classicismo
Imitare gli antichi alla ricerca della perfezione
I 'classicisti' di ogni tempo (artisti, letterati, musicisti) hanno posto alla base della loro produzione l'ammirazione per le opere del passato, in particolare greco e latino, e per gli ideali di perfezione formale che esse rappresentano. Il classicismo è dunque un fenomeno culturale caratterizzato dalla tendenza a imitare chi è venuto prima di noi (i classici), secondo determinate regole di gusto (il canone), elaborate e poi fissate nel corso del tempo (la tradizione). Come gli antichi associavano spesso alla bellezza il concetto di bontà, così molti artisti moderni creando un'opera hanno cercato di esprimere attraverso la bellezza formale un esempio di perfezione morale
L'idea fondamentale comune alle diverse concezioni del 'classico' è quella dell'ordine, dell'equilibrio, dell'armonia, della perfezione, soprattutto formale: la raffinatezza e melodia di una poesia, le misurate proporzioni di una figura, le studiate corrispondenze di un brano musicale. Questi ideali e valori si concretizzano in opere che seguono regole, spesso elaborate e poi fissate (cioè canonizzate) in un arco di tempo molto lungo (la tradizione). Gli autori europei di teatro hanno, per esempio, continuato a scrivere i loro drammi secondo le regole che aveva suggerito Aristotele, il filosofo greco del 4° secolo a.C., nel suo scritto Poetica. I classicisti di ogni tempo, scultori e pittori, hanno continuato a ispirarsi alle proporzioni ideali della figura umana che erano state teorizzate nell'Atene del 5° secolo a.C.
Un'opera classica, insomma, funziona come modello, come esempio: una creazione umana ritenuta di alto valore per le sue caratteristiche diviene qualcosa a cui ispirarsi, qualcosa da imitare. Cicerone, sintetizzando la concezione antica della creatività, affermava che "l'imitazione ha un ruolo importantissimo nell'arte". E in effetti la storia della cultura occidentale è per molti aspetti incentrata sulla rielaborazione, sulla rilettura e sull'imitazione dei modelli (appunto i classici) che ci ha consegnato la tradizione, cioè chi è venuto prima di noi. Ma qualsiasi opera, di qualsiasi periodo, se ritenuta tale dai posteri, può diventare un 'classico'. È ciò che è avvenuto, in musica, per i maestri della grande stagione fra Settecento e Ottocento (Mozart e Beethoven). Tuttavia, nella nostra cultura, in particolare per quanto riguarda l'arte e la letteratura, il modello per eccellenza è costituito dalle straordinarie esperienze creative della Grecia classica, che sono state considerate esemplari da chi, per tale ragione, si è definito classicista. Classicismo è, in questo senso, la tendenza a imitare (ma anche a reinterpretare) i modelli artistici del mondo greco-romano.
Le imitazioni, però, non sono mai uguali fra loro: un'altra caratteristica del classico, infatti, è quella di lasciare aperte diverse strade per essere reinterpretato. Nella storia, quindi, si sono susseguiti molti classicismi. Sarebbe errato pensare che il confronto con una tradizione ritenuta classica sia stato alla base unicamente del fenomeno del classicismo. Anche chi ha manifestato idee e prodotto opere sperimentali o assolutamente innovative lo ha fatto proprio contestando il classicismo. Ha potuto essere, cioè, innovativo perché esisteva una tradizione classica a cui opporsi, trasgressivo perché esistevano regole da violare. Tutta la civiltà occidentale, in conclusione, ha dovuto fare i conti con il fenomeno culturale del classicismo, e in rapporto a esso ha trovato le sue strade, di tradizione o innovazione.
Nella storia delle letterature europee molte sono state le stagioni del classicismo. Tutte, però, hanno avuto in comune la tendenza all'imitazione dei principi artistici e delle opere letterarie compiute dagli antichi Greci nel periodo considerato per eccellenza 'classico': il 5° e il 4° secolo a.C. I classicisti, da studiosi, hanno prima letto (a volte addirittura scoperto) e interpretato le opere greche e quindi, da scrittori, le hanno imitate creando nuove opere 'classicistiche'. I primi classicisti furono, per certi versi, gli autori latini (soprattutto del 1° secolo a.C.) che, come Virgilio e Orazio, crearono opere straordinarie prendendo a modello la tradizione greca. Anche in pieno Medioevo, alla corte di Carlomagno, nel 9° secolo d.C., la cosiddetta Rinascita carolingia tentò di unire allo spirito cristiano una cultura fondata sui classici. Ma a quel tempo una larghissima parte dei testi greci classici era ormai sconosciuta nell'Europa occidentale, perché gli antichi volumi greci, e in parte latini, erano andati smarriti o distrutti.
