COGNETTI DE MARTIIS, Salvatore
Nato a Bari il 19 genn. 1844 da Raffaele, commerciante, e da Clorinda de Martiis (il cui cognome unì a quello paterno), studiò presso l'università di Pisa, segnalandosi ancora studente per alcune collaborazioni alla rivista letteraria fiorentina La Gioventù, ispirata da R. Lambruschini ed A. Conti.
La rivista, il cui primo numero uscì nel gennaio 1862, era la continuazione del periodico La Famiglia e la scuola, promosso dal medesimo Lambruschini nella veste di ispettore generale delle scuole toscane. Il C. vi pubblicò la recensione Di un discorso critico sulla legge storica e sull'odierno momento filosofico e politico del pensiero italiano,del dott. Pietro Siciliani, professandosi seguace della filosofia della storia del Vico - il primo ad aver colto "la determinazione [dello spirito] in se stessa, cioè il vero esistente in sé e fuori del tempo e dello spazio" (I, [1862], 2, p. 445). Anche nella recensione degli Elementi di economia politica di C. Rusconi ribadiva i propri orientamenti speculativi, apprezzando nel libro "la corrispondenza fra la Economia e la Filosofia della storia", e rilevando come, fra le varie scuole economiche, "l'italiana si elevi pel carattere filosofico che sa dare a' suoi lavori" (II [1863], 3, p. 405). Vi pubblicò anche il testo di un discorso in commemorazione del Terzo anniversario della morte del conte di Cavour (tenuto a Pisa il 4 giugno 1864), in cui non mancava un riferimento alle "mene clericali", che "svaniscono innanzi al principio della libertà di coscienza" (III [1864], 6, p. 154). A una posizione di fermo laicismo il C. sarà fedele per tutta la vita.
Non ancora laureato, pubblicava il suo primo lavoro monografico, Delle attinenze tra l'economia sociale e la storia (Firenze 1865), dedicandolo a S. Centofanti, allora rettore dell'università di Pisa.
Il C. parte dalla considerazione che il processo di formazione di una scienza vada studiato tanto dal lato della formulazione delle sue leggi, quanto dal lato del rapporto con le altre scienze; di qui l'occasione per un esame dei rapporti fra economia e storia. Storicistica (e sociologizzante) è in effetti la definizione stessa della scienza economica: "Come concepire lo scambio, il valore, il lavoro, facendo astrazione dallo stato sociale?" (p. 18). Dopo un cenno sull'evoluzione degli istituti giuridici, man mano che procede l'evoluzione dei rapporti economici, il C. si diffonde sulla "legge del progresso economico", caratterizzata dall'alternanza dell'elemento "conservatore" con quello "novatore" (p. 50). La seconda parte dell'opera riassume le varie posizioni degli economisti, da Smith a Whately a Rossi a Destutt, intorno al rapporto fra scienze sociali e scienze fisiche. Merito di A. Smith è, per il C., di aver posto a fondamento dell'economia politica "non le cose, ma le azioni, non i fatti fisici, ma i fatti umani... Infatti Smith non parte già dalla terra, o dal danaro, ma dal lavoro umano..." (p. 76). Se l'economia è scienza dell'uomo, ciò significa che il suo laboratorio è la storia; i fatti economici "li abbiamo sempre dinnanzi, mercé l'aiuto della storia" (p. 96). In polemica con gli esponenti della scuola storica tedesca, il C. ritiene però che i fatti economici non siano tutti accidentali, ma si dividano in tre categorie: quelli che "si manifestano in qualsiasi società umana, non appena questa si formi"; quelli che "richieggono che questa società prenda una forma qualsiasi di politico reggimento"; e quelli infine che "assumono aspetto differente secondo le speciali condizioni e l'indole propria di una nazione" (p. 105). Implicita è la visione di una scienza economica le cui leggi si complicano man mano che la vita economica si evolve verso forme più articolate.
Dopo essersi laureato e aver combattuto nel 1º reggimento dei volontari garibaldini a Monte Suello e a Condino nella terza guerra d'indipendenza, il C. divenne direttore delle scuole municipali e (dal dicembre 1867) professore di economia politica nell'istituto industriale e professionale di Bari. Inaugurava le lezioni con un discorso su La scienza economica nell'educazione civile (Bari 1869) in cui, oltre a riprendere temi trattati precedentemente, si diffondeva sui "prodigi della cooperazione" e sulle "facoltà morali" necessarie per svolgere con successo l'attività economica.
