CLISTENE (Κλεισϑένης, Clisthĕnes) di Atene
Appartenente alla gente nobile degli Alcmeonidi, era figlio di Megacle, l'avversario di Pisistrato, e di Agariste, la figlia del tiranno Clistene di Sicione, del quale prese il nome. Nacque circa il 565 a. C. Andò presto coi suoi famigliari in esilio da Atene sotto la tirannide di Pisistrato. La morte del padre lo lasciò a capo degli Alcmeonidi e in generale dei fuorusciti ateniesi. Gli Alcmeonidi tentarono di rientrare in patria con le armi, ma furono battuti da Ippia a Lipsidrio presso il Parnete. Probabilmente qualche tempo prima essi avevano appaltato la ricostruzione del tempio delfico distrutto da un incendio nel 548. Ciò accrebbe senza dubbio il loro influsso in Grecia e mise a loro disposizione mezzi notevoli. Essi rientrarono in patria, quando gli Spartani abbatterono (511-10) la tirannide di Ippia. Allora per il nuovo ordinamento da darsi alla città si venne a contesa tra C. ed Isagora, altro nobile ateniese, che, arconte nel 508-7, voleva un ordinamento oligarchico. Favorito dal liberatore di Atene, il re Cleomene di Sparta, Isagora ebbe sulle prime il sopravvento e riuscì a far espellere C., ma poi il popolo ateniese insorse contro l'opera reazionaria di lui e lo assediò insieme con Cleomene nella rocca, ove dovettero capitolare per fame. Ciò permise a C. di riprendere e consolidare le sue riforme democratiche. La democrazia, appena instaurata, dovette difendersi contro Cleomene e i suoi alleati beoti e calcidesi. Cleomene fu costretto a ritirarsi dalla lizza per l'opposizione del suo collega, il re Demarato. Beoti e Calcidesi furono vinti, ma a proposito di questi successi non è più menzionato il nome di C. ed egli scompare dalla storia senza che si sappia altro di lui. È favola che a lui fosse per primo applicata la legge sull'ostracismo che avrebbe proposto egli stesso. Certo egli deve essere morto o deve ad ogni modo essersi ritirato dall'arringo politico prima della battaglia di Maratona (490). Negli anni che seguirono questa battaglia a capo degli Alcmeonidi appare non piu C., ma il nipote di lui Megacle figlio di Ippocrate.
Se pochissimo sappiamo dunque della vita di C., non poco sappiamo invece dell'ordinamento da lui dato ad Atene. La tradizione ascrive a lui, e pare ipercritica negarle fede, la divisione dell'Attica in dieci tribù territoriali: Eretteide, Egeide, Pandionide, Leontide, Acamantide, Eneide, Cecropide, Ippotoontide, Eantide, Antiochide. Ciascuna era costituita da tre distretti, τριττύες, uno nella pianura attorno ad Atene (πεδιάς), uno nella regione montuosa del Pentelico e del Parnete (ὑπεραχρία), uno nella regione costiera esclusi i porti di Atene (παραλία). Questa divisione aveva lo scopo di spezzare i partiti a base territoriale, che tanto avevano contribuito al formarsi della tirannide, e, nello stesso tempo, di diminuire l'autorità delle fazioni gentilizie, trovandosi il territorio delle genti diviso tra più d'una delle nuove unità territoriali. Dare insomma maggiore unità al paese, pure dividendolo in quei distretti territoriali e amministrativi senza cui lo stato antico non era in grado di esercitare la sua autorità sul cittadino singolo. Le trittie alla loro volta furono divise in demi, cioè in minori distretti forniti di una tal quale autonomia per le faccende locali, con proprî magistrati (demarchi) e propria assemblea civica. Per il resto i magistrati si reclutarono d'ora innanzi secondo le 10 tribù. Così uno per tribù venivano eletti i nove arconti, a cui si aggiunse per decimo il loro segretario o γραμματεύς; e uno per tribù gli strateghi, una magistratura incaricata del comando dell'esercito, che C. forse non istituì, ma ereditò dalla tirannide. Questo e gli altri magistrati erano elettivi. Il sorteggio delle magistrature pare fosse estraneo alla democrazia moderata di Clistene, con una sola eccezione, ma questa importantissima, quella del consiglio (βουλή). È incerto se prima di C. Atene avesse altra βουλή che quella dell'Areopago. Certo C. le diede un consiglio di 500 membri, incaricato di preparare tutte le proposte su cui poi doveva deliberare sovrana l'assemblea popolare, e fornito di non poche prerogative di carattere amministrativo e giudiziario, queste ultime però assai inferiori a quelle che gli furono conferite più tardi, quando col