COMPOSIZIONE
Diritto. - La composizione dei delitti è un istituto che ebbe una notevole importanza nella storia del diritto penale, e consiste nel pagamento d'una determinata indennità fatto dall'offensore all'offeso, per cui quest'ultimo si dichiara soddisfatto e desiste da ogni proposito di vendicare il torto ricevuto. In uno stadio già avanzato della civiltà troveremo l'autorità statale stessa intervenire o estendere l'uso di queste composizioni, vietando le vendette private, e presto anzi la composizione, più che fondarsi su un accordo delle parti, si fonderà sulla volontà della legge che la imporrà fissandone il modo e i termini.
Il sistema delle composizioni, ancora presentemente in uso presso alcuni popoli primitivi, fu noto già ai Greci come mezzo per sfuggire alla vendetta derivante dal delitto. Anche i Romani conobbero la composizione e il principio si trova affermato nelle XII Tavole; ma una frequente applicazione dell'istituto nel mondo romano si deve ricercare solo nell'ultimo periodo dell'Impero, quando, per il disordine e la corruzione penetrata talvolta fin nei tribunali, i cittadini preferivano spesso comporre le loro controversie piuttosto che ricorrere ai giudici. In queste composizioni ebbe larga parte l'intervento dei sacerdoti e dei vescovi, primi barlumi di quella che sarà nel Medioevo la grande autorità dei tribunali ecclesiastici.
Presso i Germani la vendetta privata, o faida, è naturale conseguenza del reato; sennonché all'offeso o alla sua famiglia già ai tempi di Tacito era lecito, anziché vendicarsi, richiedere dal reo un indennizzo, che, ove fosse stato versato, eliminava ogni ulteriore ragione di discordia. Nel caso che non fosse stato possibile raggiungere l'accordo sull'ammontare dell'indennizzo stesso, l'offeso poteva rivolgersi all'assemblea del popolo, la quale fissava allora il prezzo di composizione da pagarsi dal reo, sotto pena di esclusione dalla pace pubblica e dalla tutela della legge. Lo stato comincia così a intervenire assistendo la vittima che a lui si rivolge per giungere alla composizione. Più frequente e più sentita si fa l'opera dell'autorità statale in questa materia dopo che, in seguito alle invasioni e sull'esempio romano, lo stato germanico si organizza e si rafforza. Mentre alcuni reati maggiormente pericolosi per la tranquillità sociale vengono riguardati come reati pubblici e come tali puniti direttamente dallo stato, per altri continua a esistere l'antica faida, ma questa viene sempre più limitata dall'estendersi dell'uso della composizione voluta dalle leggi. Se diamo, infatti, uno sguardo sia pur rapido alle diverse leggi barbariche, dalla legge salica a quella longobarda e alle altre, troviamo la vendetta ripetutamente combattuta e lunghe liste di reati con a fianco fissato il tasso di composizione per ogni caso. L'offensore non potrà pretendere dall'offeso per far cessare la faida più di quanto la legge stabilisce, ma le due parti potranno eventualmente mettersi d'accordo anche per un prezzo di composizione inferiore a quello legale.
Nel concetto di composizione intesa in largo senso viene compreso: il guidrigildo, come i germani chiamarono la composizione per il reato di omicidio; le composizioni in senso proprio o multe per i reati univoci, quali ingiurie, ferite e offese diverse; il fredo o prezzo della pace, composizione dovuta al fisco per l'offesa armata all'ordine pubblico e per l'opera svolta dallo stato onde riportare la tranquillità, e infine il banno, da pagarsi al sovrano per riottenere quel diritto alla pace e alla tutela che si sia perduto con l'aver disobbedito a un suo ordine. Nello scopo della composizione germanica si ritrova dominante l'idea di risarcire il danno materiale arrecato dal delitto, ma non questo soltanto, poiché non esula dalla composizione invero anche l'intenzione di punire il reo; e basta a dimostrare ciò il fatto che la composizione è elevata spesso al doppio, al triplo e fino a nove volte il valore del danno e che si compongono anche reati dai quali non sia derivato alcun danno materiale.