Nel 1868 si trasferiva a Mantova, dove insegnò economia politica nell'istituto industriale e professionale. Si aprì per il C. un decennio di intensa attività scientifica e giornalistica, caratterizzata in economia da un liberismo duttile e sensibile ai problemi del mondo del lavoro, e in politica da un liberalismo ispirato all'insegnamento cavouriano. Si legava intanto di filiale affetto con il patriota ed economista mantovano G. Arrivabene, conosciuto a Firenze nel gennaio 1866, la cui figura esaminerà in due studi biografici: Economisti contemporanei italiani: G. Arrivabene, in Giorn. degli econ., serie padovana, I (1875), pp. 302-14; 374-84, e Commemoraz. del sen. G. Arrivabene letta nella tornata del 15 genn. 1882, in Atti e mem. dell'Accad. Virgiliana, XV (1882), pp. 3-30.
Nel discorso inaugurale dell'insegnamento a Mantova, Gli studi economici in Italia (Bari 1869), il C. raffigura sinteticamente l'evoluzione della scienza economica del nostro paese da G. Scaruffi ai propri giorni. Anche qui l'analisi è incentrata sul rapporto fra l'economia e le altre scienze. Il C. critica il tentativo di sintesi fra economia e storia operato da M. Gioia nel suo Nuovo prospetto delle scienze economiche, in quanto "la storia non fu per lui che una specie di grande archivio dal quale raccoglieva i documenti a seconda dell'occorrenza" (p. 16). Così, a proposito della divisione del lavoro, mentre l'esempio della fabbrica di spilli fatto da Smith ben rappresenta la specificità del fenomeno, quello dell'alveare recato dal Gioia abbassa "la persona... al livello del bruto [rende] l'intelligenza imitatrice dell'istinto" (p. 18). È da notare che questa stessa critica, di aver cancellato la differenza fra attività istintiva animale e attività razionale umana, sarà mossa proprio al C. quando pubblicherà le Forme primitive nella evoluzione economica. L'indirizzo eclettico del C. emerge anche dalla conferenza mantovana L'economia sociale e la famiglia, edita dal Treves nella collana divulgativa "La scienza del popolo", (Milano 1869): le leggi economiche non contrastano con le leggi morali e quindi con l'istituto familiare, purché vengano promosse misure di tutela e miglioramento delle condizioni delle classi lavoratrici. Di qui la simpatia del C. per il paternalismo illuminato di imprenditori come il de Larderel, il Ginori, il Rossi, e altri. Concetti analoghi - espressi anche in funzione antisocialista - ricorrono nelle due conferenze Sullavoro,sul risparmio e sulla previdenza (Mantova 1870) e Vi è una questione sociale? (Mantova 1872). Maggiore impegno speculativo riveste l'opuscolo Una teorica economica della espropriazione forzata. Lettera al prof. A. Errera (Mantova 1874). Dal punto di vista economico, la proprietà è "l'appagamento de' bisogni di una persona mercè l'utilità di una cosa; in altre parole, una proporzione o rapporto di convenienza tra bisogno e bene" (p. 20). Dal punto di vista giuridico, invece, la proprietà è pur sempre una "proporzione", ma fra persone (il proprietario e i non proprietari) nei confronti della cosa. "La proporzione giuridica serve a garantire il rapporto economico". Contro le teorie assolutistiche del diritto di proprietà, e contro le teorie statalistiche che giustificano l'espropriazione con l'autorità dello Stato (Ahrens, Wagner, ecc.), il C. sostiene una propria teoria dell'espropriazione forzata come "trasformazione di valore": "il proprietario ... dopo la espropriazione ha lo stesso valore di prima sotto altra forma" (p. 27). La funzione dello Stato è soltanto quella di "vegliare perché le proporzionali personali e reali si serbino sempre inalterate" (p. 35), assicurando il permanere dell'"equilibrio sociale" con una legislazione ispirata al "diritto economico della libertà" (p. 43).
