dire, composti di [prontuario]
Sono composti di dire tutti i verbi che risultano dalla saldatura di dire e uno o più ➔ prefissi (➔ composizione).
Va sottolineato però che non tutti i verbi che all’infinito hanno la terminazione in -dire sono composti di dire, perché tra questi figurano anche:
(a) verbi ➔ parasintetici come ammorbidire, intimidire, rabbrividire, ecc.;
(b) verbi di origine latina come adire (< ad- + ire), blandire < blandīri, custodire < custōdīre, plaudire < plaudĕre, progredire < pro- + grădi, ecc.;
(c) udire e i suoi composti, come esaudire e obbedire;
(d) verbi con basi e significati parimenti dissimili come esordire < ex- e ordīri, scandire < scandĕre, tradire < tradĕre, stordire, o di etimo incerto come ribadire.
Il gruppo dei composti di dire ha circa trenta componenti, ma, eccezion fatta per verbi obsoleti o di rarissimo uso come antedire «preannunciare, preavvisare», menosdire «sparlare», sopraddire «aggiungere a quanto detto» (di qui il participio passato di uso aggettivale sopraddetto) o «parlare prima», valedire «porgere saluti» o «smettere abitudini», esso annovera verbi di larghissimo impiego tra cui:
(a) benedire e maledire (non consueto maldire), che hanno anche forme (d’uso in verità meno frequente) doppiamente prefissate: ribenedire, strabenedire e rimaledire, stramaledire (e pure, ma è fenomeno diverso, le locuzioni dire bene/male di qualcuno);
(b) contraddire (attestato ma poco usato anche contradire), con il ➔ raddoppiamento sintattico tipico dei composti di contra- (contravvenire); anch’esso ha forma (più rara) a doppio prefisso: ricontraddire;
(c) i meno colloquiali disdire, indire, interdire e predire.
Sotto il profilo morfologico la principale particolarità di questi verbi sta nel fatto che, a dispetto della terminazione in -ire, dire appartiene alla seconda coniugazione (da dicĕre, attestato anche in ➔ italiano antico e nei ➔ dialetti, ridotto poi per sincope; ➔ coniugazione verbale). Ciò crea un interrogativo, dal quale possono scaturire dubbi: nella loro coniugazione, i composti devono riprendere le forme del verbo base o quelle degli altri verbi in -ire? Si dice benediva o benediceva? contraddirò o contraddicerò? interdicerebbe o interdirebbe? Il criterio per la coniugazione, in caso di dubbio, deve sempre essere costituito dal verbo che determina la composizione: dire e il suo paradigma di forme flesse. Attenzione speciale dev’essere prestata però alla seconda persona singolare dell’➔imperativo: la forma corretta è benedici non *benedi’ o *benedì, disdici non *disdi’ o *disdì, ecc.).
Alcuni composti, come contraddirsi (attestato anche autocontraddirsi) e maledirsi, hanno veste di verbi pronominali (➔ pronominali, verbi) con flessione regolare per modi e tempi; il più raro addirsi («essere adatto a»: questo comportamento non ti si addice), difetta, invece, di ➔ passato remoto e ➔ participio passato (quindi anche dei ➔ tempi composti). Altri, rari nell’uso, non hanno più un significato evidente: disdirsi «contraddirsi» e «dire no»; ribadirsi, «di idee, rafforzarsi»; ridirsi «dire qualcosa in contrasto con cose dette in precedenza».
Accanto ai citati esistono altri composti:
(a) ridire ha usi fraseologici, dato che ricorre oramai quasi di preferenza nell’espressione (non) avere nulla da ridire (su) o (con altro senso) nell’espressione cose dette e ridette;
(b) stradire sopravvive nella sola espressione detto e stradetto;
(c) sdire, rarissimo, ha oggi solo le terze persone singolari del presente e dell’imperfetto, dove significa «non sta bene con»: questo quadro sdice con la tappezzeria. Pur essendo raro e isolato, sdire ha però dato luogo a parole, ormai obsolete, come disdicevolezza, disdicimento e disdicitore, ma anche al ben più comune aggettivo comune disdicevole (più sostenuto l’avverbio disdicevolmente).