colpa
Ciò che si prova disubbidendo a una regola morale, giuridica o religiosa
La colpa è il risultato di una cattiva azione: l'aver fatto qualcosa di male (oppure non aver fatto qualcosa di buono) infrangendo una legge morale, giuridica o religiosa. Il senso di colpa, studiato dalla psicologia, nasce dalla consapevolezza del male commesso e implica il riconoscimento che la regola da noi violata è giusta e valida
"Non è colpa mia!", o ‒ più spesso ‒ "È colpa sua!" sono tra le prime frasi che i bambini dicono. La colpa corrisponde all'idea che qualcuno abbia fatto qualcosa di male. Tuttavia, decidere quali siano le colpe e chi sia di volta in volta il colpevole è molto difficile.
Ci sono tanti tipi di colpa: quella reale, per aver fatto ‒ o aver mancato di fare ‒ qualcosa di concreto (per esempio aver maltrattato qualcuno, oppure aver mancato di dare aiuto a qualcuno); e quella di fantasia, per aver pensato, o solo desiderato di fare qualcosa di cattivo. C'è poi la colpa intenzionale, che è la conseguenza di qualcosa fatto volontariamente ("L'hai fatto apposta!"), e quella in cui l'azione dannosa accade invece per caso, per sbaglio. Tuttavia, ci possiamo sentire in colpa anche se il gesto dannoso non era intenzionale (per esempio, rompere un oggetto per distrazione).
In ogni civiltà, anche nelle più antiche, ci sono delle leggi da rispettare e chi le infrange è ritenuto colpevole e merita una punizione. Così come in ogni religione c'è una divinità alla quale bisogna chiedere perdono per i propri peccati. La colpa, quindi, è un problema che riguarda la legge, la morale e la religione; ma ha anche una dimensione psicologica, che si esprime nel senso di colpa.
Se il concetto di colpa nel senso giuridico, morale e religioso esiste sin dall'antichità, è stato il padre della psicoanalisi Sigmund Freud a darne un'approfondita interpretazione psicologica. Nella prima infanzia sono i genitori a stabilire ciò che è bene e ciò che è male, a impartire proibizioni e castighi. Man mano che cresciamo, queste norme di comportamento divengono qualcosa di nostro, di interiore; non ci limitiamo più a fare o non fare determinate cose perché qualcuno ce le indica come proibite, ma perché ci sembra giusto. È la cosiddetta 'voce della coscienza', il nostro senso morale (come il Grillo parlante di Pinocchio!), che la psicoanalisi chiama Super-io.
È importante considerare che dapprima si ubbidisce alle regole essenzialmente per la paura di un castigo o per il timore di perdere l'amore delle persone dalle quali dipendiamo: i genitori, gli insegnanti, più in generale gli adulti che sono per noi un importante punto di riferimento. Con la crescita e la maturità psicologica, quando siamo arrivati a riconoscere le regole come nostre e come giuste in sé, se non le rispettiamo proviamo invece un vero senso di colpa; sentiamo cioè il dispiacere di aver fatto del male o di aver danneggiato qualcuno.
La distinzione più interessante che introduce la psicoanalisi è però quella tra sensi di colpa consci e sensi di colpa inconsci; a volte, infatti, proviamo dispiacere perché ci rendiamo conto di aver fatto qualcosa di male, mentre altre volte proviamo un senso di scontentezza di noi stessi, un vago malessere che non sappiamo a cosa attribuire.
Per esempio, quando nasce un fratellino, molti bambini provano una forte gelosia e ‒ di conseguenza ‒ dei sentimenti ostili nei confronti del nuovo nato; lo vorrebbero cacciare, 'rimandare da dove è venuto', avrebbero l'impulso di aggredirlo perché lo considerano un intruso nel loro regno di affetti. Tali pensieri vengono spesso vissuti con vergogna e quindi scacciati dalla coscienza; però non si annullano; vanno a nascondersi nell'inconscio, una parte di noi molto profonda, e da lì ci tormentano, anche se non abbiamo fatto niente di reale.
I desideri aggressivi non sono affatto eccezionali; non fanno di noi dei mostri. La psicoanalisi ha avuto appunto il merito di svelare la nostra dimensione inconscia, le nostre crudeltà e le nostre paure; ci ha insegnato che è meglio conoscerle anziché nasconderle a noi stessi e agli altri; perché solo se le conosciamo senza ipocrisia possiamo dominarle e capire senza vergogna la differenza che c'è tra un desiderio cattivo e una cattiva azione.