Il 31 ott. 1870 il C. diventava direttore della Gazzetta di Mantova, quotidiano ufficiale della prefettura, scrivendo numerosi editoriali su questioni non soltanto locali, ma nazionali e internazionali.
Si vedano, fra gli altri: La nuova questione romana, 3 e 4 nov. 1870; Mantova e la tassa sui fabbricati, 5 e 9 dic. 1870; Le colonie agricole, 21 e 27 dic. 1870; La relazione dell'on. Bonghi, 24 e 26 genn. 1871 (sulla legge delle guarentigie); La voce di un economista e la questione alimentare, 7 nov. 1871 (con una lettera di G. Arrivabene); Il papa e la stampa clericale, 17 nov. 1871 (contro l'intransigente don Margotti), ecc. Il C. ingaggiò vivaci polemiche giornalistiche con A. Mario, il garibaldino direttore del periodico democratico La Provincia, e con il foglio internazionalista La Favilla.
Nel novembre 1873 il C. sostenne con articoli la campagna a favore dell'elezione popolare dei parroci, già prevista in un progetto di legge del 1864e allora ripresa negli ambienti cattolico-liberali mantovani. Questa ed altre posizioni del C. - che suonavano critiche nei confronti del governo, giudicato remissivo di fronte all'intransigenza delle gerarchie ecclesiastiche locali - provocarono un intervento del prefetto di Mantova G. Millo, che costrinse il C. alle dimissioni (19 maggio 1874). Il C. fondò allora un quotidiano proprio, Il Monitore mantovano, decisamente anticlericale (vedi Il misfatto di Kissingen, 17 luglio, a proposito dell'attentato di un ultrà cattolico a Bismarck; e Il prefetto e il vescovo, 24 luglio, su un incontro fra il Millo e l'intransigente vescovo di Mantova P. Rota), e aperto alla questione sociale (si vedano le lettere del C. all'operaio Luigi Celli sul salario e il socialismo, 7, 9, 10, 12 e 13 giugno 1874).
Il giornale cessò le pubblicazioni il 21 ag. 1874, e il C. passò alla redazione economica della Perseveranza, dal 1866 al 1874 diretta da R. Bonghi, di cui il C. era ammiratore (La Perseveranza e il suo direttore, in Gazzetta di Mantova, 26 ott. 1871).
Agli anni fra il 1873 e il 1879 risalgono gli interessi del C. per i problemi monetari, soprattutto degli Stati Uniti.
In una serie di lettere a G. Arrivabene, pubblicate sulla Gazzetta di Mantova e raccolte nell'opuscolo Ilriordinamento della circolazione cartacea durante il corso forzoso (Mantova 1873), il C. aveva raffrontato la disciplina italiana dell'emissione cartacea dopo il 1866 con il sistema varato dall'amministrazione Lincoln nel 1862 (al presidente americano il C. dedicherà un profilo biografico: Abramo Lincoln, Mantova 1873). Nel 1876 scrisse La circolazione della ricchezza negli Stati Uniti, introduzione alla Scienza della ricchezza di Amasa Walker per la Biblioteca dell'economista (s. 3, I, Torino, pp. 47-151, diffondendosi in una minuziosa trattazione del National Bank Act del 1874 sulla circolazione cortacea basata sui biglietti di Stato o greenbacks. Sulla Perseveranza pubblicò una serie di articoli divulgativi sulla geografia, la storia e l'economia americana, Gli Stati Uniti d'America nel 1876 (in opuscolo, Milano 1877), dedicandoli al generale Francis A. Walker, figlio dell'economista e direttore del censimento americano del 1870. Sul medesimo giornale pubblicò, inoltre, alcuni articoli sul Nuovo patto dell'Unione monetaria latina (in opuscolo, Torino 1879), ripercorrende le vicende dell'accordo del 1865 fra Francia, Italia, Belgio e Svizzera (cui in seguito aderì la Grecia) alla luce delle modifiche del 1874 e 1878. Ricostruendo il dibattito in Francia e in Belgio fra sostenitori del monometallismo aureo (De Parieu, Frère Orban, ecc.) e sostenitori del bimetallismo (Cernuschi, a cui aveva dedicato il saggio Economisti contemporanei italiani: E. Cernuschi, in Giorn. degli econ., ser. padovana, II (1876), pp. 381-402; 440-67). Il C. risulta essere in sostanza un monometallista moderato (pp. 7-17), difensore però del privilegio, accordato nel 1878 all'Italia, di coniare nuovi spezzati d'argento di piccolo taglio al posto dei "lerci biglietti" di carta (pp. 36-48). Non manca un cenno al sistema americano (pp. 55-57).
