, si sono potute costruire apparecchiature di facile impiego, adattabili a tutte le circostanze, per la registrazione di suoni, rumori, voci, ecc., che vengono poi riportati, per trasposizione, su colonna sonora, e infine inseriti e sincronizzati in film tanto a passo normale quanto a passo ridotto.
Impianti di presa. - Anche in questo campo, più che di vere e proprie innovazioni, si può piuttosto parlare di perfezionamenti d'impiego e di dettaglio, tendenti a rendere la produzione più rapida, più semplice e più economica.
L'impiego delle lampade a incandescenza, con luce di composizione cromatica quanto più possibile simile a quella della luce solare, si è andato sempre più imponendo, colla conseguente quasi totale eliminazione delle lampade ad arco o a vapore di mercurio. Ma anche questi problemi sono intimamente connessi coi perfezionamenti della sensibilità delle emulsioni fotografiche, in quanto il quesito fondamentale rimane quello di avere a disposizione complessi foto-generatori e pellicole tali da consentire di ottenere i massimi risultati fotografici col minimo dispendio di energia luminosa, e quindi di energia elettrica. E in tale senso si sono orientati gli studî dei costruttori di lampade, da un lato, e dei fabbricanti di pellicole dall'altro. Le attrezzature dei teatri di posa sono rimaste pressapoco quelle dell'anteguerra; nella maggior parte dei casi si tratta di miglioramenti apportati all'interno degli stabilimenti per far fronte alle necessità contingenti di determinate riprese. Qualche miglioramento, più di carattere pratico che d'ordine generale, si è avuto nel campo delle riprese combinate (con specchi) e delle riprese con modellini, ma l'importanza di tali miglioramenti è relativa, data anche la prevalente tendenza verso le riprese naturali e senza troppi trucchi. Altrettanto si può dire dell'architettura cinematografica e della relativa attrezzatura. I perfezionamenti pratici nella costruzione e nella riproduzione di ambienti e di edifici, tanto per prese di interni quanto di esterni, consentono oggi di effettuare ricostruzioni il cui costo sarebbe stato proibitivo nel passato, mentre oggi è in molti casi inferiore a quello inerente agli spostamenti degli attori e dei tecnici sui luoghi dove tali ambienti o edifici si trovano. A raggiungere questi risultati ha fortemente contribuito l'aumento delle dotazioni di materiali per costruzioni, dotazioni che si sono andate accumulando nei magazzini dei teatri di posa, nonché la standardizzazione di molti pezzi e complessi per l'allestimento degli ambienti e la ricostruzione degli edifici.
Proiezione e proiettori (ottici). - Gli studî fatti in questi ultimi anni sono stati soprattutto indirizzati verso miglioramenti d'impiego. I tipi a movimento intermittente (croce di Malta) si sono definitivamente imposti nei confronti dei tipi a compensazione ottica (a movimento continuo). Gli inconvenienti d'ordine meccanico, caratteristici del moto intermittente, quali le vibrazioni, gli urti, il forte logorio degli organi di scatto e di trascinamento, inconvenienti che potevano giustificare in passato l'adozione dei molto più complessi apparecchi a compensazione ottica, sono stati ormai superati grazie soprattutto alle migliorate caratteristiche di resistenza dei metalli impiegati nella costruzione delle parti maggiormente soggette a logorio, alla maggior precisione di fabbricazione e di montaggio e ai progressi raggiunti nei sistemi di lubrificazione e nei lubrificanti. Notevoli miglioramenti sono stati raggiunti anche in altri settori: aumento della potenza della sorgente luminosa, aumento dello sfruttamento di tale potenza, maggiore e quasi assoluta sicurezza contro gli incendî della pellicola durante la proiezione.
La necessità di aumentare la potenza della sorgente luminosa è dovuta a diverse cause: tendenza a costruire sale sempre più grandi (maggiore distanza di proiezione e maggiore ampiezza dello schermo); accresciute esigenze del pubblico per quanto riguarda la luminosità dello schermo; sempre maggior diffusione del film a colori, che, assorbendo assai più luce del film in bianco e nero, richiede, per ottenere una buona proiezione, una sorgente luminosa assai più potente. Mentre per i piccoli proiettori, e anche per quelli medî, ha potuto generalizzarsi l'adozione di lampade a incandescenza a filamento concentrato e di elevato splendore (candele per mm2), di impiego più facile e sicuro ma di costo elevato e di durata relativamente breve, nei grandi proiettori si è dovuto continuare a servirsi delle lampade ad arco a corrente continua di sempre maggior potenza, nonostante gli innegabili inconvenienti proprî di tale sistema. L'impiego degli specchi parabolici, di materiale piro-resistente, di condensatori a raffreddamento, di altri sistemi di raffreddamento, e, soprattutto, di obiettivi molto corretti e di grande apertura relativa ha consentito un migliore sfruttamento della potenza della sorgente luminosa. L'adozione obbligatoria di efficienti dispositivi di sicurezza ha reso praticamente nullo il pericolo d'incendio della pellicola nel proiettore.
Riproduzione sonora. - Non si può affermare che la perfezione oggi raggiunta nella registrazione foto-acustica sia stata accompagnata da altrettanta perfezione negli apparecchi riproduttori del suono. A ciò si deve aggiungere che molto spesso, specie nelle sale minori, anche la relativa bontà degli apparecchi non è pienamente sfruttata per difetti d'impiego e di manutenzione degli apparecchi stessi e spesso anche per difetti di acustica proprî della sala di proiezione. Circa le caratteristiche degli apparecchi riproduttori del suono (proiettori sonori e altoparlanti), se, per i primi, qualche miglioramento, come si è visto, si è ottenuto nella parte ottico-meccanica (maggior potenza di illuminazione, maggior precisione, sicurezza e durata di funzionamento), non altrettanto si è verificato per la parte elettro-acustica (lettori del suono).
Il potere scandente dei lettori del suono (intagli, ottici o meccanici) è tuttora piuttosto scarso, ciò che già è causa della perdita di buona parte delle finezze della colonna sonora originale; un'altra parte di tali finezze va poi ancora perduta, e forse in misura maggiore, con gli altoparlanti. Nonostante qualche lieve miglioramento finora ottenuto, resta tuttavia ancora da percorrere molta strada prima che la riproduzione sonora sia in grado di sfruttare in pieno i notevoli progressi compiuti nel campo della registrazione, raggiungendo la necessaria accettabile perfezione
Macchine stampatrici di pellicole. - A seconda del movimento impresso alle pellicole positiva e negativa, accoppiate rispetto alla sorgente luminosa, le macchine stampatrici si distinguono in intermittenti e continue. Nelle macchine intermittenti ciascun fotogramma è esposto singolarmente, fermo, di fronte alla sorgente luminosa; uno schermo provvede ad intercettare la luce durante il movimento delle pellicole; l'esposizione è generalmente controllata col variare l'intensità della luce; i sistemi che influiscono sul tempo di esposizione, variando la velocità della macchina, non si sono mostrati di pratico impiego.
Nelle stampatrici continue (v. fig.) le pellicole negativa e positiva si muovono, condotte da un rullo dentato A con velocità costante, di fronte alla fessura B della sorgente luminosa S; un elemento di guida F e dei rulli tenditori C e D, provvedono a mantenere il contatto delle due pellicole tra loro e sul rullo dentato. L'esposizione è controllata sia variando la larghezza della fessura B, sia più correntemente, l'illuminazione del negativo. Su tali due principî sono costruite tutte le macchine da stampa da 35 e 16 m/m. Indubbiamente il sistema continuo presenta dei vantaggi soprattutto nella quantità di produzione, pur essendo per alcuni lati di più difficile applicazione industriale (pericoli di righe, difficoltà di pressione tra negativo e positivo, ecc.). L'orientamento verso un sistema o l'altro è soprattutto dettato dai varî complessi applicati per il cambio automatico della esposizione nella stampa. È appunto su tali organi che variano, essenzialmente, le diverse costruzioni.
Cinematografia documentaria. - In questo campo, come si è accennato, si sono realizzati notevoli progressi, specialmente per quanto riguarda gli apparecchi da presa, nel senso di rendere tali apparecchi sempre più adatti a lavorare nelle particolari condizioni nelle quali essi devono essere impiegati. La cinematografia documentaria, e soprattutto quella riferentesi alla ripresa di episodî di guerra, ha dovuto superare non lievi difficoltà per potersi adattare alle particolari circostanze nelle quali deve effettuarsi la ripresa: l'apparecchio da presa, pur restando fondamentalmente lo stesso, è stato modificato in molti particolari, a seconda delle necessità.
L'automaticità, ormai generalizzata, non può sempre essere data da un motore a molla, che, di fronte al grande vantaggio dell'assoluta indipendenza e semplicità, offre il doppio inconveniente di dover essere spesso ricaricato e di non essere in grado di trascinare che un metraggio troppo esiguo di pellicola. È vero che i grandi perfezionamenti raggiunti nella granitura degli strati d'argento ridotto consentono oggi l'impiego, nella presa, anche di pellicole di formato sub-standard che possono poi essere ingrandite su film normale; ma, in molti casi, l'effetto Callier, dovuto a fenomeni di diffrazione della luce della lampada dell'apparecchio d'ingrandimento tra i grani del negativo, non consente di ottenere positivi ingranditi dotati della necessaria nitidezza, particolarmente quando si tratti di prese destinate a scopi speciali, ad esempio, di carattere esplorativo. In molti casi si rende pertanto necessario l'impiego di apparecchi a passo normale (35 mm.), azionati da motore elettrico. Nel caso poi di documentarî affidati alla presa da aeroplani, si sono dovuti studiare apparecchi speciali antivibranti, e al tempo stesso snodati e orientabili in modo da poter seguire il soggetto colla necessaria rapidità.
Anche la temperatura alla quale si effettua la presa documentaria, e soprattutto le variazioni di temperatura alle quali è sottoposta la macchina da presa, sono spesso causa di notevoli inconvenienti, dovuti: 1° alle contrazioni e alle dilatazioni delle parti metalliche; 2° al cattivo funzionamento della lubrificazione per effetto delle variazioni di viscosità del lubrificante; 3° alla fragilità del supporto del film, specialmente a temperature molto basse, ma anche a prolungate temperature elevate, per effetto della volatilizzazione del solvente. Si sono pertanto dovuti studiare involucri isolanti, lubrificanti a viscosità costante e supporti di pellicola contenenti solventi poco o punto volatili e capaci di mantenere la necessaria flessibilità, tanto a temperature molto basse, quanto a temperature elevate.
Umidità e polvere possono anch'esse essere causa di guasti, e quindi di messa fuori uso dei delicati meccanismi della macchina da presa nei climi molto umidi e in quelli desertici. Contro l'umidità si è fatto ricorso ad apparecchi costruiti totalmente di metalli inossidabili, con assoluta esclusione del legno, delle guarnizioni di panno o di cuoio e simili, e servendosi non di rado, per taluni pezzi, di materiali plastici, perfettamente antiassorbenti. Contro la polvere e la sabbia si è dovuto ricorrere a involucri a chiusura perfettamente ermetica.
Infine si è andato sempre più diffondendo l'impiego degli obiettivi intercambiabili (torrette girevoli), che consente non solo il rapido e quasi istantaneo passaggio da un obiettivo ad altro di diversa lunghezza focale (da quelli di lunghezza focale minima per giungere sino a veri e proprî teleobiettivi) ma anche di mantenere a fuoco l'immagine senza necessità d'intervenire sulla montatura elicoidale, compensando al tempo stesso la variata luminosità senza bisogno di manovrare la leva o l'anello di comando del diaframma, e mantenendo così costanti tutti gli elementi fotografici della presa.
Passo ridotto. - La cinematografia a passo ridotto o substandard (in pratica limitata oggi a due soli formati, e cioè all'8 mm. e al 16 mm.), è divenuta di grande attualità. Mentre l'8 mm. (tipo Pathé-Baby) è quasi esclusivamente riservato alla presa per dilettanti, il 16 mm. soddisfa tanto le esigenze del dilettante quanto quelle di buona parte della cinematografia documentaria, didattica, scientifica e di propaganda. I vantaggi sono: minor costo del materiale sensibile, nonché delle macchine da presa e da proiezione; grande facilità di trasporto e d'installazione, eliminazione del pericolo d'incendio - specialmente durante la proiezione - dovuta alla possibilità di servirsi di pellicola con supporto ininfiammabile di acetil-cellulosa, anziché di celluloide.
