compositio
. Costituisce nella retorica classica e medievale un momento dell'elocuzione, e cioè la dottrina concernente la disposizione delle parole nel periodo, cui è affidato perciò il perfezionamento dello stile. D., il quale fu particolarmente attento a questo aspetto della retorica, non usa mai tale termine nel De vulgari Eloquentia, dove in sostanza affronta il problema dell'elocutio (II IV ss.), e risente dell'insegnamento delle artes dictaminis e delle poetriae. Quando infatti distingue coloro che versificano casu da quelli che versificano arte, si rifà a una distinzione che troviamo testimoniata nel Candelabrum di Bene da Firenze, il quale distingue appunto la compositio in ‛ naturalis ' ‛ fortuita ', e ‛ artificialis '. E quando parla della constructionis elatio (II IV 7) che assieme alla forma metrica e all'eccellenza dei vocaboli deve accompagnare la gravitas sententiae, sembra richiamare la prerogativa che ha l'ordo artificialis nella Poetria nova di Goffredo di Vinsauf (" surgit item quaedam gravitas ex ordine solo, / quando, quae sociat constructio, separat ordo " [vv. 1051-1052], dove propriamente " constructio " è il legame sintattico e " ordo " è la disposizione figurata delle parole). Ma D., che mostra di voler indicare con constructio l'ordo, e cioè la " compositio " (assieme alla scelta dei vocaboli essa infatti presiede al perfezionamento dello stile) insiste più sulla funzione di legamento assolta da tale operazione (di qui il ricorrere dei termini che designano il " legame ", poire, aviere, ligare) che sulla licenza che l'ordo oppone alla regolarità della costruzione sintattica. In realtà D. tiene presente la dottrina della compositio, indicando quest'ultima col termine di constructio, quando in VE II VI distingue i tre gradi stilistici, esemplificandoli con tre periodi, in cui alla progressiva serietà del tema corrisponde un progressivo impegno di complessità nella disposizione delle parole.