Il 1º genn. 1878, in quanto vincitore di concorso, venne chiamato alla cattedra di economia politica dell'università di Torino, dove insegnerà fino alla morte, affermandosi come il principale economista della scuola positiva, e in particolare come un pioniere della ricerca economica d'équipe inItalia.
Nella lezione inaugurale, tenuta il 7 genn. 1878 (Forme e leggi delle perturbazioni economiche, in Giorn. degli econ., ser. padovana, IV (1878), pp. 431-52), il C. poneva in relazione la crisi della scienza economica corrente, da lui identificata con l'economia "ricardiana", con la depressione economica internazionale apertasi nel 1873, per la quale mancava una spiegazione univoca. Di qui, secondo il C., l'esigenza di un approccio storico ed empirico ai fenomeni del mercato. Ilprimo studio di largo respiro del C. è però il volume Le forme primitive nella evoluzione economica (Torino 1881), in cui, partendo dalla definizione aristotelica di "economia naturale" e rivalutando il citato esempio gioiano dell'alveare, si diffonde sul "parallelismo tra la vita economica degli animali e quella degli uomini" (p. 55). Affronta quindi l'antropologia economica, soffermandosi sulla "vita economica delle razze inferiori" e sulla loro organizzazione. Passa poi ai sistemi economici dell'antichità, utilizzando una vastissima letteratura, assai eterogenea (vi è anche il Marx degli scritti sulle comunità antiche e sulle origini del rapporto di scambio: pp. 247 e 457-461). Nonostante che il C. distinguesse fra "funzione economica", presente anche negli animali, e "fatto economico", peculiare dell'uomo, le sue tesi si prestavano all'accusa di cancellare ogni hiatus fra mondo animale e società umana, provocando la reazione dell'economista di scuola ferrariana T. Martello (in Giornale degli economisti, serie padovana, XXII [1891], giugno, pp. 554-78; luglio, pp. 17-39; agosto, pp. 93-125; settembre, pp. 193-217).
Anche nello scritto metodologico L'economia come scienza autonoma (in Giornale degli economisti, n. s., I [1886], 2, pp. 166-203) il C. insisteva nell'affermare che "il fondamento della sociologia tutta quanta e quindi dell'Economia è nella Biologia, perché la socievolezza non è caratteristica dell'uomo soltanto e la legge della conservazione dell'esistenza è quella che determina lo svolgimento della vita economica" (p. 190). In polemica con il Loria, che nel saggio su Carlo Darwin e l'economia politica aveva sostenuto l'eterogeneità fra lotta di classe e lotta per l'esistenza, il C. ribadisce la propria visione darwinistico-sociale.
Della materia esposta nelle Forme primitive il C. sviluppò in vari studi successivi quella relativa ai sistemi economici dell'antichità, sorretto da una singolare erudizione filosofica e filologica classica e orientale. Preceduto da vari saggi preparatori (Il fondamentostorico di una leggenda italica, in Memorie della R. Accad. delle scienze di Torino, s. 2, XXXVIII [1888], pp. 404-25, Un socialista cinese del Vsec. a. C. (Mih-Teih), in Memoriedella R. Accad. dei Lincei, classe di scienze mor., st. 12 fil., s. 4, III [1888], pp. 36 ss.; L'istituto pitagorico, in Atti della R. Accad. delle scienze di Torino, XXIV [1889], pp. 208-25), uscì Socialismo antico. Indagini (Torino 1889), dedicato a L. Luzzatti.