Negli Stati Uniti d'America il passo ridotto è largamente usato nelle scuole d'ogni ordine e grado. Durante la seconda Guerra mondiale il passo ridotto è stato impiegato su vasta scala anche per l'istruzione delle forze armate, con ottimi risultati.
In Europa, dove il passo ridotto era considerato un settore riservato ai soli cineamatori, si assiste da qualche anno al suo progressivo affermarsi in diversi settori, quali scuole, collegi e circoli ricreativi, mentre nel campo dello spettacolo va sempre più imponendosi nelle zone rurali. In Italia, in particolare, già si annoverano circa duemila sale cinematografiche a passo ridotto ed è da ritenersi che il grandissimo numero di paesi tuttora privi di cinematografo, dati gli oneri connessi con l'esercizio di una sala a passo normale, si varranno del formato ridotto per consentire a circa quindici milioni di Italiani, finora esclusi da tale mezzo di ricreazione e di educazione, di beneficiarne.
Quanto alla produzione di proiettori a passo ridotto, l'industria italiana si è seriamente affermata in questi ultimi anni, mettendosi in grado di competere vantaggiosamente con quelle straniere.
Quando non si tratti di film presi sin dall'origine su formato ridotto, lo sviluppo della cinematografia sub-standard è strettamente collegato coi problemi della riduzione dal passo normale a quello ridotto, problemi che non presentano soltanto un lato tecnico (ottimamente risolto, anche per quanto riguarda la riduzione delle colonne sonore), ma soprattutto aspetti organizzativi, finanziarî e industriali. Alla soluzione del problema della riduzione delle colonne sonore e della possibilità di ottenere, anche direttamente su pellicole a passo ridotto, buone riproduzioni sonore e immagini nitide, pure su schermi relativamente grandi, hanno notevolmente contribuito i grandi progressi realizzati nel campo della finezza della granitura delle emuisioni positive e specialmente negative, ai quali si è già accennato.
Cinematografia didattica e scientifica. - La guerra ha notevolmente rallentata la diffusione di questi importantissimi rami della cinematografia (e specialmente del primo). Il problema, assai vasto e complesso, dell'introduzione e della generalizzazione della cinematografia didattica nelle scuole d'ogni grado, era stato prima della guerra affrontato e risolto in Germania, mediante la creazione di una organizzazione completa e di una vastissima attrezzatura. La questione se, per questa forma di cinematografia, sia più adatta la proiezione muta o quella sonora, non è ancora stata risolta: ambedue le tesi presentano aspetti favorevoli e contrarî.
Certo è che, muto o sonoro, il cinematografo costituisce uno strumento indispensabile della moderna attrezzatura didattica, tanto più che tutti i problemi inerenti alla proiezione sono stati perfettamente risolti, sotto l'aspetto tecnico e pratico, colla costruzione di proiettori robusti, luminosi e di facile impiego. Più complesso è il problema della produzione delle pellicole a scopo didattico, problema che dovrebbe essere studiato e risolto nell'interesse dell'istruzione pubblica di tutti i gradi. Rami di cinematografia didattica in efficienza sono quelli riguardanti l'insegnamento della chirurgia e l'istruzione militare.
La cinematografia scientifica, considerata come mezzo ausiliario di ricerca, è stata largamente applicata durante il periodo bellico nelle esperienze di carattere tecnico-militare e balistico, soprattutto nel settore degli esplosivi, del comportamento dei proietti contro bersagli corazzati e del funzionamento degli organi delle armi a tiro rapido e automatico. Anche nella metallurgia, la registrazione crono-fotografica ad alta e altissima frequenza (cinematografia a scintilla, fino a due milioni di fotogrammi al secondo) ha trovato, in Italia e all'estero, importanti campi di applicazione (studî sulla resistenza, sul comportamento al carico di rottura, ecc.).
Cinematografia a colori. - L'elemento cromatico nella cinematografia costituisce un campo di nuove possibilità tecniche ed estetiche offerte al realizzatore, e che soltanto adesso cominciano a chiarirsi e a diventare individuabili. Passati i primi momenti di entusiasmo per la felice soluzione del problema tecnico, con conseguente successo di curiosità, e stabilito l'ambito delle possibilità, si sta ora procedendo alla realizzazione del film a colori tenendo in sempre maggior conto i fattori fisiologici e psicologici che, in questo campo, sono assai più varî e complessi che per il film sonoro. Occorre tener presente infatti che la sensazione che lo spettatore riceve dinnanzi a una proiezione a colori è il risultato di un complesso di fattori fisici, fisiologici e psicologici nel loro insieme assai diversi da quelli che entrano in gioco nella visione normale di un soggetto in natura. Se ne deduce che una proiezione a colori parrà avvicinarsi alla perfezione quanto più essa sarà in grado di risvegliare in noi una sensazione analoga a quella che noi riceviamo dal soggetto (o da soggetti analoghi) per effetto del nostro processo psico-mnemonico. Per tali ragioni il concetto primitivo di "cinematografia a colori naturali" va modificato nel senso che bisogna riferirsi a quei colori che, nelle circostanze nelle quali avviene la proiezione, vengono percepiti, non solo fisiologicamente, ma anche e soprattutto psicologicamente, come colori naturali. È evidente che tali raffinate esigenze non possono essere soddisfatte che avendo a disposizione sistemi tecnicamente perfetti e muniti della necessaria duttilità, e tali da consentire al realizzatore di giocare largamente su tutte le gradazioni di colore.
I perfezionamenti sono stati continui e notevolissimi, e, se non hanno condotto a innovazioni di carattere rivoluzionario, hanno portato invece ad un considerevole affinamento dei metodi già esistenti e che già si erano imposti. Ci si limiterà qui a dare alcuni cenni riguardanti i sistemi oggi universalmente adottati: il Technicolor, l'Agfacolor, il Kodachrome e il Dufaycolor, ricordando infine il nuovo sistema stereotipico Bocca-Rudatis, italiano.
Technicolor. - Il sistema Technicolor (v. App. I, p. 423) è a selezione cromatica sottrattiva (immagini multiple alla presa e immagine unica colorata alla proiezione). Il monocromo verde è ottenuto filtrando l'immagine che attraversa direttamente il sistema prismatico; per i due monocromi blu e rosso il procedimento è del tipo bipack (film a due strati diversamente sensibilizzati): un filtro viola (blu + rosso) lascia giungere questi due colori, separatamente, sopra una pellicola a due strati, di cui quello anteriore è sensibile al blu, e quello posteriore è sensibile al rosso. Recentemente, a questi tre monocromi se ne è aggiunto un quarto, nella sola stampa, di leggero colore grigio neutro, destinato a dare, convenientemente dosato, maggior corpo all'immagine. La stampa, parte più delicata e complessa del sistema, è fatta mediante matrici, ottenute dai monocromi, con procedimento non molto diverso da quello noto in fotografia col nome di "processo al bromolio". Il difetto più grave delle matrici, o dei monocromi, è che la loro superficie risulta rugosa, irregolare, solcata da strie che, racchiudendo nei loro interstizî quantità più o meno grandi di materia colorante, producono imperfezioni d'immagine facilmente visibili sotto il fortissimo ingrandimento della proiezione.
I periti del Technicolor hanno minuziosamente studiato e migliorato i sistemi alla gelatina; uno dei perfezionamenti di maggior portata è quello che forma oggetto del brevetto inglese n. 392.785. Scopo dell'invenzione è l'ottenimento di una matrice in rilievo nella quale gli elementi formanti l'immagine sono costituiti da gelatina capace di assorbire il colore, ma sono incorporati in un complesso di gelatina poco assorbente del medesimo; la matrice viene ad avere così pressapoco lo stesso spessore in tutti i punti del rilievo e la superficie ne è molto liscia e uniforme. Tale matrice risulta assolutamente perfetta dopo la colorazione. L'emulsione sensibile viene sviluppata con uno dei noti sviluppatori che induriscono la gelatina: per es., pirogallolo 15%, soda caustica 30%, cloruro d'ammonio 15%, bromuro di potassio 15%, acido citrico 12% (formula del Troland, brev. U. S. A. n. 1.535.700), e nel sottoporre poi il film così sviluppato a un processo di ossidazione rigidamente controllato, mediante lavaggio in acqua molto aerata o anche per mezzo di prodotti ossidanti (ferrocianuro o bicromato di potassio). In questo modo, lo sviluppatore non decomposto durante il processo rivelatore si ossida, provocando la formazione di una gelatina che assorbe difficilmente il colore e che circonda le particelle d'argento ridotto. Fatto questo, si passa allo spogliamento, vale a dire al lavaggio in acqua a circa 55° C, mediante il quale la gelatina non collegata all'immagine d'argento viene eliminata. Anche la tecnica delle imbibizioni e dell'ottenimento delle matrici ha formato oggetto di numerosi procedimenti, in gran parte brevettati e acquisiti dalla Soc. Technicolor.
I processi per indurimento della gelatina sono abbastanza usati in pratica, sia nella sottospecie del rilievo, sia sotto forma d'imbibizione. Nell'attuale sistema Technicolor si stampano le tre matrici in rilievo, colorate coi colori fondamentali della sintesi sottrattiva, successivamente sopra un positivo trasparente. Come si è accennato, si è di recente adottato il sistema di aggiungere, nella stampa, oltre ai tre monocromi, anche un altro monocromo di leggero colore grigio neutro, per dare maggior corpo all'immagine. È inutile insistere sulle notevoli difficoltà inerenti al procedimento di stampa, soprattutto per quanto riguarda la perfetta sovrapposizione delle diverse immagini. È certamente questo uno dei più delicati problemi che la tecnica abbia dovuto risolvere; tuttavia, grazie alla grande precisione oggi raggiunta nella costruzione degli organi di movimento delle stampatrici, il combaciamento risulta perfetto, o quasi, con eliminazione totale delle frange iridescenti ai bordi delle immagini. Ma anche la precisione di tali organi non sarebbe da sola sufficiente, ove non si tenesse conto altresì dei fenomeni di allungamento e di restringimento dei supporti delle emulsioni e degli strati di gelatina durante le varie operazioni di sviluppo, spogliamento, imbibizione, ecc.; problemi tutti che si sono andati risolvendo successivamente e che, più ancora che oggetto di veri e proprî brevetti, costituiscono dei veri e proprî segreti di fabbricazione.
Nonostante i grandi progressi compiuti e la grande perfezione dei risultati, gli esperti della Società-Technicolor tendono oggi verso l'applicazione di un sistema a negativo unico triemulsionato, di tipo analogo al Kodachrome e all'Agfacolor-Neu. È indubitato che questi sistemi a negativo unico presentano enormi vantaggi pratici su quelli a selezione tricromica con due o tre negativi separati.
Per quanto i progressi fatti nel campo delle pellicole triemulsionate siano stati veramente imponenti, e benché anche il problema assai complesso della stampa dei positivi, per tale sistema, sia stato ormai risolto in modo soddisfacente, resta pur sempre il fatto che i metodi a imbibizione delle matrici consentono una latitudine nella scelta delle gradazioni che non è certamente ottenibile nei sistemi a colorante chimico sensibile e a sviluppo colorante. Si può tuttavia ritenere che, dati i grandi progressi compiuti nel campo della sensibilizzazione cromatica delle emulsioni, possa essere conveniente procedere alla presa su negativo triemulsionato, ricavando poi da questo, per selezione successiva, i tre monocromi, che vengano infine usati mediante uno dei soliti sistemi per imbibizione e stampa delle matrici, rientrando così nel procedimento già ricordato.
Agfacolor. - Appartiene al sistema a sviluppo colorante, con pellicola unica triemulsionata, nella quale, sopra il supporto di celluloide e di acetil-cellulosa, sono disposti tre strati, aventi ciascuno una diversa sensibilità cromatica.