progredire della democrazia furono menomati i poteri dell'Areopago. In omaggio al principio democratico si volle che questo consiglio, il quale rappresentava in certo modo la continuità del potere statale, fosse eletto per sorteggio tra tutti i cittadini ateniesi: da ogni tribù dovevano essere sorteggiati 50 buleuti in numero determinato per ciascuno dei demi costituenti la tribù. La bulè si suddivideva appunto in 10 sezioni quante erano le tribù e ciascuna di esse aveva la presidenza della bulè (pritania) per una decima parte dell'anno. Delle tre trittie in cui si divideva la tribù avente la pritania, una almeno sedeva in permanenza e giorno per giorno il presidente od ἐπιστάτης dei pritani teneva il sigillo dello stato, presiedeva la bulè e l'assemblea popolare se si adunava nel giorno della sua presidenza, formulando egli stesso l'ordine del giorno (πρόγραμμα) delle discussioni. Nelle 10 tribù era diviso anche il catalogo degli opliti; e all'ordinamento clistenico appartengono probabilmente anche i 10 tassiarchi, che comandavano ciascuno il reggimento degli opliti di una tribù. Quanto C. innovasse nell'ordinamento dei tribunali popolari non sappiamo. A lui è attribuita l'origine della caratteristica istituzione dell'ostracismo (v.), ma questa, non avendo cominciato ad applicarsi che qualche anno dopo la battaglia di Maratona, è da credere che abbia avuto origine allora e non per opera di C. A lui si attribuisce anche di aver introdotto nella cittadinanza molti stranieri e liberti, e può darsi che abbia fatto concedere la cittadinanza a qualche meteco o liberto benemerito della liberazione di Atene; ma forse quella notizia pecca di non poca esagerazione.
Nell'insieme l'opera di C. costituisce una serie di audaci riforme dirette a mettere il potere effettivo in mano di quella classe possidente da cui si reclutavano coloro che servivano in guerra con armi proprie, cioè gli opliti, e a spezzare la potenza delle consorterie aristocratiche impedendo il ritormo dell'oligarchia. In ciò egli raggiunse il fine a cui mirava; non riuscì invece ad assicurare il potere alla classe possidente, perché le guerre che seguirono costrinsero gli Ateniesi a creare una poderosa marina da guerra e perciò a fare concessioni sempre maggiori alle classi non abbienti, da cui si reclutavano i marinai. Inoltre il sistema del sorteggio inaugurato da C. per la bulè fu così accetto alla democrazia progrediente, che essa a poco a poco, certo contro le previsioni e i desiderî di C., lo estese a quasi tutte le magistrature, mettendole effettivamente alla portata di tutti e con ciò esautorandole. Ma il sorteggio era una inevitabile conseguenza del principio che la bulè doveva esercitare in qualche modo i poteri sovrani dell'intera cittadinanza in un tempo in cui s'ignoravano i sistemi rappresentativi, e si doveva quindi cercare il modo di far sì che tutti i cittadini potessero partecipare, almeno teoricamente, al supremo consiglio. Alla legislazione clistenica risale anche l'altro inconveniente, anch'esso, nelle contingenze d'allora, inevitabile, della democrazia ateniese, che i magistrati, ormai moltiplicatisi e ripetenti tutti il potere direttamente dal popolo, non esistendo tra essi una gerarchia, agivano tutti in modo autonomo con grave pregiudizio di quell'unità d'azione governativa, che era stata caratteristica del periodo della tirannide, perché soli organi di collegamento, per necessità assai imperfetti, tra i varî magistrati, erano il consiglio e l'assemblea.
Fonti: Le poche notizie su C. soprattutto in Erodoto, V, 66 segg., e in Aristotele, Resp. Athen., 20 segg. Ma lo studio degli ordinamenti vigenti nel V e IV secolo, eliminate le innovazioni di Pericle ecc., ci permette di risalire con sufficiente sicurezza alla costituzione di C.
Bibl.: G. Busolt, Griech. Gesch., II, 2ª ed., Gotha 1895, p. 400 segg.; J. Beloch, Griech. Gesch., 2ª ed., I, i, p. 395 segg.; ii, p. 318 segg.; G. De Sanctis, Atthis, 2ª ed., Torino 1912, p. 329 segg.; Wilamowitz, Aristoteles u. Athen, II, Berlino 1893, p. 145 segg.; Busolt-Swoboda, Griechische Staatskunde, II, Monaco 1926, p. 868 segg.; V. Costanzi, Le costituzioni di Atene e di Sparta, Bari 1927, p. 26 segg.; G. Glotz, Histoire grecque, I, Parigi 1925, p. 467 segg.; H. Francotte, La polis grecque, Paderborn 1907, p. 38 segg.