Lo scopo dell'opera era ricercare "l'intrinseca razionalità" delle "utopie socialiste", intese come "prodotto dello spirito determinato a foggiarle dall'ambiente in cui si ritrova" (p. 7). A questo scopo il C. esaminava le varie versioni, occidentali e orientali, della ricorrente leggenda dell'età dell'oro, le forme di "socialismo cenobitico" nella Magna Grecia, le esperienze di "socialismo radicale" a Megara nel sec. VI a. C., l'utopia platonica e le critiche rivolte ad essa da Aristofane e Aristotele. In una lettera al C., M. Pantaleoni definiva il libro "un capolavoro... Con esso sei riuscito a fare un gran bel solco nella Storia dell'Economia". Anche A. Salandra ne parlò favorevolmente (Socialismo antico, in Politica e legislazione, Bari 1915, pp. 285-313); mancò invece lo sperato riconoscimento dell'Accademia dei Lincei, che nel 1892 negò al C. il premio cui questi aspirava (in proposito il C. ebbe un lungo scambio di lettere con il Lampertico, il Messedaglia, il segretario dell'Accademia, Ferri, e lo stesso Pantaleoni).
Il ciclo di studi sul socialismo si conclude con la monografia Ilsocialismo negli Stati Uniti d'America, introd. al Progresso e povertà di H. George (ed. insieme con il Catechismo di economia politica di Hermann Schulze-Delitzsch, per la Biblioteca dell'economista, s. 3, IX, Torino 1891, pp. 1-303). Qui il C. esamina le varie forme di socialismo, "religioso" (shakers, mormoni, ecc.), "filantropico" (owenisti, fourieristi, ecc.), "radicale" (anarchici, lassalliani) e "scientifico" (George e seguaci), affermatesi nel Nuovo Mondo.
L'amore per l'antichità classica spinse il C. a studiare le commedie di Plauto, che lo attiravano anche per la rappresentazione della vita economica di Roma antica in esse contenuta (vedi Banche,banchieri e usurai nelle commedie di Plauto, in Giorn. degli economisti, ser. padovana, XXII [1891], pp. 287-309; XXIII [1892], pp. 539-74; Uno schema socialistico nell'"Aulularia", di Plauto, in Atti della R. Acc. delle scienze di Torino, XXX [1894-95], pp. 115-17).
Ma, soprattutto, su Plauto il C. esercitò il proprio estro di traduttore (Iprigionieri di guerra, Trani 1887, Il militare fanfarone, Torino 1890; Commedie, I, con prefaz. di G. Carducci, Torino 1891; La gomena (Rudens), Torino 1894). Una raccolta postuma, comprendente l'Anfitrione, gli Asini, la Pentolina e le Bacchidi uscì per Laterza, Bari 1906, sempre con prefazione di G. Carducci.
Socio nazionale dell'Accademia delle scienze di Torino (dal 26 giugno 1887), socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei, membro del Consiglio superiore di statistica, libero docente in sociologia, il C. doveva ancora, negli ultimi dieci anni di vita, dar prova delle sue capacità di organizzatore della ricerca e degli studi economici, assumendo la direzione della quarta serie della Biblioteca dell'economista e fondando il Laboratorio di economia politica di Torino.
Il C. succedeva a G. Boccardo, che nella terza serie aveva dato largo spazio alla metodologia (specie tedesca), al darwinismo sociale e al socialismo (pubblicò anche la traduzione del primo libro del Capitale). Il C. ne seguì l'indirizzo. Nell'introduzione alla quarta serie, L'evoluzione della vita economica e della coltura economica (Torino 1894), dedicata ad A. Graf e a G. Bizzozero, e che rappresenta una summa del suo pensiero, il C. distingueva fra i "fenomeni economici considerati nella loro obiettiva realtà" e i "fenomeni della vita economica, quando siano obietto dell'attività psichica individuale e collettiva e trasparente riferimento alla metodologia da lui stesso seguita rispettivamente nelle Forme primitive e in Socialismo antico. Anche in Formazione,struttura e vita del commercio, introduzione al Manuale di geografia commerciale di C. De Scherzer (Biblioteca dell'economista, s. 4, II, 1, Torino 1898, pp. 1-144), il C. riprendeva precedenti considerazioni in tema di "costanza di struttura di un fenomeno" e sviluppava le proprie tesi sull'origine storica del baratto e dello scambio. Ad esse replicò - in modo non sfavorevole per il C. - M. Pantaleoni, con il saggio L'origine del baratto. A proposito di un nuovo studio del C., in Giorn. degli economisti, serie padovana, XXX [1899], maggio, pp. 433-66; giugno, pp. 521-38; luglio, pp. 14-30; XXXI [1900], gennaio, pp. 14-39; febbraio, pp. 133-54; aprile, pp. 314-36 (ristampato in Studi storici dieconomia, Bologna 1936, pp. 33-216).