Il principio su cui si basano i sistemi a sviluppo colorante è stato stabilito molti anni or sono dall'Homolka, il quale aveva osservato che quando si sviluppa un'immagine d'argento, in determinate circostanze si viene a sovrapporre ad essa una seconda immagine, costituita da prodotti organici insolubili provenienti dall'alterazione chimica dello sviluppatore. Nel 1911, il Fischer si servì di uno sviluppatore i cui prodotti d'ossidazione venivano uniti a talune sostanze organiche solubili, dette "componenti", aggiunte al bagno rivelatore e generavano materie coloranti: riuscì in tal modo ad ottenere dapprima delle immagini monocrome, costituite, dopo l'eliminazione dell'argento ridotto, da sola materia colorante. Si trattò allora di risolvere il secondo problema: trovare tre componenti che, incorporate nei tre strati sensibili di un film a tre emulsioni e aggiunte ai prodotti di ossidazione "dello stesso rivelatore", dessero i tre colori (blu, viola e giallo) occorrenti per i tre monocromi. Le ricerche furono assai lunghe e laboriose, ma portarono infine ai risultati desiderati. Il Fischer trovò, per es., uno sviluppatore alla p-amidodimetilanilina che: 1) coll'α-naftolo (componente aggiunto all'ultimo strato, sensibile al rosso) dà un prodotto di colore verde-azzurro, il blu d'indofenolo; 2) col cianuro di metilene (componente aggiunto allo strato intermedio, sensibile al verde) dà un prodotto di color viola; 3) coll'aldeide acetica (componente aggiunto al primo strato, sensibile al blu), dà un prodotto giallo.
Questi sistemi a triplice emulsione e a sviluppo colorante, consentono la stampa diretta a colori di un controtipo colorato. Ma consentono anche di ricavare tre monocromi successivi da poter poi essere impiegati come matrici per la stampa a imbibizione, come si è accennato nella ultima parte riguardante il Technicolor.
L'Agfacolor-Neu, derivato direttamente dal sistema ideato dal Fischer e poi perfezionato nell'Agfacolor, si differenzia per il fatto che fra lo strato esterno e quello intermedio è interposto un leggero filtro giallo. L'esposizione nella macchina ha per effetto di produrre, nei tre strati, tre immagini latenti selezionate che si rivelano al primo sviluppo, fatto con rivelatore normale (per es. metolo e idrochinone), e tale cioè da non dar luogo - coi componenti contenuti nelle tre emulsioni - ad alcuna materia colorante. Si procede poi a una nuova esposizione alla luce che crea, col sale d'argento ancora intatto, tre nuove immagini latenti (positive) complementari delle precedenti, e che, questa volta, vengono rivelate con uno sviluppatore colorante. Eliminando poi l'argento così liberato, si hanno tre immagini sovrapposte, trasparenti e colorate.
Il sistema Agfacolor-Neu, già largamente impiegato nella cinematografia per dilettanti su film 16 mm., è stato in questi ultimi anni adottato, in Germania, anche per la cinematografia spettacolare su film di formato normale, con risultati soddisfacenti.
Kodachrome. - Pur appartenendo allo stesso gruppo dell'Agfacolor, questo sistema è alquanto più complesso. Anzitutto, i tre strati sensibili sono separati da due filtri colorati, anziché da un solo filtro. Dopo l'esposizione, si sviluppano i tre strati, procedendo poi allo sbianchimento ed eliminando tutto l'argento ridotto, come nei noti processi per inversione. Il residuo bromuro d'argento costituisce perciò un positivo dell'immagine.
La prima operazione del processo di colorazione consiste nel trattamento con uno sviluppatore colorante, mediante il quale tutte e tre le immagini vengono colorate in blu-verdastro. Si procede quindi ad altro trattamento basato sopra un delicato processo di diffusione, mediante il quale il colorante delle immagini dei due primi strati (che non dovranno essere blu, ma gialle e viola rispettivamente) viene eliminato, mentre l'argento viene ritrasformato in bromuro o ioduro nuovamente sensibile. Segue un nuovo sviluppo con rivelatore colorante che dà, nei due primi strati, e solo in questi, un'immagine viola. Si ripete poi l'eliminazione del colorante viola nello strato anteriore (che dovrà essere giallo), si rigenera in questo strato il sale alogeno sensibile d'argento e si sviluppa infine con rivelatore che produce, nel primo strato, l'immagine gialla. Dopo eliminazione definitiva dell'argento libero residuo, si ha l'immagine tricromica desiderata. Questo procedimento, come si vede, è assai complesso, ma è stato recentemente molto migliorato, grazie anche alla possibilità di poter utilizzare numerosi brevetti tedeschi, ora a libera disposizione dei loro vincitori.
Dufaycolor. - Questo sistema (inglese), introdotto nella pratica da più di 20 anni per lastre fotografiche e da 15 per la cinematografia, si basa su di un reticolo colorato nei tre cromi, che viene inciso sul supporto, dalla parte dell'emulsione, e che funziona da filtro dei varî elementi cromatici, impressionando selettivamente le corrispondenti parti della sottostante emulsione. La ripresa avviene, contrariamente a tutte le altre riprese fotocinematografiche, attraverso il supporto stesso. Il negativo risulta cromaticamente complementare del positivo, che si ottiene per stampa a contatto secondo lo stesso principio suesposto.
Già prima della guerra la Dufay aveva ottenuto dei notevoli risultati. Oggi, particolarmente per quanto riguarda il reticolo tricromico è riuscita a ridurlo di dimensioni tali che lo spettatore normale non ne accusa l'esistenza. Tale sistema è particolarmente adatto alle riprese d'attualità, potendo utilizzare normali macchine da presa, anche a molla, ed è di facile lavorazione, poiché a parte la macchina da stampa, può utilizzare le normali sviluppatrici per B e N. Tale pellicola viene fabbricata in tre tipi principali, negativo per interni, negativo per esterni, e positivo.
Sistema stereotipico Bocca-Rudatis. - Questo sistema italiano, che non è ancora giunto alla fase della realizzazione pratica, industriale, è, nella sostanza, un sistema ad elementi lenticolari (o meglio prismatici) rifrangenti e modulati, nel senso che le infinite variazioni della tonalità cromatica vengono fissate sul film mediante infinite variazioni di forma, orientamento e dimensioni (variazioni stereometriche, secondo gli inventori) di elementi lenticolari incisi sulla pellicola. Il sistema non ha però nulla di comune con quelli già noti Keller-Dorian, Berthon-Siemens, ecc., nei quali la serie lenticolare viene incisa sul film vergine in precedenza, e gli elementi sono regolari e costanti e hanno uno scopo ottico-fotografico ben determinato, mentre nel sistema Bocca-Rudatis gli elementi si creano sul film in funzione delle variazioni cromatiche del soggetto e hanno un fine esclusivamente ottico.
Ottenuti, mediante una normale macchina da presa tricromica, i tre monocromi, rosso, verde e blu di un'immagine policroma, si supponga di stamparli, separatamente o contemporaneamente, ma sempre in perfetta coincidenza dei contorni, sopra una pellicola ricoperta di uno strato sensibile per spogliamento, per es., di gelatina al bicromato. Se si fa in modo da eseguire la stampa attraverso tre reticoli finissimi, a tracce parallele, corrispondenti nel loro orientamento (per es., a 120° l'uno rispetto all'altro) ciascuno a uno dei tre monocromi, si otterrà sul film, a spogliamento ultimato, una serie di elementi lenticolari (di forma approssimativamente prismatica) prodotti dall'incrocio delle tracce dei tre reticoli, e di cui l'orientamento e le dimensioni di rilievo saranno funzione della tonalità cromatica somma dei tre monocromi nel punto considerato, e perciò funzione anche della tonalità cromatica del punto corrispondente del soggetto. Ciascuno degli elementi così ottenuti possiede caratteristiche ottiche proprie, vale a dire, devierà i raggi luminosi che lo colpiscono secondo leggi ben determinate; un raggio di luce bianca proveniente, per es., dalla lanterna del proiettore, verrà convogliato verso l'antistante obiettivo non più parallelamente all'asse ottico, ma secondo un angolo funzione delle caratteristiche ottico-geometriche dell'elemento lenticolare che esso deve attraversare. Si viene così a stabilire una corrispondenza univoca tra le caratteristiche prismatiche del punto del soggetto e la deviazione di rifrangenza del corrispondente punto dello stereotipo. Tutti i fasci emergenti dallo stereotipo e più o meno deviati passano attraverso l'obiettivo da proiezione e vengono da questo convogliati sullo schermo, situato, come al solito, nel piano coniugato del piano del fotogramma rispetto all'obiettivo. Si noti che, nei punti dello stereotipo privi di elementi lenticolari, e che corrispondono alle ombre, la luce non viene rifratta e prosegue perciò il suo cammino normale, raccogliendosi nel fuoco dell'obiettivo. Lo stereotipo si presenta completamente trasparente; le dimensioni attuali degli elementi rifrangenti sono dell'ordine di grandezza di 4 micron (62.500 elementi per mm. quadrato), ma gli inventori ritengono che, con una perfetta messa a punto ottico-meccanica, si possa giungere a 300.000 elementi per mm. quadrato.
Proiettando in modo normale il fotogramma stereotipico, lo schermo resta perfettamente bianco; infatti, tanto i fasci non deviati quanto quelli rifratti giungono allo schermo senza essere intercettati. Se però, nel punto focale dell'obiettivo si colloca un dischetto opaco, che raccolga i raggi non deviati e qui riunentisi - corrispondenti, come si disse, alle parti delle stereotipo prive di elementi rifrangenti, e cioè alle ombre del soggetto - si formerà sullo schermo l'immagine in bianco e nero. Se poi ancora si pone, sempre nel punto focale dell'obiettivo, un filtro costituito da tre strisce trasparenti colorate nei tre colori fondamentali, disposte in modo da intersecare i tre piani nei quali sono raccolti i raggi monocromi emergenti dallo stereotipo, avverrà che questi raggi giungeranno sullo schermo colorati secondo le caratteristiche cromatiche del punto da riprodurre, e si avrà così l'immagine colorata.
In conseguenza del carattere stereotipico dell'immagine, il sistema Bocca-Rudatis possiede prerogative assai originali. La produzione delle copie è enormemente semplificata, con vantaggi economici di evidente importanza. In esso scompare il processo negativo-positivo proprio della fotografia, e le copie si ottengono per impressione meccanica, ed ogni copia, usata come matrice, può fornire altre copie identiche.
Cinematografia stereoscopica. - In questo settore, le ricerche per una soluzione pratica del problema sono state attivamente continuate da non pochi studiosi. Tuttavia, non sembra che, a tutto oggi, lo scopo sia stato pienamente raggiunto, se se ne eccettua, in base alle notizie sinora pervenute, il sistema del russo Sergio Ivanov, applicato in un cinematografo appositamente attrezzato a tale scopo. Il sistema Ivanov rientra in quelli a striatura parallattica.
L'immagine viene ripresa su due film che passano dinnanzi a due obiettivi i cui centri distano quanto l'interasse medio della visione binoculare umana, e le coppie stereoscopiche vengono proiettate, per l'inversione, su due specchi che rinviano sull'apposito schermo le immagini contemporanee sovrapposte. Lo schermo parallattico è costituito da una lastra di vetro trasparente, dietro alla quale è disposto un reticolo ad elementi paralleli molto sottili, prospicienti lo schermo opaco propriamente detto. Lo spessore del vetro, l'equidistanza e lo spessore degli elementi del reticolo, e la distanza di questo dallo schermo opaco sono predisposti in modo che ciascun occhio dello spettatore percepisca in ogni istante i soli elementi parallattici dell'immagine r. presa coll'obiettivo che gli corrisponde. Si può tuttavia obiettare che la lastra di vetro che si trova davanti al reticolo non può non produrre, specialmente verso i bordi, notevoli fenomeni di rifrazione, che dovrebbero interferire colle immagini normali; né sembra che il sistema possa consentire una vera e propria visione stereoscopica da parte di tutti gli spettatori, e non solo di quelli che si trovano in una ristretta zona della sala stessa.
Storia ed estetica (X, p. 346; App. I, p. 425).
