CLAUSOLA
. È la parte finale di una proposizione o di un periodo; e poi la parte finale dei contratti, degli atti notarili e legali, degli editti, che conteneva per lo più o un rafforzamento o una modificazione del precedente disposto; da ciò il facile trapasso a indicare una stipulazione particolare nei contratti, per spiegarne, estenderne o modificarne il significato o il valore giuridico; ovvero una condizione apposta ad un'obbligazione. Le clausole più comuni sono la clausola penale (v. obbligazione), la clausola compromissoria (v. arbitrato), la clausola risolutiva sottintesa (v. contratto). Per le clausole di concorrenza, v. concorrenza.
Le clausole ritmiche. - Sono elementi essenziali d'un periodo ben costruito della prosa d'arte antica, rispondenti all'istintivo sentimento musicale della parola e del discorso e fissatisi definitivamente per la prima volta, con coscienza d'arte, nella prosa greca del sec. V a. C. per opera di Trasimaco di Calcedonia. Clausola da lui preferita fu la cretica. Con Trasimaco e con Gorgia, la prosa acquistò numero oratorio, fino all'eccesso: armonia di parti e di clausole divenne la sua legge. Dal ritmo è dominata la prosa sofistica; Isocrate lo riduce alle giuste proporzioni ed è il perfezionatore della prosa attica. Sobrietà di mezzi, riflesso d'energia e di maestà di pensiero contraddistinguono anche Demostene che rompe però l'eguaglianza dell'armonia con una magnifica varietà di forme, preferendo tuttavia quali clausole il ditrocheo, e specialmente il cretico, o duplicato, o preceduto dal coriambo, o, più spesso, seguito dal trocheo. Con gli Asiani subentra nella prosa una mollezza che si rispecchia nelle cadenze dei membri e degl'incisi del periodo, nel susseguirsi che ivi fanno volentieri più di due brevi, contrariamente alla norma di Demostene, e nello sparire di ritmi gravi quali il dispondeo: prevalgono il ditrocheo, il dicretico, il cretico-trocheo, ma con spiccata tendenza alla soluzione delle lunghe. Egesia di Magnesia (sec. III a. C.), riallacciandosi alla sofistica, inizia qui una scuola che ha fortuna per secoli. La prosa romana trovò codeste forme e s'avviò a farle sue. Cicerone applicò la composizione ritmica all'indole e al gusto del latino, con una naturale predilezione nelle clausole per le sillabe lunghe, sostanzialmente basandosi sul ditrocheo, sul cretico + spondeo, sul dicretico, sul peone primo + spondeo, sul doppio spondeo, e dando frequente rilievo al ditrocheo o al dispondeo per via d'un cretico innanzi; le chiuse per lui sono il rifinimento dell'armonica struttura di tutto il periodo, a essa intimamente legate, giusta la migliore tradizione attica. La prosa del periodo imperiale si muove in gran parte sulle orme di Cicerone, la cristiana del pari che la pagana, fin giù ai tardi tempi: Tacito, s'intende, no. Col mutarsi del principio quantitativo in quello ad accento, l'accento prende il posto delle sillabe lunghe, e alternative di sillabe toniche e atone vengono a essere l'equivalente delle vecchie clausole metriche. Così nasce il cursus nel mondo greco e latino, norma del quale, ritrovata dal Meyer, è che innanzi all'accento dell'ultima parola devono star sempre almeno due sillabe atone (es. reficámur in ménte), dopo invece c'è piena libertà. Il cursus parte principalmente dalle clausole del cretico + trocheo e del dicretico. E dura in pieno vigore fin verso il sec. VII, poi cade in disuso, senza probabilmente scomparire; nel sec. XI torna a nuova vita in Italia e in Francia, a Montecassino e a Orléans; con papa Urbano II, entra a far parte dello stile delle bolle pontificie. Nel sec. XVI, non è più che un'ombra.
Fonti principali: Arist., Rhet.; Cic., De orat. e Orator; Dionisio d'Alicarnasso, Περὶ συνϑέσεως ὀνομάτων; Quintiliano; Ermogene.
Bibl.: La ricca letteratura è recensita nei Jahresberichte del Vollmöller e del Bursian e in Glotta. Vaste indicazioni presso E. Norden, Antike Kunstprosa, Lipsia 1909, pp. 909 segg. e 15 seg. delle aggiunte; L. Laurand, in Musée Belge, XVII (1913), p. 92 segg.; XXIV (1920), p. 188 segg.; XXV (1921), p. 133 segg.; A. W. De Groot, Handbook of antique Prose-Rhythm, Groninga 1919, p. 200 segg.; L. Ceci, Il ritmo delle orazioni di Cicerone, Roma 1905; F. Di Capua, in Bollett. Filologia, XXVIII (1921), p. 96 segg.; L. Traube, Vorlesungen u. Abhandlungen, II, pp. 109, 115 segg.; K. Polheim, Lateinische Reimprosa, Berlino 1925, p. 504 segg. Particolarmente, oltre ai primi lavori fondamentali di N. Valois (1880), L. Duchesne (1889), L. Couture (1891), L. Havet (1892), W. Meyer (1893, 1905), E. Norden (1898), sono da rilevare per il greco quelli, pur molto discussi e in un divenire continuo, di F. Blass (1891-1905), per il latino gl'importanti di H. Bornecque (1898, 1903, 1908), J. Wolff (1901), Th. Zielinski (1904, 1906), F. Skutsch (1909), L. Laurand (1907, 1926-27), A.C. Clark (1910).