Accanto a questi studi in cui il positivismo veniva assunto a base di considerazioni teoriche, il C. andò sviluppando, specialmente negli ultimissimi anni, una produzione di carattere empirico-descrittivo, soprattutto in tema di commercio, industria e lavoro. Anche questo filone non era per lui nuovo. Per l'Enciclopedia delle arti e industrie diretta da R. Pareto e G. Sacheri aveva redatto una minuziosa voce sull'Industria italiana (IV, Torino 1885, pp. 378-408); si era inoltre occupato, sia pure incidentalmente, di questioni attinenti l'informazione industriale (L'Esposizione di Zurigo, in Nuova Antologia, 1º nov. 1883, pp. 74-90) e l'istruzione tecnico-professionale (La politica economica italiana a proposito di una recente pubblicazione,ibid., 16 marzo 1888, pp. 280-91). Gli scritti degli ultimi anni rappresentano però uno sforzo organico di tradurre in pratica i principî metodologici del positivismo: la cura - quasi, diremmo, il culto - per il dato di fatto empirico soverchia ogni tentativo di teorizzazione economica, e finisce con lo spingere il C. su posizioni ben più radicali di negazione delle leggi economiche, di quelle, pur eclettiche, espresse negli scritti metodologici giovanili. Si vedano Il sistema di mercede a scala mobile nella inchiesta inglese sul lavoro, in Atti della R. Accad. delle scienze di Torino, XXVIII (1892), pp. 161-68; Le più recenti indagini statistiche sugli scioperi, in Memorie della R. Accad. delle scienze di Torino, s. 2, XLIV (1893), pp. 1-20; Idue sistemi di politica commerciale, in Biblioteca dell'economista, s. 4, I, 1-2, Torino 1896-97; e il postumo La mano d'opera nel sistema economico,ibid., V, Torino 1901. Si tratta di lavori in cui si avverte nondimeno il clima di rigoroso impegno di ricerca che il C. seppe creare con il Laboratorio di economia politica, nato nel 1893 per scissione dall'Istituto di esercitazioni nelle scienze giuridico-politiche.
Già l'aver scelto la denominazione di "laboratorio" per il nuovo istituto - ospitato in locali concessi dal laboratorio di patologia del Bizzozero e dal Laboratorio di medicina legale del Lombroso - suonava programmatico. Ad esso potevano essere ammessi, previo pagamento di una tassa, come allievi "gli studenti universitari e gli allievi ingegneri del Museo industriale di Torino", e come soci residenti i laureati e le persone che, pur non avendo titoli accademici, intendessero svolgere attività di ricerca "positiva" nell'economia. Interessante era il collegamento con il Museo industriale, fondato nel 1862 da G. Devincenzi sul modello del South Kensington Museum, allo scopo di conservare utensili e macchinari acquistati dall'Italia all'Esposizione universale di Londra di quell'anno, ma sviluppatosi in seguito con gli annessi laboratori di chimica e fisica industriale e con corsi universitari della R. Scuola di applicazione per gli ingegneri (successivamente, nel 1906, le due istituzioni avrebbero dato vita al Politecnico di Torino).
