colonizzazione
Dalla madrepatria partono nuovi insediamenti
Con il termine colonizzazione si intende la riduzione a colonia di territori geograficamente lontani, che vengono adattati in modo da accogliere cittadini provenienti dalla madrepatria e rendere utilizzabili le risorse locali. La colonizzazione antica e quella moderna sono però differenti: gli antichi popoli colonizzatori (Fenici, Greci e Romani) trasferivano nuclei di popolazione civile (i coloni) in luoghi poco abitati, che lì riproducevano le istituzioni e i costumi della città di partenza.
In età moderna, invece, vennero definite colonie i paesi africani, americani o asiatici su cui uno Stato europeo stabiliva con mezzi militari la propria sovranità e dei quali intendeva sfruttare a proprio vantaggio ogni bene. Mentre nelle colonie antiche, dunque, i cittadini instauravano stretti rapporti di civiltà con la madrepatria, in quelle moderne, fatta eccezione per alcuni comportamenti civilizzatori con finalità religiose o etiche, prevalse una modalità aggressiva di sottomissione degli indigeni e di sfruttamento delle risorse locali per gli interessi della potenza colonizzatrice.
I Fenici fondarono molte colonie sul Mediterraneo, tra le quali Cartagine, creata verso l’814 a.C. I Cartaginesi oltrepassarono poi le Colonne d’Ercole e fondarono una serie di centri sulle coste atlantiche dell’Africa. Della colonizzazione fenicia fu caratteristica l’assoluta indipendenza dalla madrepatria e generalmente lo scarso numero di abitanti. Le attività delle colonie erano prevalentemente commerciali, ma in alcuni centri (tra cui Utica e Cartagine) non mancò lo sviluppo dell’agricoltura.
Dopo una prima fase di precolonizzazione, basata sulla ricerca di materie prime e sullo scambio di prodotti finiti, il maggiore impulso colonizzatore da parte dei Greci si ebbe tra l’8° e il 5° secolo a.C., per esigenze demografiche, commerciali e agricole. La fondazione di una colonia (apoikìa) veniva decisa ufficialmente da una pòlis promotrice, che affidava il compito a una spedizione. I coloni riproducevano poi nei nuovi luoghi le istituzioni della madrepatria, ma erano completamente autonomi sul piano politico.
La colonizzazione dell’Italia meridionale peninsulare tra il 7° e il 5° secolo fu talmente fiorente dal punto di vista culturale che le odierne Calabria e Lucania si guadagnarono il nome di Magna Grecia. In età ellenistica si ebbe infine, in seguito alle conquiste di Alessandro Magno, una nuova colonizzazione verso l’Asia e l’Egitto, che consistette nella fondazione di colonie militari, per controllare le regioni più inquiete.
I Romani seguirono per molti versi il modello greco di colonizzazione, nei riti e nelle procedure. Le motivazioni furono inizialmente soprattutto l’eccesso di popolazione e le lotte intestine che spingevano all’emigrazione. A differenza di quelle greche, però, le colonie romane mantennero un carattere più unitario e organico. La fase più importante di espansione coloniale ebbe inizio con l’estensione del dominio di Roma sul mare e con la creazione delle province.
Dopo le forme di colonizzazione medievale (quella araba, da Oriente a Occidente, e quella delle Crociate e delle Repubbliche marinare, in direzione opposta), la versione moderna coincide sostanzialmente con la storia del colonialismo, ovvero con la tendenza espansionistica e dominatrice da parte delle potenze europee e successivamente di Stati Uniti e Giappone. Una fondamentale differenza rispetto al passato, oltre a quelle già messe in luce, fu rappresentata, a partire dal Cinquecento, dal raggio d’azione mondiale e questo fu possibile grazie alle esplorazioni geografiche (scoperte geografiche) e alla scoperta delle Americhe.
Dopo il processo di decolonizzazione, avviato al termine della Seconda guerra mondiale, rimasero, tra le ex colonie e le grandi potenze, forti vincoli di interdipendenza economica, che rientrano nel quadro dell’odierna globalizzazione.