Nell'ultimo decennio la storia del cinematografo come fenomeno artistico e industriale è strettamente legata alla crisi economica, politica e sociale determinata dalla guerra. Otto anni di progresso tecnico ed estetico avevano creato al cinema sonoro le premesse per un'ulteriore affermazione in senso generale e artistico, alla quale lo sviluppo concomitante della teoria e dell'analisi avrebbe fornito un contributo sempre più appariscente. Erano lontani i tempi della cinematografia a carattere strettamente nazionale. Ove si eccettui la cinematografia russa, le cinematografie europea ed americana lavoravano in stretto contatto: di questa fruttuosa collaborazione erano periodico riconoscimento e sanzione le mostre di Venezia. Ad opera delle riviste specializzate e di una seconda generazione di cineasti esperti e ambiziosi, il cinema sonoro aveva dunque raggiunto un livello di rigogliosa maturità, specie in America e in Francia, opposte polarizzazioni di tale sviluppo supernazionale. Si affacciavano allora con una urgenza crescente i problemi dell'applicazione artistica del colore e le nuove prospettive della narrazione cinematografica. Il cinema, per certi aspetti fiorentissimo, subiva una crisi di crescenza che era una crisi di personalità; nessuno, di qua e di là dell'oceano, aveva coraggio di affrontare i nuovi dilemmi formali ed intrinseci che si venivano affacciando. La vecchia guardia, esaurita la propria parabola creativa, approfondiva esperienze scontate; la giovane guardia s'impossessava di quelle esperienze e le conduceva ad esiti prelibati e, in certo modo, stucchevoli. Se da un punto di vista produttivo la guerra ha rappresentato una frattura e una crisi; dal punto di vista della creazione fantastica, del rinnovamento tecnico e della forma della narrazione, ha rappresentato una salutare battuta d'arresto e ha permesso la necessaria formulazione di nuove autentiche istanze creative.
Nel corso della guerra, com'è ovvio, l'interesse dei paesi belligeranti si appuntò sul cinematografo e sulle sue possibilità propagandistiche. Gli S. U., l'Inghilterra, la Russia, la Germania e l'Italia impiegavano i loro migliori cineasti in una produzione tendenziosa d'alto livello estetico. Compagno P. di Elmer e Squadriglia degli eroi di Ritter avevano un accento e uno stile narrativo che li poneva al disopra della contingenza. La stessa produzione americana, mobilitata dal Dipartimento di stato, contribuiva allo sforzo bellico degli Stati Uniti con opere di rigoroso impegno artistico. In Inghilterra Leslie Howard non disdegnava di fare polemica antihitleriana; in Italia R. Rossellini e F. De Robertis allestivano vivaci film di guerra. Nella Francia occupata una produzione del genere era naturalmente impossibile: di qui l'ovvia esigenza delle evasioni fantastiche: M. Carné, M. l'Herbier, ecc.
Ma nemmeno altrove la produzione cinematografica si limitava a temi polemici di convenienza. In America Orson Welles (Quarto Potere, L'orgoglio degli Amberson) manifestava un disagio e indicava possibili soluzioni formali. Hitchcock e la scuola del thrilling, ovvero dell'angoscia introspettiva applicata alla formula poliziesca con tendenze psicanalitiche, introduceva nella produzione americana l'urgenza e il sapore della cultura europea. In Inghilterra nuovi organismi produttivi davano battaglia al cinema americano e creavano le premesse per una solida cinematografia autonoma, a carattere spiccatamente nazionale. In Italia M. Soldati, R. Castellani ed altri toglievano a M. Camerini e A. Blasetti il primato lungamente conservato. In Russia, inariditasi la vena di Vs. I. Pudowkin, da troppo tempo fattosi muto Ekk, una nuova generazione di registi veniva interpretando il secondo momento della rivoluzione d'ottobre: il realismo di Donskoj sostituiva l'espressionismo di S. Eisenstein, la favola di Rou, la féerie satirico-politica di Alexandrov. In Germania Willy Forst continuava brillantemente la tradizione del viennesismo, mentre Liebeneiner, G. Ucicky e K. Frölich portavano ad estreme conseguenze la polemica anti Ufa, liberandosi di ogni residuo di quello che fu il grande Kanzmerspiel di Pommer.
Le cinematografie minori, da lunghi anni isolate da quello che abbiamo chiamato lo sviluppo supernazionale del cinema sonoro, riprendono coscienza di sé stesse nel nome di nuove individualità creative: così in Svezia come in Svizzera e nell'America centromeridionale.
La fine della guerra, nel momento stesso in cui pone in crisi il cinema, gli apre vittoriose prospettive. Se da un punto di vista tematico il cinema americano è quello che meglio ha saputo rendersi interprete di tale crisi per superarla nel puro racconto, il cinema europeo trae dalla passata burrasca i più fecondi lieviti espressivi.
Cosa c'è dietro il puro racconto americano. L'uomo americano torna dalla sua avventura di guerra; le insoddisfazioni e, per dirlo con un termine alla moda, l'angoscia europea lo hanno contagiato; nella sua nuova esperienza l'uomo americano mette ordine, trae conclusioni etiche che risolve e dipana, com'è nel suo costume mentale, in cadenze brutali e perentorie, ritmate su vicende esemplari. Ogni personaggio diviene così paragone di vita. D'ogni suo moto interiore è possibile rintracciare i moventi e prolungarli nel passato, senza smarrire per questo il sentimento della peripezia, il senso del racconto. Il lucido possesso dei mezzi tecnici offre al cinema americano possibilità di svolgere siffatte vicende esemplari in termini di smagliante quanto ovvio rigore formale: tutto deve apparire naturale, ma nulla semplice. Si chiamano ad Hollywood nuovi volti. Ai "belli" si sostituiscono gli "uomini". Il dialogo si sveltisce e si tende. La sceneggiatura si scompiglia e si casualizza, ma al tempo stesso obbedisce a più profondi e impellenti richiami. I personaggi raccontano ora sé stessi; ognuno di loro è ugualmente importante. Vicende esemplari da Giorni perduti (1945), a Gangster (1946), a I migliori anni della nostra vita (1946), a Lo strano amore di Marta Ivers (1946), a Boomerang (1947), a Odio implacabile (1947); la traiettoria del cinema americano approfondisce ed amplia la sua inchiesta umana. Il pubblico ministero assumeva volta a volta il nome di registi come Dmitrij, E. Kazan, B. Wilder, W. Wyler, U. Milestone, e non sempre è sufficiente la difesa d'ufficio affidata ad altri registi come Frank Capra (La vita è meravigliosa) o Ernst Lubitsch (Il cielo può attendere) a farci ritenere che tale inchiesta sia mossa dall'arbitrio o dal capriccio di pochi.
Molto diverso il panorama europeo. Dall'occupazione tedesca le cinematografie d'Europa uscivano con ferite ben altrimenti profonde. Le stesse attrezzature tecniche degli stabilimenti tedeschi, francesi ed italiani risultavano menomate. In questi paesi il cinema doveva tener conto delle rovine materiali e spirituali.
Il più recente cinema italiano è stato definito cinema delle macerie. Bisognava tornare ai tempi eroici della "camera" in mano. V. De Sica, R. Rossellini, G. De Santis, A. Lattuada, interpretavano con dolorosa pertinenza lo squallore del dopoguerra, le gesta della resistenza, la faticata ricostruzione. Si è voluto teorizzare il nuovo realismo italiano; meglio si sarebbe fatto a prenderne semplicemente atto. Il cinema italiano, comunque, portava l'obiettivo in mezzo alla realtà e alla realtà si ispirava con una franchezza dura e talora insolente eludendo le istanze formali, facendo appello agli istinti e ai rancori, indugiando sul dolore e sullo scandalo, sulla politica e sulla pietà.
Roberto Rossellini si spingeva fuori d'Italia e in Germania anno zero levava alta la voce del dramma europeo; Vittorio De Sica in Sciuscià dava voce alla polemica più alta e tragicamente poetica del dopoguerra italiano. Alberto Lattuada con Senza Pietà, Giuseppe De Santis con Caccia tragica, e Renato Castellani con Sotto il sole di Roma delineavano gli aspetti più immediati e quotidiani della situazione italiana, scrivendo pagine di vigorosa incisività espressiva, e raggiungendo, almeno per quanto riguarda il Castellani, le prime posizioni di superamento del neo-verismo rosselliniano, approfondendo di nuovo, con più scaltrita esperienza, la lezione culturale. Luchino Visconti con La terra trema (1948) opererà decisamente la transizione: il verismo ritorna verità, la verità, altissima poesia. Una tradizione culturale, pittorica e figurativa, la sostiene ormai validamente.
La produzione neorealista italiana, comunque, ha suscitato all'estero adesione e scalpore. Soprattutto in Francia, dove le tendenze si combattono alla ricerca problematica di una via d'uscita. L'esperienza del cinema francese del dopoguerra è assai meno profonda dell'italiana, ma incomparabilmente più ricca. Marcel Carné (Les enfants du paradis) approfondisce in senso narrativo l'evasione formale compiuta con Les visiteurs du soir. Con Henri Georges Clouzot il realismo nero compie la sua estrema parabola: è Le corbeau, film di straordinaria esacerbazione lirica, in cui si riflette il neo espressionismo dell'odierna pittura francese. In Quai des Orfèvres lo stesso Clouzot risolve la traiettoria del realismo nero con modi quasi scientifici, tutto ritmato in gelido equilibrio. Contro l'antico verismo francese, quello di Renoir, Duvivier e Carné, Clouzot si muove ormai su un terreno di livido realismo. In Farrebique di Roquier tale realismo si manifesta in termini puntigliosi e prolissi, troppo immediatamente documentarî, ma già affidati a quella corrente di realismo bianco la cui vitalità meglio si raccomanda ad Antoine et Antoinette di Becker. Superando le premesse di film come Les anges du péché e Les dames du Bois de Boulogne di Robert Bresson, il cinema psicologico arriva con Le diable au corps di Claude-Autant Lara al suo incontestabile capolavoro. Qui il linguaggio cinematografico raggiunge zone che parevano finora riserbate al linguaggio specifico dei traslati; l'obiettivo assimila fragilissime vene senza corrompersi in senso letterario.
Il cinema francese è dunque alla ricerca di un ubi consistam e se René Clair ne Le silence est d'or rappresenta mirabilmente la continuità di una tradizione, è da uomini come Clouzot che quel cinema può aspettarsi la soluzione della crisi in atto.
Uno dei fenomeni più significativi del dopoguerra cinematografico è da riconoscersi nella produzione inglese. Mai fino ad oggi, se non in campo documentario e sperimentale, il cinema inglese si era inserito vitalmente nel panorama del cinema internazionale. L'apporto di giovani forze produttive, l'intelligenza di nuovi registi, la personalità di nuovi attori contribuiscono efficacemente a dare al cinema inglese un volto personale e inconfondibile. Chiuso in esperienze aristocratiche, sordo alle inquietudini dell'ora, questo cinema si afferma come un prodotto di alta cultura, di gusto e, finalmente, di stile. Anche a voler prescindere da un fenomeno isolato e particolare, come lo splendido Enrico V di Laurence Olivier, in cui veniva azzardata una geniale contaminatio tra il verbo shakespeariano, la pittura e l'immagine cinematografica e da una opera di geniale poesia come l'Amleto dello stesso Olivier, il livello medio della produzione anglosassone ha attinto negli ultimi anni delle mete esemplari. David Lean trova in Breve incontro note d'un patetico sublime e in Grandi speranze e in Oliver Twist rivive Dickens con espertissimo garbo. Accanto a Narciso nero e Scala al paradiso, fatiche ineccepibili di Michael Powel ed Emeric Pressbunger, sta una produzione di alto decoro in cui si segnala particolarmente Il fuggiasco di Carol Reed.
Dalla Russia è venuta, fra l'altro, un'opera estremamente significativa, l'ultima di S. Eisenstein, Ivan il terribile, in cui l'anziano regista, abbandonando polemicamente l'ossequio alla dittatura del montaggio, blocca il ritmo delle immagini in una fissità ieratica e scolpita, ispirandosi a un ritmo interno spiritualmente generato dalle linee della compogizione figurativa; film, certo, discusso e discutibile ma fecondo d'insegnamenti e ricco di valori plastici e ambientali. Nella produzione sovietica, però, il caso di Ivan rimane isolato.
Se non possiamo ricondurre a un'unità estetica le nuove correnti che han dato vita nel dopoguerra alle singole cinematografie nazionali (in Svizzera L'ultima speranza; in Danimarca, Dies irae; in Cecoslovacchia, La sirena) si può tuttavia indicare come elemento comune una particolare forma di analisi verista tendente a far scaturire da tutti gli elementi di codesta "verità" un'accensione polemica attiva: esigenza prima umana che estetica.
Si potrebbe dunque concludere che sul cinema americano le esperienze recenti hanno validamente impresso i segni del rinnovamento. Il cinema americano ha fatto suoi i nuclei più intimi e sinceri, le ragioni e i fervori della crisi, nutrendoli con il giovane empito delle sue linfe umane. Strumento felicissimo per esprimere oggi le condizioni e le istanze dell'uomo moderno, per divenire mezzo efficace della sua polemica, aiuto della sua vita.