Il C. tenne presso il Museo l'incarico di economia e legislazione industriale, disciplina prevista al terzo anno del corso per allievi ingegneri industriali. Il collegamento fra Laboratorio e Museo si mostrò fecondo, come è testimoniato dalla progressiva crescita del numero degli allievi e dei soci, e soprattutto dall'elevata qualità di essi, fra i quali spiccano i nomi di L. Einaudi, P. Jannaccone, G. Solari, L. e A. Albertini, E. Masè-Dari, A. Graziadei, C. Supino. "Il Laboratorio non era una biblioteca né una setta", ricorda Einaudi in una commossa rievocazione del C. (1901). "Non era una biblioteca perché i libri erano accessibili a tutti ed a renderli ancora più utili giovava la cortesia del direttore, sempre pronto a fornire indicazioni preziose sui modi di trovare ciò che da mani spesso inesperte si sarebbe trovato invano. Non era una setta, perché il direttore non imponeva le sue idee a nessuno, lasciandoci liberi tutti di abbracciare le dottrine che a ciascuno più talentavano". Ed Einaudi prosegue nel descrivere l'atmosfera delle "adunanze domenicali in cui si leggevano e si discutevano i lavori compiuti nel Laboratorio", e "l'imparzialità, che poteva sembrare indifferenza da presidente di Corte d'Assise, ed era invece dettata dall'amore alla istituzione sua", con cui il C. moderava il dibattito. Il frutto dell'attività dei membri del Laboratorio consisté in numerosissime pubblicazioni, talune delle quali ancor oggi ricordate (Un principe mercante di L. Einaudi; La produzione capitalistica di A. Graziadei, ecc.). Pubblicarono studi anche un fratello del C., Leonardo, medico di marina e libero docente di psichiatria (Gl'infortuni sul lavoro..., Torino 1896), e un figlio del C., Raffaele, giurista (La rappresentanza nello sciopero, Bari 1897).
L'iniziativa più importante alla quale il Laboratorio prese parte, vivente il C., fu il concorso all'allestimento dell'Esposizione nazionale di Torino del 1898. Nella nona divisione dell'Esposizione, "Italiani all'estero", il Laboratorio curò la messa a punto di uno stereogramma dell'emigrazione italiana, di una carta mineraria mondiale, di una carta commerciale dell'Italia, di un diagramma dell'emigrazione europea in America, oltre a numerosi grafici sull'economia italiana e torinese. Non ebbe successo, invece, la proposta del C. di indire un congresso internazionale di legislazione sociale in quella sede (Perun congresso int. di legisl. soc. in Torino nel 1898. Lettera all'on. Tommaso Villa,presid. del comitato esecutivo per l'Esposiz. naz. italiana del 1898, Torino 1897). Con regio decreto del 17 marzo 1901, n. 121, il Laboratorio veniva riconosciuto come "istituto scientifico annesso simultaneamente all'Università e al Museo industriale".Il C. morì a Torino l'8 giugno 1901. Un decreto del 24 agosto intitolava il Laboratorio al suo nome.
Fonti e Bibl.: Carte Cognetti de Martiis, conservate a Venezia presso gli eredi; P. Jannaccone, S. C. de M., in Bibl. dell'economista, s. 4, V, Torino 1901, pp. CLXXXIII-CCVII (app. a La mano d'opera nel sistema economico); E. Masè Dari-E. Magrini, S. C. de M. e le sue opere, in Rif. sociale, X (1901), pp. 700-07; Nemi, Tra libri e riviste - S. C. de M., in Nuova Antologia, 16 luglio 1901, pp. 359-60 (riproduce una commem. di C. Ottolenghi), G. Albonico, Comm. del socio S. C. de M., in Arti e mem. della R. Accad. Virgiliana di Mantova, XXXIV (1901-1902), pp. 29-74; G. Mosca, S. C. de M., in Ann. della R. Univ. di Torino per l'a. acc. 1901-1902, pp. 1-8 dell'estratto; L. Einaudi, S. C. de M. [1901], rist. in Gli ideali di un economista, Firenze 1921, pp. 11-22; G. Carano Donvito, S. C. de M., in Economisti di Puglia, Firenze 1956, pp. 401-25. Sui contrasti religiosi a Mantova nel 1874 vedi F. Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, Bari 1962, pp. 251-258. Si veda inoltre: G. Devincenzi, Dell'insegnamento tecnico superiore e del Museo ind. di Torino, in Nuova Antologia, 1º giugno 1878, pp. 477-502; Statuto del Laboratorio di econ. pol. della R. Università di Torino, in Giorn. d. econ., n. s., IX (1894), pp. 2 f. t.; S. Cognetti De Martiis, Il Laboratorio di econ. pol. …, Torino 1895, passim; Labor. di econ. pol. ... anno scol. 1897-98, Torino 1898, passim; R. Università e R. Museo Industriale in Torino, Il Laboratorio ... all'Esposizione naz. del 1898, Torino 1898, passim; Calendario gen. del R. d'Italia del 1899, Roma 1899, ad vocem; C. Pogliano, C. de M. Le origini delLaboratoriodi economia politica, in Studi storici, XVII (1976), 3, pp. 139-68.