Colombia
Cent'anni di instabilità
La Colombia, protagonista dei romanzi di Gabriel García Márquez, è uno splendido paese ricco di risorse e di possibilità, ma ancora sconvolto dagli effetti della colonizzazione. Disuguaglianze sociali, differenze di sviluppo regionale, difficoltà di collegamento, divisioni politiche, produzioni finalizzate alle esportazioni, ingerenze straniere: l'incertezza non aiuta la crescita
La parte occidentale della Colombia è occupata dalle Ande; la parte orientale è una pianura dove scorrono grandi fiumi. Seguendo il corso del Magdalena, i conquistadores penetrarono nel paese, nel 1539, alla ricerca di Eldorado, la leggendaria città dai palazzi d'oro. Gli Spagnoli annientarono gli indigeni, che avevano un'agricoltura evoluta e città-Stato ben organizzate.
La popolazione è scarsa nelle foreste, estese su metà del paese grazie al clima caldo e umido; è concentrata, invece, intorno alla capitale Bogotà e a città come Medellín, Cali e Cartagena, considerata dall'UNESCO 'patrimonio storico dell'umanità'.
In grandi piantagioni si coltivano caffè, cacao, banane per l'esportazione; in piccoli appezzamenti i prodotti per l'alimentazione locale. Molti contadini coltivano illegalmente la coca (80% della produzione mondiale).
La Colombia è ricca di risorse minerali: carbone, petrolio, nichel, argento, smeraldi. La raffinazione del petrolio è una delle principali industrie, con la metalmeccanica e la tessile (famosi i coloratissimi tessuti tradizionali).
Liberatasi dal dominio spagnolo nel 1819 ‒ insieme al Venezuela e all'Ecuador, dai quali si separò nel 1831 ‒ la Colombia assunse la sua configurazione attuale nel 1903, quando da essa si staccò la provincia di Panama. Sin dalle sue origini la Colombia è stata teatro della violenta lotta tra liberali e conservatori, che in due fasi (1899-1902 e 1947-57) sfociò in aperta guerra civile, provocando centinaia di migliaia di morti.
Nel 1957 i due partiti decisero di governare insieme il paese e questa soluzione, applicata per circa trent'anni, contribuì a pacificare la vita politica della Colombia, ma non risolse il suo problema di fondo, cioè il forte squilibrio sociale tra un piccolo numero di grandi proprietari terrieri e una massa di contadini poveri ed estranei alla vita dello Stato. Il permanere di tali problemi favorì la nascita, negli anni Sessanta, di alcuni movimenti guerriglieri che si ispiravano al maoismo o al castrismo, la cui azione rivoluzionaria ‒ contrastata brutalmente da formazioni paramilitari di estrema destra ‒ precipitò nuovamente la Colombia nel caos. A partire dagli anni Ottanta, inoltre, si sviluppò una serie di organizzazioni criminali dedite alla produzione e al commercio della droga (i narcos, o narcotrafficanti), che si unirono in potenti gruppi (detti cartelli) e si dotarono di veri e propri eserciti privati.
Negli ultimi decenni le autorità della Colombia hanno cercato di fronteggiare queste due gravi emergenze. Con i gruppi guerriglieri sono state avviate trattative ‒ che in alcuni casi hanno dato esito positivo ‒ per convincerli ad abbandonare la lotta armata e a partecipare alla normale vita politica. Per quanto riguarda i narcos, invece, è stata sviluppata una dura azione repressiva, che ha permesso di sgominare i famigerati cartelli di Medellín e di Cali. Ma la sopravvivenza di alcuni gruppi guerriglieri, la resistenza di molti contadini all'espianto delle piantagioni di coca e i persistenti squilibri sociali fanno sì che in Colombia permanga una situazione di instabilità.