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dire, composti di [prontuario]

di Andrea Viviani - Enciclopedia dell'Italiano (2011)
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dire, composti di [prontuario]

Andrea Viviani

Natura

Sono composti di dire tutti i verbi che risultano dalla saldatura di dire e uno o più ➔ prefissi (➔ composizione).

Va sottolineato però che non tutti i verbi che all’infinito hanno la terminazione in -dire sono composti di dire, perché tra questi figurano anche:

(a) verbi ➔ parasintetici come ammorbidire, intimidire, rabbrividire, ecc.;

(b) verbi di origine latina come adire (< ad- + ire), blandire < blandīri, custodire < custōdīre, plaudire < plaudĕre, progredire < pro- + grădi, ecc.;

(c) udire e i suoi composti, come esaudire e obbedire;

(d) verbi con basi e significati parimenti dissimili come esordire < ex- e ordīri, scandire < scandĕre, tradire < tradĕre, stordire, o di etimo incerto come ribadire.

Composti

Il gruppo dei composti di dire ha circa trenta componenti, ma, eccezion fatta per verbi obsoleti o di rarissimo uso come antedire «preannunciare, preavvisare», menosdire «sparlare», sopraddire «aggiungere a quanto detto» (di qui il participio passato di uso aggettivale sopraddetto) o «parlare prima», valedire «porgere saluti» o «smettere abitudini», esso annovera verbi di larghissimo impiego tra cui:

(a) benedire e maledire (non consueto maldire), che hanno anche forme (d’uso in verità meno frequente) doppiamente prefissate: ribenedire, strabenedire e rimaledire, stramaledire (e pure, ma è fenomeno diverso, le locuzioni dire bene/male di qualcuno);

(b) contraddire (attestato ma poco usato anche contradire), con il ➔ raddoppiamento sintattico tipico dei composti di contra- (contravvenire); anch’esso ha forma (più rara) a doppio prefisso: ricontraddire;

(c) i meno colloquiali disdire, indire, interdire e predire.

Sotto il profilo morfologico la principale particolarità di questi verbi sta nel fatto che, a dispetto della terminazione in -ire, dire appartiene alla seconda coniugazione (da dicĕre, attestato anche in ➔ italiano antico e nei ➔ dialetti, ridotto poi per sincope; ➔ coniugazione verbale). Ciò crea un interrogativo, dal quale possono scaturire dubbi: nella loro coniugazione, i composti devono riprendere le forme del verbo base o quelle degli altri verbi in -ire? Si dice benediva o benediceva? contraddirò o contraddicerò? interdicerebbe o interdirebbe? Il criterio per la coniugazione, in caso di dubbio, deve sempre essere costituito dal verbo che determina la composizione: dire e il suo paradigma di forme flesse. Attenzione speciale dev’essere prestata però alla seconda persona singolare dell’➔imperativo: la forma corretta è benedici non *benedi’ o *benedì, disdici non *disdi’ o *disdì, ecc.).

Casi particolari

Alcuni composti, come contraddirsi (attestato anche autocontraddirsi) e maledirsi, hanno veste di verbi pronominali (➔ pronominali, verbi) con flessione regolare per modi e tempi; il più raro addirsi («essere adatto a»: questo comportamento non ti si addice), difetta, invece, di ➔ passato remoto e ➔ participio passato (quindi anche dei ➔ tempi composti). Altri, rari nell’uso, non hanno più un significato evidente: disdirsi «contraddirsi» e «dire no»; ribadirsi, «di idee, rafforzarsi»; ridirsi «dire qualcosa in contrasto con cose dette in precedenza».

Accanto ai citati esistono altri composti:

(a) ridire ha usi fraseologici, dato che ricorre oramai quasi di preferenza nell’espressione (non) avere nulla da ridire (su) o (con altro senso) nell’espressione cose dette e ridette;

(b) stradire sopravvive nella sola espressione detto e stradetto;

(c) sdire, rarissimo, ha oggi solo le terze persone singolari del presente e dell’imperfetto, dove significa «non sta bene con»: questo quadro sdice con la tappezzeria. Pur essendo raro e isolato, sdire ha però dato luogo a parole, ormai obsolete, come disdicevolezza, disdicimento e disdicitore, ma anche al ben più comune aggettivo comune disdicevole (più sostenuto l’avverbio disdicevolmente).

Vedi anche
forestierismo In linguistica (in cui più comunemente si usa il sinonimo prestito), parola, locuzione o anche costrutto sintattico introdotti più o meno stabilmente in una lingua da una lingua straniera, sia nella forma originaria (per es., l’ingl. week-end) sia con adattamento alla struttura fonetica e morfologica ... aggettivo Parte del discorso, che esprime gli attributi di qualità, quantità ecc. della persona o della cosa indicata dal sostantivo a cui è riferito. L’a. è passibile di determinazione morfologica o sintattica comparativa. Nelle lingue indoeuropee, di norma, si accorda con il sostantivo a cui si riferisce in ... participio Forma nominale del verbo, così chiamata dai grammatici greci perché partecipe, da un lato, della categoria dei nomi, di cui segue la flessione distinguendo numero, genere e caso, e dall’altro della categoria dei verbi, in quanto può distinguere la forma, il tempo e l’aspetto e può inoltre averne la reggenza, ... prefisso Linguistica Morfema che viene anteposto alla radice o al tema, nominale o verbale, per la formazione di una nuova parola (per es., s-contento, in-trattabile, dis-armare): costituisce, con l’infisso e il suffisso, uno dei tre tipi di affisso. Buona parte dei p. del lessico ordinario italiano è costituito ...
Categorie
  • GRAMMATICA in Lingua
Tag
  • PARTICIPIO PASSATO
  • FORME FLESSE
  • IMPERATIVO
Vocabolario
prontüàrio
prontuario prontüàrio s. m. [uso fig. del lat. tardo promptuarium «credenza, dispensa, magazzino», dall’agg. promptuarius «in cui conservare qualcosa», der. di promptus: v. pronto]. – 1. Libretto o manuale in cui sono esposte brevemente...
dire
dire (ant. dìcere) v. tr. [lat. dīcĕre] (pres. dico, dici [ant. o pop. di’], dice, diciamo, dite, dìcono; imperf. dicévo, ecc.; pass. rem. dissi, dicésti, ecc.; fut. dirò, ecc.; condiz. dirèi, ecc.; cong. pres. dica, ... diciamo, dìcano;...
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