CLIMATOLOGIA (X, p. 606; App. III, 1, p. 398)
Da qualche anno ha avuto inizio una vera e propria rivoluzione della c., i cui risultati si faranno evidenti tra circa un decennio. Essa ha preso le mosse dalla conferenza di Leningrado sulla c. fisica e dinamica (1971), e ne sono strumento i "modelli numerici di clima", sistemi di equazioni esprimenti le relazioni fisiche intercorrenti tra le varie grandezze che determinano lo stato dell'atmosfera. Tali modelli, a quanto è dato sperare, consentiranno di determinare in termini statistici le reazioni del clima a cambiamenti interni ed esterni all'atmosfera e in definitiva di prevedere le variazioni climatiche.
L'evolversi della c. si coglie abbastanza bene esaminando il succedersi delle sue definizioni, che peraltro sono sempre state sentite come inadeguate, per il semplice fatto che esse nascondono l'esigenza inespressa della c. come "la scienza che conosce le condizioni atmosferiche del passato e del futuro". È da notare che, se questo ideale si realizzasse integralmente, la c. si confonderebbe con la meteorologia nella sua accezione più ristretta, tali discipline essendo due tentativi, l'uno a sfondo statistico e l'altro a sfondo meccanicistico, ma entrambi largamente empirici, di risolvere il medesimo problema. In effetti oggi esse si sono grandemente avvicinate; in particolare i modelli della c. differiscono da quelli della meteorologia semplicemente per la diversa scala spaziale e temporale e per un maggior peso dell'aspetto statistico. Sintomo di questo processo è la trasformazione - anch'essa del cruciale anno 1971 - della commissione per la c. dell'Organizzazione meteorologica mondiale in commissione per le applicazioni speciali della meteorologia e della climatologia.
Per mezzo secolo dominò la definizione che della c. diede A. Humboldt (1831): "Il termine clima comprende... tutti i cambiamenti dell'atmosfera sensibili per i nostri organi. Sono tali la temperatura, l'umidità, le variazioni della pressione atmosferica, la calma o l'effetto dei diversi venti, la carica elettrica e la differenza di potenziale, la purezza dell'aria o il suo mescolarsi con emanazioni gassose più o meno insalubri e infine la trasparenza dell'aria e la serenità del cielo, la quale ultima è così importante per la sua influenza non soltanto sull'irraggiamento da parte del suolo, sullo sviluppo degli organismi vegetali, sulla maturazione dei frutti, ma anche su tutte le impressioni che la psiche riceve attraverso i sensi...". Se si aggiunge che l'Humboldt aveva coscienza abbastanza chiara dell'utilità delle medie e insieme dei loro limiti, dobbiamo riconoscere che la sua concezione della c. era incredibilmente moderna e che sino a poco tempo fa è stata la più valida. Essa però assume il suo vero significato se si riflette che fu viva nell'epoca della scoperta e della prima esplorazione dell'ambiente di vita dell'uomo e fu interpretato in senso meramente descrittivo e naturalistico.
Dalla fine dell'Ottocento fino a ieri la c. fu intesa sostanzialmente come studio dei valori medi ed estremi delle principali grandezze meteorologiche. Questa maniera d'intenderla fu diffusa dalla definizione di J. Hann (1883): "Per clima intendiamo l'insieme dei fenomeni meteorologici che caratterizzano lo stato medio dell'atmosfera in un punto qualunque della superficie terrestre". Tale definizione ebbe un rapido successo per la sua rispondenza alla mentalità positivistica e per il prestigio del suo autore.
Oggi della c. si potrebbe dire che "studia la probabilità che certe condizioni meteorologiche si verifichino in un determinato luogo". Naturalmente studia anche - e più che mai - le condizioni meteorologiche del passato (si assiste a un rigoglio della c. storica e della paleoclimatologia impensabile soltanto dieci anni or sono), tuttavia il centro dell'interesse è nelle possibilità prognostiche e il passato si studia più che altro per poter provare i modelli climatici con dati reali estesi a periodi abbastanza lunghi.
La fase humboldtiana si può dire esplorativa, l'hanniana teoretica (nel senso che l'applicare i concetti che le sono propri servì essenzialmente alla loro dialettica, al loro chiarimento e progresso). La fase odierna è scientifica - cioè, grazie soprattutto ai progressi della metodologia statistica, conscia delle proprie possibilità e dei propri limiti - e per di più finalizzata, cioè con prospettive di utilizzazione pratica consistenti e ben definite.
Modelli numerici di clima. - Grandezze secondarie, le cui variazioni risultano da processi troppo complicati per essere descritti, sono introdotte con l'uso della parametrizzazione, cioè esprimendole in funzione di altre grandezze alle quali sono legate da relazioni statistiche. Fondamentale è la distinzione tra modelli transitivi e intransitivi, nel senso che i termini assumono nella teoria ergodica; per esprimersi in maniera non del tutto propria, ma di comprensione immediata, i primi hanno un solo stato di equilibrio, i secondi due o più. Per stato di equilibrio qui bisogna intendere un clima, cioè una distribuzione dei valori delle varie grandezze atmosferiche avente indici di media e di dispersione costanti.
