Clean Development Mechanism (CDM)
Clean Development Mechanism (CDM) Uno dei 3 meccanismi di flessibilità previsti dal Protocollo di Kyoto (➔ Kyoto, protocollo di), nell’ambito della convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (➔ UNFCCC). Come gli altri due strumenti suoi omologhi, Joint Implementation (JI) ed Emission Trading Scheme (ETS; ➔ emissione in atmosfera), il CDM è stato ideato per consentire ai Paesi industrializzati di conseguire i loro obiettivi di riduzione delle emissioni, CO2 e altri GHG (GreenHouse Gas) a un costo minore, promuovendo interventi in Paesi in via di sviluppo. Da un punto di vista tecnico e come per gli altri strumenti di flessibilità, il CDM è stato conseguentemente strutturato in base al criterio di sfruttare, relativamente al costo marginale degli interventi, i differenziali esistenti nei diversi Stati aderenti al protocollo, per conseguire gli obiettivi di riduzione o stabilizzazione delle emissioni, laddove il costo è più basso. Il meccanismo operativo del CDM si sostanzia nel finanziamento, da parte dei Paesi industrializzati (Annex I parties), di tecnologie ad alta efficienza energetica nei Paesi in via di sviluppo (Host parties), per evitare emissioni prodotte dall’utilizzazione di tecnologie arretrate da parte loro; le riduzioni di emissioni così ottenute diventano crediti per i Paesi che investono nei progetti (CER, Certified Emissions Reductions). Tali crediti possono essere trattati, venduti e utilizzati dai Paesi industrializzati per adempiere a una parte dei propri obblighi di riduzione previsti dal Protocollo di Kyoto.
I progetti CDM sono classificati in 4 grandi categorie, definite rispetto a due caratteristiche che li identificano, dimensioni e appartenenza o meno alla tipologia afforestamento (➔; A)/riforestazione (R). Si distinguono, pertanto, large-scale projects A/R e non, e small-scale project, A/R e non (per questi ultimi sono previste metodologie di realizzazione semplificate). Sono small-scale i progetti che riguardano la costruzione di impianti a energie rinnovabili, con potenza installata non superiore a 15 MW, che determinano un miglioramento dell’efficienza energetica con riduzione dei consumi fino a 60 GW h/anno o che consentono una riduzione di emissioni antropogeniche inferiore a 60 kt CO2eq/anno. Appartengono alla categoria small-scale anche i progetti A/R, condotti da comunità o individui a basso reddito (nei termini stabiliti dall’host party in causa), che inducono l’assorbimento di CO2 in quantità inferiore a 16.000 t/anno. Al 2011, complessivamente sono stati registrati 3221 progetti e accreditati circa 651 milioni di titoli CER, la maggior parte dei quali maturati in Cina (57%), India (15%), Corea (11%) e Brasile (8%).
Lo sviluppo di un progetto CDM segue un percorso tecnico-amministrativo segmentato nelle seguenti 7 fasi:
• preparazione del PDD (Project Design Document), a cura del proponente che si fa carico di realizzare il documento progettuale secondo il formato e le metodologie per il calcolo e il monitoraggio delle emissioni evitate, approvati dall’Executive Board-CDM;
• approvazione dell’autorità nazionale del Paese interessato (DNA, Designated National Authority);
• validazione del PDD effettuata da un ente verificatore terzo autorizzato (DOE, Designate Operational Entity);
• registrazione presso l’Executive Board-CDM del PDD validato, su richiesta del DOE;
• monitoraggio, a cura del partecipante responsabile, delle emissioni reali secondo la metodologia applicata;
• verifica a cura del DOE che la riduzione delle emissioni abbia avuto luogo secondo il piano di monitoraggio applicato e nella quantità prevista;
• certificazione e rilascio dei crediti CER dall’Executive Board-CDM, nella misura delle emissioni evitate e dopo esame del rapporto di verifica sottoposto dal DOE.