Dal 14° al 16° secolo fu proprio la ricerca di quei preziosi libri, riscoperti nei sotterranei di abbazie e monasteri, alla base della rinascita culturale che chiamiamo Umanesimo e, in seguito, Rinascimento. Molti libri antichi cominciarono ad arrivare anche dall'Oriente bizantino, dove si era conservata la tradizione greca antica. La riscoperta di queste opere e la loro imitazione diedero vita alla più lunga e ricca stagione del classicismo letterario europeo. La poesia d'amore e la trattatistica storico-politica italiane, il teatro francese, spagnolo e inglese ne sono le esperienze più significative.
Tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento assistiamo a una vera e propria contrapposizione tra due movimenti letterari (ma anche filosofici e, per alcuni versi, politici): agli autori neoclassici si oppongono i romantici, che rivendicano il principio dell'originalità artistica in luogo dell'imitazione e privilegiano i contenuti storici e leggendari nazionali rispetto al mito greco, le emozioni forti rispetto al sentimento mediato dalla ragione.
All'inizio del Novecento, infine, la stagione letteraria delle avanguardie europee, ancora una volta in opposizione al classicismo, pone al centro dell'esperienza artistica lo sperimentalismo contro la tradizione, la ricerca di effetti estranei alle forme classiche, i temi della contemporaneità.
Perché si ammira proprio l'epoca classica e non un altro momento storico? Il motivo è che gli antichi Greci e Romani hanno cercato di rappresentare la realtà nel suo aspetto ideale e hanno elaborato delle regole per raggiungere questa perfezione. Pensate a una figura umana. Può essere ritratta come appare: alta o bassa, magra o grassa. Ma può essere rappresentata anche in modo da descrivere non la singola persona (come un vecchio o un gobbo), ma l'Uomo perfetto con un corpo sano e forte come nel David scolpito da Michelangelo. Per definire l'Uomo ideale i classici si sono ispirati agli esempi che ritenevano più belli in natura (gli occhi sono grandi, il naso è piccolo…) e hanno fissato dei rapporti proporzionali: la testa corrisponde per esempio a un ottavo dell'altezza complessiva della figura.
L'insieme delle regole elaborate per raggiungere questa perfezione formale viene definito canone e infatti il termine greco kanòn indicava la canna usata per misurare. Il canone più famoso è quello dello scultore greco Policleto: la figura perfetta nasce da un equilibrio armonioso tra le parti.
Adottando questi canoni, il classicismo dichiara, quindi, che per essere bella un'opera deve rispettare principi di ordine, simmetria, equilibrio. Per adeguare le creazioni artistiche a questi principi, a partire dal Rinascimento si moltiplicano gli studi: Leon Battista Alberti nei suoi scritti sostiene che la bellezza è un'armonia che si esprime attraverso proporzioni matematiche; allo stesso modo, un secolo dopo, l'architetto Palladio nei suoi disegni riproduce con precisione matematica i monumenti antichi e i loro particolari.
L'opera d'arte non nasce, però, solo dall'applicazione di regole o dall'imitazione di forme giudicate perfette, perché rischia di essere poco espressiva e rigida come appare certa produzione del neoclassicismo. Per questo nel corso del Settecento la ricerca non è più solo archeologica, ma si elaborano nuove teorie estetiche che analizzano il segreto dell'arte classica e attraverso lo studio delle forme cercano di coglierne lo spirito. Tra gli studiosi si distingue il tedesco Johann J. Winckelmann, che individua nella serenità e nella nobile semplicità l'essenza e il fascino dell'arte greca.
L'interesse per l'antichità si estende intanto anche ad altre civiltà del passato, soprattutto all'arte egizia ed etrusca, e porta alla scoperta delle città di Pompei ed Ercolano scomparse con l'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Lo stile 'pompeiano' ispirato dalle pitture e architetture ritrovate e lo stile egizio che fa apparire esotica ogni decorazione si impongono così tra i nuovi modelli artistici dello stile neoclassico.