Recenti sviluppi della climatologia tradizionale. - Pur se gli ultimi progressi l'hanno quasi privata di significato teoretico, la c. tradizionale ha ancora larga possibilità di sviluppare i suoi aspetti pratici. Le esigenze della pianificazione prima e le preoccupazioni ecologiche poi hanno dato grande impulso alla c. regionale e locale. Così, dopo la macroclimatologia e la microclimatologia s'è affermata la mesoclimatologia, che ha sviluppato concetti propri, come quello suggestivo di "distanza climatica", atto a esplorare l'omogeneità climatica delle aree prese in esame.
Se A1, A2, ..., An e B1, B2, ..., Bn sono i valori che taluni parametri climatologici (per es., le medie della temperatura, della quantità di precipitazioni e della velocità del vento) assumono alle stazioni A, B, la distanza climatica è
Questa nuova grandezza deve il suo nome al fatto che l'espressione appena scritta dà, in uno spazio a n dimensioni, la distanza dei due punti di coordinate A1, A2, ..., An e B1 B2, ..., Bn; benché concettualmente semplicissima, è lunga a calcolarsi, sicché non poteva diffondersi prima che si generalizzasse l'uso dei calcolatori elettronici.
La climatologia in Italia. - Si trova ancor oggi in una situazione sconfortante, giacché mancano organismi che ne facciano il centro della propria attività e dispongano di personale preparato dal punto di vista meteorologico, matematico e statistico, organismi che invece ormai esistono in tutti i paesi appena progrediti, sia pure sotto forma di istituti universitari. A questa deficienza supplisce, per quanto possibile, l'attività climatologica dei servizi meteorologici del ministero dei Lavori Pubblici, dell'Aeronautica militare e del ministero dell'Agricoltura.
Fino a tutto il terzo decennio del secolo, cioè finché fu viva la c. delle medie, questa disciplina ebbe in Italia una discreta fioritura, dovuta per gran parte a F. Eredia, il quale provvide personalmente a molte elaborazioni climatologiche fondamentali per tutto il territorio nazionale e di altre stimolò l'esecuzione. Videro la luce anche due buoni trattati sulla c. dell'Italia, dovuti a G. Roster (1909) e G. Crestani (1931).
Seguì una profonda crisi, dalla quale ci si riscosse nel secondo dopoguerra, allorché - principalmente per opera del Servizio meteorologico dell'Aeronautica e in particolare di E. Rosini - si diffusero più moderni metodi statistici e le nuove idee della c. dinamica. Queste ebbero accoglienza particolarmente buona nella cerchia dei geografi pisani e permearono di sé la stragrande maggioranza delle nuove iniziative assunte a partire dagli anni Cinquanta. Il Servizio meteorologico dell'Aeronautica stampò - ancora per iniziativa del Rosini - alcuni lavori di sintesi nonché fascicoli di frequenze e medie per oltre 120 sue stazioni. L'Istituto centrale di statistica dal 1959 si è fatto editore di un annuario di statistiche climatologiche. Il servizio idrologico dei Lavori Pubblici con le carte della precipitazione media annua per il trentennio 1921-50, delle precipitazioni massime di un giorno, della temperatura nel trentennio 1926-55, dei periodi con precipitazione nulla, della neve e del gelo, tutte accompagnate da monografie (1963-73), provvide ad alcune sintesi di fondamentale importanza; tra il 1965 e il 1969 A. Fantoli pubblicò presso il ministero degli Esteri i risultati delle osservazioni eseguite nelle antiche colonie italiane; C. Mennella diede alle stampe tra il 1967 e il 1973 il primo consistente trattato di c. dell'Italia dopo quello di Roster; dopo l'accostamento alle nuove idee ricordate più sopra i geografi hanno prodotto un nutrito gruppo di buoni lavori riguardanti singole regioni e località oppure argomenti particolari.
Bibl.: Le pubblicazioni dell'Organization Météorologique Mondiale, in particolare: The physical basis of climate and climate modelling, Ginevra 1975, e il Symposium on long-term climatic fluctations, ivi 1975; B. Primault, Etude mesoclimatique du Canton de Vaud, Losanna 1972; V. Cantù, La climatologia in Italia oggi, in V. Cantù, P. Narducci, Bibliografia climatologica italiana, Roma 1973; M. Schüepp, Klimatologie gestern, heute und morgen, in Geoforum, n. 18, 1974; E. Rosini e altri, Concetti e metodi della mesoclimatologia per un contributo alla conoscenza ambientale, in Informatore botanico italiano, VI, n. 2 (1974); M. Yoshino, Climate in a small area, Tokio 1975.