Film a colori. - Uno degli aspetti più interessanti della storia recente del cinema consiste nell'applicazione sempre più efficace ed artistica del dato cromatico. Fino al 1938, infatti, il cinema aveva tratto dall'apporto del colore scarso partito. Ove si eccettuino Becky Sharp di R. Mamoulian, La Cucaracha (strettamente sperimentale), Il sentiero del pino solitario, le visualizzazioni policrome di Fischinger e, naturalmente, il cartone animato, il film cromatico indirizzava i suoi sforzi ad esiti di mera spettacolarità.
Al technicolor, Bebelsberg contrapponeva l'agfacolor, le cui meno vistose riuscite testimoniavano tuttavia che da altri sistemi che non il technicolor, sarebbe nato domani un efficace cinema a colori. La città d'oro, Scandalo al villaggio, Il barone di Münchausen sono le affermazioni più significative dell'agfacolor germanico. Da allora, e fino a dopo la disfatta tedesca, l'America si riproponeva il problema del colore, avviato già a soluzione dagli Inglesi (Enrico V). Né sono da tacersi i risultati cui è pervenuto il cinema sovietico (La leggenda della terra siberiana). Le stesse cinematografie minori non disdegnano di produrre opere cromatiche e vi raggiungono spesso felicissimi risultati: si pensi a Gus Bofá (Ungheria) e a Spalicek (Cecoslovacchia).
Cinema stereoscopico. - Parallelamente allo sviluppo del cinema cromatico, la produzione e gli artisti del cinema vanno via via impostando e risolvendo altri problemi strettamente legati alla natura ' e al progresso dello spettacolo cinematografico. In Svizzera si è tentato, ma con scarso successo, persino il film odoroso. In Russia il sistema Ivanov (v. sopra) rende possibile la visione della immagine stereoscopica senza occhiali bicolori (Robison Crusoe).
L'adozione di obiettivi grandangolari speciali permetterà di eludere il problema del campo visivo e di conseguenza metterà in forse la sopravvivenza dell'inquadratura. Ma non sono che anticipazioni a soluzioni tecniche tuttora in fase di studio.
Mostre internazionali d'arte cinematografica. - La Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia è stata fondata nel 1932, in seguito agli accordi presi dalla presidenza dell'Ente autonomo "Esposizione biennale internazionale d'arte di Venezia" con la direzione dell'Istituto internazionale per la cinematografia educativa, organismo direttamente dipendente dall'Istituto internazionale per la cooperazione intellettuale della Società delle nazioni, che ne aveva affidato alla commissione italiana la direzione e la responsabilità.
Fin dall'inizio della sua attività, la Mostra internazionale d'arte cinematografica ebbe i seguenti scopi principali: a) promuovere e favorire l'elevazione della produzione cinematografica a dignità artistica, accogliendola tra le arti belle, come strumento di diffusione della civiltà e della cultura; b) promuovere, attraverso l'arte cinematografica, l'elevazione della massa popolare alla più vasta comprensione dei più alti ideali morali, civili ed artistici; c) promuovere, per mezzo della cinematografia, la comprensione tra i diversi popoli, e quindi la fraternità tra le nazioni.
A questi criterî si ispirò l'opera degli organizzatori della Mostra, la quale, iniziata con ritmo biennale, in coincidenza con l'Esposizione biennale internazionale delle arti figurative, venne poi, dal 1935, trasformata in manifestazione annuale, allo scopo, soprattutto, di permetterle di seguire il ritmo incessante della produzione cinematografica mondiale. La trasformazione del ritmo da biennale in annuale coincide con l'allentamento dei legami tra la Mostra e l'Istituto internazionale per la cinematografia educativa, con la quale la Mostra aveva avuto fino a quel tempo in comune il direttore. Ma nel frattempo s'erano fatti più stretti i legami tra la Biennale e l'Istituto internazionale per la cooperazione intellettuale.
Nel 1937 la Mostra, che fino a quel tempo s'era tenuta al Lido, all'aperto, in un giardino sul mare, ebbe una sua propria sede nel Palazzo del cinema, costruito appositamente.
Il ritmo normale della Mostra fu interrotto, nel 1940, dallo scoppio della guerra. Vennero allora, dal 1940 al 1942, organizzate annualmente manifestazioni cinematografiche internazionali alle quali, per forza di cose, parteciparono soltanto nazioni neutrali o alleate dell'Italia e della Germania.
Nel 1946, riprendendo la propria attività, la direzione della Mostra organizzò ancora una manifestazione internazionale d'arte cinematografica; infine, nel 1947, l'VIII Mostra d'arte cinematografica ufficialmente inserita nella normale serie delle mostre, cui ha fatto seguito (agosto 1948) la IX.
Poiché in questi anni altre analoghe istituzioni sono sorte altrove (Festival International du film di Cannes, Festival Mondial des Beaux Arts et du film di Bruxelles, Festival International du film di Locarno, ecc.), la Mostra di Venezia cerca di caratterizzare la propria fisionomia e di stabilire la propria differenziazione dagli organismi similari, accentuando la sua specializzazione negli scopi fondamentali e originali dell'istituzione. A tal fine la Mostra di Venezia non si limita alla presentazione di film di recentissima produzione, né alla esaltazione di attrici ed attori, ma dedica una parte della sua attività alle mostre retrospettive, alle mostre individuali di registi e di altri artisti, e infine, nelle sue sezioni speciali, dà posto a tutti quei film di carattere scientifico, didattico, educativo e per l'infanzia, che particolarmente si ispirano ai criterî che hanno presieduto all'istituzione della Mostra.
La Mostra aveva creato una cineteca, che le vicende dell'occupazione militare straniera hanno disgraziatamente ridotto a proporzioni esigue, ma che si sta tuttavia ricostituendo. Si sta inoltre ricostituendo la biblioteca della Mostra, mentre si è patrocinata la compilazione di una bibliografia generale cinematografica, attualmente in corso di lavoro.
Cineteche. - Le principali cineteche, ove si raccolgono le copie di film ritenuti interessanti per l'arte, la storia, il costume, ecc. sono la Film Library del Museum of Modern Art di New-York e la Cinémathèque Française di Parigi. Fra le più importanti in Italia, vanno ricordate quella del Museo di Breda a Milano, diretta dal Guerrasio, che raccoglie solo opere classiche del vecchio cinema; quella romana, alle dipendenze del Ministero della pubblica istruzione - la Cineteca italiana - aggiornata fino al 1942 con tutti i film, italiani ed esteri, di maggiore rilievo; e quella di Torino che raccoglie altresì opere dei primi tempi del muto, in abbondantissima copia.
Musica cinematografica.
La musica che si accompagna al film sonoro può servire di commento o d'integrazione dell'immagine visiva. Nel caso del commento rientrano tutte quelle musiche che interpretano e raffigurano col linguaggio dei suoni il substrato emotivo della vicenda, espresso nell'azione o nel paesaggio, in concordanza col ritmo effettivo o sottinteso. Per musica integrativa s'intende quella che rende l'aspetto uditivo della realtà trasponendo in suoni i rumori o, per estensione, anche i gesti dalla cui successione sia suggerito un ritmo, e riproducendo la realtà musicale fotografata. Una impostazione intermedia è costituita dal rumore incorporato nella musica: per es. una sequenza, in cui i colpi di cannone del visivo vengano trattati come ritmi di batteria organicamente connessi nel discorso musicale.
In una sequenza di guerra il compositore ha deciso di servirsi dello schema ritmico, del tutto casuale, offertogli dai colpi di cannone e dagli scoppî registrati sulla colonna rumori, in sincronia con la scena, per inserirvi accordi musicali al fine di formare un tutto unico, ove i rumori hanno la funzione di "batteria musicale". Il risultato delle minuziosissime misurazioni fatte dal compositore in sede di moviola, si può vedere nella "tabella di misurazione" ch'egli ne ha ricavato allo scopo di servirsene per comporre la musica:
I teorici non sono tutti concordi nel riconoscere alla musica per film la sua funzione subordinata e intermittente nel quadro dello spettacolo visivo: agli estremi c'è chi vorrebbe farne la protagonista - confondendo così lo spettacolo cinematografico con l'operistico - e chi vorrebbe invece confinarla nei limiti d'un generico commentario di fondo. Ma in buoni lavori troviamo la musica collocata nel momento e nel posto giusti per un'arte ausiliaria ed integratrice della visione, adeguandosi al ritmo di questa o contrastandola (di quest'ultimo modo è assertore radicale il russo Pudovkin). La valutazione realistica della giusta posizione della musica nello spettacolo cinematografico ha, a poco a poco, influito sulla tecnica interna della stessa musica ad esso destinata, differenziandola stilisticamente mediante semplificazioni di struttura e di sintassi; dettate, queste, dalla necessità di adeguarsi al rapido, lineare discorso cinematografico. Tale semplificazione trova un compenso nell'affinamento dei mezzi timbrici: sia nella pratica degli strumenti normali, sia nell'uso più continuo di quelli cosiddetti eccezionali. Peraltro, a rendere ancora più specifico detto stile, soccorrono alcuni mezzi tecnici: mixage di due o più colonne, inversione della colonna, soppressione dei fotogrammi d'attacco di un suono, ecc. Un nuovo, vastissimo campo di azione che potrà rivoluzionare la tecnica di domani è costituito dal procedimento (finora allo stato sperimentale) che disegna direttamente i suoni sulla colonna, con la creazione - tra l'altro - di timbri assolutamente nuovi.
Di solito, il musicista inizia la sua opera a film ultimato, prevî accordi generali col regista cui spetta - non bisogna dimenticarlo - di dare all'opera un carattere, quasi uno stile al quale il musicista deve uniformarsi. Il suo lavoro attraversa queste successive fasi:
1) misurazione col cronometro, durante la proiezione, delle sequenze da musicare, oppure attraverso la cosiddetta misuratrice - dopo che il musicista ha segnato, in moviola, i punti estremi ed intermedî di ogni singolo brano - calcolando il rapporto fra metraggio e durata, in base ad apposite tabelle;
2) composizione: il primo problema che si presenta al musicista è quello di determinare quali sono i momenti in cui l'intervento della musica in primo piano è reso indispensabile dalla necessità di rivelare l'intenso lirismo di certe situazioni, che la visione e gli altri elementi concomitanti non possono compiutamente rendere da soli, e quali invece i momenti in cui la musica deve assolvere a un compito puramente ambientale, senza interferire col dialogo, ma tuttavia integrandolo (a volte perfino il saper tacere a tempo opportunoo può fare assumere al silenzio una funzione di pausa espressiva); il secondo problema è quello di conciliare la rapida mutevolezza della narrativa cinematografica con l'unità della forma musicale, evitando i pericoli del frammentarismo, sia mediante richiami tematici di natura melodica, armonica e timbrica, sia per mezzo di speciali passaggi strettamente derivati dagli episodî da collegare; un terzo problema, squisitamente cinematografico, consiste nell'eliminare le barriere fra rumore e suono facendo in modo che il primo confluisca naturalmente nel secondo e viceversa; peraltro il caso della realtà musicale fotografata, cui s'è accennato, fa sorgere il problema se la fedeltà al vero debba essere intesa in senso assoluto o se il musicista possa interpretare detta realtà e riesprimerla secondo quanto parrebbe suggerire la natura individuale del processo artistico; infine è da tener presente che le deficienze tecniche degli apparecchi di registrazione influiscono sulla invenzione musicale costringendola ad una limitazione dei mezzi espressivi, ma, per converso, indirizzandola ad un uso più sottile e approfondito di tali limitate possibilità (restringimento dell'ambito sonoro generale, riduzione delle possibilità prospettiche e volumetriche, imperfezione della resa dei timbri strumentali, ecc.).
