Monteverdi, Claudio
Un musicista dalla grande sensibilità drammatica
Compositore italiano vissuto tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento, Claudio Monteverdi segnò il passaggio dal linguaggio rinascimentale a quello barocco. Autore di madrigali e di opere teatrali, fu portato dalla sua sensibilità drammatica a un trattamento innovativo delle voci e degli strumenti per meglio esprimere il significato del testo poetico
Claudio Monteverdi nacque a Cremona nel 1567. Figlio di un medico, portò avanti gli studi musicali di contrappunto e viola nella città natale sotto la guida di Marco Antonio Ingegneri, maestro di cappella del Duomo.
All’età di soli 15 anni vide pubblicate le sue prime composizioni, le Sacrae cantiunculae a tre voci (1582), alle quali seguirono i Madrigali spirituali a quattro voci (1583), le Canzonette a tre voci (1584) e il I e il II libro di Madrigali a cinque voci (1587 e 1590). I madrigali rinascimentali erano composizioni vocali profane a più voci, di solito cinque, su testi spesso di insigni poeti; erano concepiti per intrattenere e divertire la nobiltà e venivano talvolta accompagnati da strumenti.
Nel 1590 Monteverdi trovò impiego come violista alla corte dei Gonzaga a Mantova. Le sue qualità emersero ben presto, tanto che il duca Vincenzo gli affidò incarichi sempre più importanti, anche se soltanto nel 1601 lo nominò maestro di cappella. Intanto la sua fama si consolidava, grazie ai successivi tre libri di madrigali, il III (1592), il IV (1603) e il V (1605). In essi lo stile si distacca progressivamente da quello corrente; la musica, sempre più incline al sentimento del patetico, è tesa a esaltare i significati poetici, anche con l’uso di dissonanze ardite. Insieme al successo, giunse anche una lunga polemica con Giovanni Maria Artusi, un accademico bolognese tradizionalista, che gli rimproverava le innovazioni troppo spinte. Monteverdi rispose alle critiche rivendicando il suo nuovo stile, definito seconda pratica, volto a interpretare gli «affetti», cioè i sentimenti, del testo poetico e a suscitarli negli ascoltatori.
In tale orientamento si inserisce la favola pastorale Orfeo (1607) di argomento mitologico, su libretto di Alessandro Striggio. Orfeo con il suo canto riesce a commuovere le divinità dell’Ade ottenendo di poter riportare in vita l’amata sposa Euridice; non rispetta però il divieto di non voltarsi indietro a guardare la donna fino al rientro sulla terra ed Euridice torna così nel regno dei morti. Mosso a compassione dal dolore straziante di Orfeo, Apollo lo accoglie in cielo e lo rende immortale. Con l’Orfeo Monteverdi fonda un nuovo teatro musicale, sviluppando le più avanzate tendenze espresse in quegli anni nelle opere di Jacopo Peri e Giulio Caccini e aprendo la strada al melodramma barocco. Al 1608 risale il celebre Lamento di Arianna, unico frammento pervenutoci della tragedia in musica Arianna, composto per i festeggiamenti di nozze tra Francesco Gonzaga e Margherita di Savoia.
Tra le composizioni sacre del periodo mantovano si ricorda il Vespro della Beata Vergine (1610), dedicato a papa Paolo V nella speranza di ottenere un impiego a Roma presso la corte papale.
Dopo il licenziamento dalla corte di Mantova seguito alla morte del duca, Monteverdi ottenne nel 1613 l’incarico di maestro di cappella della Repubblica di Venezia, posto che tenne fino alla morte, avvenuta nel 1643. Oltre a innumerevoli composizioni sacre, tra cui la Selva morale e spirituale (1640), Monteverdi diede alle stampe altri libri di madrigali, il VI (1614) e il VII (1619), in cui il linguaggio diventava sempre più moderno e originale. Nell’VIII libro (1638), intitolato Madrigali guerrieri et amorosi, per voci e strumenti vari, è inserito anche Il ballo delle ingrate (composto nel 1608) e Il combattimento di Tancredi e Clorinda (del 1624), composizione in stile rappresentativo ispirata a personaggi di Torquato Tasso, con due personaggi principali e un narratore. In essa l’adesione ai sentimenti e alle passioni espresse nel testo raggiunge vette raffinate, grazie all’uso sapiente di tecniche nuove, come il genere concitato, che si avvale di note di breve durata ribattute velocemente dagli archi per creare un effetto di trepidazione.
Negli ultimi anni di vita Monteverdi compose per i teatri pubblici veneziani due opere, Il ritorno di Ulisse in patria (1640) e l’Incoronazione di Poppea (1643), mentre si moltiplicavano le committenze straniere, di corti italiane (Parma e Modena) o europee (Varsavia e Vienna). Il IX libro di madrigali fu pubblicato dopo la sua morte, nel 1651.