Quando i Longobardi giunsero in Italia nel 568, la vendetta privata era ancora molto diffusa fra di loro; ma da quel momento, per il contatto con la civiltà romana e poi soprattutto per l'avvenuta conversione dei barbari al cristianesimo, la faida doveva perdere ogni giorno più terreno e sostituirsi ad essa e avvantaggiarsi ogni dì maggiormente il sistema delle composizioni. Quel cristianesimo che già presso i Romani aveva contribuito a diffondere l'uso di comporre le controversie, ora imprende a combattere per le stesse ragioni la faida, e lo stato longobardo, man mano che si rafforza, segue sempre più decisamente lo stesso indirizzo. Lo sforzo di eliminare la vendetta privata è chiaramente visibile nell'editto di Rotari del 643 e ancora più tardi nelle leggi di Liutprando. Si cerca di restringere sempre più i casi nei quali la vendetta è ancora ammessa, e si tenta di limitarne anche in questi casi l'applicazione con l'elevare il tasso delle dovute composizioni in denaro, sicché queste siano preferite. Carlo Magno renderà poi la composizione obbligatoria per l'offeso e per l'offensore, senza peraltro riuscire a fare scomparire del tutto la vendetta.
Dopo il Mille, nei più antichi statuti comunali si trova ancora generalmente applicato il sistema della composizione di cui una parte va al danneggiato e l'altra allo stato; sennonché in un'epoca di cosi rapida evoluzione giuridica non tardarono a sopravvenire mutamenti anche in questo campo. Col diffondersi infatti della conoscenza del diritto romano dal sec. XI in poi torna in vigore il concetto romano che affida allo stato la punizione dei reati; con ciò si comincia a dare una sempre maggiore importanza nella composizione a quella parte di essa che rappresenta il fredo spettante allo stato, e la composizione viene ad assumere gradatamente il carattere di vera e propria pena. Da un sistema di composizioni col fine soprattutto di risarcire il danno arrecato dal reato, si passa a un sistema di multe, senza più tracce di carattere privato, col fine politico di intimorire i delinquenti. Presto l'intero ammontare della composizione, cosi svisata, viene riscosso dallo stato come pena, e al privato colpito dal delitto non resta che un diritto al risarcimento dei danni.
Un altro mutamento ancora si verifica in quest'epoca nel sistema delle composizioni. Per il rinnovato studio del diritto romano e più ancora per l'influsso delle dottrine della Chiesa si comincia a guardare nel reato, oltre che ai suoi elementi oggettivi, anche agli elementi soggettivi, relativi cioè alla persona del reo, e comincia a prevalere come fine della pena, anziché quello antico di risarcire i danni prodotti dal reato, il fine piuttosto morale e cristiano di correggere il reo, e quello insieme politico d'intimorire i malvagi. Questo fatto porta con sé una diretta tendenza a rendere le pene più inerenti alla persona del reo, e si verifica allora una trasformazione delle pene da patrimoniali, quali l'istituto della composizione le aveva tramandate, in corporali.
Pur dopo questi mutamenti il ricordo dell'antica composizione in denaro resta però nell'uso di commutare le pene da corporali in pecuniarie: mediante pagamento della somma richiesta, il reo si esime dal sopportare la pena fisica in cui è incorso. Alla diffusione di quest'uso di commutare la pena non fu certo estraneo l'interesse del fisco, ma la coscienza pubblica si mostrò presto contraria all'istituzione e lo stato ne vide i pericoli per la retta amministrazione della giustizia. Sicché fin dal principio del sec. XIII la legislazione lottò contro la commutazione delle pene, e proibì la composizione pecuniaria almeno dei delitti maggiori; ma si dovette attendere fino al sec. XIX per vedere scomparire del tutto quest'ultimo ricordo della composizione nel diritto penale.
Bibl.: A. Pertile, Storia del diritto italiano, V, Torino 1892; F. Calisse, Storia del diritto penale italiano, Firenze 1895; G. Salvioli, in Digesto italiano, s. v. Composizione, Torino 1896-99.