CRÉBILLON, Claude-Prosper Jolyot de
Figlio di Prosper (v.), nacque a Parigi il 14 febbraio 1707, e vi morì il 12 aprile 1777. Studiò al Liceo Louis-le-Grand, sotto i gesuiti, che cercarono invano d'indurlo a entrare nel loro ordine. Preferì invece le compagnie libere, i teatri, le poesie leggiere, e fu della Académie de ces Messieurs con altri giovani amanti delle rime satiriche e gaie; poi con Aléxis Piron e Charles Collé, nel 1729, fondò l'allegra Société du Caveau. Lasciate presto le canzoni, si dedicò al racconto, e si acquistò fama di maestro nel genere libertino, tanto coltivato nel secolo. Ma nel C. si riassumono tutti i caratteri, legati al gusto del tempo: la semplicità affettata, l'eleganza artificiosa dello stile, la corruzione fredda, le allusioni satiriche. Secondo la moda del secolo, in Oriente ci porta il primo racconto L'écumoire, histoire japonaise - intitolato poi Tanzaï et Néadarné (Parigi 1733) - che gli valse una breve prigionia alla Bastiglia e cinque anni di esilio a Sens, non veramente per la sua sconcezza, ma per gli attacchi contro la bolla antigiansenistica Unigenitus e contro il cardinale di Rohan e la duchessa del Maine. Solo infortunio dello scrittore, vissuto del resto tranquillo, onorato dalla stima della Pompadour, che gli procurò l'ufficio di censore reale. Nel 1744 una nobile inglese, lady Henrietta Maria Strafford, entusiasta dei suoi libri, venne a Parigi per conoscerlo, e la loro relazione si conchiuse nel 1748 col matrimonio, che pare sia stato in tutto felice. Buon marito, il licenzioso scrittore fu anche devoto al padre e caro agli amici: contrasto fra l'uomo e l'opera che può spiegare l'intima povertà dei suoi racconti, volti a soddisfare con indifferenza il gusto corrente. Un'ambizione più elevata, ispirata dall'esempio del Marivaux, può rilevarsi tuttavia in Les égarements du cæur et de l'esprit (1736), ove l'iniziazione del giovane e ingenuo protagonista alla vita amorosa, nella corrotta società contemporanea, è descritta con qualche preoccupazione psicologica e con un'amara misoginia; ma Le sopha, conte moral (1740) ci riporta alle consuete fantasie licenziose, nel quadro di una corte indiana, ove si poteva riconoscere un'altra più vicina. Il libro ebbe voga straordinaria: è tra quelli preferiti dal Giovin signore nel Mattino del Parini (v. 625-6). Esotismo e licenza ancora si incontrano in Ah! quel conte! (1751), mentre Les heureux orphelins (1754) mostrano qualche influenza del romanzo domestico inglese. Meno insopportabili al gusto moderno sono alcuni racconti dialogati, La nuit et le moment (1755), Le Hasard du coin du feu (1763), ove il libertinaggio si adorna di una certa grazia leggiera. Altrove il C. adottò la forma epistolare, come nelle Lettres Athéniennes (1771-2). Ma tutta l'opera sua interessa più la storia del costume che la letteratura.
Opere: Œuvres complętes, Londra-Parigi 1772, voll. 7. Trad. italiane: Il sofà, a cura di Aldo Germonti, in Classici dell'amore, Milano 1926.
Bibl.: Notice premessa da O. Uzanne ai Contes dialogusé, Parigi 1879, nei Petits conteurs du XVIIIe siècle. Per l'attribuzione al C. dei Tableaux des moeurs du temps, cfr. l'ed. di G. Apollinaire, Parigi 1911, in Les maîtres de l'Amour.