3) strumentazione: l'impiego di orchestre poco numerose, l'uso di timbri puri, l'analisi delle caratteristiche di certi strumenti e della loro resa di fronte al microfono, l'abolizione di ogni pesantezza orchestrale, d'ogni sovrastruttura men che necessaria, di suoni sovracuti e di altri troppo bassi, ed un moderato impiego della dinamica sonora sono le condizioni principali per la fonogenìa dell'orchestra;
4) registrazione: la registrazione della musica ha luogo in speciali sale acusticamente isolate, e costruite in modo da migliorare e correggere la resa sonora. La sequenza da registrare viene proiettata davanti al direttore d'orchestra anche durante le prove, allo scopo di metterlo in grado di poter far concordare i punti della partitura posti in rilievo dal compositore con quelli dello schermo (acmi drammatici, sottolineature di gesti, cambiamenti di scena, ecc.), mentre il cosiddetto fonico, in apposita cabina, equilibra le effettive sonorità degli strumenti con quelle rese dal microfono; quindi si procede alla registrazione. Per captare i suoni da registrare viene usato in Italia un unico microfono generale, affiancato talvolta da un microfono particolare per le parti solistiche. Questo sistema produce colonne piuttosto piatte, cosicché gli Americani ricorrono all'uso di più microfoni variamente orientabili durante l'esecuzione, collocandoli accanto ai diversi gruppi d'insieme e solistici; dispositivo che è stato poi adottato, con ottimi risultati, anche negli ultimi film inglesi. Ma il progresso tecnico non s'è arrestato qui: e in America si è giunti ad isolare le varie famiglie strumentali sotto campane di vetro in modo che il fonico, seguendo la musica con la partitura, può dare la prevalenza ai gruppi esplicitamente indicati dal compositore;
5) montaggio: a stampa avvenuta, la migliore colonna di ogni singolo pezzo viene montata sul fotografico allo scopo di ottenere un'esatta corrispondenza. Qualora questa non si verifichi, il compositore indica al montatore i piccoli tagli o le piccole aggiunte da farsi alla colonna, scegliendo per tale delicata operazione quei punti che più vi si adattano (pause, accordi tenuti, ritornelli e progressioni);
6) mixage: le varie colonne relative alla musica, parlato e rumori vengono girate contemporaneamente insieme alla visione, per essere nuovamente registrate (ri-registrate) in un'unica colonna integrale, che sarà stampata a fianco del fotografico. Qui si rende sommamente necessaria la presenza del musicista, perché la maggior parte dei fonici tende a livellare l'intensità sonora della musica, distruggendone così l'inerente dinamica, e a produrre squilibrî nell'avvicendarsi dei varî elementi sonori (musica, parlato, rumori).
Un'inspiegabile ripugnanza mostrano molti registi per l'uso del Playback, apparecchio che permette di "girare", su una registrazione musicale antecedentemente avvenuta, qualunque scena di canto o di azione ove sia necessario serbare in tutto il suo rigore il ritmo della data musica, risolvendo difficoltà di sincronia diversamente insormontabili.
La tecnica del cosiddetto cartone animato presenta per il compositore difficoltà minori di quanto possa sembrare: in stretta collaborazione col regista, il compositore - che ha preso parte al lavoro già in tutte le fasi precedenti - lavora sul definitivo e minuzioso bozzetto, detto "bozzettoschema", ove sono diagrammati il procedere dell'azione ed il ritmo musicale stesso: cosicché, mediante un rapporto tra metronomo e passo cinematografico, compositore e disegnatori potranno sincronizzare perfettamente musica ed azione. La musica verrà poi registrata con l'aiuto di un metronomo elettrico molto ingegnoso, i cui impulsi corrisponderanno, di volta in volta, al movimento richiesto.
L'idea di dotare un film di una musica appositamente concepita sorse prima dell'invenzione del sonoro, dando luogo a risultati di scarso rilievo, ma dall'avvento del sonoro ad oggi è andata maturando una vera coscienza musicale cinematografica. Anche in Italia, per quanto saltuariamente, qualche penna illustre si è cimentata, talora con successo, con la colonna sonora (G. F. Malipiero, I. Pizzetti, R. Zandonai). Fra i musicisti che maggiormente hanno dedicato la loro attività al cinema sono: Cicognini, G. Rosati, G. Rossellini, G. Rota-Rinaldi, A. Veretti, A. Honegger, J. Ibert, G. Auric, D. Milhaud, P. Hindemith, K. Weill, S. Prokofieff, D. Šostakovic, W. Walton, Britten, Rosza, Newman, Steiner, D. Amfiteatrof, M. Castelnuovo-Tedesco, Churchill.
L'industria cinematografica (X, p. 350).
Le modificazioni verificatesi negli scambî internazionali alla fine della seconda Guerra mondiale, e soprattutto le difficoltà incontrate da numerosi paesi per il regolamento in dollari delle transazioni con gli S. U., hanno posto un limite inatteso all'espansione commerciale dell'industria cinematografica americana proprio in una delicata fase della sua esistenza. L'Argentina, l'Australia, la Francia, l'Inghilterra, l'Italia, la Norvegia, la Svezia e altri paesi, che una volta erano fra i migliori clienti di Hollywood, sono stati costretti a ridurre le importazioni di film americani. Si pensi che circa un quarto dei profitti dei produttori americani proveniva in tempi normali dalla distribuzione all'estero dei film.
Durante il triennio 1945-47, il rincaro dei materiali e delle attrezzature, i miglioramenti economici ottenuti dai sindacati che raggruppano i dipendenti dell'industria cinematografica (International Alliance of Theatrical stage Employes, Studio Unions) e le maggiori spese di distribuzione hanno causato aumenti nei costi dei normali film commerciali che superano la misura del 50%. Tali film vengono spesso a costare oggi più di un milione di dollari, livello che non superavano nell'anteguerra. È vero che gli utili netti realizzati nel 1946 dagli otto maggiori produttori di Hollywood sono stati valutati pari alla cifra record di 120 milioni di dollari (circa 72 miliardi di lire), ma, per mantenere inalterata la misura dei loro profitti di fronte al forte aumento delle spese, dovrebbero essere superate le difficoltà che ostacolano la diffusione all'estero dei film.
Dal punto di vista qualitativo, la più recente produzione americana manifesta i sintomi di una crisi incipiente, rilevata già nel 1946 da una delle maggiori autorità di Hollywood, Samuel Goldwyn. Gli stessi critici americani, quasi sempre troppo severi nei riguardi della produzione estera, non hanno potuto fare a meno di includere nell'elenco dei dieci migliori film programmati negli S. U. durante il 1946 ben cinque film stranieri, i italiano, 3 inglesi e 1 francese, e precisamente: Roma città aperta (Excelsa Film), Henry V (Two Cities Films), Stairway to Heaven (J. Rank, titolo originale A Matter of Life and Death), Brief Encounter (N. Coward), e The Well Digger's Daughter (M. Pagnol).
Un altro sintomo importante dell'attuale periodo di incertezze dell'industria americana è costituito dall'ammissione, nei circuiti interni, della produzione cinematografica inglese che è la più molesta rivale di quella di Hollywood. La Eagle Lion e la Universal-International Pictures hanno distribuito infatti negli ultimi anni numerosi film inglesi, in gran parte realizzati dall'Organizzazione Rank, cioè dal maggiore raggruppamento della cinematografia inglese. La J. A. Rank Organisation ha inoltre costituito, con la Universal-International, la United World Films che provvederà negli S. U. alla produzione e distribuzione di film da 8 e 16 mm. di carattere educativo, molto richiesti sul mercato americano.
Infine - altro evento saliente nella storia della cinematografia americana - alcuni noti produttori di Hollywood stanno mostrando un interesse crescente per la realizzazione all'estero di film anche di una certa importanza. A questo nuovo orientamento non sono estranee le difficoltà create alla produzione dai sindacati dei dipendenti dell'industria cinematografica e la necessità di utilizzare fondi, spesso ingenti, bloccati all'estero. Ma film realizzati all'estero contengono anche di solito maggiori attrattive.
Nel 1947 sono stati realizzati negli S. U. 253 films (di cui 47 a colori), contro 405 nel 1946. La Columbia, la Eagle Lion e la Republic sono le tre case che hanno distribuito il maggior numero di film. Circa il 25% della produzione complessiva proviene da produttori non associati. Oltre alla Universal-International e alla United World Films, una nuova formazione industriale è stata costituita da David O' Selznick (Selznick Release Organisation, SRO) e ha già iniziato la sua attività nel campo della produzione e della distribuzione. Selznick è uscito dalla United Artists, senza tuttavia interrompere i suoi rapporti con tale casa, che conta fra i suoi promotori Charles Chaplin e Mary Pickford.
Grande successo ha avuto negli ultimi anni, non solo dal punto di vista artistico ma anche da quello commerciale, la produzione di Walt Disney. La preparazione di film a disegni animati è dispendiosa e richiede un lungo e paziente lavoro che non ha permesso di realizzare più di un soggetto ogni due anni. Tuttavia Disney sta tentando di ridurre il periodo di lavorazione e sembra che i risultati finora conseguiti consentano di accelerare il ritmo di produzione.
Durante il periodo bellico, Hollywood ha laureato come migliori "stelle" quattro giovani attrici, Joan Fontaine (1941), Greer Garson (1942), Jennifer Jones (1943) e Ingrid Bergman (1944), ma ha perduto il suo maggiore astro, Greta Garbo, ritiratasi dallo schermo. Nel 1946, l'Accademia del cinema e delle scienze ha prescelto come migliori due vecchi attori: Frederic March e Olivia de Havilland. L'Accademia ha giudicato The Best years of our Lives (Goldwyn-RKO), con Frederic March, Myrna Loy, diretto da W. Wyler, il migliore film per il 1946. Fra gli altri film che hanno riportato maggiori voti nel referendum annuale sono compresi Anna and the King of Siam (20th Fox), con Irene Dunne e Rex Harrison, diretto da J. Cronwell, The Green Years (MGM), tratto dal noto romanzo di G. Cronin, con Charles Coburn, Tom Drake, Beverly Tyler, diretto da V. Saville, Humoresque (Warner Bros), con Joan Crawford e John Garfield, diretto da J. Negulesco, The Spiral Staircase (RKO Radio), con Dorothy McGuire e George Brent, diretto da R. Siodmak.
La guerra ha posto in serie difficoltà l'industria cinematografica inglese, la cui produzione è scesa, da 179 films nel 1937, a soli 28 nel 1945. Il merito della sua rapida ripresa nel dopoguerra va attribuito in buona parte allo spirito di iniziativa e alla capacità di J. Arthur Rank. Egli è attualmente alla testa di un gruppo industriale che dispone di 7 teatri di posa con 28 padiglioni di ripresa sonora e controlla le migliori sale di proiezione in Inghilterra e la Odeon Theatres of Canada. L'organizzazione Korda, un gruppo di produttori indipendenti e le filiali della Metro-Goldwyn-Mayer e della Warner Bros completano i quadri dell'industria cinematografica in Inghilterra. Lo sviluppo dell'attrezzatura di questo settore industriale è attualmente in corso e consentirà di aumentare la produzione. Le possibilità della cinematografia inglese non sono tuttavia paragonabili a quelle dell'industria americana, la quale, nei 7 maggiori teatri di posa di Hollywood con annessi 160 padiglioni di ripresa sonora, potrebbe agevolmente realizzare una produzione annua circa quadrupla. Tuttavia la produzione inglese tiene testa con successo a quella di Hollywood, ottenendo spesso risultati felici. Anche nel campo del film a colori (sistema Technicolor), nel quale l'organizzazione Rank sta svolgendo notevole attività, il cinema inglese ha ottenuto effetti di armonizzazione e di tono particolarmente gradevoli. Fra i 7 film migliori programmati nel 1947, 4 sono a colori, e precisamente: Saraband of Dead Lover (Ealing), Blanche Fury (Cineguild), Red Shoes (The Archers), An Ideal Husband (London Films).
Il cinema inglese non ha molti attori come quello americano; tuttavia, accanto ai già noti Claude Rains, Laurence Olivier, Margaret Lockwood, James Mason, Frank Lawton, Vivien Leigh, Charles Laughton e altri, vi è una schiera di promettenti attori: Bill Owen, Christine Norden, Guy Rolfe, Carol Marsh, Christopher Lee, Deborah Kerr, Dick Bogarde, John Mills, Michael Wilding, che già si sono imposti all'attenzione del pubblico e della critica. Il referendum annuale per il migliore film e i migliori attori ha designato per il 1947 The Courtneys of Curzon Street, prodotto da H. Willcox, con Michael Wilding e Anna Neagle, e fra gli attori John Mills e, per la terza volta consecutiva, Margaret Lockwood.
