CLEOMENE III
III Figlio di Leonida, il re Agiade rivale dell'Euripontida Agide IV, dal quale e dai suoi seguaci venne detronizzato, e, perseguitato, fuggì a Tegea; ma tornò dopo la catastrofe di lui. C. sposò Agiatide, vedova di Agide IV, nel 242 a. C., essendo ancora minorenne. Egli, quantunque figlio di Leonida avversario di Agide, si convertì alle idee rivoluzionarie di lui. Salì al trono nel 235, forse non ancora trentenne. L'ingrandimento della lega acaica e soprattutto l'ingresso di Megalopoli, l'antica rivale di Sparta, nella lega Achea, acuì la rivalità tra Sparta e la lega; Arato di Sicione, stratego acheo, tentò nel 229-8 un colpo su Tegea e Orcomeno, città arcadiche alleate degli Etoli, ma fallì. A Sparta si voleva evitare la guerra, ma la stessa lega acaica la dichiarò. C. prevenne con la sua audace offensiva il nemico. Per le vicende di questa guerra v. achea, lega; arato. Qui basti notare che la difensiva degli Achei fu, sulle prime, assai fiacca e che quando un esercito acheo condotto dallo stratego Arato invase l'Elide alleata di Sparta, C., accorso in aiuto, lo sbaragliò. Ma in seguito la presa di Mantinea da parte di Arato indebolì molto la posizione di C., e già a Sparta si pensava a far pace con gli Achei. C. fu richiamato da Mantinea. Allora C. cominciò seriamente a pensar di attuare le riforme sociali di Agide; e siccome egli era il figlio di Leonida, rivale di Agide, cercò di dissipare i sospetti delle sue intenzioni procurando di far rimpatriare Archidamo, fratello di Agide, esule a Messene, per ritornare alla normale diarchia, essendo morto il figlio di Agide Eudamida prima di diventare maggiorenne. Intanto poté ottenere dagli efori il proseguimento della guerra, e si volse contro Megalopoli, dove dopo un primo insuccesso contro Arato, riuscì a sorprendere in una stretta l'ipparco della lega ed ebbe piena vittoria. Il luogo della battaglia è, secondo Polibio, Ladocea (estate 227).
C. lasciò le truppe lacedemonie in Arcadia e a capo dei mercenarî giunse a Sparta, dove, massacrati gli efori, si accinse ad attuare le riforme. Il re Archidamo abbandonò la città e C., pronunziato il bando contro 80 cittadini, sul preteso esempio di Licurgo. fece una nuova divisione della proprietà fondiaria (autunno 227). Fu istituita la magistratura dei patronomi, e C. con l'aiuto dello storico e dotto antiquario Sfero di Panticapeo resuscitò l'uso del brodo nero e introdusse qualche riforma militare. Egli invitò Archidamo a tornare, ma tornato che fu lo fece assassinare, e rivestì della dignità regia il fratello Euclide, onde, cosa finora inaudita, si ebbero due re della stessa dinastia. Nel 226, in seguito a un notevole successo di C. che aveva ripreso personalmente la guerra, s'intavolarono trattative di pace: C. esigeva l'egemonia sulla lega, cioè la soggezione dell'Acaia a Sparta. Tuttavia la lega vi si piegò, e ad Argo si doveva ratificare il trattato; intanto fu fatto il cambio dei prigionieri. Ma C. cadde malato, e Arato profittò di questa circostanza per intavolare trattative con Antigono Dosone di Macedonia, il quale esigeva la resa dell'Acrocorinto. Arato era disposto a cedere; difficilmente si sarebbe potuta persuadere l'assemblea popolare. C. intanto guarì e a capo del suo esercito si presentò a Lerna a poche leghe da Argo: Arato notò che non doveva venire a capo dell'esercito, ma solo, se pure non si voleva trattare fuori della città. C. dichiarò la guerra, prese Feneo e Cafie in Arcadia, e si presentò di nuovo davanti ad Argo quando si celebrarono i giuochi Nemei (225). Sembra che l'ex-tiranno Aristomaco consegnasse per tradimento Argo a Cleomene.
Intanto il re Tolomeo Evergete d'Egitto cominciò a soccorrere di denaro Sparta; d'altra parte le masse in Arcadia speravano che le riforme di C. fossero estese anche fuori del territorio spartano. C. di successo in successo, conquistò tutta l'Argolide ma non poté nulla contro l'Acrocorinto, e cominciò l'assedio di Sicione (224). Le trattative con Antigono si rinnovarono, e questa volta anche le difficoltà per cedere l'Acrocorinto furono superate. Corinto stessa si arrese senza resistenza ad Antigono. La guerra mutò aspettti dopo che l'esercito macedonico, forzata la linea dell'istmo, entrò nel Peloponneso. Alla fine del 224 tutte le città dell'Argolide furono riguadagnate dagli Achei, e in seguito al fallimento di un colpo di C. su Megalopoli, Antigono in Arcadia ricuperò anche Orcomeno e Mantinea. C. si ridusse nella Laconia dove rinforzò il suo esercito: fece un colpo fortunato su Megalopoli e poscia nel territorio d'Argo dove Antigono aveva scarse truppe (222). Intanto Tolomeo aveva sospeso i sussidî di denaro a Sparta, e Antigono aveva riunito l'esercito di circa 30.000 uomini, coi quali invase la Laconia. Presso Sellasia (v.), l'esercito spartano fu sgominato. C. fuggì in Egitto (giugno 222); Antigono entrò a Sparta e vi abolì le riforme.
C. aspettava in Egitto l'occasione di poter tornare sul trono di Sparta: ma in Egitto non si voleva iniziare una guerra per l'interesse di C.; e si faceva solo servire la possibilità di una reintegrazione a tenere la Macedoriia sempre in uno stato di disagio. Per impedirgli ogni colpo di testa C. fu internato nel palazzo che gli serviva di dimora. Quando però seppe che a Sparta era scoppiata la rivoluzione contro il partito filomacedone ed erano stati uccisi gli efori del 220, C. tentò di evadere e di sollevare i mercenarî peloponnesiaci d'Egitto, ma invano; egli e i suoi seguaci sfuggirono col suicidio all'esecuzione capitale.
Bibl.: R. von Pöhlmann, Geschichte der sozialen Frage und des Sozialismus in der antiken Welt, 3ª ed., I, Monaco 1925, p. 385 segg.; B. Niese, Gesch. d. griech. und maked. Staaten, II, p. 314 seg.; J. Beloch, Griech. Gesch., 2ª ed., IV, i, Berlino e Lipsia 1925, ii, 1927, pp. 627-724; pp. 162, 552; A. Ferrabino, Arato di Sicione e l'idea federale, Firenze 1921, pp. 63-116.