Anche i costi di produzione dell'industria cinematografica inglese sono aumentati notevolmente durante gli ultimi anni. Un normale film commerciale costa 200-300.000 sterline, ma la produzione più impegnativa è di gran lunga più dispendiosa. Ad esempio A Matter of Life and Death è costato più di 650.000 sterline, mentre Cesare e Cleopatra, uno dei film "prestige" inglesi, ha richiesto una spesa di circa un milione e 300.000 sterline, cioè più di due miliardi di lire italiane.
Nel 1946, l'industria britannica ha realizzato 49 film e 59 nel 1947. La minore produzione del periodo bellico ha favorito la concorrenza americana sul mercato inglese. Nell'estate 1947, il governo britannico ha però introdotto un dazio doganale del 75% ad valorem sui film stranieri allo scopo di porre un freno soprattutto all'importazione di film americani. Tale provvedimento è stato ufficialmente motivato dalla necessità di ridurre il deficit della bilancia dei pagamenti, nelle cui partite passive le rimesse a favore di Hollywood hanno figurato per 69 milioni di dollari nel 1946 e per 52 nel 1947. Il dazio doganale è stato deliberato proprio mentre 125 film americani erano stati introdotti in Inghilterra e attendevano di essere posti in distribuzione. In seguito alle trattative svoltesi a Londra nel marzo del 1948 dal presidente della Motion Picture Association of America (MPA) con il Board of Trade, il governo inglese ha revocato il dazio doganale, regolando con un accordo l'importazione dei film americani e i relativi pagamenti. In base a tale accordo, i fondi trasferibili a favore dell'industria cinematografica americana non possono superare l'importo annuo di 17 milioni di dollari, che corrisponde approssimativamente a quello che sarebbe stato disponibile se fosse stato mantenuto in vigore il dazio doganale. Tale importo potrà essere aumentato soltanto dai proventi della distribuzione di film inglesi negli S. U., qualora le case americane intendano assumere tale compito utilizzando i fondi bloccati in Inghilterra, che possono essere impiegati anche nella produzione e nell'industria cinematografica locale. L'accordo favorirà ulteriori inserzioni della produzione inglese nei circuiti interni degli S. U.
La cinematografia francese, che nel periodo compreso fra le due guerre mondiali aveva conquistato in Europa una posizione di primo piano, ha perduto terreno negli ultimi anni. L'attrezzatura industriale di cui essa dispone è vecchia e deve essere in parte rinnovata; alcuni dei suoi migliori registi e soggettisti, fra i quali Jean Renoir, René Clair, Marc Allegret, Marcel l'Herbier hanno assunto impegni all'estero e qualche attore noto ha seguito il loro esempio. L'attività dell'industria cinematografica francese ha incontrato le maggiori difficoltà nel 1940 e nel 1944, anni durante i quali furono prodotti rispettivamente 28 e 21 film, contro 113 nel 1938, ma è stata sviluppata nel dopoguerra, assicurando la realizzazione di 94 film nel 1946. La casa Pathé ha conservato un ruolo preminente nella produzione francese che, contrariamente a quanto accade in America e in Inghilterra, conta un grande numero di produttori indipendenti, i quali in genere non realizzano più di un film all'anno.
Il pericolo della concorrenza estera sul mercato nazionale, e particolarmente di quella americana, è stato fronteggiato dal governo francese mediante un accordo stipulato con quello degli S. U. nel 1946, in base al quale gli otto maggiori produttori statunitensi aderenti alla MPA possono esportare in Francia per un periodo di 12 mesi non più di 124 film. I pagamenti a favore dei distributori e produttori americani restano soggetti alle norme valutarie francesi in vigore. Il vecchio accordo del 1936 fra la Francia e gli S. U. assicurava a quest'ultimo paese un contingente annuo di esportazione di non meno di 188 film. Contribuisce inoltre alla protezione della produzione nazionale l'obbligo imposto alle sale di proiezione di porre in visione film francesi per un periodo minimo di 4 settimane per ciascun trimestre.
I costi di produzione di un normale film commerciale si aggirano attualmente intorno a 30 milioni di franchi, mentre nel 1938 non raggiungevano 3 milioni. Tuttavia la produzione di maggiori pretese costa molto di più. Ad esempio Les Portes de la Nuit realizzato nel 1946 è costato 110 milioni, mentre Rêves d'Amour, ultimato nello stesso anno, ha richiesto una spesa di 85 milioni. Tuttavia i costi dell'industria cinematografica francese sono ancora oggi fra i più bassi dal punto di vista comparativo e ciò consente indubbî vantaggi commerciali. Le esportazioni francesi sono infatti notevoli, soprattutto nel Canada (148 film nel 1947), in Italia (101) e nel Vicino Oriente.
Fra i migliori film programmati nel 1947 i consensi generali designano Monsieur Vincent, Le Diable au corps, Quai des Orfèvres, Le Silence est d'or e Antoine et Antoinette. Nel campo degli attori che eccellono, la critica ed il pubblico annoverano, accanto ai già affermati Pierre Fresnay, Pierre Blanchar, Louis Jouvet, Michèle Morgan, Edwige Feuillère, Danielle Darrieux, anche i giovani Gérard Philippe, Jean Marais, Micheline Presle e François Périer.
L'industria cinematografica italiana ha dovuto affrontare nel dopoguerra gravi difficoltà finanziarie e, al tempo stesso, una più accentuata concorrenza estera. Dal 1942 al 1947, il costo di un normale film commerciale è aumentato in Italia di almeno 40 volte, mentre i proventi dei produttori sono cresciuti in misura molto minore. Gli incassi lordi dei cinematografi sono passati in questo periodo da 1.269 a 28.980 milioni annui di lire, aumentando 23 volte circa, ma quelli che si riferiscono alla programmazione di film nazionali non hanno superato 3.000 milioni di lire nel 1947, con una media intorno a 100 milioni per ciascun film posto in visione. Se si tiene conto che soltanto una quota pari al 15-18% degli incassi lordi andava ai produttori e che il costo medio di un film commerciale superava spesso 50-60 milioni di lire, risultano evidenti le difficoltà nelle quali si è trovata la cinematografia italiana alla fine della guerra, costretta a operare entro ristretti limiti di spesa e a fare assegnamento soprattutto sui proventi della distribuzione all'estero dei proprî film.
Fin dal 1946, l'importazione di film esteri, provenienti da paesi con i quali non erano in vigore accordi di pagamento, è stata disciplinata in modo particolare. Il regolamento delle importazioni definitive e di quelle in sfruttamento doveva avvenire in lire italiane, da versare in appositi conti intrasferibili. I fondi accantonati in tal modo dovevano essere investiti in Italia, in impianti cinematografici, nella partecipazione alla produzione cinematografica italiana, nella costruzione di nuove sale di proiezione, nelle "lavorazioni per conto" nel settore cinematografico e, infine, potevano servire anche per il pagamento delle spese di soggiorno del personale direttivo delle case cinematografiche estere.
Sebbene tale disciplina fosse stata adottata non tanto a scopi protezionistici, quanto per evitare che le scarse disponibilità italiane di valuta pregiata fossero impiegate in operazioni che non giovavano direttamente alla ripresa dell'economia nazionale, si sperava che la sospensione dei pagamenti in valuta avrebbe contribuito a limitare soprattutto l'importazione di film americani. Invece, nel 1947 sono stati concesssi 794 permessi per l'importazione di film e 199 per cortometraggi esteri (S. U., 507 film e 101 cortometraggi; Francia, film 101 e cortometraggi 22; Inghilterra, film 78 e cortometraggi 15; URSS, film 70 e cortometraggi 61; Svezia, film 26; Austria, film 5; Messico, film 2; Spagna, film 2; Svizzera film 1), cifre mai raggiunte nell'anteguerra e superiori alle stesse esigenze attuali del mercato cinematografico italiano.
In sede di rinnovamento dell'ordinamento della cinematografia nazionale, il governo ha introdotto con la legge 15 maggio 1947 (v. appresso) alcune provvidenze rivolte ad attenuare il grave disagio lamentato dall'industria italiana del cinema. Non essendo stata ritenuta opportuna l'adozione di dazî doganali protettivi, di contingenti di importazione e di altre misure del genere intese a limitare l'introduzione in Italia di film stranieri, la citata legge ha imposto agli esercenti di sale cinematografiche l'obbligo di riservare 20 giorni per ciascun trimestre alla proiezione di film nazionali. Ha disposto, inoltre, la concessione di un contributo pari al 2% dell'introito lordo degli spettacoli a favore dei produttori di film nazionali di lunghezza superiore a 1500 metri, elevabile a un massimo del 16% per i film nazionali di lunghezza superiore a 2000 metri che presentino particolare valore culturale o artistico. Tale concessione si traduce in sostanza in uno sgravio parziale degli elevati diritti erariali gravanti sui proventi degli spettacoli cinematografici (50% sui prezzi dei biglietti superiori a L. 100 e 35% sui prezzi da L. 35 a L. 100).
Per effetto di queste provvidenze, l'inserzione della produzione nazionale nei circuiti interni per un congruo periodo di tempo è stata sottratta all'arbitrio degli esercenti di sale cinematografiche e alle manovre della concorrenza estera, mentre sono state alquanto ridotte le falcidie dei proventi di programmazione. È un primo passo rivolto a facilitare la ripresa della cinematografia nazionale, che tuttavia è ancora lontana dall'aver raggiunto un ritmo industrialmente promettente. Il modesto arrotondamento dei proventi consentito dalle recenti disposizioni legislative non permette infatti di rinnovare e perfezionare l'attrezzatura dell'industria cinematografica, né di arricchire la produzione.
Nel 1942 i produttori italiani avevano realizzato più di 100 film; nel 1946 sono stati ultimati 52 film e 75 cortometraggi e nel 1947, rispettivamente, 57 e 192. Queste cifre rivelano l'esistenza di notevoli difficoltà nel settore della produzione di film a lungo metraggio. Le case che hanno svolto maggiore attività in questo campo sono, nell'ordine, la Lux, la Manenti, l'ICI, l'Alfa, la Cines, l'ENIC, l'Universalia e la Scalera. Per i cortometraggi, la maggiore attività è stata svolta dagli Artisti Associati, dall'Istituto Luce, dall'INCOM e dalle case Lux, Cortimetraggi, Zeus e Edi.
Durante il 1947 hanno girato film in Italia anche alcuni produttori americani. È probabile che i bassi costi di produzione incoraggino in avvenire le case americane, che dispongono di fondi utilizzabili soltanto in Italia, alla realizzazione di altri film in Italia. I contatti che l'organizzazione industriale italiana ha avuto e avrà con i tecnici americani contribuiranno ad ampliarne le esperienze.
Fra i film italiani più recenti di maggior successo di sfruttamento all'estero sono: Roma città aperta (Excelsa), Sciuscià (Alfa), Vivere in pace (Lux), Paisà (OFI), Caccia tragica (ANPI). Gli scambî con l'estero sono notevolmente intensificati. Nel 1947 sono stati rilasciati 1060 permessi per l'esportazione di film e 203 per l'esportazione di documentarî. I principali mercati di sbocco sono stati, nell'ordine: Stati Uniti (film 154, documentarî 55), Francia (film 134, documentarî 46), Argentina (film 126, documentarî 22), Spagna (film 80, documentarî 13), Svizzera (film 66, documentarî 32), Portogallo (film 38, documentarî 3), Egitto (film 66, documentarî 11), Svezia (film 25, documentarî 11), Inghilterra (film 24, documentarî 16), ecc. Il crescente sviluppo della distribuzione all'estero di film nazionali ha permesso ai produttori italiani di integrare gli scarsi proventi ricavati dai circuiti interni.
L'attrezzatura dell'industria cinematografica nazionale non ha subìto sostanziali modifiche rispetto alla consistenza prebellica nel settore della produzione. La persistente mancanza di adeguati mezzi finanziarî ha impedito il completo ripristino e gli opportuni miglioramenti degli impianti di Cinecittà, che potrebbero rendere preziosi servigi alla cinematografia nazionale. Soltanto nella primavera 1948 un provvedimento legislativo dispose l'aumento da 50 a 255 milioni del capitale di Cinecittà, che si apprestava a riprendere la sua attività con l'impiego dei nuovi fondi. Con lo stesso provvedimento è stato nominato un commissario all'Istituto LUCE, al quale è assegnato un fondo di 100 milioni. Anche nel caso di questo Ente, è stato posto in rilievo che la sua attività si è arrestata quasi completamente a causa della mancanza di fondi e di un preciso indirizzo governativo circa i compiti futuri da svolgere.
Nel settore delle sale di proiezione, l'attrezzatura prebellica è stata notevolmente ampliata e ciò spiega l'elevata capacità di assorbimento raggiunta dai circuiti interni negli ultimi anni. I seguenti dati illustrano il progressivo sviluppo dell'attrezzatura di questo settore:
In questo campo l'Italia possiede attualmente un'attrezzatura più sviluppata di quella francese e inglese. Molte delle nuove sale cinematografiche sorte recentemente a Roma, Milano e in altre città italiane sono state costruite secondo criterî razionali e moderni.
La legislazione sulla cinematografia in Italia (X, p. 335; App. I, p. 431).
Nella vigente legge 22 aprile 1941, n. 633, sul diritto d'autore (v. anche art. 2575 segg. cod. civ. 1942), un'apposita sezione è dedicata alle opere cinematografiche: si considerano coautori dell'opera l'autore del soggetto, l'autore della sceneggiatura, l'autore della musica e il direttore artistico (art. 44); l'esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell'opera spetta a chi ne ha organizzata la produzione (art. 45); gli autori della musica e delle parole che l'accompagnano hanno il diritto di percepire direttamente da coloro che proiettano pubblicamente l'opera un compenso separato per la proiezione, mentre gli autori del soggetto e della sceneggiatura e il direttore artistico, qualora non siano retribuiti con una percentuale sulle proiezioni dell'opera, hanno diritto - salvo patto contrario - quando gl'incassi raggiungono una certa cifra da stabilirsi col produttore, ad un ulteriore compenso nella forma e nella misura stabilite con accordi fra le categorie interessate (art. 46). Gli autori delle parti letterarie o musicali possono riprodurle o comunque utilizzarle separatamente, purché non ne derivi pregiudizio al diritto di utilizzazione del produttore (art. 49).
Il nuovo ordinamento amministrativo dell'industria cinematografica è racchiuso nel decr. legge 5 ottobre 1945, n. 678 - che ha abrogato la maggior parte delle disposizioni preesistenti e, fra le altre, quelle che sottoponevano a particolari restrizioni l'importazione, il doppiaggio, la produzione e il noleggio di pellicole cinematografiche - e nella legge 15 maggio 1947, n. 579, che ha sostituito quasi interamente il primo.
Gli organi, per mezzo dei quali si attua il nuovo ordinamento, informato al principio (art. 1, legge cit.) che l'esercizio dell'attività di produzione di film è libero, sono: l'Ufficio centrale per la cinematografia, che è alla diretta dipendenza della Presidenza del consiglio dei ministri (art. 2); la commissione consultiva e il comitato tecnico, entrambi esistenti presso il detto Ufficio centrale e nominati dal presidente del consiglio dei ministri (art. 12 e 13); la commissione tecnica per l'esame delle domande di costruzione e di apertura di nuove sale cinematografiche, avente sede anch'essa presso l'Ufficio centrale. La legge determina (art. 3) quali requisiti debbono avere i film per essere considerati nazionali (v. appresso) ed il relativo accertamento è deferito all'Ufficio centrale; se la prima proiezione di questi film avvenga anteriormente al 31 dicembre 1949, è concesso al produttore un contributo pari ad una percentuale dell'introito lordo degli spettacoli nei quali il film sia stato proiettato per il periodo di quattro anni dalla prima proiezione (art. 4 e 5). Gli esercenti di sale cinematografiche, inoltre devono riservare venti giorni per ciascun trimestre alla proiezione di film nazionali (art. 7).
Agli effetti delle disposizioni vigenti, sono considerati nazionali i film prodotti in versione originale italiana o in più versioni, di cui una italiana, che siano stati girati prevalentemente in Italia, con personale artistico e tecnico in prevalenza italiano, da imprese appartenenti a cittadini italiani. Se si tratta di società, queste sono considerate nazionali quando abbiano la sede legale in Italia, capitali e amministratori in prevalenza italiani e svolgano in Italia la maggior parte della loro attività. La dichiarazione di nazionalità dà diritto ai contributi di cui si è già parlato.
Il programma di ciascun spettacolo deve comprendere la proiezione di almeno un cortometraggio (documentario o attualità) di produzione nazionale. Sanzioni che vanno dall'ammenda alla chiusura dei locali sono comminate per l'inosservanza delle menzionate norme.
L'Ufficio centrale concede i nullaosta per la proiezione e per l'esportazione di film, previa revisione dei film stessi da parte di speciali commissioni di primo e secondo grado, secondo le norme del regolamento annesso al r. decr. 24 settembre 1933, n. 3287.
Il vigente ordinamento ha mantenuto in vigore le disposizioni relative al pubblico registro cinematografico, all'imposta di registro sugli atti concernenti i film e ai compensi spettanti alla Società italiana degli autori per il servizio del registro cinematografico e per l'accertamento degli incassi, contenute negli articoli 7, 12, 13 e 14 del r. decr. legge 16 giugno 1938, n. 1061, e successive modifiche.
Architettura (X, p. 353).
Il cinematografo moderno ha, sia come genere di spettacolo sia come organismo architettonico, caratteristiche proprie, simili apparentemente a quelle del teatro e tuttavia non equivalenti, che l'avvento del sonoro e del film a colori hanno contribuito ad accentuare ancor di più.
Poiché la visione è il fondamento dello spettacolo cinematografico, il primo e più importante requisito di una sala per proiezioni è quello di assicurare ad ogni spettatore la perfetta e comoda visione dello schermo, così che minimo sia lo sforzo visivo e massima l'attenzione dello spettatore non distratto da alcuna prevedibile, e non eliminata, causa di disturbo.
Perché queste condizioni siano soddisfatte (ed è bene che lo siano per locali di qualsiasi categoria e per ogni ordine di posti, sia pure entro dati limiti di tolleranza), è necessario tenere conto di tutti i fattori che contribuiscono armonicamente alla buona riuscita del progetto. Di questi fattori, alcuni (come il rapporto fra l'ampiezza dello schermo e le dimensioni della sala) sono facilmente verificabili in base ai valori ottimi ricavati da indagini sperimentali (ad es. quelle della Society of Motion Pictures Engineers), altri invece sono difficilmente valutabili perché attinenti alle presunte qualità individuali medie dello spettatore.
L'importanza di questa valutazione psicologica è dimostrata tuttavia dal fatto, più volte riscontrato, che la principale causa di fallimento o declassamento a categoria inferiore di alcuni cinematografi progettati per soddisfare i gusti di una determinata clientela fu appunto l'errata valutazione di quei fattori così difficilmente ponderabili per via statistica e sperimentale.
Tra i criteri essenziali citiamo i seguenti: 1) La necessità che le caratteristiche della sala corrispondano effettivamente alle esigenze del quartiere in cui essa sorge, al gusto e all'educazione del pubblico che potrà frequentarla, soprattutto al fine di stabilire la posizione dell'ingresso e delle uscite, il numero e la qualità dei posti, il costo presumibile dei biglietti e se sia o no opportuno corredare la sala di palcoscenico per gli spettacoli di varietà, e di prevedere parcheggio per automobili, vetrine di esposizione, locali di attesa, guardaroba, ecc. 2) L'alternativa di avere spettacoli con ingresso a rotazione continua, come si usa nella maggior parte dei casi, oppure a orario fisso e prenotazione, come si preferisce per le migliori sale italiane e straniere. In quest'ultimo caso occorrerà, come nel teatro, maggiore spazio per i ridotti, il bar e altri accessorî; in compenso però potrà essere aumentato il numero delle poltrone in ogni fila, tenuto conto che il pubblico affluisce e defluisce ordinatamente soltanto al principio e alla fine di ogni spettacolo, quando le luci sono accese. 3) L'opportunità che lo schermo sia grande, molto luminoso, da consentire una chiara visione anche agli spettatori più lontani, e d'altra parte non troppo alto rispetto all'occhio degli spettatori della prima fila. Per evitare gli offuscamenti e purificare l'aria gioverà molto installare un impianto di aspirazione del fumo anche nelle sale provviste di aria condizionata. 4) La scelta del profilo longitudinale più conveniente per la sala da progettare, tenuto conto che il pavimento della platea può essere in piano, inclinato verso lo schermo o in contropendenza; in questo ultimo caso la sala dovrà esser priva di palcoscenico, ma potrà contenere un maggior numero di posti, sia in platea, sia in galleria, ugualmentc apprezzabili in quanto a chiarezza, centralità di visione e accessibilità per mezzo di rampe o di brevi tratti di scale. 5) La scelta dei materiali con cui rivestire pareti, soffitto e pavimento della sala, i quali non hanno soltanto valore decorativo, ma contribuiscono al rendimento acustico della sala. 6) L'accortezza nel distribuire luci e colori, la cui efficacia sull'animo degli spettatori è affidata soprattutto al graduale passaggio dalla vistosa pubblicità stradale all'accogliente tranquillità interna. Ove questa manchi (e un nonnulla può guastarne l'effetto), la predisposizione d'animo dello spettatore ne verrebbe turbata a danno dello spettacolo e, in definitiva, del successo finanziario.
L'accorta valutazione di tutti questi fattori e delle loro pratiche conseguenze sui dati di progetto avrebbe potuto apparire superflua qualche anno fa, quando era ancora scarso il numero delle sale di spettacolo e insufficienti o incomplete erano le conoscenze scientifiche applicate alla tecnica del cinematografo; oggi essa è indispensabile, sia perché la sala cinematografica, in confronto con quella teatrale, è soggetta a più intenso logorio e ben presto passa di moda, sia perché, a causa della concorrenza, le esigenze del pubblico crescono sempre di più. Dalle poltrone munite di cuffia per coloro che hanno l'udito difettoso (cinema Rivoli di Roma) alle poltrone retrattili (cinema Esquire di Chicago), dai palchi acusticamente isolati mediante lastre di cristallo ai quadri luminosi indicatori delle poltrone libere e occupate, dall'organo che suona durante gl'intervalli (cinema Metropolitan di Roma e Radio City Music Hall di New York) alle sale di custodia dei bambini lattanti, è tutto un susseguirsi di trovate, a effetto più che altro pubblicitario, che, in confronto con ben più sostanziosi perfezionamenti costruttivi, potrebbero apparire irrilevanti e non indispensabili. È bene invece che l'importanza di esse, per quanto piccola, non sia sotto valutata, perché di sicuro, al pari di una bella balconata spaziosa e priva di supporti ingombranti, così come di una ben riuscita illuminazione indiretta, di una confortevole aereazione e di un felice rendimento ottico e acustico, esse contribuiscono a fare del cinema uno fra gli edifici più sinceramente espressivi del gusto e delle capacità del nostro tempo.
Bibl.: A. Cassi Ramelli, Edifici per gli spettacoli, 2ª ed., Milano 1947, con l'estratto, in appendice, del regolamento per la vigilanza sui teatri della provincia di Milano; P. Morton Shand, Modern Theatres and Cinemas, Londra 1930; C. Autore, Cinema, teatri (sicurezza, acustica e isolamento fonico), Messina 1934; P. Zucker e O. Stindt, Lichtspielhäuser, Tonfilmtheater, Berlino 1931; B. Moretti, Teatri, Milano 1936; L'architecture d'aujourd'hui, numero speciale, settembre 1938; idem, luglio 1936, a proposito dell'illuminazione elettrica nei cinematografi; E. Tedeschi, Cinematografi, con bibliografia, in Architettura, gennaio 1936; L. Quagliata, L'acustica nelle sale cinematografiche, in Architettura, giugno 1936; H. Winkler, Neuzeitliche Lichtgebung in Filmtheatern, in Licht und Lampe, 19 marzo 1942. Per qualche più particolare argomento, confronta anche: H. Friess, Die Klima-Anlage im Kino-Theater, ecc., in Kinotechnik, febbraio 1942; G. Leblanc, Prevention du feu et sécurité: salles de spectacles, in Techniques et Architecture, VI, nn. 11-12; H. Burris Meyer e E. C. Cole, The Audience sees, in Progressive Architecture, aprile 1948 (curve audiovisuali), maggio 1948 (acustica); Don Graf, Data Sheets, New York 1944, con dati pratici riportati in parte anche sul Manuale dell'architetto, Roma 1946.